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27 gennaio, il giorno della tristezza

gennaio 27, 2015

a1Giorno della memoria: se comprendere è impossibile, conoscere è necessaro… ( Primo Levi )
Il Giorno della Memoria. E’ una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo (nazismo) e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati. La scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (nota con il nome tedesco di Auschwitz), scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista.

Oltre a quello di Auschwitz é stato calcolato che furono 15.000 campi di concentramento installati negli stati dell’Europa occupati dalla Germania nazista, non tenendo conto di tanti altri piccoli campi creati ad hoc per la popolazione locale. Molti di questi campi vennero in seguito distrutti dagli stessi nazisti prima del sopraggiungere dei soldati anglo-americani o sovietici. Anche l’Italia ha avuto i suoi, adibiti non solo allo sterminio degli ebrei, e, in occasione di questo giorno della commemorazione, a nome di Famiglie d’Italia ritengo opportuno, ora che il blog è più conosciuto e visitato di un anno fa, riproporre un articolo molto ” forte ” del mio amico Andrea Ben Leva che svela l’esistenza di un lager nazista a Trieste. Buona lettura, Umberto Napolitano.

Lager Nazista in territorio italiano – giorno della memoria

a2Molti non lo sanno, altri lo ignorano, ma anche sul territorio italiano, e precisamente a Trieste, durante gli anni del secondo conflitto mondiale, era in funzione un forno crematorio di persone vive ed innocenti, di BAMBINI DISABILI. Si avete letto bene, nel programma Nazista varato nell’anno 1939 era stabilito che i bambini disabili, anche di nazionalità tedesca, fossero strappati dalle mani delle madri disperate ed in lacrime, per essere condotti in questi forni e cotti nella loro morte, bruciando arsi.

Fa commozione poter usare parole che hanno il potere di sconvolgere le nostre menti, ma è proprio questo il senso del Giorno della Memoria, RICORDARE, PER MAI DIMENTICARE.

Il lager in questione è: la Risiera di San Saba. Un edificio in mattoni rossi, anonimo, con un lungo camino, lo stesso camino dove uscivano fumanti le anime di poveri innocenti ed indifesi. Camminandovi vicino, sembra che l’edificio per la vergogna dei segreti che racchiude, si sia mimetizzato con il centro cittadino.

a4Nello stesso periodo, in una Berlino fiammante nel lusso nazista, in una insignificante via, Tiergarten Strasse, al numero civico 4, sorgeva una villa signorile, che racchiudeva segreti raccapriccianti, tali da trasformare nella storia l’operazione “ Vite indegne di essere vissute ”, nell’Operazione T4, dal nome della strada e dal numero civico.

L’Operazione consisteva nel mantenere pura la razza Ariana, uccidendo tutti gli individui disabili o malati. I primi ad essere sterminati, vuoi per semplicità, vuoi perché erano talmente piccoli da non potersi difendere, vuoi perché erano bambini, sfortunati già alla nascita, in quanto disabili o portatori di handicap.

All’inizio furono usati farmaci tossici, poi per soppressione mediante gas asfissiante, una tecnica fino ad allora inesistente. Nacque la prima Camera a gas, proprio dalle menti dei dirigenti dell’Operazione T4. Da qui la sperimentazione portò un suffragare di nuovi impianti, e precisamente: Brandenburg, vicino Berlino (funzionante da gennaio a settembre 1940), Grafeneck presso Stoccarda (gennaio 1940 – dicembre 1940), Sonnenstein/Pirna vicino Dresda (aprile 1940 – agosto 1943), Bernburg presso Magdeburgo (settembre 1940 – aprile 1943), Hadamar vicino Coblenza (gennaio 1941 – agosto 1941), oltre ad uno in Austria, Hartheim nei pressi di Linz in Austria (gennaio 1940 – dicembre 1944).

a5Il progetto fu interrotto per volontà di Hitler il 24 agosto del 1941, non perché era sbagliato, non perché andava contro i diritti umani, non perché qualcuno ha avuto la coscienza di ragionare, NO! NO! NO!

PERCHE’ L’OBIETTIVO ERA STATO RAGGIUNTO: UCCIDERE 70.000 PERSONE – SETTANTAMILA.

Alla fine del 1943, dopo aver sterminato in Germania, Polonia, e resto d’Europa, i dirigenti dell’Operazione T4, non contenti di quanto già ottenuto, furono inviati in Italia, dove se ne trova traccia storica, e precisamente all’interno del campo di concentramento di San Saba a Trieste. Il gruppo si disgregò quando la Wehrmacht si arrese all’Italia.

Sembra quasi un correre alla rinfusa, alla ricerca delle motivazioni, dei pensieri, dei sentimenti che animavano questi carnefici. Sento l’affanno crescere, il battito del cuore crescere, il respiro difficile, eppure erano lì in piedi, nudi, in fila, ad aspettare il loro turno per fare la doccia; l’ultima doccia. Sono state cancellate molte persone, vite, storie, le future generazioni.

Mi chiedo, dopo essere vissuto a Trieste per diciassette anni, aver frequentato le scuole fino alle superiori, dopo aver girato in lungo ed in largo Trieste ed i suoi monumenti; ma al posto di portarci a visitare l’acquario, quel giorno di primavera, a capire che un pinguino non vive al polo nord, che i cavallucci marini non si possono cavalcare, ma perché ci avete riempito la testa di cazzate? Perché dall’alto della vostra berbera cultura vi siete spinti così in basso e avete distolto le nostre menti, perché avete cercato di nascondere gli eventi, la storia, la Storia d’Italia?… Ma chi vi ha dato il diritto? Ma che razza di insegnanti siete? Imbecilli che denigravano il mio scrivere tacciandomi di negligenza, ma quante volte siamo passati davanti a quella costruzione di mattoni rossi? Quell’asilo di anime defunte? Ma con quale spirito voi insegnanti vi permettete di fare i giudici della cultura dei ragazzi che rappresentano il futuro del domani? Due sono le possibili risposte: 1 siete ignoranti, non vi siete documentati, avete fatto di tutta l’erba un fascio e vi siete spalmati in faccia la crema della superbia, ignorando il bene più prezioso dei nostri figli… IL SAPERE. 2 sapevate, e non solo avete evitato di spiegarlo, no avete anche dato un bel colpo di spugna, così da cancellare dalla vostra coscienza quelle storie un po’ brutte, che tutto sommato uscivano dal vostro programma. Questo è ancora più grave, perché cercando di nascondere alla memoria la storia, avete contribuito a creare le generazioni di uomini che ci circondano, e parlo delle mele marcie, non dei giusti.

Non mi piace esprimere parolacce, ma mi fa “ incazzare ” venire a scoprire della storia solo per aver guardato un po’ nel cassetto della storia, ma cosa pensavate di fare, di creare individui migliori? LA STORIA SIAMO NOI, LA CREIAMO NOI TUTTI I GIORNI, EDUCANDO I NOSTRI FIGLI, CON UNA CAREZZA O CON UNO SCHIAFFO, CON UN SOLO OBIETTIVO: DARE AI NOSTRI FIGLI GLI STRUMENTI PER CAMMINARE DA SOLI NELLA VITA.

Voi che sapete di aver sbagliato, VERGOGNA, perché non siete insegnanti, siete mediocri pappagalli, che hanno solo la fortuna di occupare una posizione di potere. VERGOGNA a tutti coloro che cercano di schivare la storia, perché grazie a Dio non si cancella, e prima o dopo i nodi tornano al pettine, e ognuno paga per quello che ha fatto.

Se qualcuno di voi vuole visitare un posto dell’orrore, la storia, la memoria vera dell’olocausto, vada a visitare la Risiera di San Saba, e poi scriva qui le sue emozioni, per dimostrare ancora una volta, che la vita vince su tutto, anche sugli stolti senza memoria.

Per approfondire

http://www.retecivica.trieste.it/triestecultura/new/musei/risiera_san_sabba/default.asp

Andrea Ben Leva

introduzione a cura di

Umberto Napolitano

Famiglie  d’Italia

 

 

 

L’Arte Italiana ha fatto le valige

dicembre 1, 2012

foto[1]

L’Arte italiana sta emigrando all’estero, perché?

Ieri sera ad Arcore al Bar IL PICCOLO, durante il caffè letterario “Sognando il mare”, la discussione si è animata, quando l’artista ospite della serata, Alessandro Stucchi, spiegando il suo personale viaggio nella pittura, ha sottolineato che i suoi quadri vanno spediti a Londra in una galleria d’Arte moderna gestita da italiani, oppure vengono acquistati in stock e portati in Svizzera.

Possibile che i nostri critici d’Arte non sono in grado di percepire la potenza dell’arte presente nei nostri artisti contemporanei? Qui non è solo commercio, è un pezzo della nostra storia che se ne va.

Usare una penna, un pennello, per scrivere un libro, una canzone, un articolo di giornale, o semplicemente un disegno della realtà che viviamo tutti i giorni, significa scolpire nella storia un ricordo indelebile, una visione attraverso la vista del pittore o scrittore. A volte l’artista, proprio perché guarda con occhi nuovi, forse più sensibili, riesce a cogliere le sfumature che raccontano dove si sposterà il futuro.

Londra, la mia città preferita, sono sempre in anticipo di 12 mesi rispetto all’Italia, per moda, arte e tendenze. Acquisti un capo di vestiario, e in Italia ti guardano come un extraterrestre, allora lo riponi nell’armadio, e dopo un anno esatto tutti i negozi più in voga, mettono in vetrina a costi elevatissimi, i capi di vestiario che hai nell’armadio.

Così anche per la pittura a quanto sembra, visto che a Londra i quadri vengono apprezzati, acquistati da collezionisti e gente comune.

A volte la critica prende abbagli, di luce birichina, che offusca i nostri autori contemporanei, e la nostra arte espatria, si muove e non ritorna più.

Speriamo che i sogni dei nostri artisti non coincidano con l’offerta estera, altrimenti vedremo un esodo di tante menti creative.

Una nota di merito agli artisti come Alessandro Stucchi, che pur di diffondere l’arte sa l’umiltà, piedi per terra e prezzi giusti per ogni opera e ogni collezionista. Abbiamo bisogno di gente così, che rappresenti l’Italia, le nostre famiglie, ma sopratutto i nostri sogni, che sono il futuro delle prossime generazioni.

Andrea Ben Leva

Famiglie                        d’Italia

Mercatini di Natale – Istruzioni per l’uso

dicembre 6, 2010

Risaputo che in questo periodo in tutta Italia si aprono le porte dei più meravigliosi e suggestivi mercatini natalizi, dove l’Artigianato locale mette in mostra tutto il lavoro svolto durante l’anno. Mi sembra di sfogliare e rileggere le pagine meravigliosamente scritte da Mauro Corona, quando descrive il duro lavoro di chi una volta andava prima nei boschi a scegliere il legno giusto, quasi a parlare con gli alberi, a chiedere perdono per dover tagliare un pezzo di legno. Poi la fatica di scendere dalla montagna, e al caldo del fuoco scoppiettante, tagliare, piallare e scolpire il manufatto di legno, che a Natale sarebbe stato trasportato fino a Cortina o in un’altra valle, per essere venduto.

Troppa poesia dirà qualcuno, è vero ve lo concedo, però dovrebbe essere così, il manufatto acquistato dovrebbe portare dentro di se l’anima delle mani e dell’uomo che l’ha scolpito. (more…)

Un bavaglio alla cultura ( …nel gelo tra Google e Cina )

marzo 23, 2010

Nasce in questi giorni una nuova crisi, che potrebbe dare inizio ad una guerra 3.0 Dove le battaglie saranno combattute on-line e attraverso i tribunali internazionali. Famiglie d’Italia da sempre si batte per la divulgazione delle notizie e della cultura; molte volte anche a rischio della propria immagine, perchè lo stile “LIBERO” di Umberto Napolitano, non ammette disinformazione, o bavagli oscurantisti alle notizie scomode. La nostra filosofia è dare le notizie crude, aggiungendo sempre una semplice chiave di lettura, confezionando la cultura in modo che il lettore possa da solo ed in piena autonomia decidere cosa è importante e cosa non lo è!

Forse saremo i primi patrioti di GOOGLE, ma siamo in tanti, e come spesso accade che le notizie da noi pubblicate scalano le classifiche di googlenews, adesso ci sentiamo in obbligo di difendere la libertà del più grande e democratico motore di ricerca, e fautore di cultura. Riassunto dei fatti: (more…)

Non uccidete LA MEMORIA

gennaio 27, 2010

”Spaventa il pensiero di quanto potrà accadere fra una ventina d’anni quando tutti i testimoni saranno spariti. Allora i falsari avranno via libera, potranno affermare o negare qualsiasi cosa.”

Primo Levi

Il 30 gennaio 1944, alla Stazione Centrale di Milano, precisamente dal binario ferroviario 21, in un treno composto da vagoni bestiame, lerci, senza sedili, senza finestre, senza acqua; venivano ammassati uomini, donne e bambini.

Non serviva sapere chi fossero, come si chiamassero, per i nazisti erano tutti ebrei, che tradotto significava: carne da macello. Gli occhi dei deportati s’intravvedevano spuntare oltre le assi di legno, e chi non poteva guardare fuori, per sorreggersi, si teneva alle assi, e quindi lo spettacolo visivo era di occhi e mani incrociate. La coreografia era contornata da urla e grida di disperazione, sentimenti ed emozioni che rendevano forti le menti povere dei nazisti, che armati spingevano questo bestiame umano.

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Ambiente e Natura: 1 passo avanti 3 passi indietro

gennaio 22, 2010

Alleghiamo comunicato stampa ed articolo in formato pdf

A Milano si fà! comunicati-stampa.net

DOSSIER: L’ITALIA DEI BIDONI = INFERNO A OROLOGERIA

settembre 16, 2009

naveveleniLe Nazioni a volte vivono di vita propria, politicamente parlando se ne infischiano dei popoli e delle genti che le abitano, vivono un equilibrio di interessi tali da mettere a rischio migliaia di vite umane. Ma questo è il prezzo da pagare per non aver saputo condurre, far sentire la propria voce. Sembra di vedere tantissime persone con la bocca spalancata, gli occhi fuori dalle orbite, e le vene del collo gonfie e pulsanti di sangue; ma la mimica facciale sta simulando un grido, silenzioso, come tante statue di gesso: non esce un suono da quelle bocche.

Il perchè è semplice, sembra un brutto sogno, ma è la realtà, andando a scavare a fondo, le notizie, quelle famose grida strozzate in gola, emergono. E sono tante, in tutta Italia, e gridano la stessa cosa: ci sono trenta navi affondate nei mari italiani, ciascuna contiene circa ottanta barili pieni di sostanze radioattive nocive.

Ma il grido è rimasto un sogno, quasi un miragio a pelo d’acqua, un riflesso in controluce, mentre sul fondo dei nostri mari, c’è un inferno a orologeria.

SMBRA QUASI DI SENTIRE IL TIC-TAC! (more…)

INTERVISTA ESCLUSIVA A: MARIALUCIA GALLI

settembre 15, 2009

I libri sono  il riassunto della vita e delle esperienze degli autori, scrittori; che prendono spunto dalle emozioni del vissuto, e le plasmano in prosa, regalando ai lettori il succo, pura essenza, di vita vissuta, o solamente immaginata. Nella cornice esclusiva di Cavallo2000, sono riuscito ad intervistare una amazzone, che oserei definire “platoniana”, un succo di amore e conoscenza dell’uomo e del cavallo. Sarà che amo leggere, e ho la curiosità di voler capire, approfondire, conoscere; ma credo di non essere molto diverso da altri cavalieri. Ho avuto il privilegio di conoscere questa donna, dottoressa, proprietaria della conoscenza di due materie diverse e complesse, nelle quali è laureata: psicologia e filosofia. Un emblema ed una risorsa per tutti, cavalieri e non.

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L’ITALIA DEI BIDONI

settembre 15, 2009

Italia che vai – bidone che trovi

Sembra ripetersi l’ennesima storia, ancora una volta, passano circa dieci anni, ma il risultato non cambia: siamo sommersi dai bidoni!


I primi bidoni dei quali vogliamo parlare, sono i bidoni ben lucidati ed accatastati nelle stive delle tre grandi navi, ben ottanta metri di lunghezza, che giacciono sul fondo dei nostri mari. Fin qui tutto bene, tranne il sapere che quei bidoni, sepolti da mezzo chilometro d’acqua, sono pieni di sostanze radioattive. Non si può fare a meno di sentire la vocina che ancora una volta ci sussurra all’orecchio quelle paroline magiche: l’Italia dovrà diventare la Florida dell’Europa, niente fabbriche, niente inquinamento, solo ambienti meravigliosi ricettivi, dove far svernare o depositare estivamente, tutti i dirigenti europei, che lavorando duramente costruiscono il futuro dell’Europa. (more…)

Vacanze: Istruzioni per l’uso

agosto 8, 2009

Per tutti i vacanzieri d’Italia, che amano girare il mondo in libertà e sicurezza, ma soprattutto amano portare ovunque si trovano il loro sito di fiducia “Famiglie d’Italia”  e quindi a tutti: Vacanze – Istruzioni per l’uso.

MARE: la vostra meta è il mare?

on line è consultabile la guida “Mare sicuro“: indicazioni utili per bagnanti e diportisti gestito e curato dalle Capitanerie di porto, con utili informazioni e il meteo che non guasta mai.
PER LE EMERGENZE: è attivo il numero blu 1530 della Guardia costiera.
POSSO FARE IL BAGNO: per conoscere lo stato di balneabilità delle acque è stato attivato il servizio del ministero del Welfare – settore Salute.
MASSAGGI IN SPIAGGIA ATTENZIONE: Ricordatevi poi che una ordinanza vieta per motivi igienici i massaggi sulle spiagge, con relative sanzioni sia chi lo fa, sia chi lo riceve.

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EARTH DAY – La giornata della TERRA

aprile 22, 2009

Stazione Spaziale Internazionale

Pensate di stare su una nave spaziale che viaggia alla velocità corrispondente di un giro completo della terra ogni 90 minuti. Bello vero? La risposta sta nel fatto che così facendo, chi vive su quell’astronave vive ogni giorno sedici albe e sedici tramonti, un’esperienza unica, irripetibile, emozionante. (more…)

Diario di un infortunio

aprile 15, 2009

copdiarioinfortunioCari amici, è con immenso piacere che voglio regalare a tutti voi, una copia del mio libro autobiografico, per dare senso ad un personale percorso verso il sociale. l’assistenza post traumatica, e perchè no, anche un po’ di sincera e schietta arte letteraria nello scrivere. Attenzione ai lettori, all’interno sono contenute descizioni talmente vere da poter spaventare o lasciare scioccati, quindi adottate tutte le precauzioni possibili.

Vi prego, valutate il libro, scrivete a info@benleva.it

Per scaricare il libro in formato Pdf clicca qui

Parolacce?… NO, CREIAMO IL FUTURO!

aprile 12, 2009

A vedere il video una prima volta, uno ride, è un gioco in fondo. Poi se cominci ad analizzarlo e cerchi di capirci qualcosa, forse comprendi quanto sia studiato il messaggio anarchico.

Mi fermo solo su alcuni aspetti, senza entrare nei dettagli, perché per tutti credo sia condivisibile, in quanto ognuno di noi non crede più nel sistema. Non è mandando da qualche parte qualcuno, che si fa risollevare il nostro paese.

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Lutto di Famiglie d’Italia

aprile 11, 2009

luttoUn messaggio di cordoglio e di condoglianze, a tutte le famiglie d’Italia che vivono il dramma del terremoto. Che hanno perso il loro caro, che rimangono lì a fare la guardia ai loro beni, sopportando lo stress delle scosse sismiche continue.
Un pensiero a tutte quelle giovani anime, che private prematuramente del loro futuro, con la loro bara bianca, hanno lasciato una cicatrice anche nel nostro cuore.
Un pensiero a tutti gli eroi di questi giorni, che impavidi verso il pericolo, sono corsi in mezzo alle macerie, e con le mani sanguinanti di dolore, hanno salvato molte vite, ma porteranno sempre nel cuore quelle che non ce l’hanno fatta.
Un pensiero a tutti i media, cercate di mitigare gli animi, non usate questo dramma per fare audience, date informazioni piuttosto che polemica, giustizia piuttosto che dolore; venderete meno copie, o meno pubblicità, ma renderete grazia ai sopravissuti a questa catastrofe del 2009.
Sembra fuori luogo fare gli Auguri di Buona Pasqua, ma ci teniamo a farli, a tutti, come segno di speranza, di cristianità, di un popolo che si aiuta, che è generoso, che saprà ancora una volta, rimboccarsi le maniche, e ricostruire. Siamo un esempio per tutti i popoli del mondo, anche nelle disgrazie. Dobbiamo essere fieri di essere italiani, per quello che rappresentiamo, per quello che siamo capaci di fare.
Dobbiamo costruire il futuro dei nostri bambini, ed è un impegno imprescindibile, anche nel rispetto di quelli che a l’Aquila non ce l’hanno fatta.
Siamo un popolo che dimentica in fretta, che non guarda le cicatrici come un fregio, che sa essere umile e unito nel superare le difficoltà.
Anche questa volta, sapremo essere, il Popolo Italiano.
Date a tutti un segno di conforto, un piccolo gesto, e che la Pasqua sia il modo per guardare il volto e gli occhi di vostro figlio, come un segno di speranza e di gioia, senza mai dimenticare che laggiù in Abruzzo, qualcuno lo guarderà solo nell’ultima foto rimasta.

Buona Pasqua a tutti

FAMIGLIE D’ITALIA

Aiutateci ad aiutare – S.O.S. AQUILA

aprile 7, 2009

terremoto_soccorsi01Nasce oggi la cordata tra aziende e associazioni che Sabato 11 Aprile 2009, partirà da Bergamo in direzione l’Aquila, con i furgoni carichi di generi di prima necessità.
se avete indumenti, vestiti, coperte, asciugamani, scarpe, e qualsivoglia capo che possa proteggee dal freddo o essere un buon cambio pulito.
Vi preghiamo di mettervi in contatto con noi, per far arrivare i vostri aiuti alle persone terremotate dell’Aquila.

Durante tutto il viaggio che partirà da Bergamo sabato 11, sarà seguito da RadioVera con collegamenti in diretta con i volontari che trasporteranno il tutto.

Vi chiediamo di non acquistare generi alimentari, perchè ci sono già altre associazioni che si occupano di questo.

Tutto il vestiario dovrà essere consegnato pulito e piegato, in modo da facilitare gli operatori nel duro lavoro di inventario e inscatolamento.

PUNTI DI RACCOLTA

Bergamo in Via Grumello, 32/B  [CARTINA] Visualizzazione ingrandita della mappa

Brescia in Via S.Zeno, 168 parcheggio davanti al PalaBrescia (SOLO VENERDI’ 10 DALLE ORE 14.00 ALLE ORE 18.00) [CARTINA] Visualizzazione ingrandita della mappa


potete contattare la Segreteria telefonando al 035.4325111 oppure al numero verde 800 199 652 solo da telefono fisso.

Per tutti coloro che vogliono aiutare, inviate una mail a segreteria@sosaquila.net

Cerchiamo volontari per trovare i Punti di Raccolta, per aiutare in questi Punti, oppure solo avvisare più persone possibili.

Abbiamo attivato un Gruppo su FACEBOOK che potete raggiungere cliccando qui http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/group.php?gid=85958465824&ref=nf

Aiutateci ad aiutare chi è già sul posto e stà cercando di salvare più persone possibili, considerando che i momenti peggiori, dopo la paura, saranno nei prossimi giorni, visto il freddo e la pioggia.

Aiutateci come potete, terremo conto di tutto, e ne terranno conto anche i terremotati.

Vi ringraziamo fin da ora per la collaborazione, chi volesse aiutare in qualsiasi modo, può mettersi in contatto con noi chiamando la Sig.ra PATRIZIA AL TEL. 035.4325111 OPPURE AL NUMERO VERDE 800 199 652 SOLO DA TELEFONO FISSO.

Se riuscite ad organizzare un Punto di Raccolta presso un asilo, la parrocchia, il Centro sociale, ecc. inviateci i riferimenti così da poterli pubblicare sul sito.


il Gruppo Promotore:

– General Logistic System
– Cascina del Sole

– FITETREC-ANTE Lombardia
– Associazione Ben Leva
– Associazione Massolini
– Associazione Famiglie d’Italia
– Radio Vera
– Progetto Gobaleye

Stiamo aggiornando di continuo, quindi seguiteci

Andrea Ben Leva

Leggete un libro gratis

aprile 5, 2009

thumb1Vi invito a leggere questo racconto breve e di commentarlo, nelle settimane passate ho scritto articoli sulle violenze, sugli stupri, su povere ragazze minorenni ed innocenti, che in pochi istanti diventano donne, portando nel cuore il peso di cosa vuol dire diventare donna per effetto di una così’ atroce violenza. Questo libro, o meglio e-book racconta una storia vera, una ricostruzione minuziosa, con tutti i particiolari, talmente reale da fa accaponare la pelle. Racconta anche però della rivincita, del ritorno alla vita, da parte di chi ha sempre cercato la libertà, e da questa ricaverà la vendetta.

Ho deciso che regalerò ogni tanto un e-book a tutti gli amici che mi seguono, buona lettura. Per leggerlo dovete andare su http://www.benleva.it

Video Convegno dis-Abilità Futuribile

marzo 25, 2009

Per semplificare e velocizzare la visione, abbiamo spezzato in quattro filmati gli interventi, buona visione. seguono altri filmati (more…)

Convegno Disabilità Futuribile – recupero cognitivo a cavallo

marzo 24, 2009

honda1Ha avuto luogo il giorno 22 marzo 2009 a Brescia durante la Fiera Dis-Abilità, il Convegno Disabilità Futuribile, organizzato dall’Associazione Ben Leva e Fitetrec-Ante Lombardia, in collaborazione con la Provincia di Brescia.

Diamo ampio spazio agli atti del convegno, al discorso del Presidente Mario Massolini, e al filmato del Convegno che pubblicheremo nei prossimi giorni.

Per leggere e stampare il progetto cliccare qui. (more…)

Neonata vittima dell’abuso d’alcol

marzo 11, 2009

Oggi ho il piacere di introdurre un articolo di Andrea Ben Leva, il quale, con la solita maestria descrittiva, trasforma un crudo racconto di cronaca in  un toccante acquarello, nel quale, prima raffigura i personaggi di una dolorosa  storia attraverso il pensiero di una neonata, miracolosamente salvata dalle acque della madre entrata in coma a seguito di un ennesimo incidente causato dall’abuso di alcol, e poi conclude con una lucida e documentata denuncia di questa piaga  sociale infinita ed irrisolta.                               

Umberto Napolitano

 

hghgh-200x150Mamma uno di questi giorni verrò a trovarti, io sono già nata, posso sentire il rumore del mio pianto. Forse domani, o dopodomani mi porteranno da te, e così respirerò il tuo profumo, succhierò il tuo latte. Non so perché il destino ha voluto così, ma mentre io sono nata, tu eri in coma.

Forse un giorno tutto questo avrà un lieto fine, e potremo parlarne assieme, ridendo di tutto quello che abbiamo fatto dopo.

Grazie per avermi dato la vita, perché è unica, e vedrai che la natura e il destino faranno sì che io possa diventare forte e grande come te, per poter essere anch’io la mamma delle nuove generazioni…

Forse queste parole mi sono nate nel cuore guardando negli occhi mio figlio di 4 anni; forse perché ho provato dolore e rammarico per due persone che non conosco, che hanno rischiato di non esistere più. Forse sono estremamente arrabbiato, e con me tantissimi italiani, per lo stesso problema: l’abuso di alcol.

 

 

Nella notte di sabato 7 marzo 2009, una famiglia ancora formata da due individui; moglie e marito, percorrendo l’autostrada A29, in Provincia di Trapani, a bordo di una FIAT Punto, sono usciti di strada schiantandosi. La donna ha riportato gravi traumi, tali che essendo all’ottavo mese di gravidanza, pur essendo in coma, i medici hanno ritenuto di praticarle un taglio cesareo d’urgenza, facendo nascere la neonata.

Fosse tutto qui, dovremo solo ringraziare i medici, e fare gli auguri alla neo mamma e alla piccolina. Purtroppo come volte accade, è l’uomo che decide il suo destino, o che lo condiziona al punto da decidere. L’uomo alla guida, il marito, il padre: era in stato di ebbrezza.

 

Le stime che ci giungono dal Ministero sui decessi dovuti all’abuso di alcol sono raccapriccianti:

6.000 morti su strada all’anno dovuti all’abuso di alcol

25.000 per abuso di alcol

Ci fermiamo qui, perché il dato è già sconfortante.

In questi casi le notizie si commentano da sole, quello che è importante sapere è che al di là della norma sanzionatoria, ci sono vite in pericolo, tutti i giorni dell’anno, perché l’incidente da alcol, nel 90% dei casi coinvolge altre persone, nello stesso abitacolo del veicolo, oppure persone che viaggiano, camminano, o sostano sulla strada.

Per questo chiediamo collaborazione a tutti, non è un dramma se vi capita di ubriacarvi, diventa un dramma quando salite in macchina e nel torpore degli effetti alcolemici dirigete inconsciamente il veicolo contro una famiglia, distruggendola, uccidendola, diventando giudici e boia nello stesso istante, cancellando delle vite, delle persone, dei bambini che hanno tutto il diritto di vivere la loro vita. Non basta un gesto di scuse dopo aver compiuto un omicidio, non serve redimersi, quei bambini non avranno mai un’altra possibilità: sono morti per la vostra scelta sbagliata.

 

Ci sono mezzi per poter difendere i nostri figli, e anche chi dovesse abusare di alcol, in primis il alcoltest, uno strumento che si trova in confezione usa e getta, oppure che si può acquistare liberamente.

Il secondo sistema è chiamare un taxi oppure un servizio nuovo, che prevede un autista che finita la serata, guiderà la vostra macchina e vi riporterà a casa, salvando così tutti.

 

Informazioni utili per tutti:

 

Prelevato dal sito www.cestep.it

  1. Che cos’è l’alcol?
  2. Quando il consumo dell’alcol diventa patologico?
  3. Che cos’è l’alcolismo?
  4. Come posso sapere se io o qualcuno a me prossimo ha problemi con l’alcol?
  5. Sono preoccupato per una persona che probabilmente ha problemi con l’alcol. Come sincerarmene?
  6. Quali sono i sintomi psicologici provocati dall’abuso di alcol?
  7. L’alcolismo è una malattia?
  8. L’alcolismo è ereditario?
  9. L’alcol è un ansiolitico e/o un antidepressivo?
  10. L’alcolismo può essere guarito?
  11. Esistono medicine per l’alcolismo?
  12. Funziona il trattamento per l’alcolismo?
  13. Che cos’è il trattamento per la sindrome d’astinenza?
  14. Una persona deve essere alcolista per avere problemi derivati dall’alcol?
  15. Se si hanno problemi con l’alcol si può semplicemente ridurne il consumo senza tuttavia smettere del tutto?
  16. Alcuni gruppi di persone sono più predisposti di altri a sviluppare problemi alcol-correlati?
  17. Come posso ottenere aiuto se ho problemi con l’alcol?
  18. L’astinenza deve essere definitiva?
  19. Che cosa accade in caso di ricaduta?
  20. Che cos’è il livello di sicurezza nel bere?
  21. Se un alcolista non ha la volontà di chiedere aiuto, vi è un modo per avviarlo al trattamento?
  22. Che cosa sono i gruppi di aiuto?
  23. E’ sicuro bere durante la gravidanza?
  24. Quando si invecchia, l’alcol influisce sull’organismo in modo differente?
  25. L’alcol agisce sul corpo femminile in modo differente rispetto a quello maschile?
  26. L’alcol fa bene al cuore. E’ vero?
  27. Se si prendono medicinali da banco o da prescrizione, si deve smettere di bere?

 

In conclusione bisogna ringraziare i Medici che sono intervenuti salvando mamma e neonata, e ringraziare la Scienza ( tanto messa in discussione, specialmente in questi giorni dalle note vicende americane legate alle sperimentazioni sulle cellule staminali ) che ha superato ancora una volta le frontiere dell’impossibile, non solo facendo nascere una bimba da una madre in stato di coma, ma salvandole anche la vita.

Andrea Ben Leva

NON ABBASSIAMO LA TESTA DAVANTI AL CRIMINALE STUPRATORE

febbraio 20, 2009

stupro1

Si sta cercando di fare polemica, come sempre, per creare un bel polverone, una di quelle nuvole dense, che nasconde ai più la reale verità, e la strada che si sta percorrendo per arginare o fermare il problema.
Mi riferisco al fatto che c’è qualche extracomunitario, che si sta indignando perchè viene tacciato, additato come uno stupratore. Amico: se hai la coscienza pulita, sei regolare, quindi cittadino italiano, di cosa ti preoccupi?
Prova ad immedesimarti per un attimo nella ragazza, mi verrebbe da dire BAMBINA, quattordicenne, che festeggia felice con il suo primo morosino la festa di San Valentino, nel silenzio del parco, per poter cogliere ogni sentimento di quei gesti, semplici, che ricorderà per tutta la vita. Forse il primo bacio, forse il primo amore. Forse anche noi pensandoci, riusciamo a ricordare: una panchina, un’onda che si frange sulla sabbia, una radio che suona, gli occhi di chi amiamo davanti a noi, e le sue labbra così vicine da tendere leggermente il collo, per sentirsi in paradiso.

stuprobig-thumbInvece no! no abbiamo sbagliato tutto, oggi c’è CSI CRIME, RIS 5-6-7-ECC. e quindi il nostro attimo nascosto d’amore non può rimanere illeso, deve per forza trasformarsi in un inferno, nel thriller più scatenato. Dai cespugli, escono di corsa due energumeni, lerci, sudati, cattivi, perchè erano lì fermi in agguato per tanto tempo. Come due leoni affamati, scattano tenendo fissi gli occhi sulla preda. Le mani avvolgono il più forte e reattivo, il BAMBINO cade di schiena, lo immobilizzano, calci e pugni volano, si rompe un labbro, esce il sangue, mentre tutto questo accade, la BAMBINA impietrita urla a squarciagola, aiuto…aiuto….Fermateli AIUTOOOO…..

Niente… Silenzio…non è successo niente, il BAMBINO è annullato per terra, trema per lo shock e le botte ricevute, la BAMBINA viene raggiunta da uno dei MOSTRI, che ha tutte le intenzioni di distruggerle il bellissimo ricordo del San Valentino, catapultandola verso il futuro, costringendola con la brutale forza, a diventare donna, SENZA POSSIBILITA’ DI SCELTA, SENZA AFFETTO NE CAREZZE MA BOTTE, DISTRUGGENDO LA SUA COSCIENZA, TRAMUTANDOLA IN UNA DONNA FERITA, CHE NON POTRA’ PIU’ RIVIVERE IL MOMENTO DELLA PRIMA VOLTA, CHE RICORDERA’ PER SEMPRE COME UNA COLTELLATA IL RICORDO DELLE DUE BELVE CHE LE HANNO STRAPPATO LA VERGINITA’.
stupro3-thumbAMICO ti senti ancora indignato? ma chi se ne frega!, davanti a questa violenza non esiste giustizia alcuna. Basta! essere schiavi dei media, di questo buonismo sconsiderato verso il prossimo, perchè il prossimo a cui noi tutti vogliamo bene, vogliamo aiutare, vogliamo inserire nella comunità: NON E’ UN MOSTRO CHE STUPRA I NOSTRI BAMBINI.
Per gli Amici che si sentono in dovere di difendere o di schierarsi con campagne a favore di chi STUPRA i nostri figli, noi rispondiamo NO! a prescindere dalla razza o dalla religione, l’Italia che noi VOGLIAMO, che noi VIVIAMO, non è: il campeggio d’Europa, dove chiunque si ferma fa i suoi sporchi comodi, sporca, stupra, delinque, e poi se ne va via, lasciando agli Italiani, il compito di pulire, aiutare chi è stato danneggiato, pagare per tutti.

STRANIERO, se vuoi essere cittadino italiano, unisciti a noi contro i delinquenti, hai solo da guadagnare, diventare parte di uno Stato che da generazioni, e questo possiamo GRIDARLO, perchè sono i nostri avi che lo hanno fatto, SI BATTE IN DIFESA DEI POPOLI E DEI DEBOLI, FACENDO GUERRE CHE NON SONO LE NOSTRE. Purtroppo, e c’è un purtroppo; i nostri soldati vanno a morire in Pakistan, Afghanistan, Iran, Iraq, Serbia, ecc. ma non combattono mai per le guerre che i cittadini italiani, i nostri figli, vivono quotidianamente sul suolo italiano.

ATTENZIONE, non prendete queste parole per RAZZISMO, perchè non lo sono, sono il riassunto degli ultimi 12 stupri in 10 giorni fatti sempre da CLANDESTINI, ed in special modo Rumeni.
Se vi sentite indignati pensate ai vostri figli, provate ad immaginare di dovervi svegliare al mattino, con un solo pensiero: come consolare vostra figlia guardandola negli occhi, cosa potrete dirle per dimenticare? NIENTE perchè il male si ricorda per sempre, ed è per questo che indistintamente quando accadono fatti di tale gravità, bisogna creare un paese nuovo, e non polemizzare sempre sulle nuove leggi, o se i militari dovranno girare a fare le ronde, L’OBIETTIVO E’ DI GARANTIRE LA SICUREZZA DEI NOSTRI BAMBINI, a tutti i costi, e con tutti i mezzi a nostra disposizione.

Mai avrei pensato di dover aprire il Gruppo su FACEBOOK con parole così pesanti da annientare tutti i buoni propositi, ma Famiglie d’Italia nasce per dare aiuto, e quindi mi perdonerete se accendendo la tv, ho visto di nuovo altri due occhi di bambina, che domani dovrà fare i conti con la propria vita, perchè la sua vita da bambina, questo pomeriggio è stata uccisa da l’ennesimo stupratore, e quindi domani il suo numero verrà sommato a quello delle donne stuprate in Italia.
Affinché non rimanga solo un numero, invito tutti voi ad informare di questo gruppo le vostre amiche ed amici, perchè da domani il nostro Presidente, Umberto Napolitano, formerà il Comitato DONNE di Famiglie d’Italia, e la vostra voce sarà la colonna sulla quale migliaia di donne che hanno vissuto lo stupro, si sorreggeranno per guardare avanti, cercando una luce per continuare a vivere nella nostra Bella Italia.

ANDREA BEN LEVA

CARO MENTANA CHE SBAGLIO DI TEMPO

febbraio 13, 2009

– LETTERA APERTA –
mentana2Se non lo sapevi ancora, io sono un tuo fan e mi piace molto il tuo stile nel condurre, mi è dispiaciuto molto la tua uscita dal tg5, costruito con il plasma della tua impronta, ma ti sei subito rimesso in pista, e su questo credo nessuno aveva dubbi, neanche sulla tua professionalità, quanto alla coerenza però…. Qualche dubbio mi viene, e non solo a me.

Mi permetto di scriverti dandoci del tu, perché sei ormai da diciasette anni che entri in punta di piedi nella mia casa, dove oltre ad avere il rispetto per tutti, vige il rispetto dei ruoli, qualsiasi essi siano, sembra un po’ alla vecchia, ma a noi piace essere fatti di questa pasta.
Parto analizzando il caso, la questione Eluana, si è vista, discussa, trattata, in questi diciassette anni di coma, in tutte le salse, con tutte le opinioni, e con tutte le più azzardate ipotesi.
L’apoteosi di questo padre disperato per la figlia, che arriva sempre vicino al limite del non ritorno, con lotte estenuanti e battaglie legali, finché c’è tutto da rifare ed Eluana continua la sua stasi.
Forse anche questa volta le famiglie italiane speravano nel miracolo del risveglio, o nel proseguimento della vita di questa giovane e meravigliosa ragazza, che ha smesso di vivere diciassette anni fa, un paio di mesi dopo il tuo insediamento su canale 5.
Non si può a rigor di etica far passare con una forzatura mediatica un concetto o un progetto di legge, sfruttando il momento ed il dramma di due persone, Padre e Figlia che da soli aspettavano solo il cenno, un soffio di Dio per scrivere la parola fine.
Mi sei sembrato remissivo, ti conosciamo come un agguerrito guerriero, non un pappamolle che alla prima difficoltà si tira indietro, questo comportamento non è nel tuo fare.
Dare le dimissioni in questo momento, al di la delle tue ragioni, non vuol significare coerenza, ma solo che stai pensando solo a te stesso, se sei lì, è anche perché c’è un codazzo di persone che ti guarda, che ti segue, che crede in te. Indipendentemente da quello che gli altri possano costringerti a fare.
Io non credo nella risurrezione mediatica, e quindi questo tuo atteggiamento, che vuol passare per coerenza, potrebbe essere un segnale che forse hai deciso di fare di nuovo carriera, forse su un’altra rete: questo è incoerente con la tua storica linea editoriale, ma se è così, non mascherare la cosa con Eluana, sarebbe veramente di cattivo gusto.
Noi non siamo un grande giornale, siamo una piccola redazione che in due mesi è riuscita ad avere un pubblico di 6000 utenti che ci seguono e ci bacchettano, ma per Eluana siamo riusciti a scrivere ben sei articoli, possibile che non è stato possibile costruire un palinsesto con la vicenda di Eluana, prima che finisse i suoi giorni?

Fa strano vedere questo accanimento solo dopo che Eluana ha trovato forse la pace, e fa specie soprattutto vedere come si possa fraintendere quello che un colosso come Mediaset decide di fare in base a contratti già sottoscritti, vedi ad esempio il Grande Fratello 9.
Quello che è accaduto sommato anche alla tua reazione, ci spaventa, perché si è giunti ad un punto di non ritorno, cioè non è più il caporedattore che sceglie e veicola le notizie, ma è la notizia che comanda il caporedattore, e quindi la catena di comando, questo non ti appartiene come stile.
Francamente sarebbe come dire che nella famiglia i bambini comandano ed i genitori eseguono impassibili.
Su tutto ti darei ragione, ma non sulla tempistica, un fatto così importante di una caratura epocale, un fatto che rappresenta la storia, anzi il primo fatto importante nel 2009 dopo Barak Obama, non teme il tempo della diretta, anzi vuole una maggiore elasticità perché le famiglie italiane hanno bisogno di digerirlo con calma, anche se secondo noi è un argomento tossico.
La scelta di mollare non aiuta le famiglie italiane a capire ed ad interiorizzare il dramma di Eluana, e non aiuta neanche il sapere che tu, riferimento di molti capo famiglia tiri i remi in barca, al posto di lottare; Eluana ha lottato, fino alla fine, e comunque è andata ha vinto, la responsabilità che avevi assunto nei confronti degli italiani, era più importante di te, del tuo orgoglio, del tuo lavoro. Perché perdere l’occasione di negoziare con Mediaset uno speciale dedicato ad Eluana, forse con il tuo gesto non lo vedremo mai.
Il Grande Fratello 9, ha tanti difetti, ma quella sera del 9 febbraio, ha sbancato in numero di ascolti, e non è un caso, perché significa che la gente quotidianamente viene bombardata da drammi e notizie negative, così è spinta psicologicamente verso programmi divertenti, o semplicemente diversi dal drammatico. Basta guardare i titoli del tg5 pomeridiano e della sera: stupri, uomo incendiato, bombardamento, morti in ospedale, ecc.
Non si può biasimare il popolo italiano, che ha seguito la vicenda per ben 17 anni, con il tormento della possibile morte di Eluana, forse tutti pregavano in cuor loro che la ragazza morisse, per avere pace, per dare pace ad un padre che è morto con lei diciassette anni fa, per dare sollievo agli italiani che gli sono stati spiritualmente vicini, e per dare pace anche agli inviati che pur di carpire una notizia, più di qualche volta hanno messo in luce la parte peggiore del mestiere di giornalista.
Perdonaci se egoisticamente questa volta non siamo dalla tua parte, ma bisogna capire a volte che la vita continua, anche se noi vorremmo ghiacciare quel momento importante, e l’unico modo che abbiamo per ricordare Eluana è di fare in modo che non sia morta per niente, quindi bisogna battersi affinché le famiglie italiane che in questo momento stanno vivendo lo stesso dramma, possano trovare conforto in una nuova legge, che tuteli loro, ed i loro cari in stato vegetativo, con un unico fine: non sostituirsi a Dio.
Questa mia, vuole essere una lettera aperta, di stima e di sostegno, anche se vuoi di critica e di stimolo, un modo per dirti siamo stati vicino ad Eluana, e oggi siamo vicini a te, non mollare il carro, ti aiuteremo a spingerlo, abbiamo ormai da diciassette anni bisogno di vedere la tua faccia in tv, perchè privarci del tuo modo di essere parte delle famiglie italiane, raccontaci il tuo dolore, il tuo sentimento, in modo da farci capire che sei umano, non sei un prodotto mediatico ma una persona vera in carne ed ossa, che soffre per quello che la circonda, ma che trova l’umiltà quando si trova in difficoltà, in modo che noi tutti possiamo aiutarti, crederti, qualunque cosa tu vdecida di fare, ti portiamo nel cuore, non mollare, anche perchè forse Eluana i quattro mesi prima nel 1991, in cui sei giunto a canale 5 ti guardava, ed oggi come allora è di sicuro una tua fan.

ANDREA BEN LEVA

Profilo Facebook di Andrea Ben Leva

ATTENZIONE!!! AVVOLTOI IN AUTOSTRADA – GRAZIE UOMINI DELL’AUTOSTRADA

febbraio 12, 2009

Questa è una nuova rubrica che abbiamo chiamato Area di Servizio, contiene tutti i racconti di disavventure sulle autostrade e strade italiane, scritte da voi. Con le varie possibili soluzioni o risposte.

Area di Servizio Monte Baldo Ovest A4 – ATTENZIONE AVVOLTOI IN AUTOSTRADA

area-di-servizio-cartelloMercoledì 11 febbraio 2009, autostrada A4, direzione Milano, fermata obbligatoria per rabbocco carburante, Area Sosta Monte Baldo Ovest, sono le ore 19:45.
Il veicolo si ferma, le persone scendono, chi pensa al rifornimento, chi fuma una sigaretta, chi si reca ai servizi igienici.
Serata fredda, un po’ ventosa, sentiamo il rumore degli pneumatici che rotolano sull’asfalto, alla nostra sinistra, che proseguono il loro viaggio in direzione Milano.
Siamo stanchi, provati dal viaggio, non ci manca molto per arrivare a meta, sentiamo già il profumo di casa, di un buon caffé, delle coperte calde.
Paghiamo, le portiere si chiudono sbattendo, la spia arancione delle candelette diesel si spegne, giro di chiave, e il motore singhiozza, non parte, la batteria non ha spunto sufficiente per accendere il motore.
Scendiamo, e chiediamo all’uomo del distributore se può aiutarci. Cominciano le prime domande e gli sguardi d’intesa con gli altri colleghi, che come avvoltoi sostano sull’ingresso del negozio, dove di solito si va a pagare.
<<e come facciamo ad aiutarvi? Non abbiamo niente per aiutarvi>> chiediamo gentilmente se qualcuno può avvicinare un veicolo, in quanto abbiamo i cavi da collegare alla batteria. In un primo momento sembra esserci collaborazione, poi dopo vari sguardi d’intesa con i colleghi, <<no non si puo’, e poi a chi possiamo chiedere, non possiamo fermare le macchine che vanno all’autogrill>> I loro sguardi mi rendono estremamente nervoso, ma sto al gioco, voglio vedere dove vogliono arrivare. Prendo il marsupio, e prendo in mano il portafoglio in bella vista, mentre mi dirigo verso il negozio. Gli occhi dei tre condor che sostavano all’ingresso si trasformano, sembrano il gatto e la volpe di Pinocchio. <<non può lasciare lì il veicolo, deve spostarlo>> Chiedo se i lor signori abbiano un sistema per far partire un’autovettura con la batteria un po’ scarica, di norma è capitato altre volte di vedere macchine ferme al distributore, che venivano fatte ripartire con sistemi molto semplici, chiamati booster. <<no noi non abbiamo niente per fa ripartire le autovetture>> Sto per entrare e varcare la soglia, e mi cade l’occhio sul pavimento, sono stoccate circa quaranta batterie una sull’altra che ingombrano letteralmente l’ingresso. Chiedo se è possibile acquistarne una, la più piccola, in quanto la mia batteria non ha lo spunto, ma funziona. <<per il suo veicolo deve montare questa batteria>> guardo la batteria, è metà della mia come grandezza, e anche come amperaggio, ma sto al gioco: quanto mi costa? Dopo aver armeggiato con la batteria, alzato e ribassato i coperchi dei contatti, verificato che non ci siano cartellini dei prezzi, arriva la sparata:<<duecentotrenta euro>>. Chiedo anche il prezzo della più piccola batteria che c’è, sembra quella di una moto, ma a noi sarebbe bastata. Dopo lo stesso rituale con le mani, alza e abbassa i coperchi, guarda sotto, <<centodieci euro>> mi sta per scappare un: mi fa vedere il listino? Ma siamo nei guai, e devo stare zitto. I lor signori avvoltoi, hanno capito come fare il business, e lavorando di squadra come il gatto e la volpe, gira e rigira, essendo l’automobilista in difficoltà, trovano sempre il modo di guadagnare sulle disgrazie altrui. Ma noi a differenza dei normali consumatori, siamo anche profondi conoscitori dei raggiri, ed eccoti qua la mia risposta: mi costa meno chiamare l’ACI, che senso ha spendere duecentotrenta euro?
Disperazione nei loro volti, faccio per uscire e mi viene spiegato che i prezzi in autostrada sono quelli, non c’è nessun imbroglio, e il mio veicolo dev’essere spostato.
Come nelle migliori famiglie d’Italia, il diavolo fa le pentole e non i coperchi: vediamo all’ingresso dell’ Area di Servizio, luci lampeggianti arancioni, è il furgone della Società Autostrade, il furgone giallo fosforescente. Quando si affianca, apre il finestrino, e due persone sorridenti si sporgono chiedendo se avessimo bisogno d’aiuto. QUESTI SONO ITALIANI
Dopo una breve spiegazione, dopo che i quattro avvoltoi si sono piazzati fuori dal negozio, in attesa di poter saltare di nuovo sulla preda, i NOSTRI EROI, hanno girato il furgone, muso contro muso, e dopo aver attaccato i cavi, abbiamo girato la chiave e il rumore soave del motore ha zittito tutti i rapaci in zona, che immobili nella loro sporca coscienza, hanno perso la dignità, la bevuta offerta al bar, la mancia; ma soprattutto hanno subito i nostri sguardi ed il mezzo sorriso, oltre al finestrino, di soddisfazione, per essere riusciti con la solidarietà di quei due eroi, ad evitare le grinfie degli avvoltoi, che dureranno poco, in quanto non eravamo i primi ad avere bisogno, e ad essere capitati nel loro distributore.
ATTENZIONE A CHI SI FERMA SULL’AUTOSTRADA A4, ALL’AREA DI SERVIZIO MONTE BALDO OVEST, CI SONO AVVOLTOI IN AGUATO, SE VI CAPITA, SCRIVETECI COSA VI HANNO FATTO, E CI OCCUPEREMO DEL CASO.

Un GRAZIE di cuore agli eroi della Società Autostrade, perché se l’Italia va a rotoli, è per questi rintronati, che credono di essere furbi, ma che sembrano Mister Tarocò ricordate DriveIn? “sono mister tarocò con l’accento sulla Q, che l’esperimento lo cucchi questa volta, e non lo cucchi più” a proposito di Ezio Greggio, chissà se Striscia la Notizia vorrà approfondire la questione, lo saprete nei prossimi giorni.

A titolo informativo, la batteria doveva essere venduta ad €. 107,00 e stiamo parlando di quella più grande che c’era lì, la stessa che gli avvoltoi volevano rifilare a duecentotrenta euro.

Spero che questa comunicazione di servizio, serva per creare una nuova sezione, nella quale inseriremo tutti i disguidi sulle strade italiane, e soprattutto con certi AVVOLTOI, che a volte al posto di spennare, rimangono con il becco asciutto.

ANDREA BEN LEVA

PORCA MEMORIA

febbraio 10, 2009

foibabasovizza_01Camminando per i sentieri del Carso, ci si imbatte in spiazzi circondati da catene e ghirlande di fiori, che avvolgono con il loro significato, il ricordo di chi nel 1945, per effetto dell’azione partigiana comunista, che puntava all’annessione dei territori del Litorale Adriatico alla Jugoslavia, faceva pulizia etnico-ideologica: eliminazione fisica dell’avversario.

Nella foiba di Basovizza a Trieste finirono 2.500 persone compresi bambini, ammassati in una cavità verticale, per raggiungere i 500 metri quadri di cadaveri.
In tutto sono stati eliminati 22.000 individui, che avevano la sola colpa di sostare su un territorio, che rappresentava per la Jugoslavia, l’espansione. Non è stata fatta distinzione dei popoli o delle origini di chi viveva quelle terre, infatti gli abitanti uccisi erano di: Udine, Pordenone, Gorizia, Trieste, Lubiana, Fiume, Pola.
C’è da fare una distinzione tra le truppe di partigiani, non tutti si battevano per dare il territorio alla Jugoslavia, tanti come ad esempio la Brigata Osoppo, caratterizzata da un foulard verde al collo, simbolo delle origini e dei valori alpini, si batteva per l’italianità di quelle zone.
Diversi erano quelli che portavano il fazzoletto rosso al collo, che erano anch’essi italiani, ma di fede comunista, che facevano parte delle armate jugoslave, come la Brigata Garibaldi, che erano inquadrate nel IX Corpus dell’Armata Jugoslava.
Sembra leggendo di qua e di là che al posto di vivere il giorno della memoria, si viva il giorno della riconciliazione. Sembra anche che bisogna essere equilibrati ed equidistanti dai comunisti e dai fascisti, altrimenti si viene additati come parte dello schieramento opposto a quello criticato.
BASTA! La memoria non ha colore politico, se oggi scrivo male dei comunisti, non vuol dire che ami i fascisti, è necessario capire la storia, la verità storica realmente accaduta, per spiegarla ai nostri figli e renderli partecipi della storia, senza veli. Il mio stile è puro, e siccome cerco sempre di facilitare l’apprendimento della storia, aggiungerò una verità che ai più è sfuggita, perché nei libri di storia non se ne trova traccia.
Nella ex-Jugoslavia, e precisamente in un posto ai giorni nostri di infinita bellezza ed accoglienza turistica, durante il secondo conflitto mondiale, era un gulag. Per meglio dire campi di lavoro correttivo, che diventarono invece mezzo di repressione degli oppositori politici dell’Unione Sovietica.
300px-goli_otokSto parlando di un’isola della vicina Kroazia, che troneggia un mare azzurro infinito, sto parlando del paradiso-inferno di Goli Otok, o come è stata chiamata Isola Calva.
Abbiamo ricordato i campi di concentramento, il dolore, la paura, i gulag, i morti, le foibe, ma non abbiamo memoria. La memoria della storia del mondo, sono i nostri bambini, se non spiegheremo loro cosa è già accaduto nella storia, quali atrocità hanno vissuto le famiglie italiane, quali sacrifici sono stati compiuti in termini di vite, per vedere l’Italia che oggi viviamo, non servirà a niente avere un giorno per ricordare, dovremo avere molti giorni sul calendario da trasformare in giorni della memoria, perché i nostri ragazzi, commetteranno di nuovo queste assurde atrocità, proprio perché non siamo stati capaci di dargli una memoria.
Basti leggere le notizie gravi degli ultimi 5 giorni: stupri di branco, pestaggi per una sigaretta, ecc.
Cosa serve ricordare se gli unici che ricordano, sono andati in una biblioteca e hanno sfogliato la storia solo dopo averne avuto bisogno, perché rendere povere le menti dei nostri ragazzi, perché non fargli vivere i drammi della storia? Ho studiato pedagogia, Kant, Rousseau, Freud, ecc. ma nessuna di queste grandi menti ha ipotizzato che i fatti più importanti della storia potessero essere rimossi con tanta facilità. Chi comanda l’istruzione così come la percepiamo? E’ mai possibile che vige sempre lo stesso errore, se hai un’insegnante di sinistra ti racconterà la storia dipinta di rosso, se hai un’insegnante di destra ti racconterà la storia in nero? Ma dove sta scritto? LA STORIA E’ STORIA E BASTA! FINITELA DI RACCONTARE BALLE AI RAGAZZI, sono geneticamente più intelligenti di voi, la verità prima o poi viene a galla, e chi racconta frottole, non farà più parte della storia, ma verrà cancellato.

ANDREA BEN LEVA

Droga, sesso, and rock and roll

febbraio 5, 2009

Quando il mio amico Andrea Ben Leva decide di scrivere, e non  lo fa purtroppo spesso, non perché non gli piaccia, ma perché perennemente affaccendato in innumerevoli attività, essendo un  genio informatico, creativo, esperto in infortunistica e varie, un artista che canta e scrive canzoni,  un  fotografo eccellente le cui opere partecipano a mostre espositive, un autore di poesie e  libri, etc.,etc… perché qualcosa senzaltro mi sfugge… , dicevo, quando decide di scrivere, è sempre capace di creare delle pagine importanti, piacevoli da leggere per lo stile e la fluidità con cui scorrono…perfino quando si cimenta in un semplice commento ad un altro articolo, come ha  fatto al mio di ieri( Sesso e violenza, la Tv insegna )…Troppo bello per non pubblicarlo ufficialmente!… parola di Umberto Napolitano.

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Siamo vittime, e non smetterò mai di dirlo, di questo mondo consumistico. Dove per vendere un prodotto le tecniche di convincimento servono a spiazzare le menti ignare del trucco.
La pubblicità, è diventata un’arte, uno studio continuo, sociologico, del comportamento umano. Per capire di fronte ad un’immagine, ad una frase, come reagisce il bambino, o l’adulto.
Le campagne pubblicitarie, come se fossero campagne di guerra, tendono a posizionare gli eserciti all’interno di tutte le emittenti visive e sonore disponibili.
Offuscando la tranquillità della mente umana, che passeggiando, o stando comodamente a casa, o lavorando al computer, si ritrova bombardato da una mole considerevole di messaggi pubblicitari.
Non basta, sono studiati e mirati, in base a cosa leggi o cosa guardi, per effetto di uno studio statistico, ti verrà proposta una specifica campagna pubblicitaria.
Il problema non risiede qui. Risiede nella tipologia di emissione che viene utilizzata. Si stà valicando ogni limite, in quanto l’effetto di saturazione percettiva dovuta al bombardamento pubblicitario, come per l’influenza, ha fatto generare al corpo umano gli anticorpi. Ed è per questo che i messaggi fino ad ora utilizzati non bastano, non arrivano. Per questi motivi, i messaggi nuovi, sono scioccanti, violenti, freddi, discriminanti. Ma quanto siamo fessi…

                                        

Il vecchio e amato slogan del caffè: più lo mandi giù più ti tira su, non basta più. Adesso bisogna fare un film di 3 minuti, con un casting particolare, e costi spaventosi. Ma porca miseria se il tuo caffè fa letteralmente ribrezzo, investi nella miscela non nella pubblicità.
Sono cambiati gli stili di vita, una volta il caffè doveva essere buono, denso, cremoso, e doveva mantenere l’aroma a lungo perchè gli operai lo inserivano nel termos, e come un cordiale, un ristoro, ogni tanto svitavano il tappo che serviva da bicchiere e versavano il caffè fumante caldo e profumato. In quel gesto c’era la ritualità quotidiana, il sentirsi un po’ a casa.
Oggi dove ti giri c’è un distributore automatico, con questo gusto di plastica, e fatevelo dire da uno che è nato a Trieste, patria delle torrefazioni, se il caffè non rispetta una determinata temperatura e viene bevuto in una determinata tazzina, non si percepisce proprio niente del gusto e dell’aroma.
C’è l’altro tipo di caffè, il caffè lampo, di coloro che usciti dal portone di casa, guardano attraverso la vetrina il barista con il dito alzato, come dire: il solito. Attraversano di corsa la strada, non si siedono, una bustina di zucchero, due giri di cucchiaino, e giù nel gargarozzo. Il caffè che sa ancora dei sali per pulire la macchina, e la corsa a prendere il metrò, con il pugno nello stomaco per i crampi.
FERMATEVI!!!!!!!!
Dove state correndo?
Alzatevi mezz’ora prima, rilassatevi, godetevi la prima boccata d’aria usciti di casa, e al posto di correre camminate, bevete un thè, e iniziate a vivere senza seguire gli stimoli pubblicitari.
NON VORRETE FINIRE COME RENATO POZZETTO IN RAGAZZO DI CAMPAGNA? QUANDO NEL MINI-APPARTAMENTO, FA DOCCIA E RISPONDE AL TELEFONO IN UN METRO QUADRO ?
La pubblicità inganna, deve vendere un prodotto, buono o cattivo che sia; provate per una volta a non sentire con gli occhi, ma usate il vostro personale senso del gusto.
Ci sarà per ognuno di noi un giorno in cui ci sveglieremo, e capiremo dove abbiamo sbagliato fino ad oggi, e quando avremo capito i messaggi nascosti della pubblicità, cammineremo con molta calma, berremo meno caffè, guarderemo meno tv, staremo di più con i nostri figli.

PIU’ GIUDIZIO, MENO CAFFE’

ANDREA BEN LEVA

 

 

DEMOCRAZIA PLASTICA

                                                                Ogni notte nella mia mente si prefigura un’immagine

che viene riflessa dal mio inconscio, quasi fosse un sogno.

Il mio sonno viene turbato. Cercando di gratificare la mia paura

 con le calde lenzuola mi giro nel letto

 e i miei occhi scrutano nel buio

 la figura che nel sogno svaniva.

Compagna della notte e nei giorni di sempre Cris…

  

 NOTA DELL’AUTORE

A volte ci si veste con un abito serio, quasi a voler dimostrare la propria forza. Se una persona ci incontra per la prima volta, probabilmente rimarrà stupita dal nostro abbigliamento, al punto da chiedersi se ci vestiamo così tutti i giorni, e per andare al lavoro, e per andare a fare la spesa. Questo ci spiega in minima parte come la nostra mente sia poco democratica, in quanto non lascia niente al caso, verifica tutto e si pone interrogativi ai quali noi dobbiamo rispondere, non possiamo farne a meno, ci viene l’angoscia  se non lo facciamo. A volte cerchiamo di darci risposte appaganti, che in qualche modo ci aiutino nell’ardua impresa di trovare una risposta, ma dopo aver provato con una mezza verità, che ci illude la mente per un breve momento, dopo non sopportiamo l’idea di aver mentito a noi stessi e continuiamo nella nostra ricerca. Questo libro rappresenta la mia ricerca sia all’interno della mente, sia all’esterno per la strada, per capire che cos’è la democrazia moderna, vissuta dai giovani di oggi, dagli studenti. Un modo per porsi domande e per darsi risposte che forse non ci siamo mai posti, o che semplicemente sono rimaste lì sospese ad aspettare questo libro. L’obbiettivo del lettore è di abituare la mente a non accontentarsi della prima risposta che gli viene data, ma di cercare la risposta più vera.

 

La democrazia del bambino

 Un bambino si sveglia cullato dalle braccia morbide e flessuose della madre, che lo osserva persa nei pensieri che hanno generato quel nuovo individuo. Si sofferma sulle dita dei piedi che scalciano, così piccoli ed indifesi, ed accarezzandoli prova piacere nel toccare quella carne calda e morbida di un colorito rosa, profumato dall’aroma dolce dell’olio.

Un nuovo giorno nasce dando la luce al buio della notte del giorno ormai passato. Quel nuovo essere cresce circondato da coccole e parole che plasmano piano piano il carattere del nuovo nato. Ogni individuo neonato o anziano esso sia, possiede; o almeno così dovrebbe essere: dei diritti.

Il diritto è un principio espresso su carta, prima discusso poi decretato, che sancisce delle garanzie all’individuo. Nel nostro caso la creatura possiede il primo diritto fondamentale della democrazia: la vita.

Se per un motivo o per l’altro questo diritto venisse a mancare, ci troveremo di fronte alla caduta, come un castello fatto di carte, di tutto il nostro ordinamento. Questo purtroppo accade, molti bambini vengono a contatto con la morte per incuria, per negligenza. Alcuni perdono la vita cadendo, altri la perdono soffocando, altri ancora per intossicazione. <<qualcuno ha lasciato un veleno in un armadietto aperto ed a portata di bimbo>>.

 Queste sono le garanzie di vita che offriamo ai nostri figli, una “giungla” di pericoli nella quale essi giocano, inconsapevoli dei possibili pericoli, inconsapevoli di che cosa è la vita. Ebbene anche noi se per un momento ci mettessimo distesi sul divano, chiudessimo gli occhi, pensassimo a tutto quello che ha caratterizzato la nostra vita non riusciremmo a spiegare ai nostri figli che cos’è la vita. Allora da quale principio sono partiti coloro che hanno sancito le leggi che governano le garanzie di vita di noi stessi? Loro forse saprebbero spiegarci che cos’è la vita? Probabilmente no!

Sul concetto di vita c’è un valore di approssimazione di cui bisogna tenere conto, pertanto anche parlando di democrazia dovremo considerarlo. Riassumendo cercheremo l’approssimazione più vicina alla reale democrazia.

Il bambino cresce, mangia, va a scuola. I genitori lo seguono guardandolo dal nuovo punto di vista: il genitore. Un ruolo difficile che a volte impone severe regole per entrambi. Uno studia si laurea, progetta la sua carriera, si sposa, crea una famiglia, nasce un figlio, è l’unico giorno in cui puoi dormire fino a tardi, perché te lo meriti: drinnn, suona la sveglia. Tuo figlio è già pronto indossa il grembiule e ha la cartella in mano. Non puoi deluderlo, devi accompagnarlo a scuola, devi fargli dimostrare ai suoi compagni che anche lui ha un padre, premuroso, che lo segue. D’altro canto anche tuo figlio ha il diritto di stare un po’ con te, lui vorrebbe rimanere a casa, saltare la scuola, venire nel lettone e con te guardare la tv, ma anche lui deve rispettare il suo dovere di studente. Come fa lui piccolino a capire quali sono i doveri e quali i diritti, va a scuola, se esercita la sua facoltà comunicativa viene ripreso dall’insegnante perché disturba gli altri, <<non parlerà mica da solo voglio sperare>>. Se fa silenzio viene ripreso perché non partecipa alla lezione, se non riesce ad eseguire un problema alla lavagna vuol dire che non era attento durante la lezione <<e se invece è l’insegnante a non spiegare bene?>> Povero bambino dicono: ha dei genitori assenti, non si curano di lui, non lo seguono, pensano ai soldi loro. <<ma come, … tu, che vuoi il meglio di tuo figlio, che lavori come un turco per mandarlo alla scuola privata, per colpa di un insegnante che al posto di spiegare preferisce guardare un film, ti parlano dietro, hai speso i soldi inutilmente, e ti ritrovi un figlio che seguirà il tuo destino, dovrà sottomettersi a qualcuno per garantire a tuo nipote di frequentare una scuola privata. Ahh, tuo nipote si che sarà bravo, avrà anche l’insegnamento di tuo figlio che gli dirà di non prendersela quando le cose vanno male, perché erano andate male anche a lui eppure era riuscito a seguire le orme del padre. Poi un giorno apri la porta del bagno, che tuo nipote si è dimenticato di chiudere a chiave, e lo becchi seduto sul cesso, con un legaccio stretto intorno al braccio, ed una siringa in vena. Ma non ti devi preoccupare vedrai che suo figlio avrà imparato una buona lezione vista anche l’esperienza di suo padre.

Si da per scontato che l’esperienza vissuta si possa in qualche modo trasferire alla nostra prole, ma purtroppo i nostri figli sono individui pensanti che usano la propria testa, bisogna lasciarli crescere e fare esperienza, commentando solamente le loro esperienze sottolineando quello che è giusto o quello che è sbagliato. <<Quanto siamo bravi quando facciamo così>> tua figlia ti odia, tu credi in dio, credi nella vita, ma tua figlia ti odia, la fai vivere in una bella casa, le compri dei bei vestiti, la fai studiare in una bella scuola dove la accompagni tutte le mattine con la tua auto di rappresentanza. Le riempi le tasche di soldi, le fai regali importanti, la doti di un telefonino così da poterti chiamare quando ha bisogno di te. Lei lo usa per chiamare il suo fidanzatino, che la coccola, che le da quello che tu e tua moglie non potete darle. Siccome la sua vita è monotona e dal canto mio troppo facile, prova a drogarsi, tanto per evadere però, giusto un pochino per provare. Un bel giorno tu sei al lavoro, fai il dirigente, lei fa un brutto viaggio ritorna dallo sballo prima del tempo perché la benzina che aveva messo in corpo era di scarsa qualità, in quanto siccome una dose non le basta più deve comprarne di più ad un costo inferiore, tagliata male. Rientra in casa accusando i sintomi della sostanza ingerita, tua moglie si infuria, capisce il collasso, e la sgrida, le vieta di uscire con quel giovane squilibrato che le ha fatto questo, tua figlia è ancora un po’ fuori, prende un coltello e affetta tua moglie che muore immobile sul pavimento, accoltellata ripetutamente perchè doveva tenere la bocca chiusa.

Vedi; uomo; tu qui sulla terra o nel cosmo sei da solo, non puoi cercare risposte che puoi darti da solo, perché l’unico che le conosce sei tu.

Pensa a tuo figlio dopo dieci anni di matrimonio divorzia e si separa da sua moglie, e da tuo nipote che ora viene a pranzo da te e fa i compiti con la nonna. Ha solo dieci anni, ma nella sua mente ci sono già tutti i concetti e le formule matematiche per capire e realizzare che entrambi avete tradito la sua fiducia, lo avete abbandonato.

Quando tu cerchi di sapere con chi è stata tua moglie, dove è andata, chi ha visto negli ultimi giorni, tuo figlio ha le risposte in tasca. Lui sa tutto, e piano piano facendogli delle domande vieni a sapere tutto, e a tuo figlio fai ancora più male, perché dopo averti raccontato tutto con poche parole percepisce ed avverte il tuo dolore, e la sua mente crede e si convince che è lui la causa del dolore del suo papà.

Questi figli bambini o uomini, presi in tutte le fasi della loro vita, sono uguali allo standard umano: nascere, crescere, studiare, lavorare, invecchiare, vivere, morire. Qual è la democrazia allora?

 

  

 Oggi il concetto di democrazia vicino a quello di libertà e di vita può rappresentare il nostro presente. L’unica formula che possa sostenere la democrazia però, è legata ad una rigida applicazione di norme e leggi, che garantiscano equilibrio tra i limiti pubblici e i privati.

        Questa traccia vuole essere una provocazione per riflettere, il testo rappresenta un gioco di botta e risposta che l’autore fa tra se e l’inconscio, alla ricerca della democrazia, persa nei fatti che ogni giorno viviamo leggendo le notizie sul quotidiano e in tv, nella plasticità dei limiti/confini che il grande fratello ha già predefinito. Un recinto, come un reality show, dove la famiglia si ritrova a tifare o a litigare guardando lo schermo, illusa di vivere il presente, persa in un mondo virtuale che la trasporta in una nuova dimensione, appunto quella della “democrazia plastica”, mentre la vita continua a scorrere, imperterrita, fino al momento in cui l’individuo viene “nominato”, e ritornando alla realtà, ritorna a scontrarsi con la dura vita vera, della famiglia italiana, che oggi più che mai, deve fare squadra e remare all’unisono, non per vincere, ma per non affogare nell’illusione.

                                           Andrea Ben Leva

Il Secolo dell’ignoranza – Speriamo che venga presto una luce nuova

febbraio 2, 2009

fotodefOgni generazione scrive con il suo comportamento quotidiano, sul libro della vita. Un libro che rappresenta la storia, è la traccia, il sentiero che altri percorreranno dopo di noi, utilizzando la nostra esperienza, se saranno saggi, evitando gli errori e le difficoltà che noi abbiamo già vissuto.

Probabilmente stiamo vivendo una generazione geneticamente amorfa, che invece di progredire ed evolversi, tende all’autodistruzione non solo dei popoli, ma anche della storia che ci precede, che ci ha permesso di arrivare fino qui.

Quando si prepara un viaggio, bisogna sapere da dove si parte e dove si vuole arrivare, bisogna studiare una carta, e definire le tappe e il meteo. In relazione al viaggio riempiremo uno zaino, ci vestiremo adeguatamente, porteremo cibo e bevande, e all’occorrenza anche una radio.

Lo stesso programma si può sovrapporre a qualsiasi viaggio: nella vita, nello studio, nel lavoro, nella politica, ecc.

Per chi è sprovvisto di testi, c’è ancora la meravigliosa biblioteca comunale, e altrimenti internet, cercando sul motore di ricerca più evoluto: google, così da reperire informazioni ed esperienze.

I giorni passano e la linea della vita è piatta, come su un monitor collegato al cuore, sembra che per far fare un piccolo balzo all’ago della vita ci voglia una fatica incredibile. Ed è vero, perché se analizziamo come vengono fatti questi viaggi, questo scrivere la storia: non c’è cuore.

Quello che rimane sottinteso in tutto quello che facciamo, quello che rappresentiamo per noi e per la storia, è l’emozione. Se in quello che progettiamo non c’è emozione o cuore, sarà come costruire un castello di carte, fragile e cedevole.

Se i nostri figli frequentano un asilo, o una scuola qualsiasi, e l’insegnante, ovvero colui che detiene il potere di condurre i nostri figli nella storia e nella cultura, e ovviamente verso il loro futuro; è svogliato, non è preparato, e non intendo di contenuti, ma di emozioni da regalare, da trasmettere, agli occhi dei nostri figli sarà un contenitore vuoto. Potrebbe parlare di cose importantissime, di argomenti che hanno cambiato la storia, ma i nostri figli percepirebbero solo il suo stato d’animo negativo per la rinegoziazione del contratto.

Allora? Vogliamo renderci conto che la generazione che ci circonda ha il diritto di sapere, di poter utilizzare una carta della vita quanto più ricca di informazioni e di esperienze vissute, di esempi reali che materializzino l’evento nella comunicazione?

Mi ricordo ancora le lezioni di alcuni professori, lezioni dove di corsa scendevamo le scale e andavamo litigando a prendere un posto in prima fila, non perché quel giorno si parlava di qualcosa di importante, ma perché qualsiasi argomento fosse l’insegnante riusciva a farlo uscire dal libro, e renderlo attuale, facendocelo interiorizzare quasi fosse un frutto raro da gustare.

Possibile che nel libro della vita non trovano più posto insegnanti così?

Se i nostri figli vivono nel mondo del lavoro e si pareggiano con il governo che ci dovrebbe rappresentare, e che vive anch’esso questa generazione di ignoranti, possibile che non si riesca a far capire che la cultura non è essere cervelloni, ma vivere il presente con l’intento di trasferire alle generazioni future sentieri di conoscenza.

E’ risaputo ormai scientificamente che i nostri geni, ovvero i mattoni che legati assieme formano la spirale di DNA, si evolvono in base alle esigenze che il fisico e la mente durante la nostra esistenza incontrano, ci sono esempi concreti riportati in diverse pubblicazioni scientifiche, che descrivono l’evoluzione genetica come ereditaria, questo vuol significare che alcuni di noi possiedono geni diversi. L’abbattimento delle difficoltà di movimento, di comunicazione, fanno si che lo sviluppo genetico, si sia spostato su necessità diverse, rispetto alle semplici esigenze quasi primordiali dei nostri avi. Quando diciamo i nostri bambini sono più intelligenti, non siamo molto discosti dalla verità. In effetti possiedono tutte le caratteristiche genetiche e le dominanti di entrambi i genitori, quindi un’evoluzione c’è stata. Ma a discapito di cosa?

Faccio un esempio pratico, oggi dopo molto tempo per esigenze personali ho dovuto riaccendere il mio portatile “vecchio”, vecchio per modo di dire, e mi sono reso conto che era rimasto li fermo impolverato per molti mesi, dalla fine di aprile 2008. Il portatile ha come ogni essere umano una struttura genetica costituita dal DNA che in questo caso si chiama Sistema Operativo, poi ha molte altre caratteristiche, ad esempio i programmi per scrivere o per comunicare. I computer che ho acquistato successivamente sono molto simili, ma possiedono una grande capacità di memoria, una grande velocità, si collegano con tutti gli apparecchi elettronici della casa e dell’ufficio. Sembra pazzesco, ma i nostri bambini seguono la stessa evoluzione, mio figlio a 4 anni cambia canale alla tv da solo, alza o abbassa il volume, riconosce i suoi canali preferiti, accende e gioca con la sua console wii, gioca a tennis, golf, e altro. Si arrabbia pure se il computer non riconosce il suo profilo e nell’immagine icona al posto di esserci lui c’è la figura della mamma. Assurdo. Poi dulcis in fundo, accende il computer portatile, e gioca con il mouse a preparare le torte.

Siamo geneticamente diversi? No siamo simili, ma lui possiede delle caratteristiche genetiche che sfrutta meglio di me.

A questo punto per concludere, tutte queste capacità, di derivazione genetica, bloccano in parte la costruzione del processo bisogno/difficoltà da affrontare/evoluzione genetica. Potrebbe paradossalmente succedere che le prossime guerre accadano per gioco, e i nostri figli comodamente a casa, guidino con il pc o la console wii un drome, che volando bombarda villaggi di persone e bambini che non hanno vissuto le dolcezze tecnologiche, ma che per bere un bicchiere d’acqua tutte le mattine percorrono 5 chilometri a piedi, e tirano su da un pozzo, un secchio pieno di acqua torbida. Ma che in cambio essi hanno sviluppato geni, in funzione delle difficoltà vissute, capaci un giorno di progettare e mettere in atto uno sterminio chimico, tale da distruggere il loro gene antagonista, ovvero i popoli occidentali.

Parlo di ignoranza in questo secolo, perché dopo aver vissuto diverse guerre, a caccia di fantasmi senza peccato, istruiti a puntino da eserciti militari evoluti, sono stati abbandonati a loro stessi, eserciti che senza armi, con temperini e taglierine per aprire i pacchi, sono riusciti ad abbattere due torri emblema dell’evoluzione genetica. Sono riusciti a sovvertire il mondo intero, sconvolgendo equilibri che ormai rappresentavano delle certezze comuni, che ora non ci sono più.

Cerchiamo di ripercorrere il sentiero passato, e impariamo dagli sbagli per progettare sentieri futuri, ricchi di collaborazione e di cuore, per dare una nuova anima al mondo dei nostri figli, se non più sicuro, più collaborativo fra i popoli. Per costruire la cattedrale dei nostri sogni, un mondo capace di dare indietro tutto quello che saremo capaci di dargli.

ANDREA BEN LEVA

Una serie di articoli che mi hanno fatto riflettere e scrivere questa riflessione.


Corriere della Sera
Guidonia, lo sfogo della vittima “Liberi dopo lo stupro, sono
La Repubblica 
Così i due ragazzi aggrediti da un branco di stupratori romeni nella loro auto nelle campagne di Guidonia hanno affidato dolore e rabbia al loro avvocato,


Il Giorno
Indiano bruciato vivo alla stazione “Volevamo fare un gesto eclatante”
Il Tempo 
Svegliato mentre stava riposando su una panchina della sala d’aspetto nella stazione ferroviaria di Nettuno, accecato con una bomboletta spray grigia, pestato a sangue e bruciato vivo. Un agguato in piena regola quello subito all’alba di ieri da un


Unimagazine.it
Universita’: studenti cercano forzare blocco, attimi tensione
ANSA 
(ANSA) – TORINO, 2 FEB – Attimi di tensione questa mattina a Torino dove gli studenti hanno manifestato contro l’inaugurazione dell’anno accademico. Nei pressi del Palazzo del rettorato dell’Universita’, un centinaio ha cercato di sfondare il cordone


4minuti.it
Lampedusa, incendio nel nuovo Cpa
L’Unità 
Sicurezza a senso unico. Nel nuovo centro di accoglienza di Lampedusa, l’ex base navale Loran, un incidente poteva diventare tragedia. Una fuga di gas, probabilmente provocata dal fornelletto della cucina della struttura, lasciato acceso per sbaglio da


Il Tempo
Battisti/ Attesa per verdetto Corte Suprema su estradizione-punto
Virgilio Notizie 
Roma, 2 feb. (Apcom) – Tappa cruciale per il caso Battisti. Il Supremo Tribunale Federale brasiliano (l’equivalente della nostra Cassazione) si riunisce oggi per decidere se il processo di estradizione in Italia nei confronti dell’ex leader dei Pac sia

La Nazione
Perugia, furti di farmaci in ospedale per 50 mila euro: 4 denunce
Adnkronos/IGN 
Roma, 2 feb. (Adnkronos/Adnkronos Salute) – Ladri di farmaci in ospedale. A scoprirli, dopo lunghe indagini, sono stati i Nas di Perugia che hanno individuato e denunciato quattro persone che, nei mesi scorsi, avevano rubato medicinali dal deposito di

La Nazione
Dinamite tra i bagagli, intrigo a Genova e spunta il giallo
La Repubblica 
GENOVA – È un giallo, anzi un intrigo internazionale, con molte piste, dal terrorismo alla criminalità organizzata, tutte da verificare. Un giallo che ha come protagonista uno zainetto blu, all’apparenza innocuo, che rimane su uno degli scaffali del
MA DOVE STIAMO ANDANDO?

Lager Nazista in territorio italiano – giorno della memoria

gennaio 28, 2009

                                              Risiera di San Saba - TriesteMolti non lo sanno, altri lo ignorano, ma anche sul territorio italiano, e precisamente a Trieste, durante gli anni del secondo conflitto mondiale, era in funzione un forno crematorio di persone vive ed innocenti, di BAMBINI DISABILI.

 

 

 

Si avete letto bene, nel programma Nazista varato nell’anno 1939 era stabilito che i bambini disabili, anche di nazionalità tedesca, fossero strappati dalle mani delle madri disperate ed in lacrime, per essere condotti in questi forni e cotti nella loro morte, bruciando arsi.

Fa commozione poter usare parole che hanno il potere di sconvolgere le nostre menti, ma è proprio questo il senso del Giorno della Memoria, RICORDARE, PER MAI DIMENTICARE.

Il lager in questione è: la Risiera di San Saba. Un edificio in mattoni rossi, anonimo, con un lungo camino, lo stesso camino dove uscivano fumanti le anime di poveri innocenti ed indifesi.

Camminandovi vicino, sembra che l’edificio per la vergogna dei segreti che racchiude, si sia mimetizzato con il centro cittadino.

La Villa al n° 4Nello stesso periodo, in una Berlino fiammante nel lusso nazista, in una insignificante via, Tiergarten Strasse, al numero civico 4, sorgeva una villa signorile, che racchiudeva segreti raccapriccianti, tali da trasformare nella storia l’operazione “Vite indegne di essere vissute”, nell’Operazione T4, dal nome della strada e dal numero civico.

L’Operazione consisteva nel mantenere pura la razza Ariana, uccidendo tutti gli individui disabili o malati. I primi ad essere sterminati, vuoi per semplicità, vuoi perché erano talmente piccoli da non potersi difendere, vuoi perché erano bambini, sfortunati già alla nascita, in quanto disabili o portatori di handicap.

All’inizio furono usati farmaci tossici, poi per soppressione mediante gas asfissiante, una tecnica fino ad allora inesistente. Nacque la prima Camera a gas, proprio dalle menti dei dirigenti dell’Operazione T4. Da qui la sperimentazione portò un suffragare di nuovi impianti, e precisamente: Brandenburg, vicino Berlino (funzionante da gennaio a settembre 1940), Grafeneck presso Stoccarda (gennaio 1940 – dicembre 1940), Sonnenstein/Pirna vicino Dresda (aprile 1940 – agosto 1943), Bernburg presso Magdeburgo (settembre 1940 – aprile 1943), Hadamar vicino Coblenza (gennaio 1941 – agosto 1941), oltre ad uno in Austria, Hartheim nei pressi di Linz in Austria (gennaio 1940 – dicembre 1944).

Mappa del progetto EuthanasiaIl progetto fu interrotto per volontà di Hitler il 24 agosto del 1941, non perché era sbagliato, non perché andava contro i diritti umani, non perché qualcuno ha avuto la coscienza di ragionare, NO! NO! NO!

PERCHE’ L’OBIETTIVO ERA STATO RAGGIUNTO: UCCIDERE 70.000 PERSONE – SETTANTAMILA.

Alla fine del 1943, dopo aver sterminato in Germania, Polonia, e resto d’Europa, i dirigenti dell’Operazione T4, non contenti di quanto già ottenuto, furono inviati in Italia, dove se ne trova traccia storica, e precisamente all’interno del campo di concentramento di San Saba a Trieste.

Il gruppo si disgregò quando la Wehrmacht si arrese all’Italia.

Sembra quasi un correre alla rinfusa, alla ricerca delle motivazioni, dei pensieri, dei sentimenti che animavano questi carnefici. Sento l’affanno crescere, il battito del cuore crescere, il respiro difficile, eppure erano lì in piedi, nudi, in fila, ad aspettare il loro turno per fare la doccia; l’ultima doccia. Sono state cancellate molte persone, vite, storie, le future generazioni.

Mi chiedo, dopo essere vissuto a Trieste per diciassette anni, aver frequentato le scuole fino alle superiori, dopo aver girato in lungo ed in largo Trieste ed i suoi monumenti; ma al posto di portarci a visitare l’acquario, quel giorno di primavera, a capire che un pinguino non vive al polo nord, che i cavallucci marini non si possono cavalcare, ma perché ci avete riempito la testa di cazzate? Perché dall’alto della vostra berbera cultura vi siete spinti così in basso e avete distolto le nostre menti, perché avete cercato di nascondere gli eventi, la storia, la Storia d’Italia,

Ma chi vi ha dato il diritto? Ma che razza di insegnanti siete? Imbecilli che denigravano il mio scrivere tacciandomi di negligenza, ma quante volte siamo passati davanti a quella costruzione di mattoni rossi? Quell’asilo di anime defunte? Ma con quale spirito voi insegnanti vi permettete di fare i giudici della cultura dei ragazzi che rappresentano il futuro del domani? Due sono le possibili risposte: 1 siete ignoranti, non vi siete documentati, avete fatto di tutta l’erba un fascio e vi siete spalmati in faccia la crema della superbia, ignorando il bene più prezioso dei nostri figli; IL SAPERE. 2 sapevate, e non solo avete evitato di spiegarlo, no avete anche dato un bel colpo di spugna, così da cancellare dalla vostra coscienza quelle storie un po’ brutte, che tutto sommato uscivano dal vostro programma. Questo è ancora più grave, perché cercando di nascondere alla memoria la storia, avete contribuito a creare le generazioni di uomini che ci circondano, e parlo delle mele marcie, non dei giusti.

Non mi piace esprimere parolacce, ma mi fa incazzare venire a scoprire della storia solo per aver guardato un po’ nel cassetto della storia, ma cosa pensavate di fare, di creare individui migliori? LA STORIA SIAMO NOI, LA CREIAMO NOI TUTTI I GIORNI, EDUCANDO I NOSTRI FIGLI, CON UNA CAREZZA O CON UNO SCHIAFFO, CON UN SOLO OBIETTIVO: DARE AI NOSTRI FIGLI GLI STRUMENTI PER CAMMINARE DA SOLI NELLA VITA.

Voi che sapete di aver sbagliato, VERGOGNA, perché non siete insegnanti, siete mediocri pappagalli, che hanno solo la fortuna di occupare una posizione di potere. VERGOGNA a tutti coloro che cercano di schivare la storia, perché grazie a Dio non si cancella, e prima o dopo i nodi tornano al pettine, e ognuno paga per quello che ha fatto.

Se qualcuno di voi vuole visitare un posto dell’orrore, la storia, la memoria vera dell’olocausto, vada a visitare la Risiera di San Saba, e poi scriva qui le sue emozioni, per dimostrare ancora una volta, che la vita vince su tutto, anche sugli stolti senza memoria.

 Per approfondirehttp://www.retecivica.trieste.it/triestecultura/new/musei/risiera_san_sabba/default.asp

 

                                                   ANDREA BEN LEVA

Il Signore del Terziere

gennaio 12, 2009

Prof. Loris Jacopo Bononi

Prof. Loris Jacopo Bononi

Mi sono sentito nudo. Svestito di tutto, anche dei pensieri che mi rendevano fiero di quello che pensavo di essere riuscito a diventare.
Ma come accade solo una volta nella vita, mi sono trovato seduto accanto ad un monumento vivente, ad una coscenza universale, ad un italiano tutto d’un pezzo; che nei suoi ottant’anni, è riuscito a salvare un paio di miliardi di vite umane. In tutto il mondo, di tutte le razze e tutte le età. Senza selezionare o decidere chi salvare, come se Dio gli avesse prestato un dito, ed egli questo dono meraviglioso lo ha donato a tutti. Ridando fede e futuro a generazioni di nuovi uomini, che camminano per strada, che forse sia io che voi avete incrociato camminando, e ne noi ne loro fino ad oggi, avevamo saputo che siamo vivi solo per la sua dedizione nello studio, e nella bontà d’animo; così generoso da determinare il destino.

Sarebbe troppo facile parlare di argomenti così importanti solo per fare scalpore, attirare voi a leggere, e magari proporvi un affare.
Chi ci legge, sa che siamo stati plasmati nella nostra unicità culturale, e che non cederemo mai nella provocazione.

La domanda che vi sarete posti adesso, in questo istante è: ma di chi sta parlando, e perchè?

Vi sto parlando di un uomo, un professore, che ha creato il più grande patrimonio culturale italiano, un uomo che parla di risorse intellettuali come Leopardi, Manzoni, Dante; con la dimestichezza e la dialettica al pari di un cronista di calcio che descrive una partita citando in cronaca i nomi, i giocatori, i termini più complessi, in un apoteosi di gusto classico e puro.
Non sto parlando di un cabarettista o un attore che legge e recita una parte, un ruolo, no, è lui stesso il ruolo.

Mi spiego meglio, quando parlo di purezza, intendo realtà filosofica, non letture o discorsi a braccio su copie di testi illustri in edizione economica.
Siamo stati invitati, un gruppo di amici ed io, all’interno di un castello medievale, in una zona d’Italia poco pubblicizzata: la Lunigiana. Uno spazio compreso tra Liguria e Toscana che segue il fiume Magra fino allo sbocco nel Mar Tirreno. Abbiamo varcato la soglia e siamo stati accolti calorosamente in una magnifica sala delle udienze, dove accanto ad un camino scoppiettante, e diverse opere d’arte, abbiamo ascoltato delle parole d’incanto, come quando da bambini si ascoltava la nonna che recitava la fiaba di cappuccetto rosso. Poi pendendo dalle labbra del Professor Loris Jacopo Bononi, siamo stati condotti in una sala dinnanzi a due armadi ricchi di storia. Sembrava che quei due mobili parlassero, tutte le cicatrici scolpite nel legno secolare, sembravano gridare: osservami, e aprezzami perchè sono più vecchio di te. Ma non era la storia, non era la bellezza di quelle due sculture d’arte a sciogliere il nostro ultimo bagliore di coscienza. Furono aperte le ante, e comparirono ben allineati migliaia di volumi, che portavano addosso il peso della conoscenza.
Erano tutte prime edizioni originali, dei testi letterari più noti, che hanno costruito l’Italia in cui noi oggi viviamo. La famosa leva di archimede che ha spostato ed elevato tutte le culture del mondo. Libri scritti in sanscrito, in greco, in italiano vulgare.
Ad un certo punto dalle mani tremanti di questo uomo meraviglioso, è comparso un volume, carta tagliata ancora a mano, dal titolo: I SEPOLCRI.
La prima edizione Originale di Ugo Foscolo. Non posso descrivervi la meraviglia, il brivido freddo che ognuno di noi ha provato. Pensavamo che fosse la quintessenza, il nirvana, il paradiso. Ma era solo un piccolo antipasto, una scheggia di una piramide formata da centocinquanta mila volumi.
Sono seguite le sapienti e sagge orazioni del Professor Bononi, che oltre ad attrarre la nostra attenzione, hanno trasmesso un messaggio al nostro cuore, inteso in amore per la cultura, amore per la storia, amore verso la nostra italianità, che hanno generato un senso di appartenenza tale da renderci custodi universali del patrimonio che questi incalcolabili capolavori, rappresentano per tutte le generazioni italiane, passate e future. L’importanza di queste opere per il nostro prossimo futuro è paragonabile ai volumi che erano contenuti nella biblioteca di alessandria d’Egitto, una volta bruciati, l’umanità ha riscoperto se stessa solo dopo che Armstrong ha toccato il cielo lunare, prima non esiste un salto culturale così lungo da rappresentare un ponte tra generazioni.
Perdonerete il mio essere prolisso, cosa che non oso fare mai, ma questa esperienza va al di là di ogni immaginabile esperienza che ognuno di voi penserebbe di poter fare. E’ stato come entrare in una nuova dimensione, un rileggere la storia con una chiave di lettura universale: il Professor Bononi appunto.
Il secondo tuffo al cuore è stato quando da questo scrigno magico è uscito un libro rilegato in verde, quasi anonimo, il diario privato di Alessandro Manzoni, che nella storia italiana, quando a scuola ci è stato raccontato il perchè dei Promessi Sposi, tutti indistintamente sappiamo che il Manzoni si reca a Firenze dove rinchiuso per tre mesi circa “sciacqua” il gergale italiano dialettale. Ebbene questo volume, inutile dire originale, contiene gli appunti scritti e corretti dei termini dialettali, con appuntate sotto le traduzioni ufficiali, che cambieranno la storia d’Italia, dando una definizione alla lingua italiana che oggi si parla in tutto il mondo.
Il terzo tuffo al cuore, è stato quando il Professor Bononi, come se fosse un prestigiatore, ha estratto una busta pergamenata, dalla quale sono uscite delle pagine ingiallite, senza significato.
Ohhh, ma avevano un significato internazionale, in calce alla stesura a pennino, c’era una firma inconfondibile: Giacomo Leopardi.
Mi sono sentito tremare le gambe, e così gli altri, e così dovreste fare voi, è stato come vedere la sindone, ovvero la storia che tanto abbiamo studiato, uscire dal semplice testo e materializzarsi, diventare chiara e leggibile, vicina e non più distante, vera ma talmente vera da incutere rimorso e misericordia dinanzi a uomini che rappresentano in tutto il mondo la cultura, l’evoluzione, l’intellettualità che si traduce in storia vera.
Una lettera che Giacomo Leopardi ha inviato ad un caro amico Carlo Pepoli, allegando le note biografiche.
Questa è l’Italia, questo è il patrimonio, le persone che l’hanno creata, plasmata, che si sono eruditi creandola, regalando all’umanità quella cultura che ci rende unici.
Penserete che questo castello sia irragiungibile, no, è in Italia, in Lunigiana, si chiama castello del Terziere, e prossimamente vi spiegheremo il perchè, ed è visitabile assieme a tutto il borgo medievale.

Devo fare una lode al Professor Bononi, che è riuscito a far commuovere il mio cuore, rendendomi ancora una volta piccolo ed umile, di fronte a tanta fiera cultura, che da una parte mi ha reso libero e consapevole, dall’altra mi ha reso servitore e fedele cavaliere del sapere, difensore ad oltranza di questo patrimonio culturale ed intellettuale per il quale bisogna battersi, affinchè continui ad essere parte integrante della cultura italiana, ma anche di tutti coloro che verserebbero sangue per far scrivere pennini ormai asciutti, di uomini importanti come Leopardi, Manzoni, Dante, affinchè i sacrifici che sono stati fatti per creare la cultura italiana, non vengano dispersi e rimangano solo cenere grigia e spenta, senza forza e senza fiamma, al punto che per riaccendere il fuoco serva fare un’ulteriore salto nel futuro, per generare generazioni nuove di uomini capaci così culturati da scrivere parole e libri in grado di creare una nazione che in coro faccia capire cosa vuol dire essere italiani.

Chiunque decida di diventare cavaliere difensore del patrimonio culturale del Terziere, ci scriva, io mi sento già difensore e cavaliere, ma anche bambino, che alla scoperta del mondo nel nostro comune e banale vivere alla giornata, ha scoperto un tesoro, di tale grandezza e prestigio, che non può più tenerlo segreto per se, ma lo deve trasmettere a tutte le generazioni italiane.

Nei prossimi giorni pubblicherò le foto che mi è stato concesso di fare alle lettere scritte da Giacomo Leopardi, affinche tutti possano sentirsi un po’ più italiani, e che se ne dica nel mondo, il nostro è il più bel paese, e con esso anche coloro che hanno contribuito a realizzarlo; e anche a voi giovani pilastri del futuro, affinchè possiate essere e sentirvi parte di una nazione che non aspetta altro che qualcuno di voi allunghi lo sguardo, e attraverso il cuore possa continuare il lavoro del Leopardi, del Manzoni, di Dante, e non ultimo Loris Jacopo Bononi.

                                                    Andrea Ben Leva

Chi ha interesse di fare la Guerra?

gennaio 6, 2009

mappaconflitti_piccolaRiassumo le ultime guerre per avere un punto di partenza, per non dimenticare, e poter dare una definizione di dove ci troviamo oggi.

 

 

 

 

1. Iraq   80 mila morti dal 2003
2. Israele-Palestina   5 mila morti dal 2000
3. Libano   1.200 dal 2006
4. Turchia-Kurdistan   40 mila morti dal 1984
5. Afghanistan   25 mila morti dal 2001
6. Pakistan-Waziristan   3 mila dal 2004
7. Pakistan-Balucistan   450 morti dal 2005
8. India-Kashmir   90 mila morti dal 1989
9. India-Nordest   50 mila morti dal 1979
10. India-Naxaliti   6 mila morti dal 1967
11. Sri Lanka-Tamil   68 mila morti dal 1983
12. Birmania-Karen   30 mila morti dal 1988
13. Thailandia-Sud   2 mila morti dal 2004
14. Filippine-Mindanao  150 mila morti dal 1971
15. Filippine-Npa  40 mila morti dal 1969
16. Russia-Cecenia   250 mila morti dal 1994
17. Georgia-Abkhazia   28 mila morti dal 1992
18. Georgia-Ossezia   2.800 morti dal 1991
19. Algeria   150 mila morti dal 1991
20. Costa d’Avorio   5 mila morti dal 2002
21. Nigeria   11 mila morti dal 1999
22. Ciad   50 mila morti dal 1996
23. Sudan-Darfur   250 mila morti dal 2003
24. Rep.Centrafricana   2 mila morti dal 2003
25. Somalia   500 mila morti dal 1991
26. Uganda   20 mila morti dal 1986
27. Congo R.D.   4 milioni di morti dal 1998
28. Colombia   300 mila morti dal 1964
29. Haiti   1.500 morti dal 2004

TOTALE 6.081.030 morti in 54 anni

 

Allego una bella mappa http://it.peacereporter.net/upload/immagini/img1/mondo/MappaConflitti.jpg

 

Possibile che il sentimento di saggezza che dovrebbe farci imparare dagli sbagli commessi in precedenza, non ha generato coscienze pacifiche, evitando nuovi conflitti?

 

Sono ormai diversi mesi che mi confronto con molti colleghi e ribadisco che stiamo vivendo una situazione di grave crisi planetaria, che non troverà sbocchi, l’unico modo per rilanciare l’economia è fare guerra! Perché? Per il semplice fatto che facendo guerra si crea prodotto interno, per tutti i settori coinvolti. Sembra un paradosso, ma è quello che si sta avverando in questi giorni. Ci si dovrebbe chiedere perché, “i soldi fanno la guerra, le guerre fanno fare i soldi”.

Come fa un paese distrutto, che non riesce a sfamare il suo popolo, ad avere i missili da sparare contro Israele, e se non può permetterseli, chi ha interesse a fornirli, chi è il “foraggiatore” e perché? Proviamo a guardare la geostrategia e a immaginare a chi potrebbe fare comodo, nel mucchio delle scelte potremmo anche centrare nel segno.

Proviamo a ragionare, l’America taglia i tassi e il prezzo del petrolio crolla, inizia la guerra israelo-palestinese e il petrolio schizza al rialzo.

Basta farsi beffe della gente, a chi conviene che il prezzo salga?

 

Analizziamo un altro grafico e qui vi lascio riflettere da soli, perché se incrociate i dati delle guerre e dei morti con i rialzi dei futures del petrolio, il dato è perfettamente quadrato.

 petrolio1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Vi lascio come mia abitudine con una perla di saggezza:

  

Il male non sta nel capitale in quanto tale; sta nel suo uso errato. Il capitale, in una forma o nell’altra, sarà sempre necessario.

 

Mahatma Gandhi

 

 

                                   Andrea Ben Leva

Milanesi impotenti, ITALIA sotto scacco

gennaio 6, 2009

200807291004velo-islamPoco tempo fa intitolai un articolo: “Italia Campeggio d’Europa”, oggi mi viene da dire… non sono andato molto lontano, visti i fatti successi in Piazza del Duomo a Milano, dove un gruppo organizzato di fede musulmana, si è schierato militarmente e ha preso pieno possesso della Piazza, di fronte alla resa incondizionata di molti milanesi, e delle istituzioni che anche loro sono rimaste immobili a guardare. Sembra quasi di sentire delle paroline nelle orecchie: non disturbiamoli, perché dopo tutto Israele sta bombardando i loro concittadini. La domanda che segue la vocina è, sempre sottovoce per non disturbare la preghiera: ma se al posto di bruciare la stella di David, avessero deciso di impiccare qualcuno?  Chi li avrebbe fermati, forse Dio?

            Ricadiamo sempre negli stessi errori, sbagli che minano il futuro degli italiani come popolo e il futuro dei nostri figli. Atti come questo non rappresentano dimostrazioni di volontà di pace, io ho sfilato più volte avvolto da persone che come me ripudiano la guerra, e quel gusto amaro che rimane in bocca, dopo aver gridato al cielo, forse a Dio in seno di supplica: fateli smettere, fate la pace. Sempre senza mai inneggiare a gesti violenti, sempre nel rispetto della democrazia. Ma queste popolazioni basano la loro cultura sulla distruzione dell’avversario religioso, ed è inutile negarlo in quanto più e più volte si ripete la stessa storia.

Prendere il potere un giorno freddo d’inverno, in una Piazza, con un numero limitato di uomini, vuol significare anche per chi ha i paraocchi che: le istituzioni non sono in grado di fermarli, o quantomeno non rappresentano quel muro invalicabile che per il cittadino italiano è la sicurezza personale.

Ma è possibile che a nessuno fischino le orecchie? SVEGLIATEVI o sarà troppo tardi.

Qui si entra in Italia abusivamente, clandestinamente, non si riesce ad avere un lavoro, e quindi se non si diventa delinquenti, pur di mangiare si diventa membro di sette religiose che danno un comando al quale bisogna rispondere. Sembra un film, un momento perso nel tempo, ma siccome le catastrofi sono cicliche, tornano; e noi siamo qui immobili ad aspettare che succeda di nuovo.

Mi spiace scriverlo perché per me rappresenta la morte della democrazia, ma ho davanti gli occhi un quadro appeso al muro che me lo ricorda ogni giorno, due torri che crollano l’undici settembre, ho ancora negli occhi l’immagine delle persone che pur di non morire bruciate si sono lanciate nel vuoto; ho ancora negli occhi l’immagine dei vigili del fuoco che mentre tutti stavano scappando entravano negli edifici sapendo che non sarebbero tornati a casa ad abbracciare i loro figli.

E’ QUESTO CHE DOBBIAMO ASPETTARCI PER IL FUTURO? GOVERNO ISTITUZIONI DOVE SIETE? Noi siamo qui e vediamo tutto quello che vedete voi, ma allora? Mi chiedo se fossero stati degli italiani ad occupare la Piazza, le istituzioni e le forze dell’ordine avrebbero ascoltato la vocina che ripeteva ancora una volta: non disturbiamoli stanno pregando. Oppure sarebbero intervenuti con la forza?

            MA DOVE STIAMO ANDANDO? MA COSA RESTA DEL POPOLO ITALIANO DEI SUOI VALORI? DI QUANTO IN OGNUNO DI NOI E’ RIMASTO DEI NOSTRI NONNI CHE HANNO VISSUTO LA GUERRA, LA FAME, IL DOLORE.

Nessuno nega loro i diritti, nessuno nega loro di professare la loro religione, ma non a scapito dei diritti degli altri, in qualsiasi forma venissero negati.

 

Non posso che concludere questo sfogo con una perla di saggezza che mi risuona nella mente ogni volta che accadono queste drammatiche cose, proprio per non dimenticare:

 

Il potere esercitato giustamente deve essere leggero come un fiore; nessuno deve sentirne il peso
 
 

 

Mahatma Gandhi

 

 

                        Un bacio segno di pace a tutti

 

                                                           Andrea Ben Leva

Scatola di baci

gennaio 3, 2009

Anche oggi abbiamo deciso di riproporre una delle nostre prime pubblicazioni, per darle il valore e la collocazione che merita, e per invitare chi ci segue a soffermarsi sul significato della storia raccontata  e sui suggerimenti contenuti. Siamo all’inizio di un nuovo anno e, come si usa fare, i buoni propositi, se messi in atto, possono condizionare in meglio il passare dei giorni che si susseguiranno. Buona lettura.

Famiglie d’Italia

 

                            

 

   

SCATOLA DI BACI

La storia ha inizio tempo fa, quando un uomo punisce sua figlia di 5 anni  per la perdita di un oggetto di valore… Il denaro in quel periodo era poco.

Era il periodo di Natale e la mattina successiva la bambina portò un regalo dicendo “Papà è per te”.

Il padre era visibilmente imbarazzato ma la sua arrabbiatura aumentò quando, aprendo la scatola, vide che dentro non c’era nulla.

Disse in modo brusco: “Non lo sai che quando si fa un regalo, si presuppone che nella scatola ci sia qualcosa?”.

La bimba lo guardò dal basso verso l’alto e, con le lacrime agli occhi, disse: “Papà,… non è vuoto. Ho messo dentro tanti baci fino a riempirlo”

Il padre si sentì annientato. Si inginocchiò e mise le braccia al collo della sua bimba e le chiese perdono.

Passò del tempo e una disgrazia portò via la bambina.

Per tutto il resto della sua vita, il padre tenne sempre la scatola vicino al suo letto e quando si sentiva scoraggiato o in

difficoltà, la apriva e tirava fuori un bacio immaginario ricordando l’amore che la bambina ci aveva messo  dentro.

 

In poche parole, ognuno di noi ha una scatola piena di baci e amore incondizionato, dei nostri figli, degli amici e di Dio.

 

NON CI SONO COSE PIU’ IMPORTANTI CHE SI POSSANO POSSEDERE.

 

 

Il potere delle nostre azioni

gennaio 2, 2009

                                       

Abbiamo deciso un riproporre in data odierna un racconto pubblicato da Andrea Ben Leva nel mese di ottobre dell’anno appena conclusosi, proprio agli albori dell’avvento di Famiglie d’Italia. Ci è sembrato appropriato perché sia di stimolo per tutti noi,che stiamo per affrontare il percorso di nuovo anno, la consapevolezza dell’importanza e del potere delle nostre azioni nei confronti di noi stessi, delle persone care e della collettività. 

“Un giorno (ero un ragazzino delle superiori) vidi un ragazzo della mia classe che stava tornando a casa da scuola. Il suo nome era Kyle e sembrava stesse portando tutti i suoi libri. Quelli di tutto l’anno.
Dissi tra me e me: “Perché mai uno dovrebbe portarsi a casa tutti i libri di venerdì? Deve essere un ragazzo strano…”
Io avevo il mio week-end pianificato (feste e una partita di football con i miei amici), così ho scrollato le spalle e mi sono incamminato.
Mentre stavo camminando vidi un gruppo di ragazzini
che correvano incontro a Kyle. Gli corsero addosso facendo cadere tutti i suoi libri e lo spinsero fino a farlo rotolare nel fango.
I suoi occhiali volarono via, e li vidi cadere nell’erba un paio di metri più in là.
Lui guardò in su e vidi una terribile tristezza nei suoi occhi.
Mi rapì il cuore! Così mi incamminai verso di lui mentre stava cercando i suoi occhiali e vidi una lacrima nei suoi occhi.
Raccolsi gli occhiali e glieli diedi dicendogli: “Quei ragazzi sono proprio dei selvaggi, dovrebbero imparare a vivere.”
Kyle mi guardò e disse: “grazie!”
C’era un grosso sorriso sul suo viso, era uno di quei sorrisi che mostrano vera gratitudine.
Lo aiutai a raccogliere i libri e gli chiesi dove viveva.
Scoprii che abitava vicino a me, così gli chiesi come mai non lo avessi mai visto prima.
Lui mi spiegò che prima andava in una scuola privata.
Prima di allora non sarei mai andato in giro con un
ragazzo che frequentava le scuole private.
Parlammo per tutta la strada ed io lo aiutai a portare alcuni libri. Mi sembrò un ragazzo molto carino ed educato così gli chiesi se gli andava di giocare a football con i miei amici e lui disse di sì.
Stemmo in giro tutto il week-end e più lo conoscevo più Kyle mi piaceva così come piaceva ai miei amici.
Arrivò il lunedì mattina ed ecco Kyle con ancora tutta la pila dei libri.
Lo fermai e gli dissi: “Ragazzo, finirà che ti costruirai dei muscoli incredibili con tutti questi libri ogni giorno!”
Egli rise e mi passò la metà dei libri.
Nei successivi quattro anni io e Kyle diventammo amici per la pelle.
Una volta adolescenti cominciammo a pensare al college, Kyle decise per Georgetown e io per Duke.
Sapevo che saremmo sempre stati amici e che la distanza non sarebbe stata un problema per noi.
Kyle sarebbe diventato un dottore, mentre io mi sarei occupato di scuole di football.
Kyle era il primo della classe e io l’ho sempre preso in giro per essere un secchione.
Kyle doveva preparare un discorso per il diploma. Io fui molto felice di non essere al suo posto sul podio a parlare.
Il giorno dei diplomi, vidi Kyle. Aveva un ottimo aspetto.
Lui era uno di quei ragazzi che aveva veramente trovato se stesso durante le scuole superiori.
Si era un po’ riempito nell’ aspetto e stava molto bene con gli occhiali.
Aveva qualcosa in più e tutte le ragazze lo amavano… ragazzi, qualche volta ero un po’ geloso! Oggi era uno di quei giorni.
Potevo vedere che era un po’ nervoso per il discorso che doveva fare, così gli diedi una pacca sulla spalla e gli dissi:
“Ehi, ragazzo… te la caverai alla grande!”
Mi guardò con uno di quegli sguardi (quelli pieni di gratitudine) e sorrise mentre mi disse: “grazie!”.
Iniziò il suo discorso schiarendosi la voce ed iniziò:
“Nel giorno del diploma si usa ringraziare coloro che ci hanno aiutato a farcela in questi anni duri. I genitori, gli insegnanti, gli allenatori ma più di tutti i tuoi amici. Sono qui per dire a tutti voi che essere amico di qualcuno è il più bel regalo che voi potete fare.
Voglio raccontarvi una storia…
Guardai il mio amico Kyle incredulo non appena cominciò a raccontare il giorno del nostro incontro. Lui aveva pianificato di suicidarsi durante quel week-end. Egli raccontò di come aveva pulito il suo armadietto a scuola, così che la madre non avesse dovuto farlo dopo, e di come si stava portando a casa tutte le sue cose.
Kyle mi guardò intensamente e fece un piccolo sorriso.
“Ringraziando il cielo fui salvato, il mio amico mi salvò dal fare quel terribile gesto”
Udii un brusio tra la gente a queste rivelazioni. Il ragazzo più popolare ci aveva appena raccontato il suo momento più debole.
Vidi sua madre e suo padre che mi guardavano e mi sorridevano, lo stesso sorriso pieno di gratitudine. Non avevo mai realizzato la profondità di quel sorriso fino a quel momento.
Non sottovalutate mai il potere delle vostre azioni.

Con un piccolo gesto potete cambiare la vita di una persona, in meglio o in peggio.
Dio fa incrociare le nostre vite perché ne possiamo beneficiare in qualche modo. Cercate il buono negli altri. “Gli amici sono angeli che ci sollevano i piedi quando le nostre ali hanno problemi nel ricordare come si vola. “Non c’è inizio,non c’è fine.”

Ieri è storia.Domani è mistero. Oggi un regalo.

                                       

Famiglie d’Italia

La Bibbia

dicembre 30, 2008

LA BIBBIA – un modo diverso di leggere con l’e-book

 

LA BIBBIA

 

 Ho provato a siluppare un progetto diverso dal solio. Per un motivo molto semplice, siamo famiglie cristiane. Lo abbiamo riportato all’interno del nostro statuto, ma anche nella filosofia che ci contradistingue.

Vi chiedo di commentare e di provare a guadare il volume digitale, come ad un progetto. Non è la versione integrale, sono le prime 365 pagine, questo per dare modo a tutti di commetare e dare suggerimenti utili.

Nessuno dovrebbe essere privato del iacere, del bisogno, della gioia e della necessità di leggere. Ed è per questo che propongo alla comunità di Famiglie d’Italia di aiutarci a sviluppare questolibro, perchè sarà disponibile in internet, per tutti gli italiani che sono all’estero, per noi mentre viaggiamo in aereo, in treno, ecc.

Seguiranno nuove pubblicazioni che saranno utili a tutti nel mondo, senza censura, senza che nessuno possa toglierci il diritto di essere quello che siamo, o quello che vogiamo o ci sentiamo di essere.

                                     Andea Ben Leva

Buon Natale a Tutti – Fiabe e Leggende di Natale

dicembre 24, 2008

E’ arrivato ! Finalmente tutti i bambini potranno di nuovo sognare gurdando le stelle nel cielo, cercando anche solo un piccolo guizzo che possa rappresentare le renne e la slitta. Lo Staff di Famiglie d’Italia augura a tutti Buon Natale, e vi regala alcune leggende e fiabe di scrittori famosi, buona lettura a voi e ai vostri bambini.

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L’albero di natale
Molte leggende narrano che l’abete è uno degli alberi dal giardino dell’Eden.
Una narra che l’abete è l’albero della Vita le cui foglie si avvizzirono ad aghi quando Eva colse il frutto proibito e non fiorì più fino alla notte in cui nacque Gesù Bambino.

Un’altra leggenda narra che Adamo portò un ramoscello dell’albero del bene e del male con lui dall’Eden. Questo ramoscello più tardi divenne l’abete che fu usato per l’albero di Natale e per la Santa Croce.

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La stella di natale
In un piccolo villaggio messicano viveva una bambina di nome Altea, Giunse la notte di Natale e tutti andarono in chiesa con un piccolo dono per Gesù. Solo Altea rimase a casa perché non aveva nulla da donargli. All’improvviso apparve un angelo. «Perché sei così triste?» chiese alla bambina.

“Perché non ho nulla da portare a Gesù!” rispose Altea. Allora l’angelo le disse: “Tu hai una cosa molto importante da donare a Gesù: il tuo amore. Raccogli le frasche che crescono ai bordi della strada e portale in chiesa. Vedrai, il tuo dono sarà il più bello di tutti.”
Altea fece come le aveva detto l’angelo e depose un mazzo di frasche davanti all’altare. Mentre la bambina pregava le frasche si trasformarono in una pianta meravigliosa con foglie verdi e rosse: era nata la Stella di Natale.

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Le palle di natale
A Betlemme c’era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù così egli andò da Gesù e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere.
Questo è il perché ogni anno sull’albero di Natale appendiamo le Palle colorate – per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.

italo-calvino

I FIGLI DI BABBO NATALE
brano di Italo Calvino
Non c’è epoca dell’anno più gentile e buona, per il mondo dell’industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso. L’unico pensiero dei Consigli d’amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando doni accompagnati da messaggi d’augurio sia a ditte consorelle che a privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di prodotti da una seconda ditta per fare i suoi regali alle altre ditte; le quali ditte a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi, specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati, sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s’inoltrano gli zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi del centro, un po’ abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo adorne, e a capo chino dànno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra gli uomini d’affari le grevi contese d’interessi si placano e lasciano il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il dono più cospicuo e originale.

Alla Sbav quell’anno l’Ufficio Relazioni Pubbliche propose che alle persone di maggior riguardo le strenne fossero recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale.
L’idea suscitò l’approvazione unanime dei dirigenti. Fu comprata un’acconciatura da Babbo Natale completa: barba bianca, berretto e pastrano rossi bordati di pelliccia, stivaloni. Si cominciò a provare a quale dei fattorini andava meglio, ma uno era troppo basso di statura e la barba gli toccava per terra, uno era troppo robusto e non gli entrava il cappotto, un altro troppo giovane, un altro invece troppo vecchio e non valeva la pena di truccarlo.
Mentre il capo dell’Ufficio Personale faceva chiamare altri possibili Babbi Natali dai vari reparti, i dirigenti radunati cercavano di sviluppare l’idea: l’Ufficio Relazioni Umane voleva che anche il pacco-strenna alle maestranze fosse consegnato da Babbo Natale in una cerimonia collettiva; l’Ufficio Commerciale voleva fargli fare anche un giro dei negozi; l’Ufficio Pubblicità si preoccupava che facesse risaltare il nome della ditta, magari reggendo appesi a un filo quattro palloncini con le lettere S. B. A. V.
Tutti erano presi dall’atmosfera alacre e cordiale che si espandeva per la città festosa e produttiva; nulla è più bello che sentire scorrere intorno il flusso dei beni materiali e insieme del bene che ognuno vuole agli altri; e questo, questo soprattutto – come ci ricorda il suono, firulí firulí, delle zampogne -, è ciò che conta.
In magazzino, il bene – materiale e spirituale – passava per le mani di Marcovaldo in quanto merce da caricare e scaricare. E non solo caricando e scaricando egli prendeva parte alla festa generale, ma anche pensando che in fondo a quel labirinto di centinaia di migliaia di pacchi lo attendeva un pacco solo suo, preparatogli dall’Ufficio Relazioni Umane; e ancora di più facendo il conto di quanto gli spettava a fine mese tra ” tredicesima mensilità ” e ” ore straordinarie “. Con qui soldi, avrebbe potuto correre anche lui per i negozi, a comprare comprare comprare per regalare regalare regalare, come imponevano i più sinceri sentimenti suoi e gli interessi generali dell’industria e del commercio.

Il capo dell’Ufficio Personale entrò in magazzino con una barba finta in mano: – Ehi, tu! – disse a Marcovaldo. – Prova un po’ come stai con questa barba. Benissimo! Il Natale sei tu. Vieni di sopra, spicciati. Avrai un premio speciale se farai cinquanta consegne a domicilio al giorno.
Marcovaldo camuffato da Babbo Natale percorreva la città, sulla sella del motofurgoncino carico di pacchi involti in carta variopinta, legati con bei nastri e adorni di rametti di vischio e d’agrifoglio. La barba d’ovatta bianca gli faceva un po’ di pizzicorino ma serviva a proteggergli la gola dall’aria.

La prima corsa la fece a casa sua, perché non resisteva alla tentazione di fare una sorpresa ai suoi bambini. ” Dapprincipio, – pensava, non mi riconosceranno. Chissà come rideranno, dopo! ”
I bambini stavano giocando per la scala. Si voltarono appena. – Ciao papà.
Marcovaldo ci rimase male. -Mah… Non vedete come sono vestito?
– E come vuoi essere vestito? – disse Pietruccio. – Da Babbo Natale, no?
– E m’avete riconosciuto subito?
– Ci vuol tanto! Abbiamo riconosciuto anche il signor Sigismondo che era truccato meglio di te!
– E il cognato della portinaia!
– E il padre dei gemelli che stanno di fronte!
– E lo zio di Ernestina quella con le trecce!
– Tutti vestiti da Babbo Natale? – chiese Marcovaldo, e la delusione nella sua voce non era soltanto per la mancata sorpresa familiare, ma perché sentiva in qualche modo colpito il prestigio aziendale.
– Certo, tal quale come te, uffa, – risposero i bambini, – da Babbo Natale, al solito, con la barba finta, – e voltandogli le spalle, si rimisero a badare ai loro giochi.
Era capitato che agli Uffici Relazioni Pubbliche di molte ditte era venuta contemporaneamente la stessa idea; e avevano reclutato una gran quantità di persone, per lo più disoccupati, pensionati, ambulanti, per vestirli col pastrano rosso e la barba di bambagia. I bambini dopo essersi divertiti le prime volte a riconoscere sotto quella mascheratura conoscenti e persone del quartiere, dopo un po’ ci avevano fatto l’abitudine e non ci badavano più.
Si sarebbe detto che il gioco cui erano intenti li appassionasse molto. S’erano radunati su un pianerottolo, seduti in cerchio. – Si può sapere cosa state complottando? – chiese Marcovaldo.
– Lasciaci in pace, papà, dobbiamo preparare i regali.
– Regali per chi?
– Per un bambino povero. Dobbiamo cercare un bambino povero e fargli dei regali.
– Ma chi ve l’ha detto?
– C’è nel libro di lettura.
Marcovaldo stava per dire: ” Siete voi i bambini poveri! “, ma durante quella settimana s’era talmente persuaso a considerarsi un abitante del Paese della Cuccagna, dove tutti compravano e se la godevano e si facevano regali, che non gli pareva buona educazione parlare di povertà, e preferì dichiarare: – Bambini poveri non ne esistono più!
S’alzò Michelino e chiese: – È per questo, papà, che non ci porti regali?
Marcovaldo si sentí stringere il cuore. – Ora devo guadagnare degli straordinari, – disse in fretta, – e poi ve li porto.
– Li guadagni come? – chiese Filippetto.
– Portando dei regali, – fece Marcovaldo.
– A noi?
– No, ad altri.
– Perché non a noi? Faresti prima..
Marcovaldo cercò di spiegare: – Perché io non sono mica il Babbo Natale delle Relazioni Umane: io sono il Babbo Natale delle Relazioni Pubbliche. Avete capito?
– No.
– Pazienza -. Ma siccome voleva in qualche modo farsi perdonare d’esser venuto a mani vuote, pensò di prendersi Michelino e portarselo dietro nel suo giro di consegne. – Se stai buono puoi venire a vedere tuo padre che porta i regali alla gente, – disse, inforcando la sella del motofurgoncino.
– Andiamo, forse troverò un bambino povero, – disse Michelino e saltò su, aggrappandosi alle spalle del padre.
Per le vie della città Marcovaldo non faceva che incontrare altri Babbi Natale rossi e bianchi, uguali identici a lui, che pilotavano camioncini o motofurgoncini o che aprivano le portiere dei negozi ai clienti carichi di pacchi o li aiutavano a portare le compere fino all’automobile. E tutti questi Babbi Natale avevano un’aria concentrata e indaffarata, come fossero addetti al servizio di manutenzione dell’enorme macchinario delle Feste.

E Marcovaldo, tal quale come loro, correva da un indirizzo all’altro segnato sull’elenco, scendeva di sella, smistava i pacchi del furgoncino, ne prendeva uno, lo presentava a chi apriva la porta scandendo la frase:
– La Sbav augura Buon Natale e felice anno nuovo,- e prendeva la mancia.
Questa mancia poteva essere anche ragguardevole e Marcovaldo avrebbe potuto dirsi soddisfatto, ma qualcosa gli mancava. Ogni volta, prima di suonare a una porta, seguito da Michelino, pregustava la meraviglia di chi aprendo si sarebbe visto davanti Babbo Natale in persona; si aspettava feste, curiosità, gratitudine. E ogni volta era accolto come il postino che porta il giornale tutti i giorni.
Suonò alla porta di una casa lussuosa. Aperse una governante. – Uh, ancora un altro pacco, da chi viene?
– La Sbav augura…
– Be’, portate qua, – e precedette il Babbo Natale per un corridoio tutto arazzi, tappeti e vasi di maiolica. Michelino, con tanto d’occhi, andava dietro al padre.
La governante aperse una porta a vetri. Entrarono in una sala dal soffitto alto alto, tanto che ci stava dentro un grande abete. Era un albero di Natale illuminato da bolle di vetro di tutti i colori, e ai suoi rami erano appesi regali e dolci di tutte le fogge. Al soffitto erano pesanti lampadari di cristallo, e i rami più alti dell’abete s’impigliavano nei pendagli scintillanti. Sopra un gran tavolo erano disposte cristallerie, argenterie, scatole di canditi e cassette di bottiglie. I giocattoli, sparsi su di un grande tappeto, erano tanti come in un negozio di giocattoli, soprattutto complicati congegni elettronici e modelli di astronavi. Su quel tappeto, in un angolo sgombro, c’era un bambino, sdraiato bocconi, di circa nove anni, con un’aria imbronciata e annoiata. Sfogliava un libro illustrato, come se tutto quel che era li intorno non lo riguardasse.
– Gianfranco, su, Gianfranco, – disse la governante, – hai visto che è tornato Babbo Natale con un altro regalo?
– Trecentododici, – sospirò il bambino – senz’alzare gli occhi dal libro. – Metta lí.
– È il trecentododicesimo regalo che arriva, – disse la governante. – Gianfranco è cosí bravo, tiene il conto, non ne perde uno, la sua gran passione è contare.
In punta di piedi Marcovaldo e Michelino lasciarono la casa.
– Papà, quel bambino è un bambino povero? – chiese Michelino.
Marcovaldo era intento a riordinare il carico del furgoncino e non rispose subito. Ma dopo un momento, s’affrettò a protestare: – Povero? Che dici? Sai chi è suo padre? È il presidente dell’Unione Incremento Vendite Natalizie! Il commendator…
S’interruppe, perché non vedeva Michelino. Michelino, Michelino! Dove sei? Era sparito.
” Sta’ a vedere che ha visto passare un altro Babbo Natale, l’ha scambiato per me e gli è andato dietro… ” Marcovaldo continuò il suo giro, ma era un po’ in pensiero e non vedeva l’ora di tornare a casa.
A casa, ritrovò Michelino insieme ai suoi fratelli, buono buono.
– Di’ un po’, tu: dove t’eri cacciato?
– A casa, a prendere i regali… Si, i regali per quel bambino povero…
– Eh! Chi?
– Quello che se ne stava cosi triste.. – quello della villa con l’albero di Natale…
– A lui? Ma che regali potevi fargli, tu a lui?
– Oh, li avevamo preparati bene… tre regali, involti in carta argentata.
Intervennero i fratellini. Siamo andati tutti insieme a portarglieli! Avessi visto come era contento!
– Figuriamoci! – disse Marcovaldo. – Aveva proprio bisogno dei vostri regali, per essere contento!
– Sí, sí dei nostri… È corso subito a strappare la carta per vedere cos’erano…
– E cos’erano?
– Il primo era un martello: quel martello grosso, tondo, di legno…
– E lui?
– Saltava dalla gioia! L’ha afferrato e ha cominciato a usarlo!
– Come?
– Ha spaccato tutti i giocattoli! E tutta la cristalleria! Poi ha preso il secondo regalo…
– Cos’era?
– Un tirasassi. Dovevi vederlo, che contentezza… Ha fracassato tutte le bolle di vetro dell’albero di Natale. Poi è passato ai lampadari…
– Basta, basta, non voglio più sentire! E… il terzo regalo?
– Non avevamo più niente da regalare, cosi abbiamo involto nella carta argentata un pacchetto di fiammiferi da cucina. È stato il regalo che l’ha fatto più felice. Diceva: ” I fiammiferi non me li lasciano mai toccare! ” Ha cominciato ad accenderli, e…
-E…?
– …ha dato fuoco a tutto!
Marcovaldo aveva le mani nei capelli. – Sono rovinato!
L’indomani, presentandosi in ditta, sentiva addensarsi la tempesta. Si rivesti da Babbo Natale, in fretta in fretta, caricò sul furgoncino i pacchi da consegnare, già meravigliato che nessuno gli avesse ancora detto niente, quando vide venire verso di lui tre capiufficio, quello delle Relazioni Pubbliche, quello della Pubblicità e quello dell’Ufficio Commerciale.
– Alt! – gli dissero, – scaricare tutto; subito!
” Ci siamo! ” si disse Marcovaldo e già si vedeva licenziato.
– Presto! Bisogna sostituire i pacchi! – dissero i Capiufficio. – L’Unione Incremento Vendite Natalizie ha aperto una campagna per il lancio del Regalo Distruttivo!
– Cosi tutt’a un tratto… – commentò uno di loro. Avrebbero potuto pensarci prima…
– È stata una scoperta improvvisa del presidente, – spiegò un altro. – Pare che il suo bambino abbia ricevuto degli articoli-regalo modernissimi, credo giapponesi, e per la prima volta lo si è visto divertirsi…
– Quel che più conta, – aggiunse il terzo, – è che il Regalo Distruttivo serve a distruggere articoli d’ogni genere: quel che ci vuole per accelerare il ritmo dei consumi e ridare vivacità al mercato… Tutto in un tempo brevissimo e alla portata d’un bambino… Il presidente dell’Unione ha visto aprirsi un nuovo orizzonte, è ai sette cieli dell’entusiasmo…
– Ma questo bambino, – chiese Marcovaldo con un filo di voce, – ha distrutto veramente molta roba?
– Fare un calcolo, sia pur approssimativo, è difficile, dato che la casa è incendiata…

Marcovaldo tornò nella via illuminata come fosse notte, affollata di mamme e bambini e zii e nonni e pacchi e palloni e cavalli a dondolo e alberi di Natale e Babbi Natale e polli e tacchini e panettoni e bottiglie e zampognari e spazzacamini e venditrici di caldarroste che facevano saltare padellate di castagne sul tondo fornello nero ardente.
E la città sembrava più piccola, raccolta in un’ampolla luminosa, sepolta nel cuore buio d’un bosco, tra i tronchi centenari dei castagni e un infinito manto di neve. Da qualche parte del buio s’udiva l’ululo del lupo; i leprotti avevano una tana sepolta nella neve, nella calda terra rossa sotto uno strato di ricci di castagna.
Usci un leprotto, bianco, sulla neve, mosse le orecchie, corse sotto la luna, ma era bianco e non lo si vedeva, come se non ci fosse. Solo le zampette lasciavano un’impronta leggera sulla neve, come foglioline di trifoglio. Neanche il lupo si vedeva, perché era nero e stava nel buio nero del bosco. Solo se apriva la bocca, si vedevano i denti bianchi e aguzzi.
C’era una linea in cui finiva il bosco tutto nero e cominciava la neve tutta bianca. Il leprotto correva di qua ed il lupo di là.
Il lupo vedeva sulla neve le impronte del leprotto e le inseguiva, ma tenendosi sempre sul nero, per non essere visto. Nel punto in cui le impronte si fermavano doveva esserci il leprotto, e il lupo usci dal nero, spalancò la gola rossa e i denti aguzzi, e morse il vento.
Il leprotto era poco più in là, invisibile; si strofinò un orecchio con una zampa, e scappò saltando.
È qua? È là? no, è un po’ più in là?
Si vedeva solo la distesa di neve bianca come questa pagina.

(Racconto di Natale di Italo Calvino)

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IL DONO DI NATALE
brano di Grazia Deledda

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I cinque fratelli Lobina, tutti pastori, tornavano dai loro ovili, per passare la notte di Natale in famiglia.

Era una festa eccezionale, per loro, quell’anno, perché si fidanzava la loro unica sorella, con un giovane molto ricco.

Come si usa dunque in Sardegna, il fidanzato doveva mandare un regalo alla sua promessa sposa, e poi andare anche lui a passare la festa con la famiglia di lei.

E i cinque fratelli volevano far corona alla sorella, anche per dimostrare al futuro cognato che se non erano ricchi come lui, in cambio erano forti, sani, uniti fra di loro come un gruppo di guerrieri.

Avevano mandato avanti il fratello più piccolo, Felle, un bel ragazzo di undici anni, dai grandi occhi dolci, vestito di pelli lanose come un piccolo San Giovanni Battista; portava sulle spalle una bisaccia, e dentro la bisaccia un maialetto appena ucciso che doveva servire per la cena.

Il piccolo paese era coperto di neve; le casette nere, addossate al monte, parevano disegnate su di un cartone bianco, e la chiesa, sopra un terrapieno sostenuto da macigni, circondata d’alberi carichi di neve e di ghiacciuoli, appariva come uno di quegli edifizi fantastici che disegnano le nuvole.

Tutto era silenzio: gli abitanti sembravano sepolti sotto la neve.
Nella strada che conduceva a casa sua, Felle trovò solo, sulla neve, le impronte di un piede di donna, e si divertì a camminarci sopra. Le impronte cessavano appunto davanti al rozzo cancello di legno del cortile che la sua famiglia possedeva in comune con un’altra famiglia pure di pastori ancora più poveri di loro. Le due casupole, una per parte del cortile, si rassomigliavano come due sorelle; dai comignoli usciva il fumo, dalle porticine trasparivano fili di luce.
Felle fischiò, per annunziare il suo arrivo: e subito, alla porta del vicino si affacciò una ragazzina col viso rosso dal freddo e gli occhi scintillanti di gioia.

– Ben tornato, Felle.
– Oh, Lia! – egli gridò per ricambiarle il saluto, e si avvicinò alla porticina dalla quale, adesso, con la luce usciva anche il fumo di un grande fuoco acceso nel focolare in mezzo alla cucina.

Intorno al focolare stavano sedute le sorelline di Lia, per tenerle buone la maggiore di esse, cioè quella che veniva dopo l’amica di Felle, distribuiva loro qualche chicco di uva passa e cantava una canzoncina d’occasione, cioè una ninnananna per Gesù Bambino.

– Che ci hai, qui? – domandò Lia, toccando la bisaccia di Felle. – Ah, il porchetto. Anche la serva del fidanzato di tua sorella ha già portato il regalo. Farete grande festa voi, – aggiunse con una certa invidia; ma poi si riprese e annunziò con gioia maliziosa: – e anche noi!

Invano Felle le domandò che festa era: Lia gli chiuse la porta in faccia, ed egli attraversò il cortile per entrare in casa sua.

In casa sua si sentiva davvero odore di festa: odore di torta di miele cotta al forno, e di dolci confezionati con buccie di arancie e mandorle tostate. Tanto che Felle cominciò a digrignare i denti, sembrandogli di sgretolare già tutte quelle cose buone ma ancora nascoste.

La sorella, alta e sottile, era già vestita a festa; col corsetto di broccato verde e la gonna nera e rossa: intorno al viso pallido aveva un fazzoletto di seta a fiori; ed anche le sue scarpette erano ricamate e col fiocco: pareva insomma una giovane fata, mentre la mamma, tutta vestita di nero per la sua recente vedovanza, pallida anche lei ma scura in viso e con un’aria di superbia, avrebbe potuto ricordare la figura di una strega, senza la grande dolcezza degli occhi che rassomigliavano a quelli di Felle.
Egli intanto traeva dalla bisaccia il porchetto, tutto rosso perché gli avevano tinto la cotenna col suo stesso sangue: e dopo averlo consegnato alla madre volle vedere quello mandato in dono dal fidanzato. Sì, era più grosso quello del fidanzato: quasi un maiale; ma questo portato da lui, più tenero e senza grasso, doveva essere più saporito.

– Ma che festa possono fare i nostri vicini, se essi non hanno che un po’ di uva passa, mentre noi abbiamo questi due animaloni in casa? E la torta, e i dolci? – pensò Felle con disprezzo, ancora indispettito perché Lia, dopo averlo quasi chiamato, gli aveva chiuso la porta in faccia.

Poi arrivarono gli altri fratelli, portando nella cucina, prima tutta in ordine e pulita, le impronte dei loro scarponi pieni di neve, e il loro odore di selvatico. Erano tutti forti, belli, con gli occhi neri, la barba nera, il corpetto stretto come una corazza e, sopra, la mastrucca.

Quando entrò il fidanzato si alzarono tutti in piedi, accanto alla sorella, come per far davvero una specie di corpo di guardia intorno all’esile e delicata figura di lei; e non tanto per riguardo al giovine, che era quasi ancora un ragazzo, buono e timido, quanto per l’uomo che lo accompagnava. Quest’uomo era il nonno del fidanzato. Vecchio di oltre ottanta anni, ma ancora dritto e robusto, vestito di panno e di velluto come un gentiluomo medioevale, con le uose di lana sulle gambe forti, questo nonno, che in gioventù aveva combattuto per l’indipendenza d’Italia, fece ai cinque fratelli il saluto militare e parve poi passarli in rivista.

E rimasero tutti scambievolmente contenti.

Al vecchio fu assegnato il posto migliore, accanto al fuoco; e allora sul suo petto, fra i bottoni scintillanti del suo giubbone, si vide anche risplendere come un piccolo astro la sua antica medaglia al valore militare. La fidanzata gli versò da bere, poi versò da bere al fidanzato e questi, nel prendere il bicchiere, le mise in mano, di nascosto, una moneta d’oro.

Ella lo ringraziò con gli occhi, poi, di nascosto pure lei, andò a far vedere la moneta alla madre ed a tutti i fratelli, in ordine di età, mentre portava loro il bicchiere colmo.
L’ultimo fu Felle: e Felle tentò di prenderle la moneta, per scherzo e curiosità, s’intende: ma ella chiuse il pugno minacciosa: avrebbe meglio ceduto un occhio.

Il vecchio sollevò il bicchiere, augurando salute e gioia a tutti; e tutti risposero in coro.
Poi si misero a discutere in un modo originale: vale a dire cantando. Il vecchio era un bravo poeta estemporaneo, improvvisava cioè canzoni; ed anche il fratello maggiore della fidanzata sapeva fare altrettanto.
Fra loro due quindi intonarono una gara di ottave, su allegri argomenti d’occasione; e gli altri ascoltavano, facevano coro e applaudivano.

Fuori le campane suonarono, annunziando la messa.

Era tempo di cominciare a preparare la cena. La madre, aiutata da Felle, staccò le cosce ai due porchetti e le infilò in tre lunghi spiedi dei quali teneva il manico fermo a terra.

– La quarta la porterai in regalo ai nostri vicini – disse a Felle: – anch’essi hanno diritto di godersi la festa.
Tutto contento, Felle prese per la zampa la coscia bella e grassa e uscì nel cortile.
La notte era gelida ma calma, e d’un tratto pareva che il paese tutto si fosse destato, in quel chiarore fantastico di neve, perché, oltre al suono delle campane, si sentivano canti e grida.

Nella casetta del vicino, invece, adesso, tutti tacevano: anche le bambine ancora accovacciate intorno al focolare pareva si fossero addormentate aspettando però ancora, in sogno, un dono meraviglioso.
All’entrata di Felle si scossero, guardarono la coscia del porchetto che egli scuoteva di qua e di là come un incensiere, ma non parlarono: no, non era quello il regalo che aspettavano. Intanto Lia era scesa di corsa dalla cameretta di sopra: prese senza fare complimenti il dono, e alle domande di Felle rispose con impazienza:

– La mamma si sente male: ed il babbo è andato a comprare una bella cosa. Vattene.

Egli rientrò pensieroso a casa sua. Là non c’erano misteri né dolori: tutto era vita, movimento e gioia. Mai un Natale era stato così bello, neppure quando viveva ancora il padre: Felle però si sentiva in fondo un po’ triste, pensando alla festa strana della casa dei vicini.
Al terzo tocco della messa, il nonno del fidanzato batté il suo bastone sulla pietra del focolare.

– Oh, ragazzi, su, in fila.

E tutti si alzarono per andare alla messa. In casa rimase solo la madre, per badare agli spiedi che girava lentamente accanto al fuoco per far bene arrostire la carne del porchetto.

I figli, dunque, i fidanzati e il nonno, che pareva guidasse la compagnia, andavano in chiesa. La neve attutiva i loro passi: figure imbacuccate sbucavano da tutte le parti, con lanterne in mano, destando intorno ombre e chiarori fantastici. Si scambiavano saluti, si batteva alle porte chiuse, per chiamare tutti alla messa.
Felle camminava come in sogno; e non aveva freddo; anzi gli alberi bianchi, intorno alla chiesa, gli sembravano mandorli fioriti. Si sentiva insomma, sotto le sue vesti lanose, caldo e felice come un agnellino al sole di maggio: i suoi capelli, freschi di quell’aria di neve, gli sembravano fatti di erba. Pensava alle cose buone che avrebbe mangiato al ritorno dalla messa, nella sua casa riscaldata, e ricordando che Gesù invece doveva nascere in una fredda stalla, nudo e digiuno, gli veniva voglia di piangere, di coprirlo con le sue vesti, di portarselo a casa sua.

Dentro la chiesa continuava l’illusione della primavera: l’altare era tutto adorno di rami di corbezzolo coi frutti rossi, di mirto e di alloro: i ceri brillavano tra le fronde e l’ombra di queste si disegnavano sulle pareti come sui muri di un giardino.

In una cappella sorgeva il presepio, con una montagna fatta di sughero e rivestita di musco: i Re Magi scendevano cauti da un sentiero erto, e una cometa d’oro illuminava loro la via.
Tutto era bello, tutto era luce e gioia. I Re potenti scendevano dai loro troni per portare in dono il loro amore e le loro ricchezze al figlio dei poveri, a Gesù nato in una stalla; gli astri li guidavano; il sangue di Cristo, morto poi per la felicità degli uomini, pioveva sui cespugli e faceva sbocciare le rose; pioveva sugli alberi per far maturare i frutti.
Così la madre aveva insegnato a Felle e così era.

– Gloria, gloria – cantavano i preti sull’altare: e il popolo rispondeva:
– Gloria a Dio nel più alto dei cieli.
E pace in terra agli uomini di buona volontà.

Felle cantava anche lui, e sentiva che questa gioia che gli riempiva il cuore era il più bel dono che Gesù gli mandava.
All’uscita di chiesa sentì un po’ freddo, perché era stato sempre inginocchiato sul pavimento nudo: ma la sua gioia non diminuiva; anzi aumentava. Nel sentire l’odore d’arrosto che usciva dalle case, apriva le narici come un cagnolino affamato; e si mise a correre per arrivare in tempo per aiutare la mamma ad apparecchiare per la cena. Ma già tutto era pronto. La madre aveva steso una tovaglia di lino, per terra, su una stuoia di giunco, e altre stuoie attorno. E, secondo l’uso antico, aveva messo fuori, sotto la tettoia del cortile, un piatto di carne e un vaso di vino cotto dove galleggiavano fette di buccia d’arancio, perché l’anima del marito, se mai tornava in questo mondo, avesse da sfamarsi.

Felle andò a vedere: collocò il piatto ed il vaso più in alto, sopra un’asse della tettoia, perché i cani randagi non li toccassero; poi guardò ancora verso la casa dei vicini. Si vedeva sempre luce alla finestra, ma tutto era silenzio; il padre non doveva essere ancora tornato col suo regalo misterioso.
Felle rientrò in casa, e prese parte attiva alla cena.

In mezzo alla mensa sorgeva una piccola torre di focacce tonde e lucide che parevano d’avorio: ciascuno dei commensali ogni tanto si sporgeva in avanti e ne tirava una a sé: anche l’arrosto, tagliato a grosse fette, stava in certi larghi vassoi di legno e di creta: e ognuno si serviva da sé, a sua volontà.

Felle, seduto accanto alla madre, aveva tirato davanti a sé tutto un vassoio per conto suo, e mangiava senza badare più a nulla: attraverso lo scricchiolìo della cotenna abbrustolita del porchetto, i discorsi dei grandi gli parevano lontani, e non lo interessavano più.
Quando poi venne in tavola la torta gialla e calda come il sole, e intorno apparvero i dolci in forma di cuori, di uccelli, di frutta e di fiori, egli si sentì svenire: chiuse gli occhi e si piegò sulla spalla della madre. Ella credette che egli piangesse: invece rideva per il piacere.

Ma quando fu sazio e sentì bisogno di muoversi, ripensò ai suoi vicini di casa: che mai accadeva da loro? E il padre era tornato col dono?
Una curiosità invincibile lo spinse ad uscire ancora nel cortile, ad avvicinarsi e spiare. Del resto la porticina era socchiusa: dentro la cucina le bambine stavano ancora intorno al focolare ed il padre, arrivato tardi ma sempre in tempo, arrostiva allo spiedo la coscia del porchetto donato dai vicini di casa.

Ma il regalo comprato da lui, dal padre, dov’era?

– Vieni avanti, e va su a vedere – gli disse l’uomo, indovinando il pensiero di lui.

Felle entrò, salì la scaletta di legno, e nella cameretta su, vide la madre di Lia assopita nel letto di legno, e Lia inginocchiata davanti ad un canestro.
E dentro il canestro, fra pannolini caldi, stava un bambino appena nato, un bel bambino rosso, con due riccioli sulle tempie e gli occhi già aperti.

– È il nostro primo fratellino – mormorò Lia. – Mio padre l’ha comprato a mezzanotte precisa, mentre le campane suonavano il “Gloria”. Le sue ossa, quindi, non si disgiungeranno mai, ed egli le ritroverà intatte, il giorno del Giudizio Universale. Ecco il dono che Gesù ci ha fatto questa notte.

(Brano di Natale di Grazia Deledda )

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SOGNO DI NATALE
brano di Luigi Pirandello

luigi-pirandello

Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l’impressione d’una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l’anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors’anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.

Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori… E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:

– Buon Natale – e sparivo…

Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.

Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l’immagine di lui m’attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m’arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e proseguì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.

Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d’una luce interiore, sorvolava su un’alta siepe di rovi, che s’allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant’egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo.
Dall’irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d’una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell’immenso arco dell’orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.
A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d’una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.

– Non dormono… – mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d’odio e d’invidia pronunziate nell’interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l’impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: – Anche per costoro io son morto…

Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch’ero la sua ombra per terra, non mi disse:

– Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.

Era una chiesa magnifica, un’immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d’oro alla volta, piena d’una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l’altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d’incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d’argento splendevano a ogni gesto le brusche d’oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.

– E per costoro – disse Gesù entro di me – sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.

Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:

– Cerco un’anima, in cui rivivere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo… Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà.

– La città, Gesù? – io risposi sgomento. – E la casa e i miei cari e i miei sogni?
– Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.
– Ah! io non posso, Gesù… – feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.

Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l’impressione sul mio capo inchinato, m’avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.

(Racconto di Natale di Luigi Pirandello)

                                                                                                 Raccolti da Andrea Ben Leva

BACHECA ARTICOLI

dicembre 1, 2008



PRIMA O POI DOVEVA SUCCEDERE…

E’ di un paio di
giorni fa la notizia, passata quasi in sordina, sulla
decisione di un giudice
di Valladolid di far rimuovere
tutti i crocefissi dalle aule di una scuola pubblica e sulle
rimostranze del vescovo
della città spagnola, denuncianti
la “ Cristofobia “ e la dimenticanza di


satira

Dio salvi le famiglie dai
politici rissosi!


Uno Juventino e un interista si incontrano in un  bar di Borghetto
di Valeggio sul Mincio mezz’ora prima dell’inizio di una partita di
calcio, un’amichevole, fra la l’ Italia e la Francia. Lo juventino
inneggia alla rinascita della sua squadra dopo la disavventura della
discesa negli inferi della serie cadetta e l’interista lo sbeffeggia


INFORTUNI:
ESERCITAZIONE PRATICA
C
apita
a volte, che durante il cammino lungo il sentiero, mi fermi a
guardare la mia immagine riflessa nel corso d’acqua che costeggia la
riva. Mi piace, mi da quel senso di arrivo, l’immagine tremolante
che fugge gentilmente verso valle. Sembra che le mani siano ancora
lì, un po’ sfocate, ma intere: sane.


Clip Art Graphic of a Book Cartoon Character Camping With a Tent and Fire

ITALIA CAMPEGGIO D’EUROPAQuesta
non è una presa di posizione, o intolleranza, è la realtà che gli
italiani vivono quotidianamente in Italia. Chi scrive vive a
Brescia, realtà nella quale in questi giorni si sbarrano le finestre
e si chiude a doppia mandata la serratura. Siamo sotto assedio.
Molte volte ho sentito storie che nella mia infanzia sembravano
favole

COS’E’ UNA FAMIGLIA?

Nella cultura occidentale, una famiglia viene definita come “ un
gruppo di persone affiliate da legami consanguinei o legali, come il
matrimonio o l’adozione “, la cui funzione primaria è quella di
riprodurre la società sia da un punto di vista biologico sia da un
punto di vista socio culturale.

Clipart - coro. fotosearch Una voce fa un solista, tante voci fanno
un coro


Nella mia carriera di cantante, durata tra la metà degli anni ’60 e
l’inizio degli anni ’90, ho cantato  “l’impegno “ , finché ho potuto
farlo in libertà, e poi “ l’amore “, quello antico, quello onesto,
finché me l’ha permesso il tempo o il fare finta di non vedere
responsabilità che, prima o poi, la vita mi avrebbe messo

Immigrazione, dal punto di
vista di un immigrato privilegiato
Il 1978 era un anno molto particolare per l’Italia. Era l’anno del
rapimento e dell’ uccisione di Aldo Moro e, nello stesso anno, il
Vaticano vedeva succedersi tre pontefici diversi. Ma era anche
l’anno in cui l’Italia stava per fare un grande cambiamento
economico-sociale.

Ho letto di questo grande

Good Morning Italia – è
nato il MURO DELLA MEMORIA


Quasi, quasi mi da fastidio, mi trovo semre a dover ripetere le
stesse cose. Un disco rotto, che gira, gira, e dice sempre la stessa
cosa: è inutile parlare di infortuni sul lavoro SOLO QUANDO CI SONO
“I MORTI” SUL LAVORO.

Good Morning Italia – è nato il MURO DELLA MEMORIA

novembre 19, 2008
Repubblica Italiana

Repubblica Italiana

scritto da: Andrea Ben Leva

Quasi, quasi mi da fastidio, mi trovo semre a dover ripetere le stesse cose. Un disco rotto, che gira, gira, e dice sempre la stessa cosa: è inutile parlare di infortuni sul lavoro SOLO QUANDO CI SONO “I MORTI” SUL LAVORO.

 

Good Morning Vietnam ! iniziava così Robin Williams, la trasmissione radiofonica dell’omonimo film datato 1987. Era un segnale, un motto, un incoraggiamento per tutti i giovani ragazzi che lasciate le famiglie negli states, entravano nella giungla per sparare, e forse ritornare vivi nella propria branda alla sera. Un sonno difficile sotto i colpi dei mortai e dei fucili di fabbricazione russa AK47.

Spiegazione dei simboli della Repubblica:

Ramo d’ulivo – Indica la volontà di pace della Nazione
Ramo di quercia – Indica la forza e la dignità del Popolo Italiano
Ruota dentata – Traduce l’art. 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Stella – Compare come attributo dell’Italia già dal Cinquecento

Good Morning Italia, sarà il nostro motto, il nostro slogan per ricordare a tutte leFamiglie Italiane, che i loro cari che al mattino si recano al lavoro potrebbero non fare ritorno. E’ brutto, crudo, e duro dire così, ma credete a uno che ha vissuto l’infortunio sulla propria pelle, è meglio tenerlo sempre presente.

Ogni giorno in Italia avvengono infortuni sul lavoro, che non destano notizia. Molti giovani padri di famiglia che cedono al mercato del lavoro pezzi del loro fisico. Poi a fine anno vegono inseriti in un grande piano statistico, e di loro si ricorderà solo il numero, il tipo di incidente, e la data.

Vi sembra giusto? io ritengo di no !
Possibile che l’Italia, le Famiglie Italiane accettino questo ormai diventato “status quo” dove si soprasiede agli incidenti che per effetto della ridondanza, non fanno più notizia. Bisogna fare qualcosa, ma da soli non è possibile farlo, c’è bisogno che tutti partecipino.

Oltre ad aver subito un infortunio, con tutto quello che ne segue, ho accettato di servire il mio paese, dare qualcosa senza ricevere niente in cambio. Sono diventato un promotore di un’ Associazione no-profit che porta il mio nome, che si occupa gratuitamente di giovani infortunati sul lavoro, per il ecupero cognitivo, per il reinserimento nel campo del lavoro, seminari sulla percezione dei rischi e sulla prevenzione.

Nei tempi si è detto e scritto che bisgna dare un senso alla morte, che bisogna ricordare, che non bisogna dimenticare. Da quello che vedo, i media, i giornali, le radio; tranne per qualche eccezione, trasmettono sempre con lo stesso format, in modo che tutti dimentichino presto. Noi di Famiglie d’Italia, NON VOGLIAMO DIMENTICARE !

Ed è per questo che vi propongo un progetto, di collaborazione, di impegno morale, anche di sacrificio. In America esiste un muro dove per ogni morto viene affissa una sella, e non rimane traccia del nome per proteggere la famiglia, o l’identità segreta. Qui invece vogliamo che i nomi dei nostri cari defunti per infortunio sul lavoro, rimangano scritti ed INDELEBILI nella memoria, pertanto vi invito a partecipare al progetto: “MURO DELLA MEMORIA”, dove ognuno di noi che ha perso un caro, un amico, un parente possa rendergli omaggio, inserendo il suo nome su Famiglie d’Italia.

Scrivete una e-mail a info@famiglieditalia.it scrivendo nell’oggetto del messaggio: MURO DELLA MEMORIA. E nel testo: il nome, il cognome, e come è successo l’infortunio sul lavoro che ha causato la morte, scrivete anche chi siete, e perchè volete aderire al progetto “MURO DELLA MEMORIA”

Sarà una testimonianza vera, che durerà nel tempo, un ricordo di chi non c’è più, e che forse un giorno vedrà un nostro futuro Presidente della Repubblica, inginocchiarsi davanti ad un monumento con tutti i nomi scritti, mentre depone una ghirlanda di fiori, in ricordo di chi è morto per il lavoro. Quel giorno, e soltanto quel giorno renderemo giustizia ai nostri defunti sul lavoro, abbattendo il nostro muro, così che tutti possano vedere, affinche rimanga traccia di loro anche dopo di noi.

                                                                               Andrea Ben Leva

Non piangere se non vedi il Sole, perchè le lacrime ti impediscono di vedere le stelle. Jim Morrison

SONDAGGIO

novembre 12, 2008

Datevi una risposta, se credete commentate il sondaggio.

INFORTUNI: ESERCITAZIONE PRATICA

novembre 11, 2008

Scritto da: Andrea Ben Leva

20061124_infortuni_lavoro_gianfalco_140x140Capita a volte, che durante il cammino lungo il sentiero, mi fermi a guardare la mia immagine riflessa nel corso d’acqua che costeggia la riva. Mi piace, mi da quel senso di arrivo, l’immagine tremolante che fugge gentilmente verso valle. Sembra che le mani siano ancora lì, un po’ sfocate, ma intere: sane. Questo mi riempie di gioia, sembra che la parte razionale del mio cervello si prenda gioco dell’inconscio. Questa esperienza, si riflette su tutti gli infortunati, che per etimologia del termine, sono rimasti in vita, lasciando pezzi del loro fisico al mondo del lavoro.

L’infortunato vive psicologicamente e geneticamente due esperienze parallele: la vita prima dell’incidente e la vita di oggi. La sovrapposizione delle due esperienze vissute e percepite,  determina il: nuovo stato di normalità.

Sembra una parola così distante, ma racchiude tutto il significato della nuova condizione di vita che il soggetto subisce e vive in prima persona.

Questa è parte della premessa che serve a far capire a tutti coloro che sono normodotati, che è molto difficile capire, percepire cosa vuol significare aver vissuto un infortunio sul lavoro.

Quando si parla di percezione, intesa in capacità di interiorizzare, impersonare, vivere astrattamente, in questo caso un incidente; si parte sempre dalle caratteristiche individuali e dalle esperienze di vita vissute. Questo perché l’infortunio è una serie di azioni definite in uno spazio tempo che possono portare a danni fisici permanenti, oppure alla morte dell’individuo.

Quando insegno la percezione dei rischi, costruisco un ambiente statico di attenzione psico-fisica, che partendo da una soglia di disagio, raggiunge in un preciso momento definito per spazio e per tempo la soglia massima di terrore percepito; con la diretta conseguenza dell’azione autonoma di risposta psicologica.

Sarà capitato a tutti una volta nella vita di cadere dalla bicicletta, fare un incidente in macchina, o subire uno shock emotivo, con la conseguenza che in piccolissime frazioni di tempo, scorressero davanti agli occhi tutte le immagini che rappresentano il nostro percorso di vita. Questa esperienza rappresenta una piccola parte di quello che avviene durante un infortunio sul lavoro. Il nostro cervello viene allertato in forma autonoma, che su una zona del nostro corpo è avvenuto qualcosa che ha creato un danno, e il cervello di conseguenza va alla ricerca di una precedente esperienza vissuta da poter sovrapporre all’evento che si sta vivendo attualmente, con l’intento di utilizzare il vissuto per mettere in atto un’azione diretta di risposta all’evento subito. Se non esiste un’esperienza vissuta sovrapponibile, la sensazione che il cervello genera, è paragonabile alla morte imminente, con tutte le conseguenze a livello fisico: aumento della pressione sanguigna, produzione di adrenalina, aumento della frequenza cardiaca, aumento della soglia di attenzione e concentrazione, ecc.: la sopravvivenza.

Per coloro che hanno avuto modo di essere presenti ad uno dei seminari o agli incontri organizzati dalla struttura INAIL, porteranno dentro di loro questo piccolo seme, quella sensazione e quelle immagini che potranno domani salvargli la vita. Lo potremmo paragonare alle prove di evacuazione, cioè l’esercitazione pratica di quanto studiato prima in teoria.

Avvicinandoci a questo argomento, è d’obbligo un grazie a tutti coloro che hanno organizzato gli incontri di formazione-informazione con gli studenti, mi riferisco all’INAIL di Cremona, perché la loro mente è vergine nei contenuti, non essendo ancora entrati nel mondo del lavoro, con le abitudini o le consuetudini, sono per definizione: incontaminati.

Non hanno ancora sviluppato la cultura autolesionista del: a me non succederà mai, oppure; il casco e i guanti non servono, sono solo prescrizioni di legge.

Purtroppo chi scrive queste righe ha incontrato tanti giovani ragazzi, che solo al primo giorno di lavoro, hanno lasciato parte del loro fisico, per non aver utilizzato le dotazioni di sicurezza.

La vita per me è stata; ed è: un viaggio meraviglioso alla scoperta di noi stessi guardandoci attraverso gli occhi degli altri.

Le persone che incontro tutti i giorni, per lavoro o per caso, sono come il riflesso del fiume, camminano anche loro verso la loro meta, mi guardano, e dal loro sguardo imparo a vedere me stesso, in questa veste sempre nuova e sempre diversa, una percezione continua.

Forse come spesso accade, le cose accadono per opera del destino, e così è stato, ho avuto il privilegio di essere invitato dall’INAIL di Cremona a partecipare ad un incontro con i ragazzi, dove si sarebbe parlato di futuro e di sicurezza e prevenzione.

Quando ci si confronta con i ragazzi di oggi, è sempre più difficile trovare un linguaggio decodificato per ricevere e trasmettere concetti ed emozioni, questo perché possiedono un’evoluzione genetica, ma soprattutto perché il loro “contenitore-cervello” contiene tantissime informazioni hi-tech, slogan, simboli e termini di identificazione nel branco che sono in simbiosi genetica con le capacità del loro cervello. Contengono anche una pecca, lo spazio vuoto delle esperienze e della cultura dell’anziano.

Sarebbe come paragonare un Commodore 64 con un Pentium.

Il linguaggio e il metodo di comunicare è in evoluzione, è stato molto potente vedere e sentire: assistere, all’incontro di Cittanova, perché dal confronto ognuno ha potuto incrementare la propria cultura, scegliendo, e ponendo sempre al centro l’individuo e la sua integrità psico-fisica; con la sorpresa di notare un feed-back da parte degli studenti.

Siamo tutti dentro a questa centrifuga cosmica, non ci ricordiamo mai che pur stando immobili sulle nostre poltrone, il nostro taxi: la terra, viaggia a settantamila chilometri. Le stesse variazioni climatiche terrestri, avvengono anche nella cultura e nelle procedure usate dalle grandi organizzazioni quali ad esempio l’Istituto INAIL, e questo porta ad avere sempre un risultato, unico ed inequivocabile, che dopo la centrifuga che contiene tutte le informazioni, la cultura, i progetti, le persone, noi stessi: si costruisce sempre su un gradino sopra, sopra a tutto quello che è già stato creato e metabolizzato, senza creare ne distruggere, ma semplicemente ricombinare.

In conclusione l’importante di tutto questo nostro viaggiare, è di riempire il contenitore, con oggetti, o emozioni, che costituiscano il carburante per il futuro dei giovani che domani faranno parte della centrifuga: la vita.

Spero che attraverso i miei occhi possiate trovare voi stessi, con un unico fine: creare un mondo del lavoro e della prevenzione a misura d’uomo.

 

 

 

                                               Andrea Ben Leva

ITALIA CAMPEGGIO D’EUROPA

novembre 11, 2008

sym_book_cartoon_character_camping_with_a_tent_and_fireScritto da ANDREA BEN LEVA

 

ITALIA CAMPEGGIO D’EUROPA

Mandano i nostri soldati a combattere, mentre la guerra è qui in Italia.

 

 

 

 

Mi permetto di riportare un colloquio con un capo famiglia avvenuto un po’ di tempo fa…

 Questa non è una presa di posizione, o intolleranza, è la realtà che gli italiani vivono quotidianamente in Italia. Chi scrive vive a Brescia, realtà nella quale in questi giorni si sbarrano le finestre e si chiude a doppia mandata la serratura. Siamo sotto assedio. Molte volte ho sentito storie che nella mia infanzia sembravano favole, di popoli che invadevano piano piano, le roccaforti del potere, e che moltiplicandosi con la prole, diventavano maggioranza assumendo il governo e spodestando i legittimi cittadini. Queste favole sono ormai realtà, basta camminare vicino alla stazione dei treni a Brescia, per rendersi conto che l’acquisto del semplice biglietto del treno, crea una situazione di disagio e di paura: davanti alla stazione c’è sempre una pattuglia armata della polizia con 5 agenti, una cinquantina di extracomunitari che scambiano parole e fatti, in orari in cui l’italiano medio si trova in fabbrica o in ufficio.

            Ospedali nei quali il medico, laureato e specializzato, riceve intimidazioni e indicazioni sulla quantità di giorni di malattia, da scrivere compilando il verbale della visita medica, con l’intimazione di espletare la visita in quanto è un suo diritto (dell’extracomunitario), pur non essendo in possesso del regolare permesso di soggiorno.

            Nel Comune di Rezzato, non vengono regolarmente versate le spese condominiali (poi pagate solidalmente dagli italiani), perché essi (gli extra) non sono abituati a versarle, e quindi si ritengono esonerati, parte la causa amministrativa, e su 8 abitanti il bilocale, uno solo è assunto regolarmente, con un lavoro a termine che dura 6 mesi, gli altri sei mesi percepisce l’indennizzo di disoccupazione, e ben trentacinque euro al giorno per il sostentamento dei familiari. I figli non iscritti alla scuola elementare, (anche se fosse gratis), vengono lasciati da soli a giocare nel grande giardino del quartiere, risultato: giocando al loro sport nazionale “criket”, con una palla che raggiunge i trecento grammi, si divertono ad emulare i loro campioni, ammaccando e rompendo i cristalli delle autovetture, acquistate con fatica e con il mutuo, dai cittadini italiani che non godono di nessun sodalizio. I carabinieri, rispondono che non possono fare nulla se non segnalare quanto accaduto, informando che su quattro comuni, dispongono solo di una campagnola e una macchina di servizio, questo dovuto ai tagli di bilancio. Dal secondo piano di una delle palazzine di questo stupendo quartiere, ormai meta di pellegrinaggio di molte tribù non italiane che usano i giardini come giaciglio per i loro “viaggi“ dovuti all’uso di stupefacenti; viene scagliata da un bambino, un’ascia per tagliare la legna, informati i carabinieri sulla possibilità di ferire bambini o anziani, la risposta e sempre quella: non possiamo farci niente. Ma qualcuno potrà fare qualcosa? È possibile che il Governo invii nostri concittadini a combattere guerre che non ci competono, che non ci possiamo permettere? Visto che a casa nostra la nostra libertà lesa, e la nostra sicurezza violata, trova sempre la stessa risposta: non possiamo farci niente?

            Affinché tutti capiscano quello che si vive a Brescia, è opportuno informare “chi non può fare nulla” che viene pagato con le nostre tasse, che il “cittadino medio italiano” che si reca al lavoro tutte le mattine, e che non percepisce sussidi, preferisce assumere un carabiniere in più, che spendere soldi per il rimpatrio di un clandestino; <<che venissero a riprenderseli>>, i governi di origine dei clandestini, visti i finanziamenti che lo stato Italia ha versato (i cittadini italiani), per arginare il problema. Il c.m.i. preferisce  che il paese Italia, spenda i soldi per l’assistenza sanitaria dei cittadini italiani di diritto, se ad un italiano in viaggio all’estero capita di dover usufruire dell’ ospedale, le spese mediche vengono addebitate al nostro Sistema Sanitario Nazionale. Alla fine paghiamo sempre, almeno che i soldi spesi ci diano sicurezza, libertà, e garanzia.

Una piccola riflessione – forse il gettito d’immigrazione clandestina, cioè persone che senza espletare controlli sanitari, senza avere un visto, senza poter essere identificate, senza avere un reddito, determinano nella nostra società Italiana, “la compassione per il debole ed indifeso”, questo al costo che la società conquistata dai nostri nonni, con grandi sacrifici, e la fame patita, ricordiamoci il dopo guerra, le lotte operaie per i diritti civili, il voto alle donne, ecc. si perdano per sempre, fagocitati da questo armagedon di dimensioni infinite, che viene in Italia, trova già tutto pronto, non contribuisce ai sacrifici già fatti, non paga i conti delle spese dovuti, sviluppa sempre più un nuovo tessuto di criminalità organizzata, senza che nessuno possa fare niente. Fino a che punto gli italiani potranno sopportare l’intolleranza e l’integrazione mancata, di popoli che vivono in questo paese portandosi dietro le proprie religioni, le proprie abitudini, i propri costumi, come se l’Italia fosse il campeggio d’Europa, dove chiunque può installare la propria tenda, sporcare e mangiare quanto basta, e andarsene senza pagare l’ospitalità, sapendo che un italiano medio qualunque, il giorno dopo passerà con la scopa e pulirà le ultime tracce di un campeggiatore sbadato, che era convinto di stare sulla terra di nessuno.

Il tessuto sociale italiano ha dei bisogni primari, che devono trovare risposte concrete, se il governo rimarrà in disparte, la diretta conseguenza sociale, sarà la giustizia privata, e la formazione di gruppi sempre più coesi di cittadini italiani che pur non avendo origini antisemite, svilupperà per bisogno/necessità azioni che assomiglieranno alla guerra civile. Le tasse esasperate e la paura fanno del cittadino medio italiano un buon soldato. Se accadrà, la risposta di questi soldati civili sarà: non possiamo farci niente.

E’ passato un anno e mezzo, è cambiato il governo: ma la situazione è rimasta invariata! c’è bisogno di aiuto per Loro (le famiglie extracomunitarie), ma c’è bisogno d’aiuto anche per Noi, le Famiglie Italiane. L’integrazione deve puntare ad un aiuto reciproco, incondizionato, per sconfiggere il pregiudizio, e l’oltraggio del nostro vivere comune. Aiutateci ad aiutarvi, così da costruire insieme.

 

                                   Brescia, Andrea Ben Leva