SCELTO MUSCOLO DI GRANO per la Notte dell’Election Day.
Da questa notte martedì 8 all’alba di mercoledì 9, in occasione dell’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America lo Staff Muscolo di Grano è a Roma per Organizzare la “Cena a Mezzanotte” a Palazzo Ferrajoli Piazza Colonna, con un Menù Spettacolare” Scelto da Lusso& Gusto per i suoi Prestigiosi Ospiti in attesa della proclamazione del Presidente U.S.A. Lo Chef Vegan Milanese Luca Caresi, preparerà per i quasi 400 Ospiti tra Politici, V.i.p ed Ambasciatori di tutto il Mondo un Menù Vegan con Piatti Stellati Muscolo di Grano.
La Calabria splende a tavola con il suo geniale Prodotto unico al Mondo.
Tel.3487121358
Oggi è il 6 gennaio, festa dell’Epifania: evito di fare gli auguri alle nostre care amiche che, come da tradizione, ne avranno già ricevuti a iosa. Invece, seguendo un’usanza già adottata da questo blog per le altre feste, anche questa volta ho fatto un giro su Google in cerca di nozioni e notizie a riguardo, e, tra le varie offerte, ho scelto, dopo un’attenta cernita, proprio la prima che mi era subito apparsa, dal titolo: La Befana. Un post molto ben fatto e simpatico, che non ho potuto fare a neno di riportarvi, edito da www.provincia.ps.it
LA BEFANA PER NOI
La Befana è una vecchietta che vola su una scopa; porta uno scialle sulla testa e i suoi abiti scuri sono strappati e sporchi di fuliggine, perché per entrare nelle case si cala giù dal camino. Questa vecchina, la notte del 5 Gennaio, quando le persone dormono, porta doni ai bambini: bambole, macchinine, libri, giochi vari e dolciumi. Se qualcuno è stato disubbidiente, troverà carbone, cenere, cipolle, aglio. Una settimana prima della festa, i bambini cercano di fare i “buoni” e la sera prima preparano la calza appesa al camino e vanno a letto presto.
Sono emozionati, curiosi di vedere il loro regalo, ansiosi per l’arrivo della Befana e talvolta, un po’ impauriti.
Il giorno della festa sono allegri, contenti del regalo ricevuto o un po’ delusi perché non sono stati accontentati e per il carbone che nelle calze non manca mai.
Molti bambini credono che la Befana sia la moglie di Babbo Natale e che abiti al Polo Sud, mentre il marito vive al Polo Nord. Babbo Natale non sempre riesce ad accontentare i desideri dei bambini e a questo cerca di rimediare la Befana.
Qualche bambino pensa che la Befana esista veramente, cerca di immaginarla e la aspetta con ansia; alcuni non ci credono e pensano che sia la mamma a mettere i regali nelle calze, però fanno finta di non saperlo. Nel nostro paese, l’Amministrazione Comunale ogni anno organizza una piccola festa: una signora vestita da Befana distribuisce a tutti i bambini un pacco di cioccolatini, caramelle, quaderni, matite, penne e gomme.
LA LEGGENDA DELLA BEFANA
Un giorno, i Re Magi partirono carichi di doni (oro, incenso e mirra) per Gesù Bambino.
Attraversarono molti paesi guidati da una stella, e in ogni luogo in cui passavano, gli abitanti accorrevano per conoscerli e unirsi a loro.
Ci fu solamente una vecchietta che in un primo tempo voleva andare, ma all’ultimo minuto cambiò idea, rifiutandosi di seguirli.
Il giorno dopo, pentita, cercò di raggiungere i Re Magi, che però erano già troppo lontani.
Per questo la vecchina non vide Gesù Bambino, né quella volta né mai.
Da allora ella, nella notte fra il cinque e il sei Gennaio, volando su una scopa con un sacco sulle spalle, passa per le case a portare ai bambini buoni i doni che non ha dato a Gesù.
LE NOSTRE RICERCHE SULLA FESTA DELLA BEFANA
La Befana si festeggia il giorno dell’Epifania, una festa religiosa che ricorre il sei Gennaio e ricorda la visita dei Re Magi a Gesù Bambino.
Tre re, Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, partirono da paesi diversi, forse la Nubia, la Godolia e Tharsis, per portare doni a Gesù: oro, incenso e mirra.
Si incontrarono vicino a Gerusalemme e, pur parlando lingue diverse, si compresero e si accorsero di avere la stessa meta; così proseguirono il viaggio insieme.
Giunti alla grotta offrirono a Gesù i loro doni, lo adorarono e ripartirono.
DOVE E QUANDO E’ NATA LA BEFANA
Non si sa in quale città o regione italiana sia “nata” la Befana, ma di essa si è incominciato a parlare nel milleduecento.
Da allora, questa festa è diventata una delle più importanti e attese dai bambini.
La Befana è una vecchietta brutta e arcigna che intimorisce i bambini e nello stesso tempo è una vecchietta di buon cuore che porta doni ai bambini buoni.
Forse, la vecchietta rappresenta l’anno vecchio che, dopo le feste del periodo natalizio, se ne va lasciando dei doni.
A questo proposito esiste ancora un detto: “L’Epifania tutte le feste porta via”.
PERCHE’ SI CHIAMA BEFANA
Il suo nome deriva da Epifania, trasformato poi in “Beffania” per ricordare la “Strega di Beffania” che volava sui tetti delle case in quella notte. Col passare del tempo perse le lettere “f” ed “i” e diventò Befana.
LA BEFANA AL TEMPO DEI NONNI
Al tempo dei nostri nonni nelle case si aspettava la Befana appendendo al camino una calza di lana fatta a mano con i ferri dalle mamme o dalle nonne. Essi, da piccoli, credevano molto alla Befana; le scrivevano una lettera esprimendo i loro desideri che, per lo più, non venivano esauditi perché c’era molta povertà. Quando arrivavano i doni della Befana, tutti i bambini erano molto contenti perché era l’unica festa in cui ricevevano dolciumi.
Nella calza i bambini trovavano poca roba: qualche mandarino, caramelle di orzo fatte in casa, castagne, noci e lupini; essi sapevano che dovevano essere buoni almeno due mesi prima della festività, altrimenti avrebbero ricevuto carbone, cenere, cipolla, aglio e carote.
Nella calza non si trovavano giocattoli, se non bamboline di stoffa cucite dalle mamme o dalle nonne. Non si preparavano piatti particolari in quel giorno, ma in alcune famiglie ci si riuniva per mangiare castagne, noci e frittelle. In occasione di questa festa, in alcuni paesi venivano dati dei buoni alle famiglie più bisognose per prendere le cose più necessarie, come pane, pasta, zucchero,…
Attenzione: se cliccate su La Befana troverete anche la versione in inglese.
Oggi, 13 dicembre, si festeggia Santa Lucia e nella tradizione ricorda erroneamente come il giorno più corto che ci sia, perché, scientificamente sembra che ciò non sia vero in quanto ” il numero minore di ore di luce e la maggiore durata della notte nel corso dei dodici mesi si registrano infatti con il solstizio d’inverno, che di norma si verifica il 21 o il 22 dicembre: i nostri antenati, in realtà, non si erano sbagliati. “La differenza tra le date, che a noi ora appare come un errore, è dovuta alla riforma del calendario introdotta da Papa Gregorio XIII nel 1582. In oltre 10 secoli erano stati accumulati circa 10 giorni di sfasatura. Dunque con la riforma il solstizio si spostò al 21 dicembre, mentre il giorno di Santa Lucia rimase il 13. In precedenza la festa di Santa Lucia cadeva in prossimità del solstizio d’inverno. Da lì nacque il famoso detto relativo al giorno più corto” ( GreenMe.it )
La storia di Santa Lucia ha un finale tragico come la maggior parte delle storie dei nostri santi. Una storia che vi rinfrescherò offrendovi la lettura di un post scritto da Caterina Lenti e pubblicato da MeteoWeb.
13 dicembre, oggi è Santa Lucia: vita,storia e culto della Santa Patrona della vista.
Santa Lucia, Vergine e Martire, nacque a Siracusa sul finire del III secolo a. C. e morì il 13 dicembre del 304, sgozzata con una spada. Il suo corpo riposa a Venezia, accanto a quello di , su un altare laterale, dentro un’urna marmorea.
Santa Lucia, Vergine e Martire, nacque sul finire del III secolo a.C. a Siracusa, cittadina siciliana in cui si era fortemente diffuso il Cristianesimo, da una famiglia di nobili origini. La fanciulla, il cui nome significa “Luce), ancora bambina, perse il padre, rimanendo sotto la custodia della madreEutichia che soffriva da anni di emorragie, tanto da spendere molti soldi per consultare i medici, senza ricavarne giovamento.
Il 5 febbraio del 304, giorno Sacro a Sant’Agata,madre e figlia giunsero a Catania, recandosi al sepolcro di Sant’Agata, ascoltando il Vangelo letto dall’emorroissa, la donna che, toccando il lembo della veste di Gesù, ebbe la guarigione. Lucia disse alla madre: “Madre, se credi a quello che ora si è letto, crederai pure che Agata, la quale ha patito per Cristo, può chiedere per te a Gesù la guarigione. Se vuoi, dunque, tocca con fede il suo sepolcro e sarai guarita”. Lucia ed Eutichia si avvicinarono al sepolcro, si inginocchiarono e pregarono la martire tra le lacrime. Lucia, mentre stavano in preghiera, fu presa da una visione: vide, in mezzo a schiere di angeli, Sant’Agata che, rivolta a lei, le disse: “Lucia Sorella mia, Vergine Dio, perché domandi a me quello che tu stessa puoi concedere? La tua fede ha giovato a tua madre, ed ecco che è divenuta sana. Tu ti sei consacrata a Dio nella verginità e perciò come per me la città di Catania viene ricolma di grazie del cielo, così per te lo sarà la città di Siracusa”. Dopo la guarigione della madre Lucia, che fatto voto di verginità al Signore, distribuì le proprie ricchezze ai poveri, vivendo in povertà ed autentica fede cristiana.
A quei tempi anche la Sicilia era tormentata dalle persecuzioni contro i Cristiani. Un ragazzo, innamorato di Lucia, ma che la futura Santa rifiutò per amore del Signore e della promessa a Lui fatta, per dispetto, rese nota l’identità della ragazza al prefetto Pacasio che cercò di dissuaderla dal credere in Dio e di convincerla a convertirsi agli Dei e all’imperatore ma lei non cedette. Fu allora che Pacasio la sottopose a diverse prove di umiliazione e torture per costringerla ad obbedirgli: cercò di farle perdere la sua virtù, di farla maltrattare dai soldati, la fece trascinare da due buoi lungo le strade del paese, tentò di ustionarla con olio bollente, di bruciarla viva al rogo. Infine, dato che niente di tutto questo riusciva a smuoverla, venne sgozzata con una spada. Ma prima di sottoporsi ai martiri, Lucia volle parlare al popolo, annunciando che l’impero di Diocleziano e le persecuzioni dei Cristiani stavano per terminare e che Siracusa, da allora, l’avrebbe sempre onorata così come accadeva nella vicina Catania per Sant’Agata. Santa Lucia morì il 13 dicembre del 304, conservando il titolo della Verginità e del Martirio. Il suo corpo fu deposto nelle catacombe, poi spostato nella chiesa eretta in suo onore, in seguito trasportato a Costantinopoli dal generale greco Giorgio Maniace e infine traslato a Venezia dai Crociati Veneziani, dove ancora oggi riposa accanto al corpo di San Geremia su un altare laterale, dentro un’urna marmorea.
Nel 1904, il Cardinale Patriarca di Venezia, facendone la giuridica ricognizione, ne constatò il meraviglioso stato di conservazione: “il corpo della Santa è mummificato e conserva la pelle, molle al tatto. I piedi appaiono intatti, vi si scorge un’unghia nel piede destro e manca buona parte del braccio sinistro, che in vari tempi fu concesso come reliquia a papi e sovrani. Il corpo ha una tinta gialla di cartapecora languida, la testa è più nera, piuttosto piccola, regolarissima, come regolare è la parte superiore dell’osso nasale , rimasta ancora sana . Quattro ciocche di capelli neri incorniciano la fronte, uscendo sotto la corona di seta bianca. Meravigliosi sono gli occhi. Le occhiaie sono coperte da una membrana nera, morbida, costituita dall’occhio stesso e dalle palpebre mummificate. Si vede pure la traccia del suo martirio: un profondo buco vicino al petto, sul lato destro” . La tradizionale credenza che le siano stati strappati gli occhi o addirittura che lei stessa se li fosse strappati per non cedere alle lusinghe del peccato, è leggenda nata dal suo nome, affine al nome della luce. In relazione a questa leggenda, Santa Lucia è invocata da chi soffre di male agli occhi (celebre l’espressione:”Santa Lucia ti protegga la vista!”) ed è in Dante Alighieri allegoria della Grazia illuminante. Cristoforo Colombo, invece, diede il nome della Santa ad un’isola delle Piccole Antille, scoperta il 13 dicembre.
Le feste religiose sono parte integrante della nostra cultura. In questi giorni, con l’approssimarsi della ricorrenza dell’avvento del Messia e, quindi, della festa del santo Natale, la cultura laica sta mostrando il suo lato peggiore, ovvero quello di alcuni individui che si ergono a censori delle nostre tradizioni cristiane, imponendo il loro ” nulla “, giustificandolo con il rispetto sul nostro italico territorio delle altrui culture religiose, ma dimenticandosi totalmente del rispetto della nostra. Ricordo a costoro l’ Articolo 8 della Costituzione e il decreto 203 del 1989, nei quali si legge che, pur essendo il nostro uno Stato laico e pur lasciando a tutti libertà di culto, nella Costituzione italiana la religione cattolica gode di un ruolo particolare. Io penso, perciò, che dobbiamo essere accoglienti, solidali e rispettosi, ma non snaturarci e cancellare le nostre tradizioni migliori come la nascita di un fanciullo venuto al mondo per portare amore, per crescere parlando d’amore e morire insegnando a noi i valori migliori, come non prevaricare e fare del male a nessuno, per nessun motivo, mai!
Ritornando alle nostre feste religiose tradizionali, la festa dell’Immacolata Concezione da noi, in Italia, è addirittura considerata una festa nazionale, per cui mi permetto di ricordarne le origini proponendovi la lettura di un post a firma Caterina Lenti, pubblicato su MeteoWeb .
8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione: le tradizioni in Italia e nel mondo.
L’8 dicembre, Immacolata Concezione, è festeggiata in numerosi luoghi d’Italia e del mondo: ecco i più significativi.
La storia della devozione di Maria Immacolata è molto antica, precedendo di millenni la proclamazione del dogma. I luoghi religiosi celebrativi dell’8 dicembre (Festa dell’ Immacolata Concezione) coincidono con quelli in cui la Madonna ha fatto le sue apparizioni, confermando il dogma della chiesa: Lourdes, dove la Madonna è apparsa a Berdanette Soubirous (“Io sono l’Immacolata Concezione”), Fatima, dove si è manifestata ai tre pastorelli tra i quali suor Lucia “Il mio cuore immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti condurrà fino a Dio”) e a .
Tanti i festeggiamenti dell’8 dicembre in Italia, molti di questi legati all’usanza dell’accensione dei fuochi. A San Bartolomeo è una tradizione che si perde nella notte dei tempi. Nei giorni che precedono l’8 dicembre, gli uomini decidono dove erigere la pira di legna, a forma piramidale, accesa al calar della sera. Il falò conserva un alto valore socializzante. Il rito dell’accensione di fuochi aveva il significato di esorcismo contro l’inverno e doveva rigenerare la fertilità della terra, come “potenza vivificatrice”. Il suo calore invitava la gente a stare insieme e mettere in fuga il gelo della solitudine.
Alle donne, invece, spetta il compito di preparare pietanze legate alla cucina tradizionale: polenta, salsiccia, fritto di maiale sono alcune delle specialità culinarie. A Milano, la festa si fonde con quella di Sant’Ambrogio; a Verbicaro (Cosenza) la ricorrenza è celebrata con la convivialità: si parla di “perciavutta” (aprire la botte). Questo, infatti, è il giorno in cui si degusta vino nuovo, accompagnato con graspelle, ripiene di alici salate, peperoni secchi e cavolfiori, portati in dono da amici e vicini di casa.A Castellamare di Stabia, in provincia di Napoli, due sono gli eventi tipici della tradizione popolare locale: la voce di “Fratièlle e surélle” e i suggestivi “fuocaracchi”; due pratiche antiche, alle quali ancor oggi. per fortuna , è possibile assistere.
A Putignano (Bari) le celebrazioni dell’Immacolata durano 9 giorni, tra preghiere e processioni; a Nicotera (Vibo Valentia) vi è una curiosa leggenda sull’Immacolata. Si parla del miracoloso ritrovamento, da parte di alcuni pescatori, di una scultura della Vergine in mare. Per commemorare il fatto, ogni 8 dicembre viene organizzata una processione. In particolare, non appena il corteo arriva in prossimità della marina, si fanno avanti i pescatori che conducono la statua della Madonna in mare, nell’esatto punto in cui venne ‘scoperta’. L’intero rituale termina quando, riportata la scultura a terra, i pescatori intonano canti e preghiere per la loro protettrice.
Come d’abitudine, questo blog nelle ricorrenze festive comincia un suo viaggio sul web alla ricerca di notizie, affidandosi soprattutto a Google e Wihipedia. La festa di oggi, quella di Ognissanti, nota anche come Tutti i Santi, è una solennità che celebra insieme la gloria e l’onore di tutti i Santi (canonizzati e non) ed è anche è una espressione rituale cristiana per invocare tutti i santi e martiri del Paradiso noti o ignoti affinché ci proteggano ed intercedano per noi. La festa cattolica ( Festabant Omnium Sanctorum) cade il 1º novembre, seguita il 2 novembre dalla Commemorazione dei Defunti, ed è una festa di precetto che prevede una veglia e un’ottava nel calendario della forma straordinaria del rito romano.
Le commemorazioni dei martiri, comuni a diverse Chiese, cominciarono ad esser celebrate nel IV secolo. Le prime tracce di una celebrazione generale sono attestate ad Antiochia, e fanno riferimento alla Domenica successiva alla Pentecoste. Come data di celebrazione della festività fu scelto il 1º novembre per farla coincidere con il Samhain, l’antica festa celtica del nuovo anno, a seguito di richieste in tal senso provenienti dal mondo monastico irlandese. Secondo le credenze celtiche durante la celebrazione del Samhain, i morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e celebrazioni gioiose erano tenute in loro onore. Da questo punto di vista le antiche tribù celtiche erano un tutt’uno col loro passato ed il loro futuro. Questo aspetto della festa non fu mai eliminato pienamente, nemmeno con l’avvento del Cristianesimo che infatti il 2 novembre celebra i defunti.
Papa Gregorio III (731-741) scelse il 1º novembre come data dell’anniversario della consacrazione di una cappella a San Pietro alle reliquie “dei santi apostoli e di tutti i santi, martiri e confessori, e di tutti i giusti resi perfetti che riposano in pace in tutto il mondo”. Arrivati ai tempi di Carlo Magno, la festività novembrina di Ognissanti era diffusamente celebrata. E l 1º novembre venne decretato festa di precetto anche da parte del re franco Luigi il Pio nell’835 e il decreto f emesso “su richiesta di papa Gregorio IV e con il consenso di tutti i vescovi”.
Dieci pensieri sulla Festa di Tutti i Santi
1. Il 1° novembre è la Solennità di Tutti i Santi. Si tratta di una festa popolare e cristiana, molto sentita dalle nostre popolazioni, che vuole ricordare in un’unica Solennità coloro che ci hanno preceduto nel cammino della fede e della vita, godono la beatitudine eterna e sono cittadini a pieno diritto del ielo, la patria comune di tutta l’umanità di tutti i tempi.
Il giorno di Tutti i Santi si festeggia ormai da circa mille anni. Furono i monaci benedettini di Cluny a diffondere questa Festività.
2. In questa memoria liturgica celebriamo tutti quei cristiani che – dichiarati o no Santi o Beati dalla Chiesa – già godono la visione beatifica di Dio e sono già in Cielo. Di qui il nome: Solennità di Tutti i Santi.
3. Santo è quel cristiano che, conclusa la sua esistenza terrena è già alla presenza di Dio e – per dirla con le parole dell’apostolo Paolo – ha ricevuto “la corona della gloria”.
4. Il santo è il riflesso della gloria e della santità di Dio. Sono modelli di vita per i cristiani e nostri intercessori poiché possiamo chiedere loro aiuto e la loro intercessione presso Dio. Sono così degni di meritare il nostro culto e la nostra venerazione.
5. Il giorno di Tutti i Santi include nella propria celebrazione i santi popolari e conosciuti, straordinari cristiani a cui la Chiesa dedica uno speciale giorno dell’anno.
6. Ma il giorno di Tutti i Santi è specialmente il giorno dei “Santi anonimi”. Il giorno di Tutti i Santi è giornata per ricordare opportunamente la chiamata alla santità cui devono tendere tutti i battezzarti cristiani. È l’occasione per prendere coscienza una volta di più della chiamata del Signore a essere perfetti e santi come Dio è perfetto e santo.
7. Se tratta di un impegno fondamentale del cristiano poiché l’universale chiamata alla santità nella Chiesa è compito di tutti e di ogni singolo battezzato, la santità non è patrimonio di alcuni pochi privilegiati. È il destino di tutti, proprio come lo fu per la grande moltitudine di Santi anonimi che oggi ricordiamo e festeggiamo.
8. La santità cristiana consiste nel vivere e osservare i comandamenti e le beatitudini. Il Santo non è un angelo, è un uomo in carne e ossa. Il santo è colui che vive la propria fede con gioia e fatica, che lotta ogni giorno e vive nell’amore, per amore, per amare. “Il santo è colui che è così affascinato dalla bellezza di Dio e dalla sua perfetta verità da lasciarsene trasformare. Per questa bellezza e verità è disposto a rinunciare a tutto, anche a se stesso. Gli è sufficiente l’amore di Dio, che sperimenta e vive nel servizio umile e disinteressato del prossimo” (Benedetto XVI).
9. La santità si guadagna, si raggiunge e si consegue qui in Terra con l’aiuto della grazia e con l’impegno quotidiano, amando Dio sopra ogni cosa e il prossimo come sé stessi. L’affanno di ogni giorno fa intravvedere e in qualche modo anticipa il volto dell’eternità. Il Cielo non può attendere, è vero. Ma il Cielo/la santità si guadagna qui sulla terra.
10. Il giorno di Tutti i Santi ci parla della vita umana che non termina con la morte; la vita non è tolta ma trasformata e vissuta nella beata eternità di Dio. Il giorno di Tutti i Santi è una giornata di celebrazione e di autentica catechesi dei misteri della nostra fede, i novissimi: morte, giudizio, inferno e Paradiso.
Ci sono molti modi per festeggiare questa ricorrenza, ed ogni regione ha le sue usanze: il modo più semplice è andare a messa e ricordare e pregare i santi nel profondo nel nostro cuore. Buon Ognissanti a tutti da Famiglie d’Italia!
Dopo 6 mesi di attività frenetica, Expo Milano chiude i battenti: Il messaggio che ha cercato di inviare è stato quello dell’indirizzo dell’alimentazione planetaria e del risolvimento della grande piaga della fame nel mondo. Diciamo che, come si era presentato, non è che avesse offerto indicazioni positive, inneggiando agli sponsor principali, fra i quali MC Donald e Eataly hanno avuto la parte del leone. Mc Donald, anche se ha cercato di modificarsi in questi sei mesi nelle sue offerte, aggiungendo un panino vegetariano ed uno con la carne chianina, rappresenta per tradizione il fast food dove qualità e salute non sempre appaiono coniugate al meglio. Eataly, da par suo, ha rappresentato sì il Made in Italy, con prevalenza, però, di quello industriale rispetto al tradizionale che vede nelle piccole aziende familiari la necessità di emergere attraverso la qualità, anche a costo di tanti sacrifici e molte rinunce. Per fortuna, però, questo Expo ha lasciato spazio anche alle innovazioni e da queste sono arrivate le migliori risposte: MUSCOLO DI GRANO ha sbaragliato tutti e meravigliato il mondo ed Enzo Marascio, l’ideatore, insieme alla moglie Marisa ed ai figli Lucia e Domenico, con la loro azienda a gestione familiare attraverso un lungo percorso trentennale, sono arrivati a Expo al top rappresentando degnamente della Calabria, in particolare, e dell’Italia tutta, il meglio dell’ingegno e dell’abnegazione italiana. Hanno dimostrato che non c’è bisogno di chimica di laboratorio per creare un’alternativa alla carne, bensì cogliendo della natura il meglio attraverso la cultura del rispetto e della sana e tradizionale coltivazione. Muscolo di Grano, miscelando farine di grano, non modificato geneticamente, e lenticchie, attraverso una lavorazione particolare che ne racchiude il segreto, ha offerto una carne vegetale fornita di muscolo, pelle e cotenna, facilmente cucinabile, capace di soddisfare sia il palato sia la vista, e, soprattutto, ricca di tutte le proteine necessarie al corpo umano evitandogli completamente l’assunzione di grassi saturi, di conseguenza, zero colesterolo. Da tutto questo si deduce con quanto sentimento sia stato creato Muscolo di Grano, tant’ è che recentemente in un articolo di Sole 24 ore è stato definito ” la carne dell’amore “.
Per permettervi meglio di approfondire la vostra conoscenza di Enzo Marascio il geniale inventore di Muscolo di Grano, vi propongo un post pubblicato ieri dal quotidiano soveratese online L’esuberante , a firma di Teresa Pittella.
Carne sì, ma vegetale. Ora tutti vogliono il “muscolo di grano” inventato a Isca (Cz).
Enzo Marascio con la figlia Lucia (al centro) alla premiazione all’Expo
Anni ’50. Isca sullo Ionio (Cz). Una partoriente in sofferenza e un bimbo che rischia di morire prima ancora di nascere. C’è una sola persona che ha la macchina in paese, anche se proprio in quei giorni l’auto non ce l’ha perché ne aspetta una nuova, fiammante, dal concessionario di Catanzaro. Ha mandato l’autista a prenderla, e dovrebbe arrivare a momenti. Ma quando l’autista arriva trova la “sorpresa”: la nuova macchina secondo il suo proprietario deve servire a trasportare immediatamente la puerpera nel capoluogo, e chi se ne importa se rovinerà i sedili nuovi! Pochi chilometri e verso Copanello, tra curve e tornanti, la situazione si sblocca e nasce il bambino. La macchina torna indietro portando il neonato in trionfo: era Enzo Marascio. “Sono venuto al mondo grazie all’altruismo dell’avvocatoSaverio Pittelli e nell’altruismo voglio rimanere: la produzione del muscolo di grano non diventerà una multinazionale, ma deve restare a disposizione della gente, a partire dalla mia terra”, spiega Marascio, inventore del muscolo di grano, alimento identico alla carne anche per aspetto e sapore, oltre che per valore proteico, ma ricavato da frumento e legumi, premiato il 2 ottobre all’Expo di Milano con l’Oscar Green 2015 (come ha ricordato ieri Fabio Guarna sulla rubrica Italians del Corsera). Un brevetto dalle potenzialità enormi, soprattutto in questi giorni di terrore e dibattito dopo il rapporto Oms che dichiara cancerogena la carne rossa lavorata.
Domanda. All’Expo avete sbaragliato 1582 idee innovative a livello mondiale o siete stati premiati dal ministro dell’ambienteLuca Galletti. Com’è nata l’idea del “muscolo di grano”?
Risposta. In maniera casuale come molte grandi idee: già a fine anni ’80 cercavo un alimento che migliorasse le mie condizioni di salute, che un medico di fiducia aveva associato all’alimentazione. Ho iniziato dalla ricetta casalinga del seitan, partendo dalla farina di frumento, ma poi per accorciare i tempi ho aggiunto i legumi, invece di cucinarli a parte come contorno. Ne venivano fuori delle “frittelle” dall’altissimo valore nutritivo, molto gradite anche ai miei bambini (Domenico e Lucia che ora guida l’azienda, ndr). Per fargliele mangiare a scuola al posto del vitello o del pollo della mensa, e non farli sentire emarginati dai compagni, ecco che ho cominciato a studiare il modo di renderle simili a bistecche e hamburger. Da qui gli studi e gli esperimenti che poi hanno portato alla messa a punto della “muscolatura” del grano e al brevetto.
D. Ecco perché il Sole24Ore l’ha definita “la carne nata dall’amore”. Ora però il muscolo di grano sarà richiesto in tutto il mondo. Prevedete un’impennata del giro d’affari per il 2016?
R. Non proprio. Ci stanno cercando tutti, multinazionali statunitensi, australiane, europee e brasiliane. Ma la mia filosofia è diversa: non intendo crescere commercialmente per arricchire me o una grande azienda, voglio che la formula del muscolo di grano serva alle persone. Non è più uno sfizio modaiolo di vegetariani o vegani, ma un’esigenza di salute di tutto il pianeta. Ora che lo dice l’Oms che la carne oggi è “malata” tutti si allarmano, ma da Umberto Veronesi a tanti altri esperti, da tempo si metteva in guardia sui suoi pericoli.
D. Perché non lanciare il muscolo di grano sui mercati mondiali?
R. Perché voglio che sia patrimonio delle persone e non del business: non ci si può arricchire su una cosa necessaria. Intanto ho due proposte: una sulla Calabria, già avanzata all’assessore Federica Roccisano con la quale abbiamo avviato un confronto. Partendo dall’exploit di vegetariani, circa 50 milioni solo in Europa, il progetto è fare della Regione “la terra del muscolo di grano”, il paradiso veg dove i vegetariani si sentano accolti nelle loro esigenze da ristoranti, hotel, resort e stabilimenti balneari. Il personale delle strutture riceverebbe formazione specifica, valorizzando anche il ruolo dell’istituto alberghiero di Soverato. Non si può ignorare il nuovo orientamento sull’alimentazione a livello mondiale, perché altrimenti si rimane impreparati, sia sul fronte turistico che alberghiero. Il tutto ovviamente armonizzato con la nostra tradizione, che rispetto e apprezzo. Propongo solo di arricchire la nostra tavola, non necessariamente di sostituire.
La seconda proposta?
Il secondo progetto riguarda Isca, il mio paese natale. Propongo una cooperativa di produzione del muscolo di grano, nella quale sia la comunità a lavorare e avere anche gli utili oltre agli stupendi. Isca come centro della lavorazione del muscolo di grano, a servizio del mercato prima di tutto regionale. Possiamo fare di Isca il paese più ricco del mondo! E fare del muscolo un patrimonio del territorio, visto che dalla sapienza dei nonni, della loro vita nei campi e dall’osservazione del loro modo di alimentarsi ha origine la scoperta.
Dimostrazione per le istituzioni e i visitatori durante l’Expo di Milano
In moltissimi chiedono dove trovare i vostri prodotti.
Abbiamo due linee: quella per vegetariani, che va molto bene e vendiamo on line dal nostro sito. E poi la muscolatura di grano, quella che ha fatto impazzire ministri e visitatori all’Expo, e vip in tutto il mondo, daPaul McCartney che l’ha sperimentata a Londra a Bill Gates interessato a trovare la formula, dagli chef comeMarco Bianchi, nostro grande fan, a Roberto Di Mauro che l’ha cucinato per il teatro Alla Scala. Quarti di vitello, pollo, maiale, soppressate, salsiccia: la muscolatura ha la consistenza della carne, il suo profumo (assaggiare per credere ogni sabato pomeriggio nel punto info di Soverato, in via della Vittoria, ndr). Un prodotto unico al mondo, che permette di realizzare il sogno di ricavare la carne dall’agricoltura, di gustarne il sapore senza nuocere a se stessi e al pianeta. Ecco cosa può fare l’ingegno calabrese unito al desiderio di essere utili alle persone, nella ferma convinzione che il cibo sia la nostra medicina.
Un “RE’ nell’Agricoltura Biologica…
Presentazione del ” Muscolo di Grano “, l’alternativa Sana alla Carne,
REGIONE CALABRIA a EXPO MILANO 2015…
PALAZZO ITALIA CORRIERE DELLA SERA e PALAZZO COLDIRETTI
Il 2 ottobre 2015 a Expo Milano a cura di Coldiretti Nazionale alla presenza del Ministro Martina e del Dr. Sala a molte altre Personalità dello spettacolo e dello Sport ecc. verrà assegnato il RICONOSCIMENTO con Proclamazione e Cerimonia ufficiale del Prodotto di Agricoltura Biologica che rappresenta la Novità assoluta della manifestazione Milanese.
Spicca tra Tutti il “Muscolo di Grano” con forti possibilità di Vittoria finale.
Questo innovativo alimento Bio è tra i 15 Finalisti su 1582 e rappresenta l’Unica Azienda Calabrese presente ad Expo Milano.
La Cerimonia verrà ripresa dalla RAI e CANALE 5 ed altri. Gli Inventori di questa straordinaria scoperta saranno presenti al completo per spiegare la incredibile Muscolatura, con Cotenna e Pelle che il Grano ha mostrato di avere e per l’Unicità Mondiale di tale scoperta frutto dell’ingegno del Calabrese Enzo Marascio che mette tutti d’accordo sia i Vegani sia gli Onniveri.
Inoltre qualche giorno prima e cioè, il 29 settembre sempre a Expo Milano la Regione Calabria, con in testa il Presidente Oliverio ed i suoi Massimi dirigenti presenterà in Anteprima Nazionale con il Titolo:
LA CARNE DEL FUTURO: IL MUSCOLO DI GRANO
una Conferenza Stampa con Degustazione presso Palazzo Italia Corriere della Sera,
Questo è molto significativo perché rappresenta per la prima volta nella storia la accettazione Vegana di una Governanza Statale Ufficiale.
E’ dall’inizio dell’estate che non aggiungo un articolo … sarà per pigrizia o per mancanza d’ispirazione? … Peggio, per la tristezza nel rendermi conto che tutto ormai è stato detto e nulla più c’è da aggiungere, perché nulla cambia e le parole si sprecano. Mi sono reso conto che i blog ormai servono solo per sfogarsi e ti lasciano sfogare, così ti scarichi e per un po’ ” non rompi ” e sei meno pericoloso. Ma per fortuna l’autunno è prossimo e, di solito, con l’autunno si fanno progetti nuovi. Ci dicono che l’Italia si sta riprendendo e che i posti di lavoro crescono … sarà, ma io vedo ancora intorno a me tanta gente che si muove senza rotta e non ha la certezza nemmeno di quello che accadrà loro fra un’ora. Non voglio cadere nel pessimismo, perché non è nella mia natura … ma almeno ostentare un po’ di perplessità, penso che questo mi sia consentito. Mi consola solo un fatto: noi italiani siamo forti dentro e difficilmente da abbattere. Abbiamo un’infinità di risorse abbinate ad una genialità che ci ha sempre contraddistinto nei secoli, nei millenni … per cui nessuno pensi perché sembriamo assopiti di averci battuti e sottomessi, sarebbe un’errore gravissimo! Molti, come me, stanno solo ” riposando e meditando ” e presto offriranno le loro risposte che, stranamente, come al solito, saranno positive e innovative, perché … L’ITALIA E’ UNO STIVALE CHE SA QUELLO CHE VALE, GRIDIAMOLO A NOI E AL MONDO INTERO!
In questo video relativo a Venerdì notte 5 giugno, in occasione della prima edizione de LA NOTTE DELLA CONSAPEVOLEZZA E DELLA PREVENZIONE , Madame Sisi presenta il sottoscritto Umberto Napolitano , l’avv. Domenico Musicco, presidente di AVISL ( Associazione delle Vittime degli Incidenti Stradali ) e il regista cinematografico Alberto Moroni: tutti uniti con il pubblico in un minuto di irrefrenabile inno e ringraziamento alla vita, PERCHE’ LA VITA E’ BELLA ED UN DONO MERAVIGLIOSO CHE TUTTI DOBBIAMO SALVAGUARDARE CON COMPORTAMENTI SANI E INTELLIGENTI
( Luciano Zanchi,Carlo Tessari, Umberto Napolitano, Gabriele Alfonzetti e Alberto Moroni:FOTOLIVE )
Notte della prevenzione Brescia lancia la sfida
Prima tappa venerdì 5 giugno all’Art di Desenzano: poi ogni settimana per un anno in tutte le «disco» d’Italia per dire sì alla vita e no allo sballo.
Le forze dell’ordine presidiano i cancelli delle discoteche. Ma le corse cieche nel buio delle notti del sabato non smettono di mietere vittime. Qualcosa non quadra. «C’è qualcosa che non quadra, c’è una strana situazione/tra drogati e alcolizzati, più bastardi che imbranati/troppe lacrime versate sulle spalle di un amico/nei silenzi di un asfalto che un ragazzo si è inghiottito», canta Umberto Napolitano bresciano per caso, cantautore nato con il vinile degli anni sessanta, scomparso per 20 anni dalle scene e tornato per cantare la protesta del nuovo secolo.
QUELLE PAROLE, la sua canzone che si chiama «E non permettere più», stanno per diventare l’inno della «Notte della consapevolezza e della prevenzione», notte del divertimento e dell’allegria, della baraonda e dell’euforia per dire ai ragazzi che le porte della vita sono ancora aperte. La repressione non basta e si vede. I sociologismi sulle famiglie assenti e i vuoti di valori riempiti dall’alcol sanno di stantio. I messaggi da colpo allo stomaco sortiscono gli stessi effetti delle minacce sui tabacchi.E allora, allegria, quella bella e sana, che non ha bisogno di fumi alcolici né di alterazioni tossiche.
Sarà venerdì 5 giugno, la prima «Notte». E scatterà all’una del mattino all’Art Club di Desenzano. Negli stadi si chiede un minuto di silenzio per una vita persa? Nella «Art» ci sarà il primo minuto di baldoria lucida e senza freni per far vibrare le pareti di uno scatenato inno alla gioia di vivere. Sarà lo start di un lungo cammino. Oggi venerdì alla stessa ora toccherà a un’altra discoteca. Si parte in tour da Brescia e si arriva in tutta Italia, finchè tutte le «disco» si scateneranno in contemporanea. E il primo venerdì di giugno dell’anno prossimo sarà la prima vera «Notte della consapevolezza e della prevenzione». Notte intera in tutti i locali del disco e del divertimento. Allora sì, l’inno sarà lungo e corale, si ripeterà di anno in anno, e magari varcherà pure il confini del Belpaese.
Parrebbe fantasia, ma le condizioni per farla realtà ci sono. Ci sono l’energia di Umberto Napolitano tornato a cantare dopo 20 anni passati a fare altro e gli interessi dei proprietari delle discoteche, stanchi di essere additati artefici dello sballo e della morte. C’è la tenacia dell’Associazione vittime incidenti stradali di Domenico Musicco. Ieri mattina, per spiegare a tutti che si fa sul serio, nella sede del nostro giornale sono arrivati Napolitano, il presidente nazionale di Assointrattenimento Confindustria Luciano Zanchi, il patron dell’Art Club Carlo Tessari meglio noto come Madame Sisi, il regista Alberto Moroni e Gabriele Alfonsetti in sostituzione di Musicco, chiamato a Civitavecchia per la riapertura del processo per un incidente, in cui il giudice aveva inflitto condanne per lesioni gravi ma si era dimenticato di punire l’omicidio colposo.
Dicono che molte discoteche hanno già aderito, e loro sono pronti a girare tutte le 1.800 peninsulari, una settimana dopo l’altra. Sono certi che la «Notte» sarà contagiosa come l’allegria che scatenerà. Si parte dal desenzanese «Art» in onore dalla drag queen Madame Sisi, che tutte le sere lancia messaggi di irriverente divertimento per far capire a chi guida che per tornare a ballare c’è bisogno delle gambe ed è meglio non giocarsele alla roulette dell’asfalto. Per l’esordio ha già pronto il video che scatenerà la baraonda, e altri lo faranno per tutti i venerdì a venire. E nella lunga «Notte» del primo weekend di giugno 2016, il migliore sarà premiato.
«Siamo autorizzati a vendere divertimento, non alcol e droghe, ed è proprio questo che vogliamo fare», scandisce Zanchi. E se c’è qualche gestore che ancora non l’ha capito, prima o poi dovrà metterselo in testa. Si prova a rompere un cerchio durato troppo a lungo. E gli inventori della «Notte» chiamano anche le Forze dell’ordine a collaborare, con una presenza visibile e maggiori controlli, soprattutto dove servono.
Ogni domenica la maggior parte di noi si scambia gli auguri: lo si fa d’abitudine, sinceramente e senza sapere o domandarsi il perché. Domenica è un giorno di festa, di riposo e di preghiera, e questo a noi basta, però non è un peccato saperne un po’ di più sull’argomento, per cui, grazie all’infinito oceano di notizie fra le quali navigare e pescare su internet, visitando specificatamente il Mar di Wikipedia, mi è stato possibile offrirvi quanto segue…
La domenica è il giorno della settimana civile tra il sabato e il lunedì.In Europa e in America latina è considerato l’ultimo giorno della settimana, negli Stati Uniti, in Giappone e in Brasile invece è considerato il primo… Prima dell’avvento del Cristianesimo, questo giorno corrispondeva al dies solis, cioè il “giorno del Sole” in onore della divinità del Sol Invictus. Ancora oggi questa denominazione si è conservata nelle lingue germaniche come nella lingua inglese Sunday, o nella lingua tedesca Sonntag.
Il riposo domenicale non ha un’origine pagana ma cristiana. Il 7 marzo 321 l’imperatore Costantino (che allora era un adepto del Sol Invictus ma si battezzò in punto di morte divenendo alla fine cristiano) stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, dies Solis) doveva essere dedicato al riposo perché la chiesa prima di lui sin dal tempo degli apostoli osservava la domenica. La religione del Sol Invictus restò in auge fino al celebre editto di Tessalonica di Teodosio I del 27 febbraio 380, in cui l’imperatore stabilì che l’unica religione di stato era il Cristianesimo, bandendo e perseguitando ogni altro culto. Per tale ragione, il 3 novembre 383 il dies Solis venne rinominato dies dominicus (Giorno del Signore) e in tale forma è giunto fino a noi.
I cristiani hanno basato l’osservanza della domenica sulla resurrezione di Cristo dopo che i rituali della legge di Mosè vennero aboliti e con essi il riposo sabbatico.
I primi cristiani sin dalle origini, subito dopo la resurrezione di Cristo, hanno celebrato il giorno di domenica abbandonando il sabato in quanto rituale abolito nella nuova alleanza. Il sabato infatti è un rituale abolito nella nuova alleanza e la domenica è una iniziativa cristiana creata nella libertà del vangelo il cui culto è indipendente dalla legge di Mosè. La domenica non è quindi una continuazione o la sostituzione del sabato nella nuova alleanza, ma una iniziativa cristiana che parte da zero, dalla risurrezione di Cristo, indipendente e svincolata dalla legge di Mosè. Il Sabato è inserito nel Decalogo(Esodo 20), legge che non rispecchia esclusivamente il carattere eterno del suo autore, cioè Dio, ma è solo un simbolo della legge che Dio diede a Mosè. La legge eterna di Dio è sparsa per tutta la scrittura e i comandamenti morali più importanti non sono compresi nel decalogo: “ama Dio con tutto il tuo cuore la tua mente e la tua anima e ama il prossimo come te stesso” comandamenti definiti da Gesù Cristo la massima espressione di legge morale sono inseriti nella legge di Mosè ma non dentro il decalogo e non erano dentro l’arca dell’alleanza.
Dentro l’arca non c’erano solo ed esclusivamente i comandamenti morali eterni ma leggi che simboleggiavano l’alleanza tra Dio e gli ebrei. Quando Gesù indica i comandamenti morali più importanti ne cita due che non sono nel decalogo e non erano nell’arca dell’alleanza.
Gesù insegna il rispetto dell’uomo, in quanto la vita viene prima di ogni cosa, ma allo stesso tempo fa capire che il sabato è solo un cerimoniale della legge mosaica di secondaria importanza. Il giorno di riposo giudaico, il Sabato, è stato fatto per dedicarsi a Dio e agli altri solo all’interno della legge che Dio diede agli ebrei. Dio nel giardino dell’Eden non aveva bisogno di un giorno di riposo per gli uomini perché il periodo nel paradiso era un riposo quotidiano a partire dal settimo giorno della creazione in quanto non esisteva il lavoro faticoso maledetto da Dio (Genesi 3,17/18) e vi era sempre comunione con Dio senza bisogno di un riposo ciclico.
Il riposo del sabato è stato dato ai guidei solamente nella legge di Mosè come conseguenza del peccato e della maledizione di Dio sul lavoro che richiedeva riposo dopo l’angoscia di lavorare duramente data come maledizione all’uomonon esisteva il riposo sabbatico prima d dopo il peccato di Adamo. Nel paradiso dell’Eden el peccato di Adamo perché la creatura entrava in comunione con Dio quotidianamente, in un sabato quotidiano a partire dal primo sabato alla creazione senza bisogno del rituale giudaico di riposare ciclicamente ogni sette giorni.
In tutto il NT si capisce che il rituale del riposo del sabato è abolito, ilConcilio di Gerusalemme (Atti 15) il primo grande concilio cristiano, rende inutili le prescrizioni rituali e cerimoniali della legge mosaica per i cristiani, abolendo la circoncisione la quale legava all’osservanza di tutti i rituali dati da Dio agli ebrei.
Bisogna inoltre fare una netta distinzione tra legge scritta da Mosè (Deut. 31: 24-26) e Legge morale divina: l’una mutevole, l’altra eterna. Le grandi leggi morali non sono comprese esclusivamente nei dieci comandamenti: “ama il prossimo tuo come te stesso” e “ama Dio con tutto il cuore” sono l’apice della legge morale e non sono nel decalogo. I dieci comandamenti non rappresentano esclusivamente la legge morale di Dio che è invece sparsa per tutta la sacra scrittura. Il Sabato è un rituale che rientra nel decalogo e verrà abolito nella nuova alleanza insieme agli altri rituali della legge che Dio diede agli ebrei. L’insieme dei dieci comandamenti come gruppo di leggi è abolito nel nuovo testamento ( solo i comandamenti erano incisi sulla pietra e sono ormai un insieme superato secondo l’apostolo Paolo in Corinzi 3,4/11) e le singole leggi del decalogo adesso devono ora essere prese in considerazione una ad una indipendentemente per verificare se sono valide nella nuova alleanza nel sangue di Cristo. Il sabato, che si basa sul non lavorare ogni settima rotazione della circonferenza terrestre attorno al sole, è un comando fisico e rituale che non ha nulla di etico o morale, la sua prescrizione è ritualistica come il comandamento di indossare le frange o circoncidersi.
Il sabato non è un comando universale perché può essere osservato solo sul pianeta terra nella zona della Palestina. Il sabato non esiste oggettivamente ma è un periodo di tempo deciso arbitrariamente dagli uomini avendo stabilito soggettivamente una linea di inizio giorni sulla circonferenza terrestre per cui ad est e ad ovest della Palestina l’identità di questo giorno è puro arbitrio dell’uomo rendendo cosi’ ogni giorno uguale all’altro dal punto di vista di Dio.
Il passaggio dal Sabato alla domenica è avvenuto in quanto il rituale sabbatico è stato abolito e la domenica NON è la continuazione o la sostituzione del riposo del sabato nella nuova alleanza ma una nuova iniziativa cristiana nella libertà di culto della nuova alleanza, un culto che parte da zero e non è più legato alla legge di Mosè.
Oggi riporto una mail che ho ricevuto nella posta personale da David Sievers per conto di Avaaz: riporto il tutto lasciando ogni considerazione e presa di posizione alla coscienza di ognuno. Abbiamo già tanti problemi climatici che minacciano la nostra terra che aggiungerne altri appare masochistico e irreale. Esistono energie alternative, ma la politica dell’oro nero continua a infliggere profonde ferite giornaliere e noi, spesso, rimaniamo spettatori inermi.
Cari avaaziani,
Gli Stati Uniti hanno appena dato a Shell, il gigante del petrolio, il via libera a trivellazioni nell’Artico che mettono a rischio l’intero ecosistema dell’oceano. Ma c’è un modo per fermarli.
Prima di raggiungere l’Artico, le mega navi della Shell devono attraccare a Seattle. E lì c’è una persona che può negare alla Shell l’ultimo permesso di cui ha bisogno: il sindaco ambientalista di Seattle Ed Murray, che ha già vietato alle navi l’accesso al porto. Ma Shell ha praticamente dichiarato che a loro non interessa, e che le navi attraccheranno ugualmente, che la città sia d’accordo o meno.
Ora tocca al Sindaco di Seattle scegliere se cedere alla prepotenza della multinazionale o opporsi con tutte le sue forze a queste trivellazioni nell’Artico. Sappiamo che è dalla nostra parte, ma non gli sarà facile mettersi di traverso a una delle più grandi multinazionali al mondo. Ma gli possiamo dimostrare che il mondo intero è dalla sua parte e dalla parte dei cittadini di Seattle, nel fare tutto quello che serve per dire “Fermiamo Shell!” e le trivellazioni nell’Artico, firma subito:
Gli esperti dicono chiaramente che trivellare nell’Artico è estremamente pericoloso e fin troppo rischioso per l’equilibrio già critico del nostro clima. La Guardia Costiera più vicina dista più di 1500 chilometri, due volte la distanza tra Venezia e Palermo. Se qualcosa andasse storto, cosa che la stessa Shell ha definito probabile, non ci sarebbe letteralmente nessuno in grado di intervenire.
Ma non è finita qui. La cosa ancora più incredibile è che stanno anche pensando di sperimentare un nuovo di tipo di trivellazioni, che secondo gli scienziati è assolutamente incompatibile con la lotta al cambiamento climatico. Che cos’è più importante, i guadagni della Shell o il clima globale? La scelta dovrebbe essere ovvia.
La tensione a Seattle è altissima. Pochi giorni fa, gli ambientalisti locali hanno convinto il sindaco Murray a dichiarare che i permessi già rilasciati alla Shell non bastano. Ma le navi della Shell sono comunque dirette a Seattle, violando apertamente la legge. Murray è sempre stato dalla parte dell’ambiente, ma ora ha la possibilità di agire per milioni di persone in tutto il mondo e impedire alle piattaforme della Shell di devastare l’Artico. Ora dipende da lui: diamogli il sostegno di cui ha bisogno per fare la cosa giusta. Firma ora:
Non si tratta solo di proteggere gli orsi polari e le specie dell’Artico. Qui si tratta di dire chiaramente no alle trivellazioni in uno degli ultimi luoghi incontaminati del pianeta, e di mostrare alla persona che può fermare la Shell che c’è un’intera comunità pronta a sostenerlo. A marzo siamo riusciti a convincere il governo italiano a rallentare con una consultazione pubblica il progetto di trivellazioni nell’Adriatico. Facciamo vedere anche stavolta che siamo pronti a lottare ovunque affinché in tutto il mondo si vada verso il 100% di energie pulite.
Con speranza,
David, Mais, Nataliya, Iain, Alice, Fatima e tutto il Team di Avaaz
Giorni fa gli Stati Uniti hanno dato a Shell il via libera per trivellazioni nell’Artico che metteranno a rischio la vita marina nell’oceano e aggraveranno il cambiamento climatico. Ma una persona può negare alla Shell l’ultimo permesso di cui ha bisogno: il sindaco ambientalista di Seattle Ed Murray. Firma ora per chiedergli di prendere la decisione giusta:
Oggi è il giorno di una delle feste più belle del nostro calendario: la Festa della Mamma. I bambini in questo giorno esprimono l’amore a colei che ha dato loro la vita con piccoli doni per lo più creati dalle loro stesse mani. Famiglie d’Italia vuole rendere onore a questa festa offrendovi la possibilità di ascoltare una delle canzoni più dolci dedicate alle mamme, quella incisa da una giovane e bellissima Anna Identici, ed un post, pescato in rete, edito da digilander.libero.it, che racconta del perché e delle origini della festa. Buona festa a tutte le mamme del mondo.
Le origini della festa della mamma
Una mamma molto festeggiata nell’antichità era Rhea, sposa di Crono e madre degli dei greci.
A causa di una profezia, Crono temeva di essere un giorno spodestato da suo figlio. Per impedire alla profezia di avverarsi, ingoiava tutti i figli che Rhea partoriva.
Questi non morivano, perchè gli dei sono immortali, ma rimanevano imprigionati nelle fauci di Crono.
Disperata e incinta Rhea decise di nascondersi in una caverna del monte Ida nell’isola di Creta, dove dette alla luce in gran segreto Zeus.
Quando tornò da Crono gli portò un fagottino contenente una pietra, che Crono ingoiò pensando fosse suo figlio!
I Greci dedicavano a Rhea un giorno di festeggiamenti ogni anno.
Il culto di Rhea si diffuse anche in Asia minore e tra i Romani, che la chiamarono Cibele.
Cibele era ritenuta la madre di Giove, Giunone, Nettuno, Cerere e Plutone.
Era la personificazione della Madre Terra, protettrice della vegetazione e dell’agricoltura e veniva raffigurata come una matrona seduta in trono fra due leoni.
Nel mese di maggio i Romani dedicavano un’intera settimana di festeggiameni, detta “Floralia”, a Cibele, alla primavera e ai fiori.
Come tutte le feste pagane, esse si fusero con le celebrazioni cristiane e Maria, madre di Gesù, divenne presto un importante oggetto di culto.
La sostituzione del culto di Cibele con il culto della Madonna sembra sia avvenuto fin dalla nascita della chiesa cristiana e non a caso oggi il mese dedicato a Maria è proprio il mese di maggio.
In Inghilterra fin dal 1600 si festeggia il “Mothering Sunday” o domenica della mamma la quarta domenica di Quaresima: è una data che cambia ogni anno, ma cade sempre in marzo.
Le origini del Mothering Sunday sono legate al fatto che a quell’epoca molti appartenenti alle classi più povere lavoravano come servitori per le famiglie ricche e nobili.
Spesso essi vivevano nelle case dei loro padroni: durante il Mothering Sunday avevano un giorno libero per tornare a casa e passare un po’ di tempo con le loro madri.
Spesso si preparava un dolce speciale, chiamato mothering cake.
Nel 1914 gli Stati Uniti istituirono la “Giornata nazionale della mamma” su proposta di Anna M. Jarvis (1864-1948). Anna era molto legata alla madre, un’insegnante della Andrews Methodist Church di Grafton, nel West Virginia.
Quando la madre morì, lasciandola sola con la sorella cieca Elsinore, Anna cominciò a scrivere lettere a persone influenti, come ministri, uomini d’affari e membri del Congresso perchè venisse celebrata una festa nazionale dedicata alle madri, in modo che tutti i figli potessero dimostrare attenzione e affetto alla propria mamma mentre questa era ancora viva.
Grazie ai suoi sforzi, la prima Festa della mamma fu festeggiata a Grafton e l’anno dopo a Filadelfia: era il 10 maggio 1908.
Anna Jarvis scelse come simbolo di questa festa il garofano, fiore preferito dalla madre: rosso per le mamme in vita, bianco per le mamme scomparse.
La campagna di Anna Jarvis e dei suoi sostenitori continuò finchè nel 1911 il Mother’s Day fu celebrato in quasi ogni stato dell’Unione.
Nel 1914 il presidente americano Woodrow Wilson decretò il Mother’s Day festa nazionale, che doveva tenersi ogni anno nella seconda domenica di maggio.
Oltre agli Stati Uniti questa data è stata adottata da Danimarca, Finlandia, Turchia, Australia e Belgio.
In Norvegia viene celebrata la seconda domenica di febbraio, in Argentina la seconda di ottobre; in Francia la festa della mamma cade l’ultima domenica di maggio ed è celebrata come compleanno della famiglia.
In Italia la Festa della mamma si festeggia la seconda domenica di maggio, come negli Stati Uniti.
I simboli di questa festa sono il rosso, il cuore e la rosa, che più di ogni altro fiore rappresenta l’amore e la bellezza e sa testimoniare l’affetto e la riconoscenza dei figli.
Oltre ai fiori anche i cioccolatini e i profumi sono un regalo classico per la Festa della mamma!
Ieri, 22 aprile, come ormai da tempo ogni anno, si è festeggiata ” La giornata della terra “. Spesso, come mia abitudine, preferisco dare risalto ad un avvenimento importante il giorno dopo, e questo per riproporre ulteriormente l’attenzione che spesso, anche solo un giorno dopo, si rivolge ad altre situazioni che non hanno lo stesso valore e importanza di quella appena verificatasi. E questo perché ormai la routine della vita scorre a velocità un tempo immaginabili e la ” memoria ” diventa sempre più labile.
Ritornando all’evento appena trascorso vi ripropongo un post che noi di Famiglie d’Italia pubblicammo il 22 aprile di sei anni fa, nonché un interessante post di ieri editato da Il Post.
Pensate di stare su una nave spaziale che viaggia alla velocità corrispondente di un giro completo della terra ogni 90 minuti. Bello vero? La risposta sta nel fatto che così facendo, chi vive su quell’astronave vive ogni giorno sedici albe e sedici tramonti, un’esperienza unica, irripetibile, emozionante. Questo ci da il senso delle teorie di Albert Einstein, cioè che tutto dipende da dove ci si trova e cosa si sta guardando. L’astronave esiste, è la nostra ISS International Space Station, la Stazione Spaziale.
I tre astronauti che vivono al suo interno, godono di questo privilegio. Oltre a questo, hanno fra i vari compiti, monitorizzare la Terra. L’ambiente della terra sta cambiando in continuazione, anche per effetto dell’inquinamento, nel giorno di commemorazione di Earth, la Terra, la NASA ha aperto gli archivi regalando a tutti immagini incredibili.
Fate che questo giorno abbia significato, le origini della terra sono a noi ignote, è ignoto il perchè noi abbiamo ricevuto in dono questo paradiso, affinché le generazioni future non vivano nell’inferno; rispettiamo la Terra, anche detta Grande Madre, nel senso di origine e vita.
Le parole di un uomo selvaggio che parlò agli uomini privi di spirito
questa lettera è stata scritta nel 1854 dal Capo dei Pellerossa Capriolo Zoppo
[…]Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell’uomo rosso. I morti dell’uomo bianco dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l’aquila sono nostri fratelli. Le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l’uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia.
Ieri si è festeggiata la Giornata della Terra (Earth Day in inglese), la più grande manifestazione del pianeta dedicata ai temi della protezione dell’ambiente. Google ha dedicato alla Giornata della Terra un quiz. La Giornata fu indetta dalle Nazioni Unite dopo che nel 1970 un movimento ecologista negli Stati Uniti aveva deciso di fissarla per il 22 aprile. Si tratta di un momento celebrativo, ma anche educativo e informativo durante il quale i gruppi ecologisti di 192 paesi valutano le problematiche ambientali e propongono delle soluzioni.
L’idea di creare la Giornata della Terra venne per la prima volta negli Stati Uniti al senatore democratico Gaylord Nelson che pensò, negli anni Sessanta, di organizzare una serie di incontri e conferenze dedicate all’ambiente: ci riuscì, coinvolgendo anche molti importanti politici americani. Nel 1969 – quando tra gennaio e febbraio a Santa Barbara, in California, si verificò uno dei più gravi disastri ambientali degli Stati Uniti causato dalla fuoriuscita di petrolio da un pozzo della Union Oil – il senatore Nelson decise di occuparsi in modo più sistematico di questioni ambientali per portarle all’attenzione di più persone possibili, ispirandosi alla forza dei movimenti di protesta contro la guerra del Vietnam.
Il 22 aprile del 1970, milioni di cittadini americani, varie organizzazioni che fino a quel momento si erano occupate di specifiche battaglie, migliaia di college e università aderirono a una grande manifestazione in tutti gli Stati Uniti dedicata alla salvaguardia del pianeta, una sorta di prima Giornata della Terra. Contemporaneamente venne creato l’Earth Day Network (EDN), un’organizzazione prima nazionale e poi internazionale per coordinare le diverse iniziative dedicate all’ambiente durante tutto l’anno (attualmente ne fanno parte oltre 22 mila movimenti e associazioni di 192 paesi).
Il 26 febbraio del 1971, l’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Maha Thray Sithu U Thant, ufficializzò la partecipazione dell’organizzazione alla celebrazione annuale dell’Earth Day. La Giornata della Terra contribuì in modo determinante allo svolgimento di iniziative ambientali in tutto il mondo che, nel 1992, portarono all’organizzazione a Rio de Janeiro del cosiddetto Summit della Terra (la Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle Nazioni Unite), la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente a cui parteciparono 172 paesi.
La Giornata della Terra 2015 – che è alla sua quarantacinquesima edizione – ha già raccolto più di 1,1 miliardi di azioni ambientaliste e impegni sottoscritti da cittadini di tutto il mondo. Il primo obiettivo di quest’anno sarà quello di piantare un miliardo di alberi o semi. In Italia, sono stati organizzati diversi eventi, che si possono trovare qui.
Carissimi amici, da una vita ormai vi parlo di Muscolo di Grano e delle sue infinite qualità. E’ con orgoglio che oggi vi propongo un articolo appena pubblicato da Il Sole 24 Ore food e firmato da Donata Marrazzo. Non ho altro da aggiungere se non invitarvi a leggere il post e ad andare a visitare il sito di Muscolo di Grano.
SUCCULENTA E SAPORITA, MA NON E’ CARNE. ECCO LA BISTECCA DI GRANO.
Non è tofu, non è seitan, non è tempeh: somiglia alla carne, ne ha il colore e la consistenza, compresa pelle, muscoli e cotenne, ma è un prodotto completamente vegetale. Biologico e italiano. E’ opera di un calabrese di Isca Marina (provincia di Catanzaro) che anni fa dovette trovare un’alternativa salutista a salsicce e bistecche, dopo una diagnosi di diabete mellito (accompagnato da ipertensione). Negli anni Enzo Marascio ha affinato una ricetta rivoluzionaria, quella del Muscolo di grano.
Frumento e lenticchie, la ricetta del Muscolo di grano
Si ottiene mixando in un recipiente la farina di frumento (Senatore Cappelli) e quella di legumi (prevalentemente lenticchie) per migliorare il prodotto dal punto di vista nutrizionale e aggiungendo una miscela di acqua e olio. Si amalgama il tutto fino a creare un composto che lentamente cambia colore e modifica la consistenza. Si profuma con erbette e rosmarino. Poi l’impasto riposa. Dosaggio degli ingredienti, tempi, lavorazione: «Non c’è nulla di segreto – precisa Marascio – è un procedimento del tutto personale con cui realizzo rollé, prosciutti, bistecche, anche nduja e soppressate». Perché a seconda della carne vegetale da produrre, il commercialista di Isca Marina cambia la struttura del suo impasto. E con l’aggiunta delle spezie rinnova il sapore.
Dalla Calabria a Expo per combattere la fame nel mondo
Fra qualche settimana il Muscolo di grano sarà in mostra a Expo 2015, per rappresentare la Calabria insieme a tutte le rinomate eccellenze della regione. E offrirà molti spunti di riflessione: la coltivazione del grano di taglia ridotta (“nanizzato”) e le sue mutazioni genetiche, l’alimentazione vegana e vegetariana, il problema della diffusione della celiachia, quello della fame del mondo. Enzo Marascio, in realtà, intende dare davvero con il suo prodotto un contributo per combattere la fame nel mondo. Farlo diventare il cibo del futuro (è privo di colesterolo e ha un alto contenuto di fibre e proteine). A costi bassissimi: le materie prime per produrre 1 kg di carne da agricoltura costa meno di 1 euro. L’imprenditore calabrese è pronto a consegnare il suo brevetto alla Fao, con cui ha già contatti.
L’attitudine zen di un vegano integrale
Vegano integrale, con un’attitudine vagamente zen, Enzo Marascio ha cresciuto con grano e legumi tutta la sua famiglia: «Dobbiamo avere più rispetto per la natura, comprendere che la mucca ci serve per il latte, la gallina per le uova, il melo per le mele». Così la scelta di eliminare la carne dalla sua tavola ha raggiunto motivazioni etiche. Oggi la figlia è crudista, il figlio e la moglie vegetariani. «Tutto è iniziato quando i bambini andavano a scuola: ero contrario alle merendine consumate durante la ricreazione o ai pasti della mensa. Con le mie patologie sapevo quali fossero i rischi. Ma non volevo che i miei figli si sentissero discriminati. Così cercavo di rendere le mie frittelle vegetali sempre più saporite e simili nell’aspetto al pollo che consumavano abitualmente i compagni di classe. Com’è finita? Che gli altri bambini mangiavano le frittelle dei miei figli, e così ho cominciato ad aumentare le dosi».
Vip tra i consumatori vegani e vegetariani
Nel piccolo laboratorio calabrese, Marascio prepara il suo Muscolo di grano per la sua famiglia e una clientela selezionata. Tra i consumatori molti vip (Jovanotti, Fiorello, Lorella Cuccarini, Marco Columbro), compreso Marco Bianchi, il giovane “chef ricercatore” della Fondazione Veronesi. Perfino Bill Gates, impegnato da anni in progetti contro la fame nel mondo e tra gli investitori di Beyond Meat, società che produce derivati della soia (carni sintetiche e proteine vegetali), conosce il muscolo vegetale made in Italy. «Cinque anni fa a Londra – racconta Enzo – due cuochi lo prepararono per Paul McCartney». Ma oggi incentivare la produzione significherebbe avere più grano a disposizione, prenotarlo con anticipo. L’industria alimentare manifesta interesse. Ma Marascio non è precipitoso.
A Minneapolis la prima macelleria vegana
Nel mondo aumenta ovunque il consumo di carne vegetale: in Italia vegani e vegetariani sono circa 4 milioni (dati Eurispes). Spesso in cucina trovano ispirazione nelle tradizioni asiatiche: mangiano tofu, che è un derivato della soia, il seitan, prodotto con la farina integrale di grano tenero, il tempeh che si ottiene con la fermentazione dei fagioli di soia cotti. A Minneapolis due fratelli, grazie al crowdfunding, hanno aperto la prima macelleria vegana: salsicce, filetti e pancetta “free meat”, da agricoltura a km0, accompagnati da sciroppo d’acero, salsa di soia, polvere di barbabietola e di cipolla, nettare di agave e mirin. Hanno motivazioni forti: «Lo sfruttamento agricolo e le emissioni di gas serra, la deforestazione, l’ inquinamento, lo smodato consumo idrico, di suolo e di carburante, l’ utilizzo di fertilizzanti e di mangimi». E la volontà di risparmiare maltrattamenti a miliardi di animali.
Il progetto Tamanduà nasce nel 2005 dal fermento creativo del chitarrista Pino Arborea. Grazie alle sue doti di arrangiatore,si diverte a rielaborare alcuni fra i più significativi brani della grande cultura musicale brasiliana ed a “tagliarli e cucirli” su misura per le tre voci femminili di Anna Maria Giglitto, Selenia Greco ed Elena Guarducci.
La capacità espressiva della vocalità delle tre cantanti , riesce a valorizzare la sempre attuale bellezza di questi brani, rendendoli eleganti ed elaborati, pur sempre regalando una connotazione fresca ed assai piacevole da ascoltare.
Le tre voci si intrecciano creando una trama di linee melodiche dalle quali scaturisce una sonorità avvolgente che vede l’alternarsi di momenti melodici e ritmici.
Lo scopo di questo progetto è quello di rendere partecipe il pubblico della magia di una musica e di una poesia che hanno fatto storia.
Pino Arborea: Da anni ormai è stato “rapito”dalle soavità risolutive ed armoniche della musica brasiliana,anche se dire “musica brasiliana” è sicuramente troppo generico data l’enorme estensione geografica di questo Paese e la diversificazione del proprio folklore,anche per quel che riguarda le espressioni musicali. In particolare ama suonare,cantare ed arrangiare brani di bossa nova ,samba ed altri ritmi quali frevo,baiao…etc… Ha collaborato musicalmente con artisti quali Bruno Lauzi, Riccardo del Turco, Renato Sellani ed altri. Ha partecipato,nel 2006 ad Umbria Jazz Winter,raccogliendo un caloroso successo. Attualmente riscuote molteplici consensi nei suoi concerti,rielaborando le melodie che hanno fatto conoscere il Brasile in una veste raffinata e colta.
In calce il link Tamanduà – Progetto, aprendo il quale potrete attingere ulteriori informazioni. Quello che mi sento di anticipare è che in fase di realizzazione il brano ” Amnesty “, canzone dedicata alla pace e che vi presenterò al più presto.
Cari amici, nell’augurare a tutti Buona Pasqua, dopo il mio solito viaggetto su Google, ho deciso di copiare ed incollare per voi le notizie più interessanti relative a ” perché e come ” si festeggia la Pasqua in Italia e nel mondo. Mentre il Natale di solito lo si trascorre in casa con i propri cari, a Pasqua, se è possibile, si cerca di evadere per qualche giorno dal tran tran quotidiano con escursioni che anticipano in qualche modo gli esodi estivi. Anche noi di Famiglie d’Italia ci prenderemo un paio di giorni di vacanza come da tradizione che ci tramanda un detto tanto caro a tutti: Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi!
Il perchè della Pasqua ( fonte Wichipedia )
La Pasqua è la principale festività del cristianesimo. Essa celebra la risurrezione di Gesù che, secondo le Scritture, è avvenuta nel terzo giorno successivo alla sua morte in croce. La data della Pasqua, variabile di anno in anno secondo i cicli lunari, determina anche la cadenza di altre celebrazioni e tempi liturgici, come la Quaresima e la Pentecoste.
La Pasqua ebraica, chiamata Pesach, celebra la liberazione degli Ebreidall’Egitto grazie a Mosè.
La parola ebraicapesach significa “passare oltre”, “tralasciare”, e deriva dal racconto della Decima Piaga, nella quale l’Angelo sterminatore vide il sangue dell’agnello del Pesach sulle porte delle case di Israele e “passò oltre”, colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone. In questo modo Israele è passato da una condizione di schiavitù (sotto gli egiziani) ad una libertà con Dio verso la terra promessa.
La Pasqua con il Cristianesimo ha perso il suo significato originario, venendo a connotare un “passaggio”, ovvero:
il passaggio a vita nuova per i cristiani (in particolare per quelli che, nella Veglia Pasquale, ricevono il battesimo).
Perciò, la Pasqua cristiana è detta Pasqua di risurrezione, mentre quella ebraica è Pasqua di liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
Pasqua nel mondo: come si festeggia
( Fonte UniversiNet.it ) Va detto che, tra le tante tradizioni, quella dell’ uovo (da mangiare o da dipingere) si ritrova un po’ in tutte le Nazioni, probabilmente perché l’ uovo simboleggia la fecondità e la speranza per il futuro.
Nonostante questa tradizione abbia origini antichissime, fu solo a partire dal XVI secolo che nacque l’usanza di nascondere una sorpresa nell’ uovo. In Germania, così come in in Svizzera, di dice che le uova vengano nascoste da un coniglietto (simbolo della nuova vita che ritorna ogni primavera) e il giorno di Pasqua i bambini si divertono in una sorta di caccia al tesoro che culmina nel ritrovamento delle uova. Il pranzo pasquale tedesco è a base di agnello e la sera di di Pasqua nelle campagne vengono accesi dei fuochi che simboleggiano la fine dell’ inverno e l’ inizio della primavera.
In Russia la tradizione pasquale esige che le uova sode vengano colorate di rosso e nella tradizione ortodossa viene preparato il Kulitch, un panettone accompagnato da ricotta dolce.
In Inghilterra, invece, la Pasqua viene festeggiata mangiando gli Hot cross buns, piccole ciambelle.
Molto prima di Pasqua i bambini finlandesi piantano dei semi in piccoli vasi e secondo la tradizione, la notte tra il venerdì e la domenica di Pasqua le streghe escono dai loro nascondigli e volano in cielo (una sorta di Halloween finlandese!).
Mentre in Grecia la Pasqua è considerata come la festa più importante dell’ anno ed è celebrata con un pranzo a base di riso alla greca e suopa mayeritsa, in Francia ai bambini viene detto che il venerdì che precede la Pasqua le campane non suonano poiché sono volate verso Roma. Sempre in Francia la tradizione vuole che in passato l’ uovo più grosso deposto dalle galline durante la Settimana Santa spettasse al re.
In questi giorni di festa, in Olanda e in Danimarca domina il colore giallo: gli olandesi mettono in casa dei fiori gialli, mentre i danesi apparecchiano la tavola con un tovaglia e delle candele di questo colore. In Italia, al di là delle consuete celebrazione religiose, nel periodo pasquale si è soliti mangiare un dolce a forma di colomba, simbolo di pace. Questo dolce fu creato nel 750 a.C da un pasticcere di Pavia che lo diede poi in dono ad Alboino, re dei Longobardi.
Tra i dolci pasquali del nostro Paese ricordiamo anche la Pastiera napoletana, i Pardulas sardi , la Schiacciata di Livorno e la Cassata siciliana.
Ho voluto dedicare questo post, visto il continuato stato ” poco serio ” tenuto da coloro che in modo regolare abitano il nostro Parlamento, dopo una breve ricerca sul web, al 1° Aprile per fornirvi alcune notizie storiche circa alle origini del famoso e famigerato ( in modo simpatico ) ” Pesce d’Aprile “.
Le origini della festa del pesce d’aprile, che si tramanda da secoli, in molti paesi del mondo, sono incerte.
Non si conosce esattamente il periodo in cui ebbe inizio, né per opera di chi. Gli studiosi di tradizioni popolari forniscono diverse versioni – basate più su congetture teoriche che su dati scientificamente provati – che avvolgono la nascita di questa tradizione in un alone di mistero.
L’ipotesi più accreditata negli ambienti accademici fa risalire l’origine del pesce d’aprile ad un periodo antecedente al 154 A.C., quando il primo aprile segnava l’inizio dell’anno. Più tardi, la Chiesa soppresse la festa stabilendo l’inizio dell’anno il primo di gennaio. La vecchia tradizione continuò comunque a sopravvivere tra i pagani che per questo venivano derisi e scherniti.
Un’altra ipotesi, abbastanza diffusa, si rifà invece al rito pagano, legato all’antico calendario giuliano, quando il primo di aprile segnava l’inizio del solstizio di primavera. Terminato l’inverno, l’avvento della stagione primaverile segnava il rinnovamento della terra e della vita. In questa occasione, tra il 25 di marzo e il primo di aprile, si usava propiziare gli dèi offrendo doni e facendo sacrifici in loro onore. La festa era anche occasione per esprimersi in massima libertà con lazzi, burle e buffonerie.
Con l’avvento del Cristianesimo, nell’Impero Romano feste di questo tipo furono sostituite con altre festività religiose al fine di far scomparire per sempre gli usi e le tradizioni pagane. Questo fu il destino che toccò anche alla festa del primo di aprile, rimpiazzata da quella della Pasqua. Le persone che, nonostante ciò, si ostinavano a festeggiare il vecchio rito pagano venivano ridicolizzate e fatte oggetto di scherzi e burle di ogni tipo.
Entrambe le ipotesi, comunque, confermano la matrice pagana e buffonesca della festa, che continua tutt’oggi, seppur con sfumature diverse, a restare viva in gran parte del mondo.
Quante beffe vengono giocate il giorno del primo aprile! Proviamo a ripercorrere quelle più celebri, che hanno lasciato una traccia nella storia.
Il volo d’uccello a Firenze
La bravata più antica di cui si ha notizia è quella del maestroBuoncompagno da Firenze. Sul finire delXIII secolo questo simpatico personaggio fa sapere al popolo bolognese che il primo aprile avrebbe sorvolato la città usando un congegno di sua invenzione. Tra la popolazione la curiosità è tanta e tutti, nel giorno stabilito, si recano al Monte di Santa Maria per assistere allo strepitoso spettacolo. Puntuale, Buoncompagno si presenta all’appuntamento con un paio di enormi ali ma… un improvviso vento sfavorevole impedisce il volo! Quella che doveva essere una simulazione del volo d’uccello in realtà era un goliardico pesce d’aprile.
La cremazione del mahrajà
Nel marzo 1878 la Gazzetta d’Italia annuncia un’altra strana notizia. Il primo aprile, nel parco delle Cascine, i fiorentini avrebbero potuto assistere alla cremazione di un mahrajà indiano. La curiosità per una cerimonia del tutto sconosciuta in quell’epoca attira una grande folla. Inizia l’attesa, passano le ore ma non arriva nessun carro funebre con la salma dell’indiano da cremare. Poi, all’improvviso, tra i cespugli, si fa strada un gruppo di ragazzi che gridano: “Pesci d’Arno fritti!”. Fortunato l’indiano, che non era morto, e beffati i fiorentini che, come raccontano le cronache dell’epoca, si allontanano ammutoliti… facendo gli indiani.
Lo sbarco dei marziani
Lo scherzo più difficile, ma anche uno tra i più riusciti, è quello diOrson Welles. Per il primo aprile 1938 il celebre regista americano progetta uno speciale programma radiofonico. A causa di problemi tecnici, però, non è possibile mandarlo in onda. Ma Welles non si arrende e qualche mese dopo, più precisamente il 30 ottobre, finalmente la radio trasmette “La Guerra dei Mondi”: radiocronaca dello sbarco dei marziani. Tra la popolazione è subito panico generalizzato. I centralini radiofonici delle stazioni di polizia e dei giornali vengono invasi da centinaia di telefonate: gli americani vogliono capire cosa stia succedendo. Qualcuno tira fuori la maschera antigas della prima guerra mondiale, tutti scappano terrorizzati nelle strade, prendendo d’assalto autobus e treni. C’è persino chi afferma di averli visti davvero quei marziani. La cronaca della radio, che già all’epoca era considerata – soprattutto tra le masse – un medium di massima fiducia, si trasformatava in una realtà da incubo. L’indomani torna finalmente la calma, ma per le strade si contano danni per milioni di dollari. Il giorno prima non era stato il primo aprile, ma ugualmente il programma di Orson Welles era stata una bella beffa per gli americani.
Gli alberi di spaghetti
Altre tre grandi burle arrivano direttamente dalla Gran Bretagna, dove il quotidiano The Guardian e la tv pubblica BBC, si sono divertiti a comunicare notizie incredibili. La BBC nel 1957, proprio il primo aprile, ha trasmesso un reportage verosimile sulla raccolta degli spaghettiin Svizzera. Ha raccontato cioè che si stavano potando degli alberi che producevano questo tipo di pasta. Qualche anno più tardi, nel 1965, annunciò invece dei test per una nuova tecnologia: Smell-o-vision, che permetteva di trasmettere odori attraverso le onde dell’aria. In tutti e due i casi tanti telespettatori hanno chiamato per saperne di più. Il quotiano The Guardian invece il primo aprile del 1977 ha dedicato qualche pagina alla descrizione dettagliata dell’isola di San Serriffe, peccato che questo stato non esistesse.
Le beffe di Google
Il celebre motore di ricerca Google, non è da meno in quanto a scherzi. Per ben due volte ha gabbato per bene gli utenti di mezzo mondo. Una volta, nel 2007, ha lanciato Google TiSp, una connessione gratuita ad internet che prevedeva l’acquisto di un kit con modem e cavo da inserire nel wc di casa. Tutto supportato da un sito internet. Di recente poi, nel 2008, ha annunciato l’apertura delle iscrizioni per aspiranti astronauti che avessero voluto trascorrere il resto dei giorni su Marte. Una vera e propria ricerca di personale che non è passata di certo inosservata!
Lunedi 23 marzo 2015, alle ore 15.30 presso il Palazzo Bastogi – Sala delle Feste di Firenze, si svolgerà il convegno “EnoAgriArt Italia – Le Eccellenze Agroalimentari Identitarie per la Valorizzazione del Territorio”. Un prestigioso incontro in virtù della rassegna Internazionale FloraFirenze 2015 che si svolgerà dal 30 aprile all’11 maggio dalla ore 8.30 alle ore 18.30 al Parco delle Cascine. FloraFirenze è la prima esposizione di floricoltura organizzata a Firenze dove il made in Italy è protagonista della qualità del prodotto e del design, dove si espone il meglio del mondo di piante e fiori, in quella che da sempre è la capitale della cultura mondiale. Una passeggiata attraverso le eccellenze del florovivaismo italiano. Dopo i saluti istituzionali del consigliere Gianluca Lanzeri – Segretario Questore Consiglio Regionale Toscana, relazioneranno il Presidente di FloraFirenze Giorgio Ricchetti, il Presidente dell’Accademia delle Imprese Europea Giuseppe Ariobazzani e Umberto Napolitano – Ambasciatore nel Mondo delle Eccellenze Made in Italy – Accademia delle Imprese Europea. Il marketing territoriale è lo strumento che analizza, pianifica e promuove il territorio, attraverso l’implementazione di programmi per la valorizzazione delle risorse locali. E’ lo strumento che mette a sistema l’insieme delle attività che il territorio, tramite i suoi rappresentanti, pone in essere, per fronteggiare la concorrenza e la sfida competitiva delle altre località. L’analisi finalizzata all’inquadramento territoriale rappresenta il background di riferimento di tutto il progetto in quanto fornisce una chiave di lettura completa ed articolata delle potenzialità del territorio stesso funzionali alla sua promozione. Lo studio delle valorizzazioni di base di un territorio e delle micropotenzialità, quasi sempre sommerse, rende all’esterno un’interfaccia diversa in termini di promozione e valorizzazione dell’intero territorio. Il marketing territoriale si pone quindi come “l’insieme degli strumenti per le promozioni del prodotto del territorio” attraverso una comunicazione capace di valorizzarne le potenzialità di sviluppo e le caratteristiche socio-economiche e ambientali e di incentivare l’imprenditorialità locale, nazionale ed estera. In quest’ottica, l’Accademia delle Imprese Europea e Flora Firenze 2015, hanno trovato delle intese programmatiche al fine di delineare le linee guida per il progetto di Marketing Territoriale Esterno a respiro nazionale ed internazionale denominato “ENOAGRIART ITALIA”. Il progetto di si pone quale strumento per gli Enti Locali, attori principali dello sviluppo locale, nell’ambito di una progettualità concreta di azioni che puntano a sviluppare i Territori partendo dal territorio stesso, dalle imprese e dai prodotti di eccellenza con l’obiettivo di aprire canali commerciali e turistici in ambito Nazionale ed Estero. Le azioni mirano a promuovere il territorio, le sue eccellenze e le professionalità, mediante interventi finalizzati alla valorizzazione del patrimonio culturale, ambientale ed artigianale, puntando sulla netta convinzione che lo sviluppo del territorio debba necessariamente partire dal territorio stesso, sviluppando e promuovendo ciò che esso offre. Gli sviluppi futuri riguardano prodotti fieristici in stretta connessione con le vocazioni produttive di eccellenza che puntino a una ribalta internazionale contando su una location di grande impatto scenografico e da una collocazione di grande fascino, quale Flora Firenze 2015. Tramite un’attenta strategia di marketing territoriale affiancata ad un’azione precisa e concreta degli attori principali, si intende portare al di fuori le bellezze naturali e i prodotti d’eccellenza, esaltando e coinvolgendo le maestranze locali ad organizzarsi in azioni di produzione ed accoglienza dei turisti e aprendo la microeconomia verso l’esterno. Sostanzialmente la filosofia del progetto si focalizza, in ambito progettuale, su un unico intento cioè quello di dare una progettualità concreta ed efficace per la comunicazione dei territori attraverso le proprie peculiarità sia esse a carattere gastronomico, artigianale, ambientale, culturale, folkloristico, religioso ecc. fornendo gli strumenti necessari, al fine di poter rendere un territorio un unico “prodotto integrato” capace di essere concorrenziale sul mercato e soprattutto di renderlo attrattore verso l’esterno con conseguente sviluppo della propria microeconomia.
Ancora un altro successo ottenuto dall’Accademia delle imprese Europea che, durante larassegna Internazionale Flora Firenze 2015, prevista dall’1 all’11 maggio 2015, è stata incaricata dalla Società omonima di rappresentare, nel Parco delle Cascine di Firenze, il settore agroalimentare e delle eccellenze territoriali del Made in Italy. Guidata dal vulcanico presidente Giuseppe Ariobazzani, l’Accademia ha realizzato il progetto “EnoAgriArt Italia” che si pone quale strumento per gli Enti Locali, attori principali dello sviluppo locale, nell’ambito di una progettualità concreta di azioni che mirano a proiettare il prodotto territoriale al di fuori dei confini regionali e nazionali, consolidando e sviluppando l’economia del territorio stesso. All’interno del Flora Firenze 2015 verrà realizzato il Parco delle Identità Territoriali. Nel Parco ci sarà spazio per 3 diverse macroaree: l’area “FOOD VILLAGE” per l’esposizione, la promozione e la vendita dei prodotti identitari, l’area “FOOD EXPRESS” per la degustazione enogastronomica con laboratori del gusto, l’area “FOOD TOURIST” con itinerari enogastronomici per la promozione del patrimonio ambientale e culturale.All’interno della manifestazione verranno organizzati convegni e talk-show tematici, oltre a degustazioni guidate dei prodotti. Sarà allestita, inoltre, un’area relativa alla consulenza e all’informazione De.C.O.(Denominazione Comunale di Origine) delle produzioni identitarie. Saranno attrezzate delle aree per seminari relativi al marketing territoriale ed alla valorizzazione dei prodotti. E’ prevista la selezione dei prodotti con maggiore “business capacity” per costituire il “paniere delle eccellenze”, da inserire in un contesto di commercializzazione internazionale attraverso degli strumenti creati ad hoc per l’individuazione e la penetrazione di mercati esteri di interesse. Saranno allestiti stand per l’esposizione e la degustazione dei prodotti, sfruttando le aree di camminamento presenti all’interno del parco, mentre l’area centrale (area picnic) sarà allestita con strutture idonee ad ospitare degli eventi a tema e delle conferenze inerenti lo sviluppo e la rivitalizzazione dei territori. Una zona sarà dedicata ai vecchi mestieri, cioè a tutte le maestranze del segmento artigianale nazionale, dando così vita ad un “villaggio dei vecchi mestieri” dove il pubblico potrà ammirare le variegate tipologie di maestranze artigianali italiane. La società Flora Firenze, inoltre, afferma con grande soddisfazione il presidente Giuseppe Ariobazzani, ci ha incaricato di individuare e selezionare le aziende florovivaistiche della Calabria e della Sicilia da coinvolgere all’evento “Flora Firenze 2015”. Nel Parco delle Cascine di Firenze, sarà realizzato il Museo Internazionale delle Identità Territoriali permanente.
Che il fumo faccia male al corpo è ormai risaputo: apparato respiratorio e cuore ne sono le prime vittime. Ma che causasse anche danni reversibili al nostro cervello arriva forse come una notizia aggiuntiva da essere presa in considerazione da chi abbia ancora qualche dubbio in proposito. Allo Stato poco importa della nostra salute. Stupidamente pensa all’uovo di oggi, cioè ai congrui introiti fiscali generati dal fumo e non considera la gallina di domani, rappresentata da quanto risparmierebbe con dei cittadini in salute migliore. Ma se la nostra salute migliorasse, ci rimetterebbero le grandi case farmaceutiche e tutti gli intrallazzi che ne deriverebbero a livello mediazioni e bustarelle varie. Siamo in un vortice dal quale è difficile uscire contando su aiuti esterni: deve aiutarci la nostra intelligenza. Per capire che sia meglio smettere di fumare non servono ne scritte allarmanti ne rimedi palliativi: bastano la nostra fermezza e un po’ di buona volontà. Il fumo dà solo un assuefazione psicologica e non fisica, ma questi in pochi ve lo dicono. Io lo affermo per esperienza diretta, dato che ho smesso di fumare tanti anni fa con un pacchetto di sigarette posato sul comodino accanto al mio letto. Ho considerato che il fumo dipendesse da un atto soprattutto visivo, dato che la notte, al buio, non sentivo il bisogno di svegliarmi ed accendermi una sigaretta. Mi è bastato passare due giorni al buio, un sabato e una domenica, chiuso in casa mia per non accendere senza fatica nemmeno un mozzicone. Il lunedì sono andato a lavorare e non soffrivo di nessuna crisi di astinenza fisica: era l’atto che mi mancava! Ma ho tenuto duro solo per un paio di giorni e poi … non ci ho pensato più, e di anni da allora ne sono passati parecchi!
Che il fumo della sigaretta non faccia bene alla nostra salute ne alla salute di chi ci circonda non è di certo una novità, ma ciò che vi stiamo per annunciarvi forse lo è.
Secondo uno studio condotto da un gruppo di studiosi e pubblicato poi sul Nature Journal Molecular Psychiatry il fumo provocherebbe danni reversibili al nostro cervello. Tra i tanti effetti negativi del fumo ci sarebbe anche l’assottigliamento dello strato più esterno della materia grigia cerebrale, che anche nel caso in cui si smetta di fumare per poterlo recuperare si impiegheranno diversi anni. Lo studio è stato condotto su oltre 500 persone di età superiore ai 70 anni, dei quali almeno 36 erano fumatori, 223 ex fumatori ed il resto non fumatori.
Tutti i soggetti interessati si sono sottoposti ad una risonanza magnetica dalla quale è emerso che i parametri cerebrali come ad esempio la memoria e la flessibilità cognitiva presentavano delle enormi differenze tra coloro che non avevano mai fumato in vita loro ed i fumatori abituali. Per quelli che invece avevano smesso di fumare nel corso della loro esistenza, il loro cervello aveva impiegato circa 25 anni per recuperare. «L’analisi degli esami ha rivelato che i fumatori hanno in generale una corteccia più sottile di chi non ha mai fumato.Per chi ha smesso invece, che in media aveva fumato un pacchetto al giorno per 30 anni, sono serviti almeno 25 anni per annullare le differenze in spessore con chi non ha mai fumato» hanno dichiarato gli autori della ricerca.
Le ore necessarie ad ogni fisico per un corretto vivere spesso non vengono considerate nel modo adeguato: nel post che riportiamo sotto, da noi pescato nel web, pubblicato da VNews24 – La notizia è giovane, e a voi riproposto, offre una tabella consigliata che troviamo interessante leggere e confrontare con le nostre normali abitudini per trarne le giuste considerazioni.
Dormire, ecco le ore consigliate ad ogni età
Dormire è sicuramente un’attività fondamentale e farlo per il giusto numero di ore è fondamentale per poter godere di buona salute. Ma quanto deve durate il sonno con precisione? Lo spiega una tabella pubblicata da National Sleep Foundation, un ente no profit che negli Usa si occupa della promozione del sonno nell’ambito di un corretto stile di vita. La durata per ogni fascia d’età è possibile visualizzarla sulla rivista Sleep Healt.
Vi riportiamo di seguito quante ore è necessario dormire per ogni fascia d’età e le distinguiamo in quantità di riposo raccomandato, appropriato e non raccomandato.
Neonati 0-3 mesi – Per loro è raccomandato dormire dalle 14 alle 17 ore, appropriato dalle 11 alle 13 ore e fino a 18-19 ore. Non è assolutamente raccomandabile che dormano meno di 11 o più di 19 ore.
Dai 4 agli 11 mesi – Raccomandate dalle 12 alle 15 ore di sonno, mentre sarebbe appropriato dormire almeno 10-11 ore o 16-18. Non è raccomandato il sonno per meno di 10 o più di 18 ore.
Bambini 1-2 anni – Raccomandato un sonno che dura dalle 11 alle 14 ore, appropriato 9-10 e fino a 15-16 ore. Non è raccomandabile farli dormire meno di 9 o più di 16 ore.
Bambini 3-5 anni – Raccomandate 10-13 ore, appropriate 8-9 ore fino a 14. Non raccomandate meno di 8 o più di 14 ore.
Bambini 6-13 anni – E’ raccomandato un sonno di 9-11 ore, appropriato per 7-8 ore fino a 12. Assolutamente non raccomandato per meno di 7 e più di 12 ore.
Ragazzi 14-17 anni – Per loro è raccomandato dormire 8-10 ore, mentre sono appropriate 7 ore fino a 11. Non raccomandato per meno di 7 e più di 11 ore.
18-25 anni – Sono raccomandate 7-9 ore, appropriate 6 fino a 10-11. Non raccomandate meno di 6 e più di 11 ore.
26-64 anni – Il sonno raccomandato deve durare 7-9 ore, appropriato dalle 6 fino alle 10. Non raccomandato dormire meno di 6 o più di 10 ire.
65 anni e oltre – Raccomandato un sonno di 7-8 ore, ma è anche appropriato per 5-6 fino a 9. Non raccomandato riposare per meno di 5 e più di 9 ore.
E’ con vero piacere e con un pizzico di orgoglio che riporto l’articolo, scritto da Alessandra Giulivo, che mi vede protagonista, non tanto per la mia carriera di artista della musica leggera, quanto per l’impegno con il quale da anni mi sto adoperando per evidenziare l’importanza, specialmente nell’agroalimentare, di tutte le piccole e medie imprese italiane che, anche se con fatica ed enormi sacrifici, continuano a produrre ed a proporsi con chiarezza e qualità sul mercato nazionale ed internazionale. Sono il fiore all’occhiello del nostro Made in Italy e l’idea di vederle compattarsi in un’azione comune e penetrante, grazie alle iniziative dell’Accademia delle Imprese Europea e del suo presidente e ideatore Giuseppe Ariobazzani, mi gratifica e mi fa ben sperare per il futuro.
Umberto Napolitano nuovo testimonial dell’Accademia Delle Imprese Europea( fonte:– Il Dispaccio )
Umberto Napolitano, il grande cantante italiano è il nuovo testimonial delle Imprese Europea. Protagonista degli anni ’60, ’70 e ’80, grazie a molti successi, tra i quali Ora il disco va, Oggi settembre 26 (Gondola d’oro di Venezia 76) Con te ci sto (Sanremo 1977), Come ti chiami, Hey Musino, Amiamoci (Festival bar 1978), Bimba mia (Sanremo 1979), Cantando e fischiettando (1980), Mille volte ti amo (Sanremo 1981) e Un’estate d’amore (1983), ha scritto anche per molti artisti come Antoine, Rita Pavone, Loredana Bertè, Mia Martini, Wess, Doriy Ghezzi, i Nomadi, i Ricchi e Poveri, i Nuovi Angeli. Una storia artistica ricca di successi ma anche di grandi battaglie all’insegna della coerenza e della sua innata voglia di esprimersi sempre in modo libero ed al di sopra di ogni compromesso politico. <<Sono onorato ed entusiasta di essere stato insignito di questa prestigiosa nomina da parte dell’Accademia delle Imprese Europea, – dichiara Umberto Napolitano – anche perché le mie idee sono in perfetta sintonia con il pensiero del suo presidente Giuseppe Ariobazzani, il cui obiettivo è diffondere le eccellenze locali e nazionali ad un target sempre più vasto di consumatori ed imprenditori, i quali, condividendo lo stesso senso di appartenenza territoriale, diventano, a loro volta, promotori del Made in Italy. Un grande progetto di sinergia che condivido pienamente e che consiste nella messa in Rete di Enti, piccole e medie Imprese, in grado di dar vita ad una rinnovata ed efficace azione di marketing territoriale e valorizzazione delle risorse locali. Comunicare e promuovere i “luoghi” e le proprie identità, con una mirata azione di animazione territoriale, che ne consenta l’apertura all’esterno dei propri confini, rappresenta una consistente forma di Marketing Territoriale>>. Una nomina, quella di Testimonial, che giunge visto e considerato l’importante ruolo svolto in questo campo, negli anni, dal cantante. A fine anni ’80, infatti, Umberto Napolitano ha abbandonato la musica e cominciato a girare il mondo incamerando esperienze varie e specializzandosi nel marketing. Ha collaborato con importanti aziende nazionali ed internazionali ottenendo successi gratificanti, finché ha deciso di intraprendere un progetto personale per valorizzare e portare nel mondo il meglio del Made in Italy. Crea, così, un blog ed un’associazione dal nome “Famiglie d’Italia” e lancia i suoi messaggi “acculturanti” con una serie di iniziative, tra cui la creazione del marchio “PerComprareItaliano” per mezzo del quale proporre le “Eccellenze d’Italia”. <<Sono un cantautore imprenditore non di me stesso ma impegnato socialmente – sottolinea Napolitano. Ho deciso di ripropormi, anche, come cantante, per meglio appoggiare e promuovere il mio progetto imprenditoriale, riprendendo la vena sociale che aveva caratterizzato i miei esordi e ripresentandomi con due nuovi brani: “Volerò” e “E non permettere più”. “Volerò” sarà l’inno dell’Accademia delle imprese Europea. E’ una canzone piena di amore e di speranza, rivolta a tutti coloro che negli anni ’60 inseguivano sogni di grandi cambiamenti>>. Umberto Napolitano, il cantante imprenditore ma ancor di più uno spirito libero, per il quale la vita non comincia né a 40 né a 60 anni, bensì in qualsiasi momento tu decida se lucidità ed energia te lo consentono.
Cancro: In Australia scoperto un farmaco che uccide le cellule tumorali
Una ricerca australiana è risalita a un farmaco che uccide il tumore, presto i test sugli uomini.
La Griffith University in Australia ha comunicato che alcuni suoi ricercatori hanno individuato un farmaco che curerebbe alcune tipologie di cancro. Si tratta di un farmaco ancora in via sperimentale che prende il nome di ‘alisertib‘. Le proprietà di questa sostanza riescono a distruggere le cellule tumorali di cervice, utero, pelle e collo causate dall’azione del papilloma virus. Gli esperimenti effettuati dagli scienziati si sono per ora limitati a cavie di topo, sulle quali si sono ottenuti risultati eccellenti e quasi infallibili. I ricercatori hanno potuto constatare la straordinaria efficacia del farmaco su centinaia di cavie ed hanno testato la reazione in maniera minuziosa e straordinariamente precisa. Il direttore responsabile dell’università australiana ha comunicato che, nell’arco di un anno, verranno effettuati alcuni test anche su l’uomo per verificare l’effettiva efficacia anche sull’organismo umano. Se gli esperimenti eseguiti daranno esiti positivi, sarebbe una vera e propria svolta della medicina sulla lotta al cancro e segnerebbe un passo molto importante per sconfiggere questa grande malattia che affligge l’umanità da centinaia di anni.
Come è ormai noto, in medicina, è già disponibile un vaccino contro il tumore alla cervice, ma nonostante questo rappresenta la terza causa di morte per le donne, dove le speranze di sopravvivenza sono ridotte a lumicino. Secondo il coordinatore degli scienziati australiani, Nigel McMillan, una corretta terapia eseguita con ‘alisertib’ potrebbe risultare una validissima alternativa alla chemioterapia o radioterapia. McMillan ha specificato che in realtà il farmaco è già stato somministrato ad alcuni pazienti umani, confermandone la forte compatibilità, e questo lascia ben sperare per i risultati che si otterrano durante i test ufficiali. Se la sperimentazione che verrà effettuata, e darà gli esiti sperati, questa terapia potrebbe essere altamente determinante per migliaia di donne con patologie tumorali al collo dell’utero.
by Giuseppe Roselli ( fonte: Salute Blasting News. Only Independent News )
40 utilizzi fantastici per il bicarbonato di sodio ( Econota 29 – Post Rewind )
By Melissa Breyer(Photo: Veer)
La maggior parte di noi sa che il bicarbonato può essere usato per fare lievitare i biscotti fatti in casa ignorando altri usi di questo particolare sale.. Non è raro, in aggiunta all’uso lievitante, vedere una scatola aperta di bicarbonato per deodorare frigoriferi. Ma lo sapevate che ci sono almeno 40 diversi modi di utilizzo del bicarbonato di sodio?
Il bicarbonato di sodio è un perfetto sostituto di molti prodotti per la cura personale, la pulizia e per la deodorazione in genere. L’elenco dei vantaggi è lunga, inoltre: è poco costoso, privo di sostanze chimiche tossiche, versatile ed efficace.
Ti chiedi come il bicarbonato di sodio operi la sua magia? . Innanzi tutto aiuta a regolare il pH di una sostanza conservandolo né troppo acida né troppo alcalina.. Oltre a questo, bicarbonato di sodio ha la capacità di ritardare ulteriori cambiamenti nell’equilibrio del pH, noto come” effetto tampone “.
Questa capacità di neutralizzare permette di fare cose come inibire gli odori acidi (come nel frigorifero), nonché a mantenere un pH neutro (come nella vostra acqua bucato, contribuendo a incrementare il potere detergente del sapone ). Si tratta di una semplice reazione ma che ha effetti di vasta portata per un certo numero di compiti di pulizia e deodorizzazione.
Ecco alcuni dei tanti modi creativi in cui è possibile utilizzare il bicarbonato.
IGIENE PERSONALE
1.Fai il dentifricio
Una pasta a base di bicarbonato di sodio e una percentuale di perossido ( acqua ossigenata ) può essere utilizzato come alternativa al dentifricio.
2.Rinfrescare la bocca
Mettete un cucchiaino in mezzo bicchiere d’acqua: sciacquare, sputare, e risciacquare. Gli odori sono neutralizzati, non solo coperti.
3.Igienizzare l’apparecchio dentale
Immergere l’apparecchio in una soluzione contenente 2 cucchiaini di bicarbonato di sodio sciolto in un bicchiere o in una piccola ciotola di acqua tiepida. Il bicarbonato di sodio scioglie le particelle di cibo e neutralizza gli odori, tenendo gli apparecchi igienizzati. È anche possibile pulire la protesi con spazzolata di bicarbonato di sodio.
4.Esfoliante per viso e corpo
Regalatevi un tonificante del viso capace anche di peeling. Fare un impasto di 3 parti bicarbonato di sodio 1 parte di acqua.. Applicate la pasta con un delicato movimento circolare per esfoliare la pelle.. Risciacquare pulito..Anche per uso quotidiano.
5.Deodorante duraturo Metti bicarbonato di sodio nelle tue ascelle per neutralizzare l’odore del corpo.
6.Utilizzare come un antiacido
Il bicarbonato di sodio è un antiacido sicuro ed efficace per alleviare il bruciore di stomaco, mal di stomaco e / o acido indigestione. Fare riferimento al pacchetto di bicarbonato di sodio per le istruzioni.
7.Trattare punture di insetti e prurito della pelle
Per le punture di insetti fate una pasta di bicarbonato di sodio e acqua applicandola come un unguento sulla pelle colpita. Per eliminare il prurito agitare un po’ di bicarbonato di sodio nella tua mano e strofinare sulla pelle umida dopo il bagno o la doccia.
8.Fare un “lavamani ammorbidente “
Neutralizzare gli odori e la sporcizia sulle mani con un impasto di 3 parti bicarbonato di sodio 1 parte di acqua o 3 parti bicarbonato di sodio con sapone liquido delicato. Poi risciacquare.
9.Aiuta i tuoi capelli
Spruzzare una piccola quantità di bicarbonato di sodio nel palmo della mano con il vostro shampoo preferito..Procedere come di consueto e risciacquare abbondantemente. Il bicarbonato di sodio aiuta a rimuovere i residui di prodotti per lo air-styling lasciando i capelli puliti e gestibili.
10.Pulire le spazzole e pettini
Per avere capelli lucenti occorre tenere puliti spazzole e pettini. Rimuovere l’olio naturale accumulato e i residui di prodotti per capelli immergendo pettini e spazzole in una soluzione di 1 cucchiaino di bicarbonato di sodio in una bacinella di acqua tiepida. Risciacquare e lasciare asciugare.
11.Fare un bagno rinfrescante
Aggiungere 1 / 2 tazza di bicarbonato di sodio al vostro bagno per neutralizzare gli acidi sulla pelle e contribuire a lavare via il grasso e la traspirazione. Inoltre fa sentire la pelle molto morbida.. Per i vostri piedi sciogliere 3 cucchiai di bicarbonato di sodio in una vasca di acqua calda immergendo i piedi.. Pulire delicatamente.
PULIZIA
12.Vasca da bagno e piastrelle
Per una pulizia efficace di vasche da bagno, piastrelle, lavandini ( anche in fibra di vetro e piastrelle lucide ) cospargere bicarbonato di sodio su una spugna umida pulita e sulla macchia. Risciacquare accuratamente e asciugare. Per una pulizia extra fare una pasta con il bicarbonato, sale grosso e sapone liquido – lasciare riposare poi utilizzare.
13.Lavare i piatti a mano e pentolame
Aggiungete 2 cucchiai di bicarbonato di sodio insieme con il vostro detersivo per piatti regolare. Per le croste occorre lasciarle in ammollo con bicarbonato e detersivo per poi usare a secco il bicarbonato di sodio su un panno spugna o un panno pulito.
14.Rigenerare le spugne
Per eliminare l’odore di stantio delle spugne mettere a bagno in una teglia una soluzione di soda (4 cucchiai di bicarbonato di sodio sciolto in 1 litro d’acqua calda). Per una più accurata disinfezione, utilizzare il forno a microonde .
15.Pulire il forno a microonde
Il bicarbonato di sodio su un panno spugna pulita pulisce delicatamente dentro e fuori il forno a microonde e non lascia mai un odore aspro di prodotto chimico. Sciacquare bene con l’acqua.
17.Pulire il caffè e il tè dalle pentole
Rimuovere le macchie di caffè e tè con una soluzione di 1 / 4 tazza di bicarbonato di sodio in 1 litro d’acqua tiepida.. Per le macchie ostinate lasciare in ammollo durante la notte nella soluzione di bicarbonato di sodio e detersivo o lavare con bicarbonato di sodio su una spugna umida pulita.
18.Pulire il forno
Spruzzare con acqua per il bicarbonato applicato alla parete. Lasciare riposare durante la notte. In mattinata levare il bicarbonato e la sporcizia con una spugna. Risciacquare.
19.Pulizia pavimenti
Togliere lo sporco e la sporcizia (senza graffi indesiderati) dai pavimenti utilizzando 1 / 2 tazza di bicarbonato di sodio in un secchio di acqua calda. Utilizzare uno straccio pulito e risciacquare per un pavimento scintillante. Per eliminare i graffi usa il bicarbonato su una spugna umida e pulita, quindi risciacquare.
20.Pulizia mobili
Rimuovere i segni (anche pastelli) da pareti e mobili dipinti mediante l’applicazione di bicarbonato di sodio con una spugna umida e strofinare leggermente. Pulire con un panno pulito e asciutto.
21.Pulizia tende da doccia
Pulire e deodorare la tua tenda della doccia per aspersione di bicarbonato di sodio direttamente su una spugna umida pulita o su di un pennello. Pulire la tenda della doccia e lavare. Appendere ad asciugare.
22.Migliora il tuo detersivo bucato liquido
Dai una spinta al tuo bucato con l’aggiunta di 1 / 2 tazza di bicarbonato di sodio al detersivo liquido. Un migliore equilibrio del pH nel lavaggio fa venire i vestiti più puliti, più freschi e luminosi. Oppure si può aggiungere 1 / 2 tazza di bicarbonato di sodio al ciclo di risciacquo per lenzuola e asciugamani o per neutralizzare abbigliamento da palestra.
23.Pulire gli attrezzi sportivi
Utilizzare una soluzione di bicarbonato di soda (4 cucchiai di bicarbonato di sodio in 1 quarto di gallone britannico di acqua calda) per pulire e deodorare le puzzolenti attrezzature sportive. Sciacquare abbondantemente.
24.Rimuovere macchie di olio e grasso
Usa bicarbonato di sodio per pulire a dovere l’olio leggero e il grasso dovuto a sversamenti sul pavimento del garage o nella vostra strada.. Cospargere bicarbonato di sodio sul posto e strofinare con una spazzola bagnata.
25.Pulizia delle batterie
Il bicarbonato di sodio può essere usato per neutralizzare l’acido della batteria per evitare la corrosione su automobili, falciatrici, ecc,. Assicurarsi di scollegare i terminali della batteria prima della pulizia. Fare un impasto di 3 parti bicarbonato di sodio 1 parte di acqua e applicare con un panno umido i poli della batteria Dopo la pulizia e aver ricollegato i poli pulirli con gelatina di petrolio per prevenire la corrosione futura. Fare attenzione quando si lavora intorno a una batteria – ( contiene un acido forte ).
26.Pulire le auto
Usa il bicarbonato di sodio per pulire le luci dell’auto, le cromature, finestre, i pneumatici, i sedili in vinile e i tappetini senza preoccuparsi di graffi indesiderati. Utilizzare una soluzione di sodio bicarbonato di 1 / 4 tazza di bicarbonato di sodio in 1 litro d’acqua tiepida. Applicare con una spugna o un panno morbido per rimuovere sporcizia stradale, resina degli alberi, insetti e catrame. Per le macchie ostinate utilizzare il bicarbonato spruzzato su una spugna o spazzola morbida.. Eliminare gli odori per aspersione di bicarbonato di sodio direttamente sui posti auto in tessuto e tappeti. Attendere 15 minuti (o più a lungo per gli odori forti) e aspirare il bicarbonato.
DEODORIZZAZIONE
27.Deodorare il vostro frigorifero
Posizionare una scatola aperta nella parte posteriore del frigorifero per neutralizzare gli odori.
28. Deodorare i bidoni della spazzatura riciclabili
Cospargere il bicarbonato di sodio sul fondo del vostro cestino per rifiuti. Pulire il contenitore di materiali riciclabili periodicamente per aspersione bicarbonato su una spugna umida. Inoltre, cospargere di bicarbonato di sodio in alto quando si aggiungono materiali riciclabili al raccoglitore.
29.Deodorare scarichi e tritarifiuti
Per deodorare il lavandino e/o la vasca di scolo e smaltimento dei rifiuti domestici versare 1 / 2 tazza di bicarbonato di sodio giù per lo scarico mentre scorre acqua corrente calda; in tale modo si neutralizzano sia l’acido e gli odori sgradevoli. (Questo è un buon modo per riciclare il bicarbonato di sodio che viene ritirato dal vostro frigorifero per deodorizzarlo.)
30.Deodorare e pulire lavastoviglie
Usa bicarbonato di sodio per deodorare prima di eseguire la lavastoviglie e poi come un detergente delicato del ciclo di lavaggio.
31.Deodorare il “cestino della merenda “
Posizionare un box a prova di fuoriuscita di bicarbonato di sodio nel cestino. Assorbirà tutti gli odori persistenti.
32.Togliere odore dai tappeti
Cospargere generosamente bicarbonato di sodio sul tappeto. Far riposare durante la notte o più a lungo possibile ( più a lungo, meglio funziona ). Raccogliere con l’aspirapolvere.
33.Rinfrescare gli armadi
Posizionare un piccolo contenitore forato sulla mensola per tenere l’armadio deodorato.
34.Deodorarela cassetta del gatto
Coprire il fondo della cassetta del gatto con il bicarbonato di sodio, quindi riempire come di consueto con i sassolini. Eliminare gli odori del vostro animale domestico dal letto per aspersione con bicarbonato di sodio; attendere 15 minuti (o più per gli odori forti), poi aspirare.
35.Deodorare le scarpe da ginnastica
Impedire agli odori di diffondersi nelle scarpe da ginnastica puzzolenti agitando bicarbonato di sodio quando non usate. Agitare prima di indossare.
36.Rinfrescare gli animali di peluche
Tenere il peluche preferito fresco e deodorizzato con una doccia a secco di bicarbonato di sodio. Cospargere bicarbonato di sodio e lasciarla riposare per 15 minuti prima di spazzolare via.
VARIE
37.Il campeggio
Il bicarbonato di sodio è un must per il vostro prossimo viaggio in campeggio.( lavastoviglie, impianto di lavaggio a mano, detersivo, deodoranti, dentifrici, estintore e molto altro.
38.Estinguere gli incendi
Il bicarbonato di sodio può aiutare nel trattamento iniziale di incendi in cucina perché quando il bicarbonato di sodio è riscaldato emana biossido di carbonio che contribuisce a soffocare le fiamme. Gettare manciate di bicarbonato di sodio alla base della fiamma per spegnere l’incendio e chiamare i vigili del fuoco.
39.Cura per la “ fossa settica “
L’uso regolare di bicarbonato di sodio in canali di scarico può aiutare a mantenere il vostro sistema settico di fluire liberamente. Una tazza di bicarbonato di sodio per settimana contribuirà a mantenere un pH favorevole nella tua fossa settica.
40.Pulire frutta e verdura
Il bicarbonato di sodio è il modo più sicuro per pulire lo sporco degli alimenti ed i residui su frutta e verdura fresca.. Basta spruzzarne un po ‘ su un panno-spugna pulito, strofinare sulla la macchia e risciacquare.
La pillola eco-impegnata di Paolo Broglio, ovvero “quelli che fanno “……o almeno ci provano
OYSTER: generatore elettrico che utilizza le onde in mare aperto
di Philip Proefrock
La produzione di energia dalle onde continua a svilupparsi . Aquamarine Power ha presentato il suo nuovo generatore di potenza di onda di seconda generazione Oyster 2 . “Il nuovo dispositivo avrà una portenza pari a 800kW e misura 26 metri per 16 metri ,generando un 250 per cento in più di potenza rispetto all’originale Oyster 1 ( sperimentato con successo presso la Marine Energy Centre europeo (EMEC), nelle Isole Orcadi l’estate scorsa )”. Unainstallazione di prova è prevista per il 2011 e utilizzerà tre dispositivi collegati ad una centrale elettrica in grado di produrre 2,4 megawatt di elettricità.
I dispositivi Oyster vanno posizionati sulla superficie in modo da potere sfruttare onda.. Questo significa che gli Oyster non possono coesistere con le navi di superficie a differenza di altri sistemi subacquei. Il nuovo dispositivo incorpora numerosi miglioramenti rispetto al progetto originale compresa la costruzione semplificata che richiede meno acciaio per la produzione e progettazione consentendo una produzione di massa più facile. Aquamarine Power prevede di distribuire Oyster blocchi da 100MW di capacità di generazione o più. Un video Oyster dimostra come funziona il sistema.
Sentivo da un pezzo sul capo inchinato tra le braccia come l’impressione d’una mano lieve, in atto tra di carezza e di protezione. Ma l’anima mia era lontana, errante pei luoghi veduti fin dalla fanciullezza, dei quali mi spirava ancor dentro il sentimento, non tanto però che bastasse al bisogno che provavo di rivivere, fors’anche per un minuto, la vita come immaginavo si dovesse in quel punto svolgere in essi.
Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori… E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:
– Buon Natale – e sparivo…
Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale. Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.
Mi misi per la stessa via; ma a poco a poco l’immagine di lui m’attrasse così, da assorbirmi in sé; e allora mi parve di far con lui una persona sola. A un certo punto però ebbi sgomento della leggerezza con cui erravo per quelle vie, quasi sorvolando, e istintivamente m’arrestai. Subito allora Gesù si sdoppiò da me, e proseguì da solo anche più leggero di prima, quasi una piuma spinta da un soffio; ed io, rimasto per terra come una macchia nera, divenni la sua ombra e lo seguii.
Sparirono a un tratto le vie della città: Gesù, come un fantasma bianco splendente d’una luce interiore, sorvolava su un’alta siepe di rovi, che s’allungava dritta infinitamente, in mezzo a una nera, sterminata pianura. E dietro, su la siepe, egli si portava agevolmente me disteso per lungo quant’egli era alto, via via tra le spine che mi trapungevano tutto, pur senza darmi uno strappo.
Dall’irta siepe saltai alla fine per poco su la morbida sabbia d’una stretta spiaggia: innanzi era il mare; e, su le nere acque palpitanti, una via luminosa, che correva restringendosi fino a un punto nell’immenso arco dell’orizzonte. Si mise Gesù per quella via tracciata dal riflesso lunare, e io dietro a lui, come un barchetto nero tra i guizzi di luce su le acque gelide.
A un tratto, la luce interiore di Gesù si spense: traversavamo di nuovo le vie deserte d’una grande città. Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.
– Non dormono… – mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d’odio e d’invidia pronunziate nell’interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l’impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: – Anche per costoro io son morto…
Andammo così, fermandoci di tanto in tanto, per un lungo tratto, finché Gesù innanzi a una chiesa, rivolto a me, ch’ero la sua ombra per terra, non mi disse:
– Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.
Era una chiesa magnifica, un’immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d’oro alla volta, piena d’una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l’altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d’incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d’argento splendevano a ogni gesto le brusche d’oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.
– E per costoro – disse Gesù entro di me – sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.
Uscimmo dalla chiesa, e Gesù, ritornato innanzi a me come prima posandomi una mano sul petto riprese:
– Cerco un’anima, in cui rivivere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo… Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà.
– La città, Gesù? – io risposi sgomento. – E la casa e i miei cari e i miei sogni?
– Otterresti da me cento volte quel che perderai – ripeté Egli levando la mano dal mio petto e guardandomi fisso con quegli occhi profondi e chiari.
– Ah! io non posso, Gesù… – feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.
Come se la mano, di cui sentivo in principio del sogno l’impressione sul mio capo inchinato, m’avesse dato una forte spinta contro il duro legno del tavolino, mi destai in quella di balzo, stropicciandomi la fronte indolenzita. E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa.
I cinque fratelli Lobina, tutti pastori, tornavano dai loro ovili, per passare la notte di Natale in famiglia.
Era una festa eccezionale, per loro, quell’anno, perché si fidanzava la loro unica sorella, con un giovane molto ricco.
Come si usa dunque in Sardegna, il fidanzato doveva mandare un regalo alla sua promessa sposa, e poi andare anche lui a passare la festa con la famiglia di lei.
E i cinque fratelli volevano far corona alla sorella, anche per dimostrare al futuro cognato che se non erano ricchi come lui, in cambio erano forti, sani, uniti fra di loro come un gruppo di guerrieri.
Avevano mandato avanti il fratello più piccolo, Felle, un bel ragazzo di undici anni, dai grandi occhi dolci, vestito di pelli lanose come un piccolo San Giovanni Battista; portava sulle spalle una bisaccia, e dentro la bisaccia un maialetto appena ucciso che doveva servire per la cena.
Il piccolo paese era coperto di neve; le casette nere, addossate al monte, parevano disegnate su di un cartone bianco, e la chiesa, sopra un terrapieno sostenuto da macigni, circondata d’alberi carichi di neve e di ghiacciuoli, appariva come uno di quegli edifizi fantastici che disegnano le nuvole.
Tutto era silenzio: gli abitanti sembravano sepolti sotto la neve.
Nella strada che conduceva a casa sua, Felle trovò solo, sulla neve, le impronte di un piede di donna, e si divertì a camminarci sopra. Le impronte cessavano appunto davanti al rozzo cancello di legno del cortile che la sua famiglia possedeva in comune con un’altra famiglia pure di pastori ancora più poveri di loro. Le due casupole, una per parte del cortile, si rassomigliavano come due sorelle; dai comignoli usciva il fumo, dalle porticine trasparivano fili di luce.
Felle fischiò, per annunziare il suo arrivo: e subito, alla porta del vicino si affacciò una ragazzina col viso rosso dal freddo e gli occhi scintillanti di gioia.
– Ben tornato, Felle.
– Oh, Lia! – egli gridò per ricambiarle il saluto, e si avvicinò alla porticina dalla quale, adesso, con la luce usciva anche il fumo di un grande fuoco acceso nel focolare in mezzo alla cucina.
Intorno al focolare stavano sedute le sorelline di Lia, per tenerle buone la maggiore di esse, cioè quella che veniva dopo l’amica di Felle, distribuiva loro qualche chicco di uva passa e cantava una canzoncina d’occasione, cioè una ninnananna per Gesù Bambino.
– Che ci hai, qui? – domandò Lia, toccando la bisaccia di Felle. – Ah, il porchetto. Anche la serva del fidanzato di tua sorella ha già portato il regalo. Farete grande festa voi, – aggiunse con una certa invidia; ma poi si riprese e annunziò con gioia maliziosa: – e anche noi!
Invano Felle le domandò che festa era: Lia gli chiuse la porta in faccia, ed egli attraversò il cortile per entrare in casa sua.
In casa sua si sentiva davvero odore di festa: odore di torta di miele cotta al forno, e di dolci confezionati con buccie di arancie e mandorle tostate. Tanto che Felle cominciò a digrignare i denti, sembrandogli di sgretolare già tutte quelle cose buone ma ancora nascoste.
La sorella, alta e sottile, era già vestita a festa; col corsetto di broccato verde e la gonna nera e rossa: intorno al viso pallido aveva un fazzoletto di seta a fiori; ed anche le sue scarpette erano ricamate e col fiocco: pareva insomma una giovane fata, mentre la mamma, tutta vestita di nero per la sua recente vedovanza, pallida anche lei ma scura in viso e con un’aria di superbia, avrebbe potuto ricordare la figura di una strega, senza la grande dolcezza degli occhi che rassomigliavano a quelli di Felle.
Egli intanto traeva dalla bisaccia il porchetto, tutto rosso perché gli avevano tinto la cotenna col suo stesso sangue: e dopo averlo consegnato alla madre volle vedere quello mandato in dono dal fidanzato. Sì, era più grosso quello del fidanzato: quasi un maiale; ma questo portato da lui, più tenero e senza grasso, doveva essere più saporito.
– Ma che festa possono fare i nostri vicini, se essi non hanno che un po’ di uva passa, mentre noi abbiamo questi due animaloni in casa? E la torta, e i dolci? – pensò Felle con disprezzo, ancora indispettito perché Lia, dopo averlo quasi chiamato, gli aveva chiuso la porta in faccia.
Poi arrivarono gli altri fratelli, portando nella cucina, prima tutta in ordine e pulita, le impronte dei loro scarponi pieni di neve, e il loro odore di selvatico. Erano tutti forti, belli, con gli occhi neri, la barba nera, il corpetto stretto come una corazza e, sopra, la mastrucca.
Quando entrò il fidanzato si alzarono tutti in piedi, accanto alla sorella, come per far davvero una specie di corpo di guardia intorno all’esile e delicata figura di lei; e non tanto per riguardo al giovine, che era quasi ancora un ragazzo, buono e timido, quanto per l’uomo che lo accompagnava. Quest’uomo era il nonno del fidanzato. Vecchio di oltre ottanta anni, ma ancora dritto e robusto, vestito di panno e di velluto come un gentiluomo medioevale, con le uose di lana sulle gambe forti, questo nonno, che in gioventù aveva combattuto per l’indipendenza d’Italia, fece ai cinque fratelli il saluto militare e parve poi passarli in rivista.
E rimasero tutti scambievolmente contenti.
Al vecchio fu assegnato il posto migliore, accanto al fuoco; e allora sul suo petto, fra i bottoni scintillanti del suo giubbone, si vide anche risplendere come un piccolo astro la sua antica medaglia al valore militare. La fidanzata gli versò da bere, poi versò da bere al fidanzato e questi, nel prendere il bicchiere, le mise in mano, di nascosto, una moneta d’oro.
Ella lo ringraziò con gli occhi, poi, di nascosto pure lei, andò a far vedere la moneta alla madre ed a tutti i fratelli, in ordine di età, mentre portava loro il bicchiere colmo.
L’ultimo fu Felle: e Felle tentò di prenderle la moneta, per scherzo e curiosità, s’intende: ma ella chiuse il pugno minacciosa: avrebbe meglio ceduto un occhio.
Il vecchio sollevò il bicchiere, augurando salute e gioia a tutti; e tutti risposero in coro.
Poi si misero a discutere in un modo originale: vale a dire cantando. Il vecchio era un bravo poeta estemporaneo, improvvisava cioè canzoni; ed anche il fratello maggiore della fidanzata sapeva fare altrettanto.
Fra loro due quindi intonarono una gara di ottave, su allegri argomenti d’occasione; e gli altri ascoltavano, facevano coro e applaudivano.
Fuori le campane suonarono, annunziando la messa.
Era tempo di cominciare a preparare la cena. La madre, aiutata da Felle, staccò le cosce ai due porchetti e le infilò in tre lunghi spiedi dei quali teneva il manico fermo a terra.
– La quarta la porterai in regalo ai nostri vicini – disse a Felle: – anch’essi hanno diritto di godersi la festa.
Tutto contento, Felle prese per la zampa la coscia bella e grassa e uscì nel cortile.
La notte era gelida ma calma, e d’un tratto pareva che il paese tutto si fosse destato, in quel chiarore fantastico di neve, perché, oltre al suono delle campane, si sentivano canti e grida.
Nella casetta del vicino, invece, adesso, tutti tacevano: anche le bambine ancora accovacciate intorno al focolare pareva si fossero addormentate aspettando però ancora, in sogno, un dono meraviglioso.
All’entrata di Felle si scossero, guardarono la coscia del porchetto che egli scuoteva di qua e di là come un incensiere, ma non parlarono: no, non era quello il regalo che aspettavano. Intanto Lia era scesa di corsa dalla cameretta di sopra: prese senza fare complimenti il dono, e alle domande di Felle rispose con impazienza:
– La mamma si sente male: ed il babbo è andato a comprare una bella cosa. Vattene.
Egli rientrò pensieroso a casa sua. Là non c’erano misteri né dolori: tutto era vita, movimento e gioia. Mai un Natale era stato così bello, neppure quando viveva ancora il padre: Felle però si sentiva in fondo un po’ triste, pensando alla festa strana della casa dei vicini.
Al terzo tocco della messa, il nonno del fidanzato batté il suo bastone sulla pietra del focolare.
– Oh, ragazzi, su, in fila.
E tutti si alzarono per andare alla messa. In casa rimase solo la madre, per badare agli spiedi che girava lentamente accanto al fuoco per far bene arrostire la carne del porchetto.
I figli, dunque, i fidanzati e il nonno, che pareva guidasse la compagnia, andavano in chiesa. La neve attutiva i loro passi: figure imbacuccate sbucavano da tutte le parti, con lanterne in mano, destando intorno ombre e chiarori fantastici. Si scambiavano saluti, si batteva alle porte chiuse, per chiamare tutti alla messa.
Felle camminava come in sogno; e non aveva freddo; anzi gli alberi bianchi, intorno alla chiesa, gli sembravano mandorli fioriti. Si sentiva insomma, sotto le sue vesti lanose, caldo e felice come un agnellino al sole di maggio: i suoi capelli, freschi di quell’aria di neve, gli sembravano fatti di erba. Pensava alle cose buone che avrebbe mangiato al ritorno dalla messa, nella sua casa riscaldata, e ricordando che Gesù invece doveva nascere in una fredda stalla, nudo e digiuno, gli veniva voglia di piangere, di coprirlo con le sue vesti, di portarselo a casa sua.
Dentro la chiesa continuava l’illusione della primavera: l’altare era tutto adorno di rami di corbezzolo coi frutti rossi, di mirto e di alloro: i ceri brillavano tra le fronde e l’ombra di queste si disegnavano sulle pareti come sui muri di un giardino.
In una cappella sorgeva il presepio, con una montagna fatta di sughero e rivestita di musco: i Re Magi scendevano cauti da un sentiero erto, e una cometa d’oro illuminava loro la via.
Tutto era bello, tutto era luce e gioia. I Re potenti scendevano dai loro troni per portare in dono il loro amore e le loro ricchezze al figlio dei poveri, a Gesù nato in una stalla; gli astri li guidavano; il sangue di Cristo, morto poi per la felicità degli uomini, pioveva sui cespugli e faceva sbocciare le rose; pioveva sugli alberi per far maturare i frutti.
Così la madre aveva insegnato a Felle e così era.
– Gloria, gloria – cantavano i preti sull’altare: e il popolo rispondeva:
– Gloria a Dio nel più alto dei cieli.
E pace in terra agli uomini di buona volontà.
Felle cantava anche lui, e sentiva che questa gioia che gli riempiva il cuore era il più bel dono che Gesù gli mandava.
All’uscita di chiesa sentì un po’ freddo, perché era stato sempre inginocchiato sul pavimento nudo: ma la sua gioia non diminuiva; anzi aumentava. Nel sentire l’odore d’arrosto che usciva dalle case, apriva le narici come un cagnolino affamato; e si mise a correre per arrivare in tempo per aiutare la mamma ad apparecchiare per la cena. Ma già tutto era pronto. La madre aveva steso una tovaglia di lino, per terra, su una stuoia di giunco, e altre stuoie attorno. E, secondo l’uso antico, aveva messo fuori, sotto la tettoia del cortile, un piatto di carne e un vaso di vino cotto dove galleggiavano fette di buccia d’arancio, perché l’anima del marito, se mai tornava in questo mondo, avesse da sfamarsi.
Felle andò a vedere: collocò il piatto ed il vaso più in alto, sopra un’asse della tettoia, perché i cani randagi non li toccassero; poi guardò ancora verso la casa dei vicini. Si vedeva sempre luce alla finestra, ma tutto era silenzio; il padre non doveva essere ancora tornato col suo regalo misterioso.
Felle rientrò in casa, e prese parte attiva alla cena.
In mezzo alla mensa sorgeva una piccola torre di focacce tonde e lucide che parevano d’avorio: ciascuno dei commensali ogni tanto si sporgeva in avanti e ne tirava una a sé: anche l’arrosto, tagliato a grosse fette, stava in certi larghi vassoi di legno e di creta: e ognuno si serviva da sé, a sua volontà.
Felle, seduto accanto alla madre, aveva tirato davanti a sé tutto un vassoio per conto suo, e mangiava senza badare più a nulla: attraverso lo scricchiolìo della cotenna abbrustolita del porchetto, i discorsi dei grandi gli parevano lontani, e non lo interessavano più.
Quando poi venne in tavola la torta gialla e calda come il sole, e intorno apparvero i dolci in forma di cuori, di uccelli, di frutta e di fiori, egli si sentì svenire: chiuse gli occhi e si piegò sulla spalla della madre. Ella credette che egli piangesse: invece rideva per il piacere.
Ma quando fu sazio e sentì bisogno di muoversi, ripensò ai suoi vicini di casa: che mai accadeva da loro? E il padre era tornato col dono?
Una curiosità invincibile lo spinse ad uscire ancora nel cortile, ad avvicinarsi e spiare. Del resto la porticina era socchiusa: dentro la cucina le bambine stavano ancora intorno al focolare ed il padre, arrivato tardi ma sempre in tempo, arrostiva allo spiedo la coscia del porchetto donato dai vicini di casa.
Ma il regalo comprato da lui, dal padre, dov’era?
– Vieni avanti, e va su a vedere – gli disse l’uomo, indovinando il pensiero di lui.
Felle entrò, salì la scaletta di legno, e nella cameretta su, vide la madre di Lia assopita nel letto di legno, e Lia inginocchiata davanti ad un canestro.
E dentro il canestro, fra pannolini caldi, stava un bambino appena nato, un bel bambino rosso, con due riccioli sulle tempie e gli occhi già aperti.
– È il nostro primo fratellino – mormorò Lia. – Mio padre l’ha comprato a mezzanotte precisa, mentre le campane suonavano il “Gloria”. Le sue ossa, quindi, non si disgiungeranno mai, ed egli le ritroverà intatte, il giorno del Giudizio Universale. Ecco il dono che Gesù ci ha fatto questa notte.
I FIGLI DI BABBO NATALE
brano di Italo Calvino
Non c’è epoca dell’anno più gentile e buona, per il mondo dell’industria e del commercio, che il Natale e le settimane precedenti. Sale dalle vie il tremulo suono delle zampogne; e le società anonime, fino a ieri freddamente intente a calcolare fatturato e dividendi, aprono il cuore agli affetti e al sorriso. L’unico pensiero dei Consigli d’amministrazione adesso è quello di dare gioia al prossimo, mandando doni accompagnati da messaggi d’augurio sia a ditte consorelle che a privati; ogni ditta si sente in dovere di comprare un grande stock di prodotti da una seconda ditta per fare i suoi regali alle altre ditte; le quali ditte a loro volta comprano da una ditta altri stock di regali per le altre; le finestre aziendali restano illuminate fino a tardi, specialmente quelle del magazzino, dove il personale continua le ore straordinarie a imballare pacchi e casse; al di là dei vetri appannati, sui marciapiedi ricoperti da una crosta di gelo s’inoltrano gli zampognari, discesi da buie misteriose montagne, sostano ai crocicchi del centro, un po’ abbagliati dalle troppe luci, dalle vetrine troppo adorne, e a capo chino dànno fiato ai loro strumenti; a quel suono tra gli uomini d’affari le grevi contese d’interessi si placano e lasciano il posto ad una nuova gara: a chi presenta nel modo più grazioso il dono più cospicuo e originale.
Alla Sbav quell’anno l’Ufficio Relazioni Pubbliche propose che alle persone di maggior riguardo le strenne fossero recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale.
L’idea suscitò l’approvazione unanime dei dirigenti. Fu comprata un’acconciatura da Babbo Natale completa: barba bianca, berretto e pastrano rossi bordati di pelliccia, stivaloni. Si cominciò a provare a quale dei fattorini andava meglio, ma uno era troppo basso di statura e la barba gli toccava per terra, uno era troppo robusto e non gli entrava il cappotto, un altro troppo giovane, un altro invece troppo vecchio e non valeva la pena di truccarlo.
Mentre il capo dell’Ufficio Personale faceva chiamare altri possibili Babbi Natali dai vari reparti, i dirigenti radunati cercavano di sviluppare l’idea: l’Ufficio Relazioni Umane voleva che anche il pacco-strenna alle maestranze fosse consegnato da Babbo Natale in una cerimonia collettiva; l’Ufficio Commerciale voleva fargli fare anche un giro dei negozi; l’Ufficio Pubblicità si preoccupava che facesse risaltare il nome della ditta, magari reggendo appesi a un filo quattro palloncini con le lettere S. B. A. V.
Tutti erano presi dall’atmosfera alacre e cordiale che si espandeva per la città festosa e produttiva; nulla è più bello che sentire scorrere intorno il flusso dei beni materiali e insieme del bene che ognuno vuole agli altri; e questo, questo soprattutto – come ci ricorda il suono, firulí firulí, delle zampogne -, è ciò che conta.
In magazzino, il bene – materiale e spirituale – passava per le mani di Marcovaldo in quanto merce da caricare e scaricare. E non solo caricando e scaricando egli prendeva parte alla festa generale, ma anche pensando che in fondo a quel labirinto di centinaia di migliaia di pacchi lo attendeva un pacco solo suo, preparatogli dall’Ufficio Relazioni Umane; e ancora di più facendo il conto di quanto gli spettava a fine mese tra ” tredicesima mensilità ” e ” ore straordinarie “. Con qui soldi, avrebbe potuto correre anche lui per i negozi, a comprare comprare comprare per regalare regalare regalare, come imponevano i più sinceri sentimenti suoi e gli interessi generali dell’industria e del commercio.
Il capo dell’Ufficio Personale entrò in magazzino con una barba finta in mano: – Ehi, tu! – disse a Marcovaldo. – Prova un po’ come stai con questa barba. Benissimo! Il Natale sei tu. Vieni di sopra, spicciati. Avrai un premio speciale se farai cinquanta consegne a domicilio al giorno.
Marcovaldo camuffato da Babbo Natale percorreva la città, sulla sella del motofurgoncino carico di pacchi involti in carta variopinta, legati con bei nastri e adorni di rametti di vischio e d’agrifoglio. La barba d’ovatta bianca gli faceva un po’ di pizzicorino ma serviva a proteggergli la gola dall’aria.
La prima corsa la fece a casa sua, perché non resisteva alla tentazione di fare una sorpresa ai suoi bambini. ” Dapprincipio, – pensava, non mi riconosceranno. Chissà come rideranno, dopo! “
I bambini stavano giocando per la scala. Si voltarono appena. – Ciao papà.
Marcovaldo ci rimase male. -Mah… Non vedete come sono vestito?
– E come vuoi essere vestito? – disse Pietruccio. – Da Babbo Natale, no?
– E m’avete riconosciuto subito?
– Ci vuol tanto! Abbiamo riconosciuto anche il signor Sigismondo che era truccato meglio di te!
– E il cognato della portinaia!
– E il padre dei gemelli che stanno di fronte!
– E lo zio di Ernestina quella con le trecce!
– Tutti vestiti da Babbo Natale? – chiese Marcovaldo, e la delusione nella sua voce non era soltanto per la mancata sorpresa familiare, ma perché sentiva in qualche modo colpito il prestigio aziendale.
– Certo, tal quale come te, uffa, – risposero i bambini, – da Babbo Natale, al solito, con la barba finta, – e voltandogli le spalle, si rimisero a badare ai loro giochi.
Era capitato che agli Uffici Relazioni Pubbliche di molte ditte era venuta contemporaneamente la stessa idea; e avevano reclutato una gran quantità di persone, per lo più disoccupati, pensionati, ambulanti, per vestirli col pastrano rosso e la barba di bambagia. I bambini dopo essersi divertiti le prime volte a riconoscere sotto quella mascheratura conoscenti e persone del quartiere, dopo un po’ ci avevano fatto l’abitudine e non ci badavano più.
Si sarebbe detto che il gioco cui erano intenti li appassionasse molto. S’erano radunati su un pianerottolo, seduti in cerchio. – Si può sapere cosa state complottando? – chiese Marcovaldo.
– Lasciaci in pace, papà, dobbiamo preparare i regali.
– Regali per chi?
– Per un bambino povero. Dobbiamo cercare un bambino povero e fargli dei regali.
– Ma chi ve l’ha detto?
– C’è nel libro di lettura.
Marcovaldo stava per dire: ” Siete voi i bambini poveri! “, ma durante quella settimana s’era talmente persuaso a considerarsi un abitante del Paese della Cuccagna, dove tutti compravano e se la godevano e si facevano regali, che non gli pareva buona educazione parlare di povertà, e preferì dichiarare: – Bambini poveri non ne esistono più!
S’alzò Michelino e chiese: – È per questo, papà, che non ci porti regali?
Marcovaldo si sentí stringere il cuore. – Ora devo guadagnare degli straordinari, – disse in fretta, – e poi ve li porto.
– Li guadagni come? – chiese Filippetto.
– Portando dei regali, – fece Marcovaldo.
– A noi?
– No, ad altri.
– Perché non a noi? Faresti prima..
Marcovaldo cercò di spiegare: – Perché io non sono mica il Babbo Natale delle Relazioni Umane: io sono il Babbo Natale delle Relazioni Pubbliche. Avete capito?
– No.
– Pazienza -. Ma siccome voleva in qualche modo farsi perdonare d’esser venuto a mani vuote, pensò di prendersi Michelino e portarselo dietro nel suo giro di consegne. – Se stai buono puoi venire a vedere tuo padre che porta i regali alla gente, – disse, inforcando la sella del motofurgoncino.
– Andiamo, forse troverò un bambino povero, – disse Michelino e saltò su, aggrappandosi alle spalle del padre.
Per le vie della città Marcovaldo non faceva che incontrare altri Babbi Natale rossi e bianchi, uguali identici a lui, che pilotavano camioncini o motofurgoncini o che aprivano le portiere dei negozi ai clienti carichi di pacchi o li aiutavano a portare le compere fino all’automobile. E tutti questi Babbi Natale avevano un’aria concentrata e indaffarata, come fossero addetti al servizio di manutenzione dell’enorme macchinario delle Feste.
E Marcovaldo, tal quale come loro, correva da un indirizzo all’altro segnato sull’elenco, scendeva di sella, smistava i pacchi del furgoncino, ne prendeva uno, lo presentava a chi apriva la porta scandendo la frase:
– La Sbav augura Buon Natale e felice anno nuovo,- e prendeva la mancia.
Questa mancia poteva essere anche ragguardevole e Marcovaldo avrebbe potuto dirsi soddisfatto, ma qualcosa gli mancava. Ogni volta, prima di suonare a una porta, seguito da Michelino, pregustava la meraviglia di chi aprendo si sarebbe visto davanti Babbo Natale in persona; si aspettava feste, curiosità, gratitudine. E ogni volta era accolto come il postino che porta il giornale tutti i giorni.
Suonò alla porta di una casa lussuosa. Aperse una governante. – Uh, ancora un altro pacco, da chi viene?
– La Sbav augura…
– Be’, portate qua, – e precedette il Babbo Natale per un corridoio tutto arazzi, tappeti e vasi di maiolica. Michelino, con tanto d’occhi, andava dietro al padre.
La governante aperse una porta a vetri. Entrarono in una sala dal soffitto alto alto, tanto che ci stava dentro un grande abete. Era un albero di Natale illuminato da bolle di vetro di tutti i colori, e ai suoi rami erano appesi regali e dolci di tutte le fogge. Al soffitto erano pesanti lampadari di cristallo, e i rami più alti dell’abete s’impigliavano nei pendagli scintillanti. Sopra un gran tavolo erano disposte cristallerie, argenterie, scatole di canditi e cassette di bottiglie. I giocattoli, sparsi su di un grande tappeto, erano tanti come in un negozio di giocattoli, soprattutto complicati congegni elettronici e modelli di astronavi. Su quel tappeto, in un angolo sgombro, c’era un bambino, sdraiato bocconi, di circa nove anni, con un’aria imbronciata e annoiata. Sfogliava un libro illustrato, come se tutto quel che era li intorno non lo riguardasse.
– Gianfranco, su, Gianfranco, – disse la governante, – hai visto che è tornato Babbo Natale con un altro regalo?
– Trecentododici, – sospirò il bambino – senz’alzare gli occhi dal libro. – Metta lí.
– È il trecentododicesimo regalo che arriva, – disse la governante. – Gianfranco è cosí bravo, tiene il conto, non ne perde uno, la sua gran passione è contare.
In punta di piedi Marcovaldo e Michelino lasciarono la casa.
– Papà, quel bambino è un bambino povero? – chiese Michelino.
Marcovaldo era intento a riordinare il carico del furgoncino e non rispose subito. Ma dopo un momento, s’affrettò a protestare: – Povero? Che dici? Sai chi è suo padre? È il presidente dell’Unione Incremento Vendite Natalizie! Il commendator…
S’interruppe, perché non vedeva Michelino. Michelino, Michelino! Dove sei? Era sparito.
” Sta’ a vedere che ha visto passare un altro Babbo Natale, l’ha scambiato per me e gli è andato dietro… ” Marcovaldo continuò il suo giro, ma era un po’ in pensiero e non vedeva l’ora di tornare a casa.
A casa, ritrovò Michelino insieme ai suoi fratelli, buono buono.
– Di’ un po’, tu: dove t’eri cacciato?
– A casa, a prendere i regali… Si, i regali per quel bambino povero…
– Eh! Chi?
– Quello che se ne stava cosi triste.. – quello della villa con l’albero di Natale…
– A lui? Ma che regali potevi fargli, tu a lui?
– Oh, li avevamo preparati bene… tre regali, involti in carta argentata.
Intervennero i fratellini. Siamo andati tutti insieme a portarglieli! Avessi visto come era contento!
– Figuriamoci! – disse Marcovaldo. – Aveva proprio bisogno dei vostri regali, per essere contento!
– Sí, sí dei nostri… È corso subito a strappare la carta per vedere cos’erano…
– E cos’erano?
– Il primo era un martello: quel martello grosso, tondo, di legno…
– E lui?
– Saltava dalla gioia! L’ha afferrato e ha cominciato a usarlo!
– Come?
– Ha spaccato tutti i giocattoli! E tutta la cristalleria! Poi ha preso il secondo regalo…
– Cos’era?
– Un tirasassi. Dovevi vederlo, che contentezza… Ha fracassato tutte le bolle di vetro dell’albero di Natale. Poi è passato ai lampadari…
– Basta, basta, non voglio più sentire! E… il terzo regalo?
– Non avevamo più niente da regalare, cosi abbiamo involto nella carta argentata un pacchetto di fiammiferi da cucina. È stato il regalo che l’ha fatto più felice. Diceva: ” I fiammiferi non me li lasciano mai toccare! ” Ha cominciato ad accenderli, e…
-E…?
– …ha dato fuoco a tutto!
Marcovaldo aveva le mani nei capelli. – Sono rovinato!
L’indomani, presentandosi in ditta, sentiva addensarsi la tempesta. Si rivesti da Babbo Natale, in fretta in fretta, caricò sul furgoncino i pacchi da consegnare, già meravigliato che nessuno gli avesse ancora detto niente, quando vide venire verso di lui tre capiufficio, quello delle Relazioni Pubbliche, quello della Pubblicità e quello dell’Ufficio Commerciale.
– Alt! – gli dissero, – scaricare tutto; subito!
” Ci siamo! ” si disse Marcovaldo e già si vedeva licenziato.
– Presto! Bisogna sostituire i pacchi! – dissero i Capiufficio. – L’Unione Incremento Vendite Natalizie ha aperto una campagna per il lancio del Regalo Distruttivo!
– Cosi tutt’a un tratto… – commentò uno di loro. Avrebbero potuto pensarci prima…
– È stata una scoperta improvvisa del presidente, – spiegò un altro. – Pare che il suo bambino abbia ricevuto degli articoli-regalo modernissimi, credo giapponesi, e per la prima volta lo si è visto divertirsi…
– Quel che più conta, – aggiunse il terzo, – è che il Regalo Distruttivo serve a distruggere articoli d’ogni genere: quel che ci vuole per accelerare il ritmo dei consumi e ridare vivacità al mercato… Tutto in un tempo brevissimo e alla portata d’un bambino… Il presidente dell’Unione ha visto aprirsi un nuovo orizzonte, è ai sette cieli dell’entusiasmo…
– Ma questo bambino, – chiese Marcovaldo con un filo di voce, – ha distrutto veramente molta roba?
– Fare un calcolo, sia pur approssimativo, è difficile, dato che la casa è incendiata…
Marcovaldo tornò nella via illuminata come fosse notte, affollata di mamme e bambini e zii e nonni e pacchi e palloni e cavalli a dondolo e alberi di Natale e Babbi Natale e polli e tacchini e panettoni e bottiglie e zampognari e spazzacamini e venditrici di caldarroste che facevano saltare padellate di castagne sul tondo fornello nero ardente.
E la città sembrava più piccola, raccolta in un’ampolla luminosa, sepolta nel cuore buio d’un bosco, tra i tronchi centenari dei castagni e un infinito manto di neve. Da qualche parte del buio s’udiva l’ululo del lupo; i leprotti avevano una tana sepolta nella neve, nella calda terra rossa sotto uno strato di ricci di castagna.
Usci un leprotto, bianco, sulla neve, mosse le orecchie, corse sotto la luna, ma era bianco e non lo si vedeva, come se non ci fosse. Solo le zampette lasciavano un’impronta leggera sulla neve, come foglioline di trifoglio. Neanche il lupo si vedeva, perché era nero e stava nel buio nero del bosco. Solo se apriva la bocca, si vedevano i denti bianchi e aguzzi.
C’era una linea in cui finiva il bosco tutto nero e cominciava la neve tutta bianca. Il leprotto correva di qua ed il lupo di là.
Il lupo vedeva sulla neve le impronte del leprotto e le inseguiva, ma tenendosi sempre sul nero, per non essere visto. Nel punto in cui le impronte si fermavano doveva esserci il leprotto, e il lupo usci dal nero, spalancò la gola rossa e i denti aguzzi, e morse il vento.
Il leprotto era poco più in là, invisibile; si strofinò un orecchio con una zampa, e scappò saltando.
È qua? È là? no, è un po’ più in là?
Si vedeva solo la distesa di neve bianca come questa pagina.
L’albero di natale
Molte leggende narrano che l’abete è uno degli alberi dal giardino dell’Eden.
Una narra che l’abete è l’albero della Vita le cui foglie si avvizzirono ad aghi quando Eva colse il frutto proibito e non fiorì più fino alla notte in cui nacque Gesù Bambino.
Un’altra leggenda narra che Adamo portò un ramoscello dell’albero del bene e del male con lui dall’Eden. Questo ramoscello più tardi divenne l’abete che fu usato per l’albero di Natale e per la Santa Croce.
La stella di natale In un piccolo villaggio messicano viveva una bambina di nome Altea, Giunse la notte di Natale e tutti andarono in chiesa con un piccolo dono per Gesù. Solo Altea rimase a casa perché non aveva nulla da donargli. All’improvviso apparve un angelo. «Perché sei così triste?» chiese alla bambina.
“Perché non ho nulla da portare a Gesù!” rispose Altea. Allora l’angelo le disse: “Tu hai una cosa molto importante da donare a Gesù: il tuo amore. Raccogli le frasche che crescono ai bordi della strada e portale in chiesa. Vedrai, il tuo dono sarà il più bello di tutti.”
Altea fece come le aveva detto l’angelo e depose un mazzo di frasche davanti all’altare. Mentre la bambina pregava le frasche si trasformarono in una pianta meravigliosa con foglie verdi e rosse: era nata la Stella di Natale.
Le palle di natale
A Betlemme c’era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù così egli andò da Gesù e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere.
Questo è il perché ogni anno sull’albero di Natale appendiamo le Palle colorate – per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.
Spesso gli adulti si dimenticano completamente dello Spirito del Natale, e aspettano ed usano questa festa solo per fare affari e guadagnare più soldi ( vedi i vergognosi ed ingiustificati ulteriori rincari dei carburanti di questi giorni ). Poi si lamentano che la maggior parte degli esseri umani li odino, come borbotta ringhiando il nostro vecchio zio Paperone, o, peggio ancora, restano indifferenti. Pensano soltanto ad accumulare denaro anche se ne posseggono già a iosa, denaro su denaro, poca importa se molti non abbiano un tozzo di pane ne un focolare dove scaldarsi… Così il mondo non può andare avanti e la crisi recente, non ancora passata, ne è la testimonianza più reale. Per fortuna esistono ancora i bambini,… quelli che un giorno saranno adulti, ma che ora sono ancora non del tutto intossicati ed avariati dalle ” logiche dei grandi “. Ed è proprio tra loro che bisogna spulciare per trovare l’esistenza di messaggi di speranza. I nostri ragazzi, se osservati con amore e non con superficialità, possono indicarci i percorsi che abbiamo scordato, spronarci a ricomporre le regole che abbiamo disintegrato, e, soprattutto a riscoprire quello Spirito di Solidariatà che è l’unico che possa assicurare un futuro alla nostra umanità. Matteo, il giovane figlio di 11 anni di un mio carissimo amico, Stefano Micheli, è l’autore di un tema scolastico scritto poco prima dell’inizio delle vacanze: il padre me lo ha mostrato con orgoglio per la semplicità del contenuto e per i valori espressi. Attraverso la sua pubblicazione voglio rendere onore alle nuove generazioni affinché siano il faro dei nostri ravvedimenti.
LO SPIRITO DEL NATALE Tra breve sarà Natale, la festività più adorata dai bambini: per loro è un momento magico. Questa festa la ricordo anche io, il 25 dicembre, un momento di armonia e di felicità da condividere con gli altri. Io, però, il 24 dicembre festeggio il mio compleanno e quindi non possono mancare i regali, in abbondanza ma,… il Natale non significa solo questo, vuol dire anche stare vicino ai bisognosi, agli anziani, ai malati e alla famiglia. Prima che arrivi, bisogna preparare ed addobbare la casa con presepi e alberi natalizi ma, bisogna prepararsi anche dentro, con preghiera e meditazione. Non per tutti, però, esiste addobbare la casa, perché sono senza tetto, o stare vicino alla famiglia, perché sono orfani. Quindi è carino aiutare queste persone per strappargli un sorriso di Buon Natale. Festeggiare il Natale vuol dire anche avere almeno un grande desiderio da esprimere; il mio è che tutti possano essere felici e dire “auguri e buone feste”. Auguro un Buon Natale a tutti ed in particolare alla mia famiglia. Questa festa serve per stare insieme e non è solo Babbo Natale che arriva con i regali: è anche una preparazione di preghiera per la nascita di Gesù bambino. Io spero che questo Natale si possa festeggiare con tanto amore e con la felicità di tutti, perché è una cosa veramente importante, lo so magari non si potrà fare, ma l’importante è che aiutiamo gli altri e che la nostra stella cometa continui a brillare, insieme ai nostri amici, anche a quelli che non ci sono più, come la maestra Rossella che voglio ricordare perché lei ha aiutato noi. Auguri di Buon Natale e Felice anno Nuovo.
Ci avviciniamo alle feste e gli eccessi prenderanno presto il sopravvento, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione e il bere. In quest’ultimo i giovani saranno ancor di più la categoria a rischio, soprattutto per dare sfogo al proprio desiderio di evasione alla routine e il cercare di stupire nell’inseguire il proprio limite di sopportazione. Ebbene, purtroppo, ciò avrà nel tempo delle conseguenze serie perché nulla, come l’alcol, è dannoso alla salute in genere ed al cervello in particolare, limandone le capacità future. Vi propongo un post pescato nel web e pubblicato da Palermomania.it
No all’alcol per i giovani, procura danni al cervello
Da una ricerca emerge che i bevitori under 25 sono soggetti a perdite di memoria e riduzione dell’orientamento
di Verdiana Di Marco | Articolo inserito il: 16/12/2014 – 01:40 | Articolo letto 1284 volte
“Solo un bicchiere, una volta ogni tanto, non fa male”. Invece no! A dare risposta a tale affermazione è il presidente della Società italiana di alcologia e direttore dell’Osservatorio alcol dell’Istituto superiore di sanità, Emanuele Scafato.
Secondo l’esperto, per chi ha meno di 25 anni, consumare più di sei bicchieri di alcol in poche ore, anche una sola volta a settimana, conduce in poco tempo a una riduzione del volume dell’ippocampo, quella parte del cervello che governa anche l’orientamento e la memoria.
Dalla ricerca emerge la preoccupazioni per le “grandi bevute”, occasioni che caratterizzano ogni fascia d’età.
Inoltre, Scafato ha ricordato che all’alcol sono riconducibili ben 200 patologie e 12 tipi di cancro.
Palermomania.it – Testata Giornalistica registrata al Tribunale di Palermo n° 15 Del 27/04/2011
Sempre vigili su quanto ci informa il blog, vi propongo un post pubblicato da estense.com – Quotidiano di Ferrara alcune considerazioni a firma di Ivana Abrignani.
Ebola, quando il problema ci tocca, solo per accidente
Guardiamo con ammirazione al continuo aumento dell’aspettativa di vita e di buona salute in alcune parti del mondo, e con allarme al fallimento del miglioramento in altri.
Quest’articolo nasce da una notizia da prima pagina, che riferisce il contagio di un medico italiano in Sierra Leone, per fortuna il paziente sta bene ci confermano, curato con un farmaco sperimentale. Mi risuona in mente la rassicurazione da parte dei nostri politici, “Abbiamo macchine e medici unici al mondo, abbiamo la situazione sotto controllo”, e contemporaneamente la stima di persone contagiate e morte a “causa”dell’Ebola. Finora sono state circa venti le persone evacuate dai paesi colpiti dall’epidemia di cui dieci in Europa, in rapporto alle sei mila persone del continente africano; questo a sottolineare non la gara delle morti, ma l’uso inappropriato del termine “emergenza”, molto di moda oramai (“emergenza migranti, emergenza sbarchi, emergenza Aids, emergenza Ebola”).
Viene definita emergenza ciò che riguarda gli altri e che prima o poi potrebbe venir a intaccare il nostro territorio; va da sé che non è difficile associare le “varie emergenze”, dimostrazione di questi facili scivoloni sono le parole di Beppe Grillo, sul suo blog: «Chi entra in Italia con i barconi è un perfetto sconosciuto: va identificato immediatamente, i profughi vanno accolti; gli altri, i cosiddetti clandestini rispediti da dove venivano. Chi entra in Italia sia sottoposto a visita medica obbligatoria all’ingresso per tutelare la salute sua e degli italiani». Secondo Grillo i recenti fenomeni globali, dalla diffusione dell’Ebola all’Isis avrebbero contribuito a “produrre flussi migratori insostenibili”, l’Ebola sta penetrando in Europa ed è solo questione di tempo perché in Italia ci siano i primi casi.
Così, ad esempio anche l’Australia chiude le porte ai cittadini dell’Africa occidentale per prevenire l’arrivo di Ebola. Il governo ha infatti annunciato una serie di misure che mirano a sospendere l’immigrazione proveniente dai paesi più colpiti dal virus, nel tentativo di impedirne l’arrivo sul proprio territorio. La prima misura è quella dello stop temporaneo al rilascio dei visti per chi proviene da Sierra Leone, Liberia e Guinea, paesi a cui si applicano i provvedimenti messi a punto da Canberra.
In risposta all’epidemia di Evd (Ebola virus disease) che ha interessato diversi paesi in Africa occidentale nel 2014, il Ministero della salute ha emanato nuove circolari per rafforzare la sorveglianza ai punti di ingresso internazionali, la segnalazione e la gestione di eventuali casi sospetti di Evd, sono state inoltre emanate soprattutto raccomandazioni per viaggiatori internazionali. Silvia Testi, reponsabile dell’Ufficio Africa di Oxfam Italia, spiega: «Secondo le stime della Banca Mondiale la diffusione dell’Ebola costerà alla Sierra Leone 163 milioni di dollari (il 3,3% del PIL) e alla Liberia 66 milioni (il 12% del PIL). La chiusura dei confini ha ridotto drasticamente il commercio transnazionale, mentre il lavoro agricolo è stato interrotto, ne consegue che c’è meno cibo nei mercati locali e quello che c’è è molto più costoso.
In alcune aree questo significa che le persone stanno già fronteggiando una grave scarsità di cibo, soprattutto in Liberia e Sierra Leone, due paesi dove l’agricoltura è più diffusa».
Indubbiamente, nel corso degli ultimi cinquant’anni si sono verificate grandi trasformazioni tecnologiche in campo medico, e senz’altro se ne verificheranno ancora. In ogni caso, bisogna ricordare che i maggiori progressi nella salute e nell’aspettativa di vita del ricco Occidente non debbono molto a interventi medici ad alta tecnologia. Allo stesso modo, le malattie che affliggono ancora oggi la maggior parte dell’umanità e continueranno a farlo, in un ipotizzabile futuro, non richiedono soluzioni tecnologicamente raffinate- semplicemente acqua pulita, cibo a sufficienza, stipendi decorosi e politici e burocrati moderatamente competenti- e sembra improbabile che gli sviluppi della biomedicina migliorino significativamente tali aspetti.
A questo proposito, propongo un intervento di Aldo Morrone, consulente dell’OMS e del ministero della salute, sulla questione: «L’Ebola è la punta di un iceberg, e al di sotto di questo iceberg c’è il disinteresse del Nord del mondo per le malattie infettive che continuano a mietere vite senza sosta. Vogliamo parlare di Ebola? Benissimo. Prima però, ricordiamo qualche numero. Finora ci sono stati circa tremila casi di febbre emorragica. Ogni anno la diarrea infantile uccide due milioni di bambini tra l’Africa e il sud est asiatico, mentre la tubercolosi, trasmissibile per via aerea, ne fa morire un milione. Le cifre parlano da sole, penso».
Questo è ciò che la Schoepf chiama “ecologia politica della malattia”, che sarà in larga misura a determinare perché alcuni individui piuttosto che altri abbiano una maggiore probabilità di ammalarsi. Chiaramente cattiva alimentazione, riparo inadeguato, assistenza sanitaria inefficace, contribuiscono a una scarsa risposta immunitaria e una maggiore vulnerabilità a prendere infezioni. Se, dunque la malattia è spesso legata alla violazione dei diritti fondamentali, allora la terapia più adeguata è senza dubbio la promozione di quei diritti e della giustizia sociale. Ecco che qui si inserisce il concetto di violenza strutturale, ovvero quel particolare tipo di violenza che viene esercitata in modo indiretto, che non ha bisogno di un attore per essere eseguita, che è prodotta dall’organizzazione sociale stessa, dalle sue profonde diseguaglianze e che si traduce in patologie, miseria, povertà, mortalità infantile, abusi sessuali.
La malattia, la violenza e la morte, sono state spiegate come effetti di inevitabili sventure casualmente e geograficamente distribuite, come effetti di costumi locali dei paesi del terzo mondo, più che in termini di differenze di distribuzione del potere tra paesi e gruppi sociali. Se, la violenza strutturale affonda le sue lame attraverso la limitazione della capacità d’azione dei soggetti che occupano le posizioni più marginali all’interno dei contesti segnati da profonde diseguaglianze sociali, ecco che l’Ebola, l’Hiv, la Tubercolosi, la Violenza politica e di genere, le Discriminazioni razziali vengono a configurarsi come specifiche modalità in cui la sofferenza sociale si materializza nella vita delle persone, come incorporazione di più ampi processi sociali: la natura viene così socializzata, il corpo emerge a processo storico, il rischio statistico e un beffardo destino si trasformano in responsabilità politica. A questo punto si può parlare di vere e proprie “patologie del potere”, di cui la biomedicina coglie tracce individuali, attraverso un linguaggio riduzionistico, senza però riuscire a far luce sul processo che ne costituisce l’ampia realtà.
I toni sono di allarme e preoccupazione: “Misure di sorveglianza per contrastare la diffusione dell’Ebola” è il titolo di una delle circolari che il Ministero della Salute ha emesso in questi giorni, ma il problema riguarda i crescenti sbarchi di immigrati provenienti dalle coste africane che potrebbero portare da noi malattie gravi come l’Ebola e la Tubercolosi. In particolare si stanno prendendo misure di protezione sui punti internazionali d’ingresso: porti, aeroporti, frontiere; mari, cieli e terre di un unico universo.
Il fatto stesso che l’Ebola venga definita esclusivamente, riducendo, per questioni logistiche, ai minimi termini lo studio antropologico al riguardo, nella sua accezione bio-medica quindi mera patologia (disease), e neanche lontanamente individuale (illness) e sociale (sickness), dovrebbe farci riflettere. Non tenere conto anche di questi significati, può pregiudicare gli “aiuti” che offriamo a questi paesi, poichè del resto la malattia non è altro che un riassunto che mette insieme dei fatti proiettandoli sul palcoscenico del corpo.
La lettera del bambino di 4 anni che ha incantato il mondo
Molto spesso alla domanda “Che cos’è l’amore?” sono in pochi quelli che riescono a darne una definizione o a descrivere questo forte sentimento.Il bello è invece quando sono i bambini ad esprimere amore e a dichiarare amore in quanto lo fanno nella maniera più dolce e innocente che possa esistere.
Proprio come ha fatto Bennet,un bambino di quattro anni malato di tumore da quando aveva solo sei mesi,che ha dettato alla sua mamma la lettera da scrivere e inviare a Baily,la bambina dei suoi sogni.
“Vuoi venire a giocare a casa mia? Giochiamo insieme. Sei bella come un pony o una coccinella. Non sono sicuro a quale dei due assomigli di più. Vieni a casa mia a mangiare il formaggio con me. Ti voglio bene e la notte scorsa ho perso un dentino. Vorrei fare un trucco magico per te e farti vedere la battaglia dei robot. Con affetto, Bennet”.Parole d’amore sincere che hanno sciolto il cuore del mondo intero.
Cari amici lettori di Famiglie d’Italia, mi scuso con voi se ultimamente scrivo molto poco su questo blog. Ebbene sì, lo confesso, ma gli stimoli mi sono venuti a mancare. Troppe cose non funzionano nel nostro Paese e le parole, purtroppo, servono ormai a ben poco: sono i fatti che occorrono, ma in Italia è quasi impossibile! Incertezza, confusione e corruzione la fanno da padroni ormai incontrollabili. Nessun campo può dirsi escluso, dalla politica, alle istituzioni…tutte, anche religiose, a volte. Perché l’elemento in comune rimane l’uomo con le sue debolezze e le sue falsità. E il più debole soccombe! Sono partito sei anni fa a comunicare con voi con tanto entusiasmo e prospettive, mi ritrovo solo e con poche soluzioni da offrirvi. Il giocattolo Italia si sta sfaldando ed il lavoro possono pure toglierlo dal primo emendamento della Costituzione… perché l’Italia non è più una repubblica fondata sul lavoro e forse non lo è mai stata. Da noi ora, come in gran parte del mondo, regna l’incertezza… ma da noi in modo particolare. La soluzione forse, come ho sempre detto, sta nella terra. Ho scoperto che affittare la terra e lavorarla costa pochissimo. La terra per dare i frutti bisogna lavorarla, ma a noi hanno disinsegnato a lavorare per cui i lavori più pesanti li abbiamo lasciati agli altri. Chi è entrato nel nostro Paese conosceva le nostre debolezze e con il sudore ha debellato i nostri pregiudizi colmi di diritti e svuotati dei doveri. Per riprendere a volare occorre riconciliarci con la fatica ed il sudore. Credetemi, stiamo tornando inesorabilmente come ai tempi post bellici, e forse peggio. CORAGGIO, armiamoci di buona volontà e spirito di iniziativa, non aspettiamo più gli altri, inventiamoci il lavoro e…RIPRENDIAMO A VOLARE CON LE NOSTRE ALI.
Mesi fa assieme abbiamo deciso di tentare un obiettivo folle: organizzare la mobilitazione mondiale contro il cambiamento climatico più grande della storia. Il 21 settembre abbiamo superato ogni aspettativa, con una Marcia Globale per il Clima *6 volte* più grande di qualsiasi iniziativa simile vista in passato!!! Questi erano 80 isolati del centro di New York:
E queste erano Londra, Berlino, Bogota, Parigi, Delhi e Melbourne…
Oltre 675mila persone in tutto il mondo sono scese in piazza. È stata una magnifica espressione del nostro amore per tutto ciò che è in pericolo a causa del cambiamento climatico, e della nostra speranza di salvare il pianeta e costruire una società alimentata da energie pulite e rinnovabili al 100%. Cliccate qui per vedere tante altre foto della giornata:
ConEnormeGratitudine
Ricken, Emma, Alice, Iain, Nataliya, Patri, Oliver, Diego, Rewan e tutto il team di Avaaz
P.S. Abbiamo collaborato con migliaia di organizzazioni per rendere possibile questo giorno, e in particolare grazie ai nostri amici di 350. Ma la nostra comunità merita di celebrare questo passo in avanti che abbiamo fatto. Il team e la comunità di Avaaz hanno avuto un ruolo centrale nella stragrande maggioranza delle marce e degli eventi che si sono tenuti. Il Guardian l’ha definito “trionfo organizzativo” e la BBC ha detto che “le marce hanno portato più gente che mai per le strade, grazie alla forza organizzativa della comunità online di Avaaz.” Abbiamo messo sul campo centinaia di organizzatori e migliaia di volontari, e le donazioni della nostra comunità hanno fornito milioni a questa impresa. Le sfide del nostro tempo ci richiedono di essere sempre migliori, ed è quello che abbiamo fatto tutti assieme, crescendo e diventando un movimento nuovo e ancora più efficace, un movimento che è ora dentro e fuori da internet. Grazie di cuore a chiunque ha partecipato e ha reso possibile tutto questo.
Prevenire dovrebbe sempre essere meglio che curare, ma non sempre la logica e l’interesse sulla salute della collettività vincono nelle strategie delle multinazionali della medicina dove a tanta sofferenza tanto business corrisponde. Per cui, penso, che un po’ di conoscenza ed interesse personale possano in qualche modo sopperire alla carenza di informazione e questo può avvenire anche offrendo il piccolo apporto di ognuno di noi. Oggi Famiglie d’Italia vuole porre alla vostra attenzione la manifestazione sulla prevenzione del cancro che si svolgerà a Torino dal 19 al 21 settembre. In proposito vi proponiamo un post edito da Emerge il Futuro Blog . Buona lettura.
A Torino il primo Festival sulla prevenzione del cancro
Se i vari linguaggi parlati alle più disparate latitudini del mondo si limitassero a denotare oggetti appartenenti ad una sfera dell’esistenza squisitamente fisica (come “tavolo”, “Pietro” o “gonorrea”), forse i traduttori avrebbero una vita più semplice e meno stressante, ma sicuramente si perderebbero tutti quei simpatici malintesi e quelle imprescindibili ambiguità che riguardano i termini astratti.
Prendendo ad esempio la parola “prevenzione”, è curioso osservare come ognuno di noi la associ ad un significato differente e faccia ricadere all’interno del suo ambito le più disparate attività e correnti di pensiero, unite sotto la bandiera comune della lotta all’insorgenza di una patologia.
Con l’intento manifesto di rischiarare il buio delle ambiguità semantiche e di offrire una panoramica a 360 gradi sulla prevenzione nei confronti delle forme tumorali più diffuse, nasce a Torino il festival “Cancro? No Grazie”,meeting della durata di tre giorni dedicato alla lotta contro il cancro e all’informazione priva di preconcetti.
L’evento, al via dal 19 al 21 settembre, rappresenta il primo festival al mondo dedicato alla prevenzione nei confronti del cancro e si compone di una pluralità di eventi, incontri, conferenze e dibattiti destinati ad animare il capoluogo Piemontese con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su quella che rappresenta la principale emergenza sanitaria del nostro secolo e che può essere debellata a partire dall’adozione di uno stile di vita salutare e privo di inutili fattori di rischio.
Si stima infatti che almeno il 40% delle neoplasie sia evitabile semplicemente a partire dall’introduzione di alcuni (piacevoli)accorgimenti all’interno della routine quotidiana e abbinando il ritrovato interesse verso attività sportiva e alimentazione sana con un’opera di prevenzione diagnostica atta a cogliere in anticipo l’eventuale insorgenza di una forma tumorale.
Proprio sulla duplice direttrice legata a scienza e sport si muoverà il festival “Cancro? No grazie”: il versante legato a diagnosi, prognosi e cura vedrà la presenza di numerosi specialisti uniti nell’esporre i risultati raggiunti negli ultimi anni grazie all’impiego delle più moderne tecnologie in ambito sanitario, mentre un’ampia delegazione di atleti (tra i quali Ciro Ferrara, Massimiliano Allegri e Maurizio Damilano) invaderà la futura Capitale dello sport 2015 per spiegare i vantaggi di una costante attività fisica in fase di prevenzione.
È infatti ormai assodato che, al crescere delle percentuale di guarigione legata allo sviluppo delle tecniche mediche (da una speranza di sopravvivenza pari al 30% sul finire degli anni ’70, fino all’attuale 60%), l’insorgenza delle più diffuse forme tumoralirisulti ridotta dall’adozione di uno stile di vita non sedentario e legato allo sport: 20 minuti di esercizio fisico al giorno sono infatti sufficienti per abbassare i fattori di rischio del 40%, con benefici ancora maggiori in termini statistici presso tutte le persone sovrappeso, portate per loro natura ad ulteriori elementi di rischio.
Il festival è organizzato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), dalla fondazione “Insieme contro il cancro” e da Healthy Founfation ed è stato ideato per far fronte ad una lacuna informativa che vede l’Italia all’ultimo posto in Europa in ambito di prevenzione: stando a quanto sostiene il dottor Airoldi sulle colonne del quotidiano La Stampa, il nostro Paese investe in programmi di prevenzione solo il 0,5% della spesa sanitaria complessiva, configurandosi come fanalino di coda del Vecchio continente e facendo riportare stime decisamente inferiori alla media dell’Ocse.
Il festival è rivolto a chiunque sia interessato ad approfondire le proprie conoscenze in materia e a coloro che vorranno calarsi nell’atmosfera torinese circondata da dibattiti e appuntamenti finalizzati a rendere il termine “prevenzione” talmente chiaro da rendere persino superfluo il lavoro dei traduttori e dei linguisti di tutto il mondo.
Quest’oggi, per abituarvi piano piano al triste rientro post vacanziero, grazie all’amico Andrea Ben Leva che mi ha inviato un bellissimo e romantico post,vi faccio fare un salto indietro di un paio di giorni, agli sgoccioli delle vacanze estive, facendovi passeggiare a…
Milano 31 Agosto 2014
Il vento fa muovere le nuvole velocemente, il sole è bello caldo. Tutta la luce si riflette sullo specchio d’acqua del Naviglio Pavese.
Camminando le strade sono vuote, sembra che la gente si stata aspirata via da un’aspirapolvere gigante, perchè in lontananza si sente del rumore in sottofondo. Ma tutto bene, è bello passeggiare in questa milano “solo per noi”. Oggi si visiterà Milano sotto un’altra veste, guardandola dal basso, a pelo d’acqua, navigando nei navigli storici. Camminando arriviamo al bivio con il Naviglio Grande, sull’Alzaia; e come giriamo l’angolo, il rumore assordante e la quantità di persone ci investe. Ecco l’aspirapolvere… i mercatini sul Naviglio. Tanta gente che vuole godersi la domenica di sole, finchè dura.
Oggi si visiterà Milano sotto un’altra veste, guardandola dal basso
Tante bancherelle, ma tanto fascino anche per i locali, e le mostre aperte. Un luogo da esplorare, un momento di interiorizzazione per capire quanta bellezza ci circonda e si trova a due passi. Pronti! Partenza! Via! giro sui barconi che dura cinquanta minuti, con tanto di spiegazione. Questo paesaggio, questa Milano che scorre ai lati della barca, questi ponti antichi ma anche moderni, che passano sopra le nostre teste e che simboleggiano il vecchio e il nuovo, uniti in questa città meravigliosa. Poi atterrati all’Alzaia un giretto veloce sulla riva e poi l’ingresso in questa specie di cortile segreto, un giardino magico, rivestito d’edera e di fiori, con mostre da visitare. Qualche passo e ci troviamo nell’appartamento di un fotografo che espone e vende le sue opere, un uomo bizzarro, ma che colpisce per la sua semplicità. Due stanze, la cucina, lo studiolo, una stanza con le preti piene di immagini di Milano. E’ svedese, parla poco italiano e male l’inglese, ma a voler comunicare riusciamo a capirci. Ma questa storia ve la racconterò in un altro contesto, con un articolo dedicato.
Invasi dal rumore della gente, abbiamo continuato il nostro viaggio, un workshop fotografico, oggi mi sono dedicato a tre cose, le grandi distanze, l’immobilità, e i manichini, persone che diventano figuranti per dare un senso all’immagine. In questa Milano tutta da navigare, abbiamo scoperto un infopoint di EXPO’ 2015, e dopo essere stati guidati sul cantiere dei lavori, ed aver visto un video virtuale su come diventerà la darsena, siamo partiti per il nostro tour finale, Porta Ticinese, e conclusione negozi e vie fino al rientro.
Non avrebbe stonato la presenza di Leonardo da Vinci a piedi
Sembra di tornare al passato, in un contesto medievale, assieme alle persone che vivevano Milano, non avrebbe stonato la presenza di Leonardo Da Vinci a piedi, che passeggia in mezzo alla gente. Forse non si riuscirà, ma sarebbe bello che per l’Expò in arrivo, durante il periodo espositivo, ci fossero degli attori in giro per Milano, vestiti in costume storico, che semplicemente camminando con la gente, facessero pensare le persone, ricordare la storia, anche senza parlare.
Una Milano da vivere, che si sta sempre più preparando a queste micro-gite in centro, alla scoperta di piccole ma preziose realtà, che la velocità e i ritmi della nostra vita, ci fanno sfuggire, distraendoci da quelle che sono le possibilità di divertimento, socializzazione e cultura, senza dover viaggiare per chilometri. Bello scoprire quanto semplice e bella può essere una città, vissuta senza aspettative. Un’esperienza da fare.
Questo meraviglioso articolo scritto da Andrea Socci e pubblicato fra le news di Libero del 13 luglio u.s. mi è stato inviato dall’amico Andrea, presidente dell’Associazione Movimento per la Vita di Desenzano del Garda. Io ve lo ripropongo invitandovi a leggerlo per accendere una lampadina di speranza che vi aiuti a trascorrere più serenamente il finale di una settimana, purtroppo, foriera di notizie sempre più tragiche di guerra, violenza e disperazione.
LA STORIA DEL BAMBINO CHE E’ STATO IN BRACCIO A GESU’
E’ il 2003. Il 4 luglio – festa nazionale negli Stati Uniti – una normale famiglia americana che vive nel Nebraska, a Imperial, paesino agricolo che ha appena “duemila anime e neanche un semaforo”, sta stipando di bagagli una Ford Expedition blu.
I Burpo partono verso Nord per andare a trovare lo zio Steve, che vive con la famiglia a Sioux Falls, nel South Dakota (hanno appena avuto un bambino e vogliono farlo vedere ai parenti).
L’auto blu imbocca la Highway 61. Alla guida c’è il capofamiglia Todd Burpo, accanto a lui la moglie Sonja e nel sedile posteriore il figlio Colton, di quattro anni, con la sorellina Cassie.
Fanno rifornimento a una stazione di servizio nel paese dove nacque il celebre Buffalo Bill prima di affrontare immense distese di campi di granoturco.
E’ la prima volta, in quattro mesi, che i Burpo si concedono qualche giorno di ferie dopo lo scioccante vicenda che hanno vissuto il 3 marzo di quell’anno.
Il piccolo Colton quel giorno aveva cominciato ad avere un forte mal di pancia. Poi il vomito. Stava sempre peggio finché i medici fecero la loro diagnosi: appendice perforata.
Fu operato d’urgenza a Greeley, in Colorado. Durante l’operazione la situazione sembrò precipitare: “lo stiamo perdendo! Lo stiamo perdendo!”.
Il bambino era messo molto male e passò qualche minuto assai critico. Poi però si era ripreso. Per il babbo e la mamma era stata un’esperienza terribile. Lacrime e preghiere in gran quantità come sanno tutti coloro che son passati da questi drammi.
IN CIELO
Dunque, quattro mesi dopo, il 4 luglio, la macchina arriva a un incrocio. Il padre Todd si ricorda che girando a sinistra, a quel semaforo, si arriva al Great Plains Regional Medical Center, il luogo dove avevano vissuto la scioccante esperienza.
Come per esorcizzare un brutto ricordo passato il padre dice scherzosamente al figlio: “Ehi, Colton, se svoltiamo qui possiamo tornare all’ospedale. Che ne dici, ci facciamo un salto?”.
Il bambino fa capire che ne fa volentieri a meno. La madre sorridendo gli dice: “Te lo ricordi l’ospedale?”.
Risposta pronta di Colton: “Certo, mamma, che me lo ricordo. È dove ho sentito cantare gli angeli”.
Gli angeli? I genitori si guardano interdetti. Dopo un po’ indagano.
Il bimbo racconta con naturalezza i particolari: “Papà, Gesù ha detto agli angeli di cantare per me perché avevo tanta paura. Mi hanno fatto stare meglio”.
“Quindi”, domanda il padre all’uscita del fast food, “c’era anche Gesù?”. Il bimbo fece di sì con la testa “come se stesse confermando la cosa più banale del mondo, tipo una coccinella in cortile. ‘Sì, c’era Gesù’ ”.
“E dov’era di preciso?”, domandò ancora il signor Burpo. Il figlio lo guardò dritto negli occhi e rispose: “Mi teneva in braccio”.
I due genitori allibiti pensano che abbia fatto un sogno nel periodo di incoscienza. Ma poi vacillano quando Colton aggiunge: “Sì. Quando ero con Gesù tu stavi pregando e la mamma era al telefono”.
Alla richiesta di capire come fa lui, che in quei minuti era in sala operatoria in stato di incoscienza, a sapere cosa stavano facendo i genitori, il bambino risponde tranquillamente: “Perché vi vedevo. Sono salito su in alto, fuori dal mio corpo, poi ho guardato giù e ho visto il dottore che mi stava aggiustando. E ho visto te e la mamma. Tu stavi in una stanzetta da solo e pregavi; la mamma era da un’altra parte, stava pregando e parlava al telefono”.
Era tutto vero. Così come era vero che la mamma di Colton aveva perduto una figlia durante una gravidanza precedente.
Colton, che era nato dopo, non l’aveva mai saputo, ma quella sorellina lui l’aveva incontrata in cielo e lei gli aveva spiegato tutto. Sconvolgendo i genitori: “Non preoccuparti, mamma. La sorellina sta bene. L’ha adottata Dio”. Di lei il ragazzo dice: “non la finiva più di abbracciarmi”.
STUPORE E CLAMORE
Comincia così, con la tipica semplicità dei bambini che raccontano cose eccezionali come fossero normali, una storia formidabile che poi il padre ha raccontato in un libro scritto con Lynn Vincent, “Heaven is for Real” (tradotto dalla Rizzoli col titolo “Il Paradiso per davvero”).
E’ da questo libro – che negli Stati Uniti è stato un best-seller – che vengono queste notizie. All’uscita, nel 2010, conquistò la prima posizione nella top ten del “New York Times” e subito dopo dalla storia di Colton è stato tratto un film che è appena arrivato in Italia (dal 10 luglio), sempre col titolo “Il Paradiso per davvero”.
Il film, col marchio Tristar, è diretto da Randall Wallace (lo sceneggiatore di Braveheart) e negli Stati Uniti ha avuto un grande successo.
Può anche essere che da noi sia un flop perché gli americani hanno una sensibilità religiosa molto più profonda di quella europea (il caso americano smentisce il paradigma della sociologia moderna secondo cui la religiosità declinerebbe quanto più aumenta la modernizzazione).
La storia (vera) del piccolo Colton peraltro è una tipica esperienza di pre-morte, cioè un fenomeno che l’editoria e la cinematografia americana in questi anni hanno scoperto e raccontato molto. Anche perché i maggiori istituti di sondaggio Usa hanno scoperto che si tratta di un’esperienza estremamente diffusa.
UN FENOMENO ENORME
Ne ho parlato nel mio ultimo libro, “Tornati dall’Aldilà”, perché negli ultimi quindici anni la stessa medicina ha studiato approfonditamente questi fenomeni scoprendo che non sono affatto da considerarsi allucinazioni, ma sono esperienze reali, vissute da persone in stato di morte clinica.
Gli studiosi (io ho citato specialmente i risultati di un’équipe olandese) si sono trovati a dover constatare che la coscienza (anzi una coscienza allargata, più capace di capire) continua a vivere fuori dal corpo anche dopo che le funzioni vitali del corpo e del cervello sono cessate.
E’ quella che – con linguaggio giornalistico – ho chiamato “la prova scientifica dell’esistenza dell’anima”. Questi stessi studiosi, con le loro analisi scientifiche, concludono che non si possono spiegare queste esperienze se non ricorrendo alla trascendenza.
Mi sono imbattuto personalmente in questo mistero con la vicenda di mia figlia e mi sono reso conto, dopo aver pubblicato il mio libro, che tanto grande è l’interesse popolare, della gente comune, quanto impossibile è in Italia una discussione sui giornali (o in altre sedi) fra intellettuali e studiosi, su questi fenomeni.
C’è letteralmente paura di guardare la realtà. La nostra è la cultura dello struzzo, quello che mette la testa dentro la sabbia per non vedere qualcosa che non vuole vedere.
C’è come una censura sull’Aldilà e – in fondo – sul nostro destino eterno: “Tutto cospira a tacere di noi/ un po’ come si tace un’onta/ forse un po’ come si tace/ una speranza ineffabile” (Rilke).
Ma paradossalmente la censura sull’Aldilà (e specialmente sull’Inferno) c’è anche in un certo mondo cattolico che ha adottato “la sociologia come criterio principale e determinante del pensiero teologico e dell’azione pastorale” (Paolo VI).
Così accade che, paradossalmente, la scienza è arrivata a constatare il soprannaturale, in questi fenomeni, prima del mondo ecclesiastico e teologico.
Eppure la Vita oltre la vita sarebbe l’unica cosa davvero importante. La sola degna di meditazione. E’ il grande conforto nel dolore della vita. E’ stata la grande meta dei santi.
Forse bisogna aver assaporato proprio il dolore della vita e della morte per capire. Per avere questo sguardo e questa saggezza. Per lasciarsi consolare dalla Realtà di quell’abbraccio di felicità.
Eric Clapton, alla tragica morte del suo bimbo, scrisse una canzone struggente, “Tears in Heaven”, dove fra l’altro diceva: “Oltre la porta c’è pace ne sono sicuro/ E lo so non ci saranno più lacrime in Paradiso”.
Noi poveri italiani, alla mercé di politici nazionali ed internazionali alleati in un disegno criminale per spolparci, annientarci e svenderci al miglior offerente. La nostra salute fisica e psichica si appresta al default definitivo il dramma è che subiamo il tutto con ” rassegnata ” rassegnazione. Nessuno si ribella e chi ci prova, in qualche modo, viene messo a tacere… come ad esempio si è dissolto come neve al sole il movimento di ” forconi “. Ormai non ci resta che piangere… no, le lacrime son finite…allora ammalarci o suicidarci… non ne vale la pena, amici! Siamo in piena terza guerra mondiale con, a quanto pare, la Germania nuovamente che ci riprova a prendere il comando e ad imporre le regole. Usa armi nuove, raffinate e più terribili. I lagher ce li stiamo costruendo da soli, sfrattati dalle banche e dalle case, destinati all’inedia. Chissà se i cittadini italiani ed europei riusciranno a trasformarsi in nuovi partigiani della libertà e della speranza? Io, per ora, mi limito ad evidenziare qualche post, come quello odierno pubblicato da www.today.it… domani?…boh, forse risveglierò la mia chitarra, ed allora?…
” Pazzi ” per la crisi: peggiora la salute mentale degli italiani
L’ormai infinito momento di recessione economica peggiora notevolmente lo stato di salute degli italiani: nel Belpaese più di due milioni e mezzo di depressi. E’ allarme per le donne.
ROMA – Crisi e salute. Peggiora una, peggiora l’altra. E’ il dato che emerge con forza dall’indagine Istat “Tutela della salute e accesso alle cure”. “La depressione è il problema mentale più diffuso e riguarda 2,6 milioni, il 4,4% della popolazione, di persone con prevalenze doppie tra le donne in tutte le età”.
Un male che, evidentemente, colpisce sempre più persone. Come dimostra l’indice che definisce la salute mentale che – spiega il documento – “è sceso di 1,6 punti nel 2013 rispetto al 2005, in particolare per i giovani fino a 34 anni, -2,7 punti, soprattutto maschi, e gli adulti tra 45-54 anni, -2,6. Ancora maggiore il calo per la popolazione straniera, dove arriva tra le donne a 5,4 punti. Per quanto riguarda la salute fisica percepita – continua il dossier sullo studio Istat – il dato è sostanzialmente stabile, con il 7,3% delle persone sopra i 14 anni che dichiara di stare male o molto male, in leggero calo rispetto al 7,4% del 2005″.
“Rimangono invariate – sottolinea ancora il rapporto – le disuguaglianze sociali nella salute, nei comportamenti non salutari, nelle limitazioni all’accesso ai servizi sanitari. Permane lo svantaggio del Mezzogiorno rispetto a tutte. Le dimensioni considerate”. Chiari i motivi che portano alla depressione, e quasi tutti collegati all’ormai infinito momento di recessione economica: eventi dolorosi, consapevolezza di avere una grave malattia, la difficoltà di gravi problemi economici, la perdita del lavoro sono le cause di depressione più diffuse.
Non solo crisi, però. Perché crolla, anche in termini assoluti, lo stato di salute degli italiani. Rispetto al 2005, a parità di età, sono infatti aumentati in Italia i tumori maligni, +60%, le malattie della tiroide, +52%, l’Alzheimer e le demenze senili, +50%, l’emicrania ricorrente, +39%, le allergie, +29%. Queste variazioni nel tempo – precisa l’Istat – riflettono l’impatto di molti fattori, tra cui i progressi della medicina e il miglioramento delle capacità diagnostiche, la migliore consapevolezza e informazione dell’intervistato sulle principali patologie rispetto al passato, i cambiamenti epidemiologici in atto in una popolazione che invecchia e progredisce in termini di istruzione. Una popolazione, comunque, sempre più povera.
Un buon motivo che, al solito, è un fiume di denaro… Per far nascere un bambino da fecondazione in provetta si fa il sacrificio, cioè la morte, di decine di embrioni, cioè di decine di bambini. Un business da miliardi e miliardi di dollari. Da venticinquemila a quarantamila dollari per comprare il bebè su misura. Diciamo la verità: oggi la scienza e la tecnica ci stanno proprio viziando. Se puoi permettertelo on un volo raggiungi l’altra parte del mondo in poche ore. Puoi parlare con chi vuoi, in qualsiasi istante, usando il telefono cellulare. Puoi cambiare faccia perché la tua non ti piace più con un buon chirurgo estetico. Puoi accedere a milioni di informazioni in pochi secondi navigando in Internet…
… e puoi essere mamma a tutti i costi, anche se hai raggiunto i cinquanta e passa anni, con la fecondazione artificiale. Il menù è estremamente ricco, si può scegliere la donatrice dell’ovulo, il donatore dello sperma, si può scegliere l’utero in affitto, insomma, gli acquirenti non devono fare nulla. Poco importa che il seme impiegato non sia quello del marito. Importa ancora meno se l’utero utilizzato non è quello della mamma vera e propria, ma preso in affitto da una parente o da un’amica, se non da una sconosciuta, come si fa con la casa al mare. Eliminare coloro che sono portatori di una malattia genetica identificabile con questa tecnica diventa necessario.Quello che succede in queste cliniche degli orrori non ha nulla da invidiare ai campi di sterminio nazisti o ai gulag: “Tutti gli embrioni che ad una prima analisi non corrispondono alle richieste fisiche dei clienti, o che rivelano una malattia genetica vengono eliminati”. A parte scegliere, pagare, e ritirare il pacco dopo nove mesi. Con questa risolutiva sembra che tutti facciano la fila per avere il bambino dei loro sogni, perché è questo che vogliono un bambino su misura,per non parlare di quelli che arrivano dall’ estero… infatti ormai il business si è diffuso su larga scala ”tra richiedente e genetisti”. Tutto è possibile, quindi tutto è lecito, dicono. Non c’è da scandalizzarsi, assicurano i “benefattori della maternità”.
Non è difficile pensare quanto possa fare gola un giro d’affari del genere in Europa. In quanti stanno premendo per l’approvazione di leggi che svincolino definitivamente la fecondazione eterologa e l’eliminazione degli embrioni di scarto? In quanti stanno lavorando dietro le quinte per affermare il “diritto al bambino”, cioè il diritto a comprarsi un essere umano? Dopotutto l’adozione per le coppie omosessuali tende a questo risultato. Alla nascita del pargolo, poi, TV e stampa si precipiteranno a raccontare il miracolo laico, a decantare le virtù di una tecnica che appaga ogni desiderio di maternità, anche in donne non più fertili, a celebrare le doti professionali di quel medico che dispensa felicità alle coppie disperate… Tutto sembra bello, giusto, idilliaco: a guardare quella creatura, concepita tra provette e siringhe, quasi ci si commuove. Oltre a ciò, a costo di dispiacere, si può ricordare che non sta scritto da nessuna parte che è lecito ricorrere ad ogni mezzo pur di avere un figlio. E a costo di dispiacere ancor di più, diciamo con franchezza che spesso, dietro un esasperato desiderio di maternità, non c’è vero amore per la creatura che verrà, come molti sostengono con toni persuasivi e “buonisti”, tanto in voga oggi. Matrimoni gay, adozioni gay, eterologa, reato di omofobia, utero in affitto… sono già realtà in diversi paesi, una realtà che sta cercando di penetrare anche in Italia.
E quindi come garantire il diritto al bambino? Semplice, basta importare il metodo americano in Europa, basta passare dal dottor Bentipensa di turno. Cliniche che si fanno pubblicità con Elton John e il suo compagno, che hanno acquistato di recente un secondo bambino,non si pongono scrupoli al BISNESS. Aldilà dell’intelligenza, c’è un’altra legge di vita che domina anche la ragione. È l’affetto per il proprio simile, la difesa del debole, la compassione per quelli che soffrono, e il rispetto senza limitazioni per gli sconosciuti, per coloro che sono lontani, e per coloro che ci sopravviveranno su questa terra.
Di fronte a questo scenario tragico e mostruoso, si alza una sola voce di protesta, seppur derisa e ignorata:quella della Chiesa, da sempre paladina delle cause dei più deboli ed indifesi. E questa voce ci ricorda un dato di una evidenza banale: se una coppia non può avere un figlio proprio, potrà sempre adottarne uno. Perché allora non promuovere lo strumento dell’adozione e fermare quest’ecatombe di embrioni, che silenziosamente, giorno dopo giorno, a centinaia muoiono in fredde provette? Forse perché le adozioni non saranno mai un “business” miliardario, come la fecondazione artificiale? Forse perché i guadagni che ruotano intono a questa tecnica sono troppo alti?
Oggi, il vero pericolo per l’uomo è nell’ uomo… nello squilibrio sempre più inquietante tra la sua potenza che aumenta, e la sua saggezza che regredisce… Si sta perdendo il lume della ragione, cioè il buon senso che riconosce le evidenze elementari dell’umano in nome dell’individuo avulso dagli altri, solamente preoccupato del proprio benessere.
Carissimi amici e lettori di Famiglie d’Italia oggi vi proponiamo un post interessantissimo pubblicato da un blog dedicato ai mondiali di calcio in corso che si avvale di una redazione intelligente e attenta e che approfitta dell’attenzione per offrire anche notizie al di fuori del mondo del pallone, ma di vitale importanza non solo per i tifosi del pallone ma anche per l’intera umanità:
Ictus, come un sensore può aiutarci nella prevenzione
( Scritto da: Eleonora Gitto il 27 giugno 2014 fonte: mondialibrasile.com )
Una della patologie più comuni, l’ictus, si può prevenire con un apposito sensore installato sotto la pelle.
In una ricerca pubblicata sul New England Journal of medicine un’equipe di studiosi è riuscita a dimostrare come le persone a rischio di un secondo ictus possano essere efficacemente aiutate da questa tecnica.
Lo studio è stato eseguito da cinquantacinque centri medici in tutto il mondo, Università Cattolica di Roma compresa.
Il sensore ha uno spessore sottilissimo, come una scheda fotografica digitale, ed è inserito appena sotto la cute tramite un piccolo intervento, tanto rapido quanto indolore.
Il sensore ha il compito di prevenire l’ictus monitorando costantemente l’attività del cuore e individuando immediatamente eventuali aritmie, anche quelle minime che normalmente non sono accertate tramite gli strumenti ordinari di diagnostica.
Dal momento che in Italia ogni tre minuti una persona è colpita da ictus, si capisce come questo piccolissimo e straordinario strumento della tecnica possa essere in futuro d’aiuto per le persone a rischio ictus.
Uno dei drammi più ricorrenti d’estate solitamente affiorano nel confrontarsi con gli altri su una spiaggia nella fatidica prova costume: oddio come sono grasso/a! Noi di Famiglie d’Italia, sempre vigili sul web per pescare news interessanti ed utili per i nostri lettori, oggi proponiamo un post edito da www.newsfood.com e che vi consigliamo di leggere per trarne eventualmente giovamento.
Per non ingrassare? Più calorie a pranzo, meno a cena
Mangiare a pranzo permette di sfruttare il metabolismo basale e l’attività del corpo
Pranzo e cena: sono i pasti più importanti della giornata, ed il modo in cui li si affronta può fare la differenza riguardo al peso. Infatti, un regime che preveda più calorie per il primo rispetto al secondo aiuta a controllare il peso.
Lo afferma una ricerca dell’Università della California e pubblicata sul “Journal of Human Nutrition And Dietetics”.
Gli studiosi hanno preso in esame 239 volontari adulti, osservando le loro abitudini alimentari. E’ allora emerso come coloro che consumavano il 33% delle calorie a pranzo aveva una minore probabilità di essere sovrappeso. Al contrario, coloro che consideravano la cena come pasto principale della giornata (33% delle calorie) erano più soggetti ad aumento di peso.
Infine, le calorie assunte a colazione erano ininfluenti.
Secondo gli scienziati, la differenza è data dalla consapevolezza e dal metabolismo: dopo il pranzo, il soggetto è più attivo e pronto a smaltire calorie; al contrario, la cena vede il corpo rallentare per prepararsi alla notte, rendendo più probabile l’aumento di peso.
Sulla ricerca si è espressa la professoressa Mariangela Rondanelli, insegnante di Scienze e Tecniche dietetiche applicate, all’Università di Pavia.
Secondo Rondaelli, dividere le calorie privilegiando il pasto permette di sfruttare il metabolismo basale, “Che è più vivace il mattino e nelle prime ore del pomeriggio (grazie a una maggiore secrezione di ormoni che hanno ritmi circadiani, come il cortisolo). Generalmente si considera corretto introdurre circa il 20-25% delle calorie con la prima colazione (non meno del 15%) e uno spuntino mattutino; circa il 40% (non meno del 35%) a pranzo; il 5% con lo spuntino pomeridiano e il rimanente 30% (massimo 35%) a cena”.
Detto questo, è bene non esagerare; un pranzo che spinge all’attività deve essere basato su alimenti digeribili: “pasta al pomodoro, insalata di riso, carni e pesci al vapore o arrosto, senza intingoli, verdure condite semplicemente (meglio se con un filo d’olio extravergine d’oliva a crudo). È anche consigliabile che i pasti siano il più possibile equilibrati: se la scelta ricade su un piatto di pasta al pomodoro, si possono aggiungere, come fonti proteiche, una bella spolverata di grana e, eventualmente, uno yogurt”.
ATTENZIONE: l’articolo qui riportato è frutto di ricerca ed elaborazione di notizie pubblicate sul web e/o pervenute. L’autore, la redazione e la proprietà, non necessariamente avallano il pensiero e la validità di quanto pubblicato. Declinando ogni responsabilità su quanto riportato, invitano il lettore a una verifica, presso le fonti accreditate e/o aventi titolo.
introduzione a cura di
Umberto Napolitano
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Per la riduzione della mole di rifiuti in discarica.
Scoperto il prototipo, la Eco Wiz ne ha acquistato anche i diritti perfezionando il macchinario che oggi è in grado di trasformare una tonnellata di rifiuti in 267 litri di acqua. ( Fonte: Rinnovabili.it )
(Rinnovabili.it) – Una start up di Singapore, la Eco Wiz, verrà probabilmente ricordata nel tempo per aver perfezionato un macchinario rivoluzionario in grado di trasformare gli avanzi di cibo in acqua. Il titolare della società, Renee Mison, venuto a conoscenza dell’invenzione coreana ne ha immediatamente acquistato il prototipo e i diritti investendo 380mila dollari nella ricerca e sviluppo del processatore di rifiuti migliorandone la resa. Ad oggi il macchinario risulta funzionante e in grado di convertire i rifiuti alimentari in acqua pulita adatta per essere utilizzata per l’irrigazione e l’igiene di pavimenti e servizi, ma non risulta potabile. Il dispositivo, che ha preso il nome della società EcoWiz, è in grado di trasformare una tonnellata di rifiuti in 267 litri di acqua generando un duplice vantaggio che va dalla riduzione della mole di scarti accumulati alla produzione di acqua per l’impiego immediato.
Intervistato dal quotidiano The Jakarta Globe Mison ha dichiarato che per ogni tonnellata di rifiuti a Singapore deve essere corrisposta una tassa. Con l’utilizzo del nuovo dispositivo quindi circa il 70% della spazzatura prodotta dai cittadini potrebbe essere individualmente impiegata per la produzione di acqua, con la possibilità di diffondere l’Eco Wiz negli hotel e nella ristorazione andandone a migliorare l’impatto ambientale.
La pillola eco-impegnata di Paolo Broglio, ovvero “quelli che fanno “……o almeno ci provano
Wadi’: l’acqua diventa potabile grazie al sole
Lo strumento, applicabile al tappo di una bottiglia, sfrutta il metodo SODIS – Solar Water Disinfection.
Il dispositivo, applicabile al tappo di una bottiglia, è in grado di disinfettare l’acqua e di rilevare con precisione il tempo di potabilità dell’acqua. ( Fonte: Rinnovabili.it )
( Rinnovabili.it) – “L’acqua che si depura grazie al sole” è un processo ormai noto a tutti da molto tempo: l’effetto germicida dei raggi UV infatti, permette di disinfettare le risorse idriche esposte alle radiazioni, evitando in questo modo la possibile presenza di agenti patogeni che rendano l’acqua “non – potabile”. Tuttavia, sapere precisamente dopo quanto tempo sia potabile ciò che beviamo, richiederebbe solitamente l’attesa di un normale ciclo di analisi da laboratorio, attraverso cui rilevare le principali misurazioni sul grado di qualità di un’acqua. Con “Wadi” invece – un dispositivo di disinfezione/misurazione ideato recentemente dalla start-up viennese Helioz R&D GmBH– si può determinareil tempo necessario di esposizione ai raggi UV dell’acqua raccolta in una comune bottiglia di plastica, affinché sia depurata e ritenuta scientificamente potabile.
In particolare, questo strumento, basato sul metodo “SODIS” (acronimo per Solar Water Disinfection), è costituito da un dispositivo alimentato da energia solare (e dalle dimensioni molto contenute), applicabile al tappo di una comune bottiglia di plastica ed in grado di rilevare con precisione dopo quanto tempo l’acqua contenuta nella bottiglia può essere bevuta. “Il dispositivo è a base di sodio e il processo ed il metodo sono stati sviluppati utilizzando energia solare per il suo funzionamento” – ha spiegato Martin Wesian, ricercatore e Managing Director di HeliozR&D GmBH.
rubrica a cura di
Paolo Broglio
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
La Marcia dello Spirito del Pianeta ed il relativo festival sono organizzati da Ivano Carcano e dall’Associazione Chicuace In Tonatiuh Sesto Sole Questo Festival Internazionale dei popoli. Il tutto è nato per dare una testimonianza diretta di persone che vivono quotidianamente attraverso la propria cultura per condividerla con gli altri e per cancellare quegli stereotipi che molto spesso non rispecchiano la realtà, attraverso il movimento delle danze, le preghiere, la spiritualità di ognuno di questi gruppi etnici e delle tradizioni popolari dei popoli indigeni.
Promuovere e favorire l’incontro, la conoscenza reciproca e la fratellanza dei popoli; contribuire a conoscere, valorizzare, salvaguardare le culture tribali e le varie etnie; sostenere popoli o gruppi tribali nella tutela e salvaguardia delle condizioni ambientali ed economiche, necessarie a preservare la loro sopravvivenza, il mantenimento e la valorizzazione delle proprie tradizioni: questi sono gli scopi fondamentali.
Il governo dell’Ecuador ha annunciato che stanno per essere completati gli studi di fattibilità che analizzando il potenziale geotermico del paese getteranno le basi per nuovi progetti rinnovabili.
( Fonte:Rinnovabili.it | Il Quotidiano sulla sostenibilità ambientalecon commento di Paolo Broglio) – Largo spazio alle rinnovabili in Ecuador. Il governo ha dato il via libera a 5 progetti che sfrutteranno la geotermia del territorio per ampliare la percentuale di energia generata da fonte alternativa. Secondo quanto dichiarato da Édgar Montalvo, Project Manager del Progetto Geotermico del Ministero dell’Elettricità e dell’Energia Rinnovabile (MEER), gli studi di fattibilità completati hanno dato buoni esiti evidenziando le potenzialità dell’area del Cachimbiro dove è stato calcolato un potenziale da 113 MW. Uno dei vantaggi di utilizzare il calore dalle rocce e delle acque sotterranee è che l’energia è pulita, non ci sono emissioni di inquinanti e in Ecuador ci sono 11 possibili fonti da analizzare per poi sfruttarne il potenziale. Ramiro Cuapaz, specialista delle energie rinnovabili, ha osservato che usare la geotermia è un vantaggio poiché produce un impatto ambientale minimo, a differenza dei combustibili fossili. Secondo l’Instituto Nacional de Preinversión (INP) nel mese di aprile verranno avviati diversi studi di prefattibilità a Chalpatán, nella provincia di Carchi, la cui area ha un potenziale stimato tra i 60-130 MW studi che avranno un costo stimato in 1,1 milioni di dollari. Un altro progetto in corso è il Tufiño-Chiles, al confine tra Ecuador e Colombia, la cui area di interesse è di cinque ettari, vicino al vulcano Chiles. La realizzazione dell’impianto coinvolge quindi due nazioni e cerca di stabilire un modello globale geotermica tra la Electricity Corporation dell’Ecuador (Celec) e la Società di produzione di energia della Colombia con un investimento iniziale di due milioni e 500 mila dollari nella prima fase. Il potenziale energetico stimato è di 138 MW, sufficiente a fornire elettrica alla città di Tulcan, capitale della provincia Carchi.Il quinto e ultimo progetto verrà invece definito entro aprile, quando verranno completati e consegnati gli studi di fattibilità del progetto Chacana ubicato tra le province di Napo e Pichincha dove il potenziale stimato è pari a 318 MW.
Ma in Italia, Paese dall’ambio potenziale geotermico, quando riusciremo ad imitare Colombia ed Equador ?
La pillola eco-impegnata di Paolo Broglio, ovvero “quelli che fanno “……o almeno ci provano
L’Organizzazione ONG Maya Pedal trasforma vecchie biciclette in pompe idriche a pedale, frullatori e ancora altro( by Daniel Blaustein-Rejto )
Recentemente abbiamo visto alcune incredibili innovazioni nella tecnologia della bicicletta . Ma cosa succede a queste biciclette quando i loro proprietari non le utilizzano più ? Ecco, dove la guatemalteca ONG Maya Pedal arriva – si trasformano le biciclette donate in macchine a pedali, tra cui pompe per l’acqua, miscelatori e produttori di piastrelle per l’uso in cui l’elettricità è troppo costosa o inaccessibili. Il grande potere del pedalare ( nomen omen ): Maya Pedal!
Piazza San Pietro 21 maggio 2014: La “Benedizione” del Papa : alla “Marcia dello Spirito del pianeta” e 14° edizione de Lo Spirito del Pianeta, organizzata da Ivano Carcano e l’Associazione Chicuace In Tonatiuh Sesto Sole. L’incontro con”Papa Francesco” per salvare il creato. L’EVENTO DEL SECOLO : “Camminata dello Spirito del pianeta”… Nelle terre rovinate dall’uomo.Verso Expo Milano 2015 “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”
Papa Francesco e la natura: “Dio perdona sempre, il creato mai” In udienza generale, il Pontefice dice sul creato che “se non lo custodisci, lui ti distruggerà”. Poi cita il dono della scienza come “illuminazione dello Spirito” per comprendere anche la natura e il creato “Padre, Dio perdona sempre, le persone umane perdonano alcune volte, ma il creato non perdona mai: se tu non lo custodisci, lui ti distruggerà”. Lo ha detto Papa Francesco nel corso dell’udienza generale, riferendo di una conversazione avuta con “una persona semplice, cui piacevano tanto i fiori”. Bergoglio ha poi lanciato un appello per i Balcani colpiti dall’alluvione: “Serve il sostegno concreto della comunità internazionale”.
Alluvioni Balcani, sostegno concreto – “Il mio pensiero – ha detto il Papa alla udienza generale – va ancora alle popolazioni di Bosnia e Erzegovina e Serbia”. “Purtroppo – ha proseguito – la situazione si è aggravata, pertanto vi invito a unirvi alla mia preghiera per le vittime e per tutte le persone provate da questa calamità. Non manchi a questi nostri fratelli la nostra solidarietà e il sostegno concreto della comunità internazionale”. “L’uomo è la cosa più bella della creazione. Scienza è illuminazione Spirito Santo” – “Noi siamo la cosa più bella e più buona della creazione”, non lo sono “gli angeli, che sono al di sotto di noi”. Ha dichiarato ancora il Papa, spiegando il dono della scienza come “illuminazione dello Spirito” per comprendere anche la natura e il creato. Se Dio si compiace della creazione, ha spiegato papa Francesco, anche noi dobbiamo “vedere che è cosa bella” e ciò vale anche per gli uomini: dobbiamo capire che le persone sono cosa buona. “Pregate per mio viaggio in Terrasanta – “Sabato prossimo – ha ricordato Francesco – andrò in Terrasanta, la terra di Gesù”. Andrà “primo per incontrare il mio fratello Bartolomeo I, nella ricorrenza del 50,mo anniversario dell’incontro di Paolo VI con Atenagora I, Pietro e Andrea si incontreranno un’altra volta, e questo è molto bello. Secondo motivo è pregare per la pace in quella terra che soffre tanto, vi chiedo di pregare per questo viaggio.
PREGHIAMO PER PAPA FRANCESCO PELLEGRINO DI UNITÀ E DI PACE Cari amici, Vogliamo accompagnare con la preghiera il viaggio di “Papa Francesco” in Terra Santa. È un evento molto importante, il cui scopo principale, ha detto lo stesso Pontefice, è «commemorare il 50° anniversario dello storico incontro tra il papa Paolo VI e il patriarca Atenagora». Papa Montini è stato il primo successore di Pietro a tornare nei luoghi di Gesù. L’annuncio lo diede il 4 dicembre 1963, di fronte ai padri conciliari, con queste parole: «Tanto è viva in noi la convinzione che per la felice conclusione finale del Concilio occorre intensificare preghiere ed opere, che abbiamo deliberato, dopo matura riflessione e non poca preghiera, di farci noi stessi pellegrini alla terra di Gesù nostro Signore. […] Vi ritorneremo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione per offrire a Cristo la sua Chiesa, per chiamare ad essa unica e santa i Fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace tra gli uomini, la quale in questi giorni mostra ancora quanto sia debole e tremante, per supplicare Cristo Signore per la salvezza di tutta l’umanità». Preghiera, penitenza, ricerca dell’unità tra i cristiani, invocazione della pace: tutti motivi ancora validi oggi. Il senso profondo di quel viaggio fu il ritorno a Cristo, unico vero riferimento comune per ritrovare la via dell’unità. Lo spiegò bene lo stesso Paolo VI davanti al patriarca Atenagora, sottolineando come l’incontro si svolgesse nel luogo in cui Cristo ha versato il suo sangue per la Chiesa e per l’umanità. «L’antica tradizione cristiana», disse, «ama vedere il “centro del mondo” nel punto in cui fu piantata la croce gloriosa del nostro Salvatore, dal quale egli “innalzato da terra, attrae tutto a sé”. Perciò era conveniente – e la provvidenza ha permesso – che in questo luogo, in questa parte della terra pur sempre sacra e benedetta, noi, pii pellegrini di Roma e di Costantinopoli, potessimo incontrarci e unirci in una comune preghiera». Anche noi oggi accompagniamo papa Francesco nel suo pellegrinaggio, soprattutto con la preghiera dei cristiani di Terra Santa: «Padre Celeste, tu non ti stanchi di essere amorevole e misericordioso. Il successore di Pietro intende visitare la Terra resa Santa dalla nascita, dal battesimo, dall’insegnamento, dalla morte e dalla risurrezione di tuo Figlio. Rimani con lui, santificalo e benedicilo. Stendi il mantello della tua tenerezza su ogni passo del suo pellegrinaggio tra noi, così che ognuno possa vedere in lui un pellegrino appassionato, un maestro saggio e una guida umile».
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Con il termine Green Economy (economia verde) si indica una economia il cui impatto ambientale sia contenuto entro dei limiti accettabili. Nella green economy svolge un ruolo di primaria importanza la tecnologia e la conoscenza scientifica. Le fonti di energia tradizionali (di origine fossile) sono affiancate, se non sostituite, dalle fonti di energia alternative. In particolar modo, svolgono un ruolo di primaria importanza le energie rinnovabili, come ad esempio l’eolico, le biomasse, il solare, la geotermia, l’idroelettrico ecc. ( fonte: http://www.ecoage.it )
Quasi 13.000 Mw fotovoltaici risultano in esercizio al 22 gennaio 2012, oltre 4.000 in più rispetto agi 8.000 inizialmente previsti dal Piano di azione nazionale sulle fonti rinnovabili. Ciò vuol dire che a inizio febbraio, attraverso il conto energia, sono entrati in esercizio circa 327.000 impianti fotovoltaici
«Di rado un’importante innovazione scientifica si fa strada convincendo e convertendo progressivamente i suoi oppositori; quel che accade, è che gradualmente gli oppositori scompaiono e la nuova generazione si familiarizza con l’idea sin dalla nascita». Ha esordito così, citando Max Planck, Alfonso Gianni, Direttore della Fondazione Cercare Ancora, in occasione ieri della presentazione presso la Fiera del Levante di Bari, del rapporto sullo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili nelle regioni del Mezzogiorno.
Nell’introduzione Alfonso Gianni ha posto l’accento sulla dipendenza energetica dall’estero del Paese Italia, una mancanza di autonomia che ci rende succubi di fattori finanziari e geo-politici, che in momenti di crisi, aggravano in maniera decisiva l’economia nazionale.
Dal Rapporto, curato da Roberto Ferrigni e Pasquale Stigliani, si evince come il concetto di salvaguardia dell’ambiente non riesca ancora del tutto a radicarsi nella nostra società, un concetto che prima di «approdare» nelle soluzioni fissate dai protocolli mondiali debba partire dalla vita quotidiana di ogni singolo cittadino.
Affermazioni e visioni futuristiche leggermente pessimistiche sono state, però, accompagnate da alcuni confortanti dati, come i quasi 13.000 Mw fotovoltaici che risultano in esercizio al 22 gennaio 2012, oltre 4.000 in più rispetto agi 8.000 inizialmente previsti dal Piano di azione nazionale sulle fonti rinnovabili, che indica le strategie per onorare gli impegni che l’Italia ha assunto come membro dell’Unione europea. Ciò vuol dire che a inizio febbraio 2012, attraverso il conto energia, sono entrati in esercizio circa 327.000 impianti fotovoltaici. Inoltre, già oggi, le regioni del Mezzogiorno rivestono una parte importante della produzione di energia elettrica da Fer (Fonti di energia rinnovabile). Secondo i dati Terna, nel 2010 le regioni meridionali hanno prodotto 19.830 Gwh su una produzione nazionale rinnovabile pari a 76.964 Gwh. In modo particolare la Puglia, che ha raggiunto il 5% della produzione, con Foggia che detiene il primato con il 2,4%, grazie al notevole contributo dell’eolico. Dati, questi, che fanno ancora ben sperare per il futuro.
Un’importante soluzione green che è emersa dal dibattito, è quella dell’installazione delle cosiddette smart grid, o griglie intelligenti, reti di informazione che affiancano la rete di distribuzione elettrica, per evitare i diffusissimi sprechi energetici, ridistribuendo gli eventuali surplus di energia in altre aree.
A sostegno della leadership della nostra regione nel campo delle fonti rinnovabili, è intervenuto il Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, il quale, ancora una volta, ha esposto il suo impegno a favore di un’economia e una gestione del territorio pro-ambiente, spesso sostitutiva della mancanza di direttive statali.
Il Governatore, a supporto delle proprie idee, ha dichiarato di voler evadere definitivamente dalla «dittatura» dei combustibili fossili, adottando un regolamento che faccia dotare ogni edificio della città di Bari, di pannelli solari, un tipo di fonte energetica assolutamente non inquinante, naturale e con costi recuperabili nel giro di pochi anni. Un’affermazione forte e coraggiosa.
Per correre più velocemente dell’orologio climatico, bisogna che dalla green economy si passi alla greening the economy, ovvero a una trasformazione dell’economia e a una nuova concezione della crescita che, abbandonando il vecchio parametro quantitativo con cui veniva misurata, possa essere valutata e apprezzata per il suo aspetto qualitativo.
by Carlo Ciminiello
La pillola eco-impegnata di Paolo Broglio, ovvero “quelli che fanno “……o almeno ci provano
Muzzicycle, la bicicletta che viene dai rifiuti
Arriva dal Brasile la eco-bicicletta ( 140 dollari ) messa a punto da Juan Muzzi, interamente costruita con varie tipologie di plastica recuperata, ma capace di garantire flessibilità e stabilità
(Rinnovabili.it) – Che succede se tutti i rifiuti di plastica vengono impiegati per costruire una bicicletta? Succede che da una parte c’è un’impresa che lavora e cresce, dall’altra un ambiente più sano e pulito. L’idea nasce in Brasile e ad avere questa grande intuizione è stato Juan Muzzi, un uomo che in molti definiscono un artista e un inventore, che ha iniziato a raccogliere bottiglie e altri scarti in plastica per le strade di San Paolo, per poi assemblare tutto il materiale “recuperato” e dargli la forma di una bicicletta: la Muzzicycle. La due ruote messa a punto da Muzzi si ispira alla struttura ossea del corpo umano ed ha per questo una struttura flessibile e leggera allo stesso tempo, oltretutto priva di saldature. Elemento distintivo è il telaio monopezzo creato da Muzzi: costituito da pareti spesse, ma vuote al loro interno, è difficile da piegare o da rompere proprio grazie alla miscela di plastiche riciclate da cui è costituito.
La novità è che, iniziata come una sfida rimasta però allo stato prototipale a causa dell’assenza di finanziatori, oggi il Sig. Muzzi è riuscito ad ottenere un ingente finanziamento da una banca Uruguaiana, potendo avviare così la produzione in serie. Un mezzo due volte amico dell’ambiente, dunque, che attualmente è possibile acquistare su internet a circa 140 dollari. Sul sito dedicato è possibile monitorare un contatore che informa in tempo reale sulle bottiglie di plastica recuperate, attualmente 15.840.600, che sono state trasformate in 132.000 biciclette, con risparmi notevoli in termini di emissioni.
CI SCUSIAMO SE DAL 1° MAGGIO IL BLOG NON E’ STATO AGGIORNATO, MA SIAMO STATI ASSENTI PER IMPEGNI IMPROROGABILI…DA DOMANI SI RICOMINCIA. UN GRAZIE A TUTTI COLORO CHE CI SEGUONO.
Cari amici, nell’augurare a tutti Buona Pasqua, dopo il mio solito viaggetto su Google, ho deciso di copiare ed incollare per voi le notizie più interessanti relative a ” perché e come ” si festeggia la Pasqua in Italia e nel mondo. Mentre il Natale di solito lo si trascorre in casa con i propri cari, a Pasqua, se è possibile, si cerca di evadere per qualche giorno dal tran tran quotidiano con escursioni che anticipano in qualche modo gli esodi estivi. Anche noi di Famiglie d’Italia ci prenderemo un paio di giorni di vacanza come da tradizione che ci tramanda un detto tanto caro a tutti: Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi!
Il perchè della Pasqua ( fonte Wichipedia )
La Pasqua è la principale festività del cristianesimo. Essa celebra la risurrezione di Gesù che, secondo le Scritture, è avvenuta nel terzo giorno successivo alla sua morte in croce. La data della Pasqua, variabile di anno in anno secondo i cicli lunari, determina anche la cadenza di altre celebrazioni e tempi liturgici, come la Quaresima e la Pentecoste.
La Pasqua ebraica, chiamata Pesach, celebra la liberazione degli Ebrei dall’Egitto grazie a Mosè.
La parola ebraicapesach significa “passare oltre”, “tralasciare”, e deriva dal racconto della Decima Piaga, nella quale l’Angelo sterminatore vide il sangue dell’agnello del Pesach sulle porte delle case di Israele e “passò oltre”, colpendo solo i primogeniti maschi degli egiziani, compreso il figlio del faraone. In questo modo Israele è passato da una condizione di schiavitù (sotto gli egiziani) ad una libertà con Dio verso la terra promessa.
La Pasqua con il Cristianesimo ha perso il suo significato originario, venendo a connotare un “passaggio”, ovvero:
il passaggio a vita nuova per i cristiani (in particolare per quelli che, nella Veglia Pasquale, ricevono il battesimo).
Perciò, la Pasqua cristiana è detta Pasqua di risurrezione, mentre quella ebraica è Pasqua di liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
Pasqua nel mondo: come si festeggia
( Fonte UniversiNet.it ) Va detto che, tra le tante tradizioni, quella dell’ uovo (da mangiare o da dipingere) si ritrova un po’ in tutte le Nazioni, probabilmente perché l’ uovo simboleggia la fecondità e la speranza per il futuro.
Nonostante questa tradizione abbia origini antichissime, fu solo a partire dal XVI secolo che nacque l’usanza di nascondere una sorpresa nell’ uovo.
In Germania, così come in in Svizzera, di dice che le uova vengano nascoste da un coniglietto (simbolo della nuova vita che ritorna ogni primavera) e il giorno di Pasqua i bambini si divertono in una sorta di caccia al tesoro che culmina nel ritrovamento delle uova. Il pranzo pasquale tedesco è a base di agnello e la sera di di Pasqua nelle campagne vengono accesi dei fuochi che simboleggiano la fine dell’ inverno e l’ inizio della primavera.
In Russia la tradizione pasquale esige che le uova sode vengano colorate di rosso e nella tradizione ortodossa viene preparato il Kulitch, un panettone accompagnato da ricotta dolce.
In Inghilterra, invece, la Pasqua viene festeggiata mangiando gli Hot cross buns, piccole ciambelle.
Molto prima di Pasqua i bambini finlandesi piantano dei semi in piccoli vasi e secondo la tradizione, la notte tra il venerdì e la domenica di Pasqua le streghe escono dai loro nascondigli e volano in cielo (una sorta di Halloween finlandese!).
Mentre in Grecia la Pasqua è considerata come la festa più importante dell’ anno ed è celebrata con un pranzo a base di riso alla greca e suopa mayeritsa, in Francia ai bambini viene detto che il venerdì che precede la Pasqua le campane non suonano poiché sono volate verso Roma. Sempre in Francia la tradizione vuole che in passato l’ uovo più grosso deposto dalle galline durante la Settimana Santa spettasse al re.
In questi giorni di festa, in Olanda e in Danimarca domina il colore giallo: gli olandesi mettono in casa dei fiori gialli, mentre i danesi apparecchiano la tavola con un tovaglia e delle candele di questo colore.
In Italia, al di là delle consuete celebrazione religiose, nel periodo pasquale si è soliti mangiare un dolce a forma di colomba, simbolo di pace. Questo dolce fu creato nel 750 a.C da un pasticcere di Pavia che lo diede poi in dono ad Alboino, re dei Longobardi.
Tra i dolci pasquali del nostro Paese ricordiamo anche la Pastiera napoletana, i Pardulas sardi , la Schiacciata di Livorno e la Cassata siciliana.
introduzione a cura di
Umberto Napolitano
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
L’estate è vicina, con tutte le sue gioie e insidie. Dobbiamo migliorarci nel poter meglio gustare ed apprezzare quanto di meraviglioso sa donarci il privilegio di far parte di questo mondo. E soprattutto dobbiamo farne godere i nostri piccoli figli e nipoti, istruendoli e preservandoli nel loro cammino. Vi invitiamo a leggere con attenzione questo interessante post per trarne le conclusioni e, se è il caso, adoperarsi nel porre rimedio.
QUATTRO BIMBI SU DIECI NON SANNO NUOTARE
Così quasi cento ogni anno muoiono annegati. Ma a rischio annegamento sono 3 milioni di under 14. In un Paese, come il nostro, circondato dal mare. A luglio la Settimana dell’acquaticità
Sono abilissimi a navigare nelle “acque” di internet, ma non chiedete loro di salire a bordo di una barca o un gommone veri: un bambino italiano su due ha paura dell’acqua alta. Spesso perché non sa nuotare o riesce appena a mantenersi a galla: il 43% degli under 14, infatti, non ha mai imparato a nuotare davvero bene e potrebbe trovarsi in difficoltà nell’acqua del mare, di un lago o anche in una piccola piscina.
Lo denunciano gli esperti della Società italiana medici pediatri (Simpe) durante i “Capri Campus pediatrici 2014”, sottolineando che sono ancora troppi ogni anno i morti per annegamento fra bambini e ragazzi: gli under 14 che perdono la vita in acqua sono una trentina all’anno, ai quali si aggiungono poco meno di cinquanta adolescenti fra 14 e i 18 anni.
Proprio a Capri la Simpe ha avviato un percorso di formazione per i pediatri: 200 medici di tutta Italia apprenderanno le corrette tecniche di salvataggio diventandone “ambasciatori” nelle loro Regioni, per diffonderle a colleghi e genitori dei loro pazienti. A luglio, inoltre, è prevista la prima Settimana nazionale dell’acquaticità, organizzata da Simpe con la collaborazione del ministero della Salute: in tutta Italia iniziative di informazione sensibilizzeranno la popolazione sulla sicurezza in acqua e sulla necessità di imparare come intervenire per salvare la vita di chi rischia di morire per annegamento. Per sette giorni in venti località balneari del Paese due pediatri Simpe terranno altrettanti corsi giornalieri in spiaggia, al mattino e al pomeriggio: 90 minuti in cui chiunque, dalle nonne ai genitori, potrà imparare le tecniche base di salvataggio. Sul sito www.simpe.it saranno inoltre presto disponibili materiali dedicati a bambini e adolescenti, per insegnare loro a prevenire l’annegamento.
«È inaccettabile che in un Paese come il nostro, con 7.500 chilometri di coste disseminate fra la penisola e le molte isole, solo poco più della metà dei bimbi sappia nuotare abbastanza bene da potersela cavare in un’eventuale situazione di pericolo» lamenta Giuseppe Mele, presidente Simpe.
Il primo messaggio fondamentale per tutti i genitori, perciò, è che i bambini devono imparare a nuotare prima possibile. Il nuoto è un’attività che può essere praticata fin dalla primissima infanzia, assicurano gli specialisti, perché l’acqua è l’elemento naturale per eccellenza per i bambini molto piccoli: sì ai corsi di acquaticità assieme alla mamma fin dai primi mesi, dunque; sì anche ai corsi in vasca con l’istruttore per i più grandicelli, per essere in grado di galleggiare e nuotare già prima di andare alla scuola materna. Solo così i bambini saranno in grado di fare un bagno in mare, al lago o in piscina con maggior tranquillità.
L’annegamento, tuttavia, può colpire chi non sa nuotare, ma può essere anche la conseguenza di un incidente o un malore: in questi casi è necessario che i soccorritori sappiano che cosa fare per intervenire al più presto nel migliore dei modi. «Purtroppo – osserva Mele – la conoscenza delle tecniche di salvataggio in caso di annegamento è scarsa fra i genitori e non solo. Le regole base dovrebbero invece essere note a tutti: posizionare la vittima in orizzontale, iniziando subito 2-5 ventilazioni artificiali per dare ossigeno, e fare poi un massaggio cardiaco con compressioni al centro del torace. Il minimo indispensabile per tentare di salvare una vita».
Nel corso della Settimana dell’acquaticità, a luglio verrà anche diffuso materiale informativo su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione alla prevenzione: sarà realizzato un quaderno sulla sicurezza in acqua dedicato a bambini tra i 6 e gli 11 anni dove i piccoli, grazie a puzzle, giochi e parole crociate impareranno come giocare fra le onde senza rischi, e un decalogo rivolto agli adolescenti per prevenire l’annegamento e imparare come reagire di fronte a una situazione di pericolo.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Il fenomeno della vecchiaia è realmente universale e riguarda tutti gli uomini in quanto esseri biologici, e quindi trascende ogni distinzione sociale, sessuale, etnica, politica, culturale e istituzionale. L’invecchiamento è un processo inevitabile e incessante, che investe ogni aspetto della vita e impone una modificazione e una sostituzione continua degli attori in ogni contesto. Spesso all’età anagrafica non corrisponde completamente l’età che ci si sente è solo affrontando tale stato della vita in modo creativo, positivo e dinamico che anche situazioni difficili possono mostrare la parte migliore e regalare ancora un forte significato all’esistenza. Un anziano non è in grado di fare ciò che fanno i giovani… ma fa molto di più e meglio: non con la forza, con la rapidità o grazie all’agilità, bensì col senno, con l’esperienza e l’insegnamento si compiono le grandi imprese. Sono queste le doti delle quali la vecchiaia non solo non rimane priva, ma si fa di solito più feconda. Nella vecchiaia si sommano tutti gli errori fatti da noi nell’infanzia, nell’adolescenza, nella giovinezza, nell’età adulta e ad essi se ne aggiungono altri speciali nell’ultima età per cui è certamente più difficile essere felici da vecchi. Il vecchio perde uno dei maggiori diritti dell’uomo: non viene più giudicato dai suoi simili.
Saper invecchiare significa saper trovare un accordo decente tra il tuo volto di vecchio e il tuo cuore e cervello di giovane. Per l’istintiva, universale ripugnanza nei confronti dell’invecchiamento e della morte, per l’influenza della moda e l’importanza quasi ossessiva attribuita oggi alla giovinezza, all’aspetto e ai comportamenti giovanili, la vecchiaia è un argomento impopolare, spesso accantonato e rimosso in quanto deprimente e noioso. Oggi la longevità è una longevità attiva. Le persone non invecchiano con gli stessi ritmi e con le stesse modalità. Ed è un errore immaginare il mondo di domani “come il mondo di oggi con più anziani, perché avere 80 anni fra 20 anni non sarà come avere 80 anni oggi”. Insomma il futuro non sarà popolato da vecchi decrepiti, ma persone prestanti nel corpo e nella mente. Le nostre società stanno diventando più giovani, perché si vive più a lungo e meglio, e non già più vecchie. L’anziano non deve solamente ricevere solidarietà dalla società, deve anche reciprocare solidarietà. Comunque ci si arrivi, la vecchiaia continua a essere contraddistinta da situazioni di fragilità, che si riflettono in altrettante paure, segnali di un’insicurezza che le migliorate condizioni di vita e i progressi della medicina non possono eliminare. Negare all’anziano la possibilità di rendersi utile e sentirsi utile nei confronti degli altri è la più grave pena che gli si può infliggere. Il pianeta anziani, presenta molti aspetti in maniera creativa e originale. Sono portatori di una cultura di solidarietà. Gli anziani svolgono sempre più una pluralità di attività, che hanno un effetto positivo sul benessere individuale. Non si può pensare solo a richieste di socializzazione o del modo di trascorrere il tempo libero. Ci si può prendere cura dell’ambiente, curare i rapporti intergenerazionali, i luoghi collettivi (parchi giochi e verde), orti sociali, accompagnamento a scuola di bambini piccoli, nonni vigili e tanto altro”.
L’invecchiamento può non spaventare, quindi, se chi ha energie da spendere si rimette in gioco… e non solo per praticare footing o ballo!. L’anziano, avrà oltre a rendersi utile, ci permetterà di arricchire le nostre conoscenze solo a stargli vicino. Il volontariato può dare un senso di soddisfazione e anche un senso di appartenenza a un progetto utile. Ci sono molti modi per cercare un’opportunità di integrarsi e di interagire con una persona anziana; i metodi da adottare son molteplici, partono anche dal tipo di lavoro che si è svolto nella vita. Quali esperienze devono avere? Non sono necessarie specifiche competenze, entusiasmo e disponibilità sono le armi migliori! Molti ruoli che ci si troveranno ad occupare, necessitano di particolari abilità, ma probabilmente le competenze che ciascuno può offrire sono superiori a quanto si pensi. Per esempio se si ha un buon grado di istruzione e un’abilità matematica si potrebbe aiutare i bambini o gli adulti che vogliono imparare. Se si possiede la patente di guida, abilità culinarie o altre abilità si può comunque ricoprire il ruolo di volontario in diversi settori. Smettiamola pertanto di vedere anziano solo perché ormai fa parte del lessico comune pensare che tutti gli anziani siano fragili, poveri, bisognosi, così come si pensa che siano coloro ai quali noi paghiamo le pensioni, che costano tanto in termini di sanità, che richiedono servizi, che pesano sulle reti familiari. Ecco, allora, che gli anziani si sentono messi in un angolo perché additati come quelli che rubano risorse. In realtà, sono tutt’altro che emarginati. In alcuni casi, sono addirittura al centro degli scambi. Credo che per una persona la sofferenza più grande derivi dalla constatazione: “A me nessuno chiede più niente”. Questo non avviene in chi sa anche cambiare ruolo nella vita.
La cultura consente alle persone di scoprire una molteplicità di interessi e di rendersi utili alla società in mille modi. Ciò è essenziale proprio perché la vita si è prolungata e si va in pensione con una prospettiva di vita di 20-30 anni: un tempo che non va sprecato e che può e deve essere utile anche per la società». La società, a sua volta, deve investire meglio per e sugli anziani, per superare i luoghi comuni che danneggiano i nostri vecchi, per offrire loro servizi migliori e per valorizzare il loro bagaglio di memoria, di cultura e anche di professionalità. Un appello sempre importante và esteso ai giovani molti dei quali oggi tristemente “VUOTI” , affinché aiutino a portare un po’ di serenità agli anziani che sentono di più il peso della solitudine: aiutare gli altri fa bene anche a noi stessi!
Cari amici è con grande gioia che oggi vi evidenziamo quanto viene riportato in questi giorni dalle riviste e dai blog specializzati. La ricerca italiana si aggiunge un altro fiore all’occhiello annunciando di aver scoperto un nuovo gene, il Matrin3, ritenuto causa principale dell’insorgere della Sla. E’ un peccato che notizie così importanti per la nostra salute passino a volte quasi inosservate, ma noi di Famiglie d’Italia vigiliamo sempre e, per meglio documentarvi, vi postiamo un articolo pubblicato da Farmacia.it – Magazine di Salute e Benessere
Guerra alla Sla, scoperto il gene responsabile
GliscienziatiitalianihannoindividuatoMatrin3, il gene responsabiledellaSla
Finalmente la ricerca italiana torna sugli scudi con la scoperta di un nuovo gene che è ritenuto la principale causa della Sla, la Sclerosi laterale amiotrofica, nota anche con il nome di morbo di Lou Gehrig, che ha trovato una triste notorietà per i tragici fatti che hanno colpito il calciatore italiano Stefano Borgonovo. Il gene, denominato Matrin3 e localizzato sul cromosoma 5, è stato identificato da un gruppo di ricercatori italiani del consorzio Italsgen (una task force di 14 centri universitari e ospedalieri italiani che si sono uniti per la lotta contro la Sla), per una scoperta di altissimo profilo scientifico che si è guadagnata la copertina della prestigiosa rivista Nature Neuroscience.
Il team guidato dal professor Adriano Chiò (Centro Sla del dipartimento di Neuroscienze delle Molinette di Torino), dalla dottoressa Gabriella Restagno (Laboratorio di Genetica Molecolare dell’università di Torino) e dal dottor Mario Sabatelli del Centro Sla dell’ospedale Gemelli di Roma ha scoperto il gene del morbo di Gehrig in diverse ampie famiglie con più membri affetti da Sla e da demenza frontotemporale.
Capire perché la scoperta italiana è foriera di importanti sviluppi scientifici non è difficile. Aver individuato il nuovo gene responsabile dello sviluppo della Sclerosi laterale amiotrofica, significa accedere a informazioni utili per l’identificazione dei meccanismi della degenerazione dei motoneuroni ed avvicina la possibilità di nuove terapie mirate, grazie all’individuazione di vie cellulari su cui è possibile agire con interventi terapeutici.
Il gene della Sla è stato individuato anche grazie all’utilizzo di nuove tecniche di sequenziamento dell’intero esoma (exome sequencing), cioè della parte del Dna che codifica per le proteine. Difatti il gene responsabile della Sla, il Matrin 3, è una proteina che lega il Dna e condivide domini strutturali con altre proteine che legano l’Rna, come FUS e TDP43 che sono anch’esse implicate nella Sla. Il team del professor Chiò è giunto alla scoperta dopo aver lavorato su 108 casi di Sla, di cui 32 italiani, raccolti dal consorzio Italsgen. E per avere la controprova, i ricercatori italiani hanno poi sequenziato 5190 controlli sani per verificare l’assenza di mutazioni. La scoperta italiana rappresenta insomma la svolta tanto attesa per una patologia rara, di cui a oggi non sapevamo abbastanza.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
L’uomo che va dal suo amico di notte, bussa alla sua porta sapendo di disturbarlo e nonostante ciò insiste nel chiedere i pani, crede nella sua bontà ed è sicuro di ottenere quanto gli necessita.L’amicizia non si vanta in giro l’amicizia non si vede si sente è un testo che recita: ti riconoscerò se ti conoscerò e tu mi riconoscerai se mi conoscerai… Gli amici ti conosceranno meglio nel primo minuto dell’incontro di quanto gli estranei possano conoscerti in mille anni.. Una persona non sincera non ha possibilità di avere veri amici, perché è difficile fare affidamento o fidarsi di una persona che non si comporta in modo altruista, coerente e degno di fiducia. La vera amicizia non nasce dalla speranza di entrare in una cerchia di persone o di sfruttare la popolarità di qualcuno. Se provi a essere amico di qualcuno solo per entrare in un determinato gruppo, o perché vorresti conoscere un’altra persona, non si tratta di amicizia, ma di opportunismo, e alla fine ti pentirai . I buoni amici si rispettano l’un l’altro e lo dimostrano sostenendosi apertamente e reciprocamente.
Molto spesso siamo portati a definire “amici” tutte quelle persone con le quali abbiamo dei rapporti frequenti, con cui scambiamo quattro chiacchiere o usciamo il sabato sera e non ci rendiamo conto che in realtà la maggior parte di costoro sono dei semplici conoscenti, l’amico è ben altro: è colui con il quale possiamo sempre e comunque essere noi stessi, senza finzioni,senza interesse, che conosce tutti i nostri pregi ma anche i nostri difetti e nonostante ciò non ci chiede di cambiare; una persona alla quale sentiamo di poter confidare i nostri pensieri, i segreti più intimi, senza timore di essere giudicati; è colui al quale possiamo dare tutta la nostra fiducia sicuri che non ci tradirà mai; all’amico puoi chiedere una mano senza che lui pretenda un interesse personale; è chi ti resta vicino non per cosa hai, ma per chi sei; che prova gioia a stare con te, anche se non condivide necessariamente tutti i tuoi interessi.
I valori fondamentali dell’amicizia sono la fiducia e l’onestà. Quando una persona, senza esitare, ti guarda negli occhi e può dire “sì, di te mi fido!”, quella è vera amicizia. Penso all’amicizia come ad un qualcosa di eterno, che non nasce e non muore, ma vive all’infinito dentro a ognuno di noi. Gli amici sono il completamento di noi stessi, con i quali si crea una perfetta sintonia per cui anche senza bisogno di grossi discorsi, l’altro sa già cosa vuoi dire, anzi l’amico è colui con il quale puoi anche stare in silenzio. Spesso e volentieri tra incredulità e disorientamento, a volte persino rabbia, ma soprattutto, delusione ci rimangono i voltafaccia che ci fan lievitare i principali stati d’animo che proviamo di fronte alla persona che, fino a un giorno prima, ci cercava con frequenza e condivideva con noi tempo, progetti, amicizia. Poi di colpo e senza spiegazioni cambia atteggiamento e si mostra disinteressata, estranea, talvolta persino offesa. Un’esperienza che ognuno di noi ha fatto almeno una volta nella vita e che può lasciare il segno se non la si affronta nel modo giusto perché contiene due elementi molto insidiosi: l’inspiegabilità e la freddezza.
Quando si parla di rapporti tra persone, si parla sempre di sentimenti in continua evoluzione, quindi anche l’amicizia può trasformarsi, in bene o in male. Rimane sempre una situazione molto delicata e difficile da affrontare da entrambe le parti ma può essere risolta dal grande affetto delle persone e dalla maturità di saper capire che una persona o più che sono importanti, non bisogna mai lasciarle davanti a delle difficoltà, anzi bisogna capire che superandole insieme quelli che inizialmente si presentano come problemi diventeranno ciò che ha reso la relazione più forte e salda di prima. Penso che l’amore che si da non è mai sprecato nel senso che anche se non è corrisposto porta sempre a qualcosa che ti insegna, in un modo o nell’altro, ti fa crescere sempre di più, ti fa imparare. Se l’altro è veramente un amico, capirà la scelta di tutto questo, se non capirà la nostra posizione, avremo la conferma di aver fatto la scelta giusta. L’amore a molte facce ed infinite sfaccettature, non vi è solo quello che unisce un uomo ed una donna. Non dobbiamo mai dimenticarci di donare il nostro amore alle persone che ci vogliono bene, ai nostri genitori, ai nostri amici, a tutti coloro che soffrono dei nostri dolori e gioiscono sinceramente delle nostre gioie, guardiamoci intorno perché queste persone esistono, non rendiamoci conto di quanto esse siano importanti solo quando ormai è troppo tardi. Dimostriamogli il nostro amore ogni giorno, basta poco, anche solo un sorriso, un gesto, uno sguardo. Tutto questo è quello che rende vivo e vivibile il Mondo!
Sabrina Parini
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Donne negate uccise violate, un argomento che apre quasi quotidianamente i telegiornali. In quasi tutte le società tradizionali le donne rispetto agli uomini hanno sempre vissuto situazioni di subordinazione e discriminazione. Quello che accomuna tutte loro è la violenza subita e la situazione di insicurezza in cui sono costrette a vivere. Donne accomunate da un unico sentimento: l’amore. Non necessariamente l’amore verso il proprio partner, ma anche verso la famiglia e la lotta per i propri ideali. La definizione di violenza contro le donne trova nelle differenti culture e nelle diverse parti del mondo accezioni specifiche, pertanto, non esiste una definizione universalmente accettata della violenza contro le donne.
Solo nel Medioevo, si rammenta il diritto feudale che prevedeva che la terra si tramandasse per discendenza maschile. Le sole eccezioni nell’antica Babilonia e nell’antico Egitto, dove le donne godevano dei diritti di proprietà, e a Sparta, dove amministravano di fatto l’economia, furono dunque fenomeni isolati. Le donne spesso sono indifese, fragili, in balia della cattiveria degli UOMINI che sfocia in violenza… La violenza verrebbe perpetuata al fine di dominare e controllare le donne limitandone la libertà e l’autonomia, questo uso strumentale al controllo sarebbe appreso dagli uomini all’interno di una società maschilista e patriarcale. In una ineguaglianza che nessuno conosce. Pensano di nascosto perché vogliono urlare la verità che si nasconde dietro le porte chiuse. Schiaffi percosse e tanta paura. Nessuno se ne frega. Tante parole comprensione ma solo chi ha vissuto la violenza sa cosa vuol dire. Lacrime lividi ma ferite sull’anima. Donne con il sesso infibulato, donne senza diritto di vivere, donne non libere, una schiavitù esistente un parlare per sapere e da chiudere gettare e far finta di non averlo sentito. La schiavitù apparentemente non esiste è tristemente resa reale da donne che abbiano imparato che il partire da sé e la condivisione dei propri vissuti sono qualcosa di culturalmente e psicologicamente difficile per il maschile, educato tradizionalmente ad occultarsi dietro l’astrattezza, il potere, la chiusura del proprio mondo emotivo, affettivo e persino corporeo. Sono atti, sì sono atti ripetuti con una sconcertante costanza in tutto il mondo, in ogni contesto sociale, all’interno delle mura domestiche, all’esterno, sui luoghi di lavoro… dovunque la solitudine di una donna lasci spazio alla prevaricazione, al silenzio, alla dolorosa sopportazione. L’invisibilità di questo tipo di violenza e la sua “normalizzazione” vengono fotografate da chi non le vive e non le conosce come routine di cronaca! Un fenomeno ancora sommerso che, forse troppo spesso, rimane chiuso proprio tra le pareti di casa. In realtà situazioni come quelle descritte assolvono alla funzione di negare la soggettività della persona anche con disabilità e di esercitare su di essa un potere oppressivo, di sottoporla a controllo e di mantenerla in una posizione di subordine. Tutto ciò non è “normale”, non è “fisiologico”, non è inevitabile. Tutto ciò è violenza. L’ isolamento, amplifica il rischio di subire violenza la portata delle violenze e le loro conseguenze.
L’uomo violento non è un malato, costui è un uomo che è cresciuto in un ambiente sociale in cui sono contemplati due soli modelli di genere che prescrivono da una parte la remissività e l’obbedienza alle donne e dall’altra l’esercizio della forza e il dominio agli uomini. Va da sé che costui possa mal tollerare di doversi confrontare con donne che, avendo sviluppato una propria soggettività, non corrispondono alle sue aspettative. Ed è esattamente questo il punto: sono proprio i modelli di genere quelli che andrebbero cambiati moltiplicati e non considerati rigidamente prescrittivi. Ciò al fine di lasciare a ciascun uomo e da ciascuna donna la libertà di scegliere un personale modo di esprimere il proprio essere maschile ed il proprio essere femminile.Se la violenza oramai è un fenomeno culturale, sono i parimenti culturali e alcune delle barriere che ostacolano il suo superamento. In Italia la violenza in genere sulle donne e quella domestica sono diventati reati specifici, dall’altro far sapere alle vittime che esiste una via d’uscita e che non sono solo vittime passive, è dovere non solo di cronaca ma anche Istituzionale. Emerge dunque un dovere tutelare il quale, “in scienza e coscienza”, è chiamato a salvare il proprio paziente, per quanto piccolo, nascosto ed indifeso egli sia. Le tonalità emerse prevalenti da donne colpite sono state la voglia di cambiare le cose e la solidarietà tra loro e non solo. Nella casa delle DONNE, a chi ce l’ha fatta…. echeggia il sussurrare di tornare a casa con la consapevolezza che esistano alternative alla passività e alla rassegnazione in una piccola magia che scalda il cuore.
L’amico Enzo Marascio, … inventore diMuscolo di Grano, la carne vegetale fiore all’occhiello della creatività italiana e famosa in tutto il mondo in quanto gustosissimo al palato nonché ricco di tutte le proteine della carne, ma con zero contenuto di grassi saturi e, quindi, colesterolo, … mi ha fatto recapitare via Facebook un importantissimo post dedicato al prof. UmbertoVeronesi, con delle sue considerazioni essenziali per la nostra salute.
Umberto Veronesi: ” Vi svelo perché nessuno vi dice che la carne è cancerogena “
Umberto Veronesi continua la sua lotta contro le diete ricche di carne e spiega perchè esiste ancora troppa disinformazione sulla questione.
Umberto Veronesi non ci sta, e continua la sua propaganda contro il consumo di carne.
Dopo diversi studi si sente sicuro nel poter affermare che chi si alimenta di prodotti animali si espone ad un rischio maggiore di contrarre diversi tipi di patologie.
I carnivori corrono un rischio maggiore di tumore, sia al seno, che al colon, che ai polmoni e via dicendo.
Inoltre Veronesi sostiene che mangiare carne induce ad un maggior rischio di malattie metaboliche e disturbi cardiovascolari, collegati a valori errati del colesterolo, diabete e anche obesità.
“Le riviste medico scientifiche più accreditate sono sul libro paga delle multinazionali farmaceutiche e pubblicano solo ciò che è consentito loro di pubblicare o ciò che è imposto loro dalle suddette multinazionali. Molti medici e ricercatori sono coscienti degli effetti dannosi del consumo della carne, ma hanno le mani legate. Io che sono uno scienziato di fama internazionale posso prendermi il lusso di fare queste dichiarazioni, se lo facessero loro molto probabilmente non lavorerebbero più.
L’industria alimentare e le multinazionali farmaceutiche viaggiano di pari passo, l’una ha bisogno dell’altro e queste due entità insieme generano introiti circa venti volte superiori a tutte le industrie petrolifere del globo messe insieme, potete dunque capire che gli interessi economici sono alla base di questa disinformazione. Ogni malato di cancro negli Stati Uniti fa guadagnare circa 250.000 dollari a suddette multinazionali, capirete che questa disinformazione è voluta ed è volta a farvi ammalare per poi curarvi.”
Una notizia molto importante, che apre un’ulteriore speranza nella prevenzione della terribile “peste” dell’era moderna, passata quasi inosservata, ma che Famiglie d’Italia ha pescato nel web e che offre ai suoi lettori ponendo l’attenzione sul post pubblicato da Salute 24.
UN GEL ANTI HIV PER LE DONNE: LA RICERCA FA PASSI AVANTI
Il preparato ha prevenuto l’infezione in 5 scimmie macaco su 6
Un nuovo passo in avanti è stato effettuato nella realizzazione di un gel da applicare dopo i rapporti sessuali in grado di proteggere le donne dall’infezione dell’Hiv, il virus dell’immunodeficienza umana. I ricercatori statunitensi dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta (Georgia) che hanno condotto lo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, spiegano che il gel, per ora, è riuscito a proteggere dall’infezione cinque macaco femmine su sei: nonostante, quindi, il risultato segni un importante passo in avanti per la messa a punto di un unguento protettivo contro l’Hiv, la formulazione di quest’ultimo è ancora lontana dall’essere definitiva, e ancora lontana risulta pure essere l’applicazione sugli esseri umani.
I ricercatori spiegano che i gel vaginali contenenti farmaci anti-Hiv hanno avuto alterne fortune nei test clinici umani. In quest’ultimo studio il team statunitense ha adottato un approccio diverso, basato sul testare il gel in un gruppo di scimmie femmine esposte al virus: e dallo studio è emerso che cinque delle sei scimmie a cui era stato applicato il preparato entro tre ore dal contatto col virus sono risultate protette dall’infezione.
Ampi studi clinici saranno necessari in futuro, spiegano i ricercatori, per testare il nuovo trattamento con l’obiettivo di riuscire a mettere a punto una versione di gel anti-Hiv efficace sugli uomini: per adesso, e probabilmente per molto tempo ancora, i preservativi rimarranno il metodo migliore per prevenire l’infezione. Nuovi studi dovranno inoltre essere condotti per capire a quante ore ammonta la finestra temporale entro cui il gel può essere somministrato senza penalizzarne l’efficacia.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Tra le notizie più interessanti di questi giorni inerenti alla nostra salute: l’Alzheimer, una delle malattie più tremende che possa colpire un uomo in senilità, in quanto gli cancella progressivamente i ricordi di tutta una vita, specialmente quelli affettivi, potrà essere individuato in tempo. con conseguente innalzamento di difese in tempi non sospetti. In tema vi poniamo all’attenzione un post pubblicato da VitadiDonnaCommunity
Il morbo di Alzheimer provoca una demenza progressiva che colpisce attualmente oltre 35 milioni di persone in tutto il mondo e si prevede colpirà, entro il 2050, 115 milioni di soggetti.
A tutt’oggi non abbiamo né cure per guarire né terapie specifiche che possano perlomeno rallentare il decorso progressivo ed inarrestabile della malattia, e forse questa situazione é dovuta anche alla nostra incapacità, fino ad oggi, di individuare la malattia in fase precoce, prima che si presentino i primi segnali del declino.
Per questa ragione la ricerca di segnalatori, i cosiddetti biomarkers, che ci aiutino ad individuare i soggetti che andranno incontro alla sindrome, sono in questo momento al centro delle attività di ricerca in molti laboratori ed università del mondo.
L’individuazione di questi biomarkers sarà fondamentale non solo per mettere in atto una serie di soluzioni terapeutiche che possano bloccare l’insorgere della malattia, ma, probabilmente, ci permetterà anche di individuare terapie in grado di iniziare ad arrestare il cammino inesorabile dell’Alzheimer.
Per questa ragione l’annuncio fatto da un gruppo di ricercatori della Georgetown University di Washington, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, ha suscitato enorme interesse.
Nell’articolo in questione essi hanno spiegato di aver messo a punto un test ematico nel quale vengono individuati dieci diversi tipi di lipidi presenti, e la loro individuazione è in grado di predire, con tre anni di anticipo e con una probabilità di esattezza del 90%, l’insorgenza della malattia di Alzheimer.
Questi dieci fosfolipidi, deriverebbero dalla precoce distruzione delle membrane delle cellule cerebrali coinvolte nella malattia, ed i ricercatori hanno studiato 525 persone ultrasettantenni per un periodo di cinque anni, individuando 53 soggetti che hanno poi sviluppato i sintomi dell’Alzheimer.
Il profilo lipidico di questi soggetti è stato confrontato con quello di altrettanti soggetti che non avevano presentato segni o sintomi della malattia, riuscendo in questa maniera ad identificare quelli che erano a rischio.
Bisogna però essere ben chiari sul significato di questa scoperta e sui risultati che essa potrà produrre, e che saranno non quelli di aver un trattamento farmacologico preventivo della patologia, o di poter intervenire una volta la malattia sia conclamata, ma essi serviranno per potere dire, ad alcuni soggetti che hanno un grande rischio di poter sviluppare la sindrome, se siano interessati o meno a far parte di uno studio clinico per valutare la reale efficacia di alcuni farmaci nel rallentare il progresso della malattia.
L’Alzheimer è molto probabilmente la malattia che più provocherà disastri nei prossimi anni non solo dal punto di vista strettamente clinico con milioni di persone che perderanno le loro capacità mentali, ma anche e soprattutto per gli enormi costi sociali che essa provocherà.
Nel 2012 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), insieme all’ Alzheimer’s Disease International” ha pubblicato un rapporto intitolato “Dementia: a public health priority”.
Lo scopo di questo rapporto era è quello di aumentare la consapevolezza dell’Alzheimer come una priorità di salute pubblica, di articolare un approccio di salute pubblica e di sostenere un’azione a livello internazionale e nazionale per individuare strategie e linee guida per combatter questa malattia.
La demenza è una sindrome, come scriveva il WHO, che colpisce la memoria, il pensiero, il comportamento e la capacità di svolgere le normali attività quotidiane.
Il numero di persone affette da demenza in tutto il mondo è attualmente stimato (nel 2012) in 35,6 milioni di soggetti e questo numero raddoppierà entro il 2030 e crescerà di più del triplo entro il 2050.
La demenza è una malattia che sconvolge e travolge non solo le persone che ne vengono colpite, ma anche le famiglie e tutti coloro che, o per familiarità o per professione, si prendono cura di loro.
Secondo il WHO c’è una mancanza di consapevolezza e comprensione della demenza nella maggior parte dei paesi, con conseguente stigmatizzazione della malattia quasi a colpevolizzare chi ne è colpito, moltissimi ostacoli nel trattamento terapeutico dei malati per l’assoluta non conoscenza dell’Alzheimer , ed infine per l’enorme costo che si scarica sulle famiglie non solo da un punto di vista emotivo e psicologico ma anche economico.
Un Tendone al centro, l’ardito di turno si lancia a capofitto, centra la «piscina» e ne esce incolume tra le ovazioni di un pubblico eccitatissimo è lo spirito malandato del vecchio baraccone di periferia, estremizzato e incupito nei colori, ai fini di uno spettacolo totale, urticante, provocatorio ma non per questo meno divertente. L’idea in fondo è quella di ripartire proprio da lì da quando i clown “mettevano paura. Nell’infanzia di ciascuno di noi, c’è sempre stato un momento in cui abbiamo scoperto che i pagliacci erano spaventosi, già fenomeni da baraccone, e le creature bizzarre, affiancandosi, fanno capolino con acrobati, ballerini, funamboli, e”domatori d’insetti”.
Il risultato è una specie di cabaret gotico, il circo che conserva tanto i caratteri polverosi dello show-prima-della-tv, quanto una proiezione tormentata delle più classiche fantasie horror cinematografiche (gli zombie, i trucchi dark, i ghigni malefici, le pose a effetto). I costumi sono discinti, i trucchi provocanti, e non è un caso che il suo fascino abbia da sempre colpito le sottoculture anglosassoni (quella dark-gothic in particolare, ma anche le tante varianti del dopo-punk di stampo industriale) e i circoli sadomaso propriamente detti. Il circo e le sue creature giocano quindi la carta del vizio, del sordido, dell’equivoco: il tendone ospita al tempo stesso casinò, tavoli da gioco, striptease, concerti, e esibizioni al trapezio, spettacoli di giocoleria, fachirismi e via di questo passo. Pensate quindi a un incrocio tra i locali per spogliarello ottocenteschi e la precarietà trasandata odierna, con tutto quello che ne deriva in termini di propensione al fantastico, all’ignoto, al mostruoso. Ambiente da favola nel puro senso del termine, ma sia chiaro che sempre di favola gotica alternativa si tratta: quello che viene rappresentato è quindi un mondo in disfacimento, decadente, che quasi per necessità si aggrappa al fantastico, di cui subisce però le suggestioni più orrorifiche. La vita è spettacolo. E noi siamo i trapezisti lanciati su una fune a sfidare l’universo. Quale sarà la nostra sorte? Ci faremo risucchiare dal limbo e cadremo o avremo la forza di rimanere in equilibrio? Vivere è avere la forza di trovare la propria strada che conduca con dignità dall’altra parte della fune. Ma c’è sempre l’imprevvisto,la fatalita’che in un attimo puo’bruciare i tuoi castelli di carta e,guardare i tuoi sogni andare in fumo.Impari a vivere l’esperienze belle o,tragiche… Ci arrampichiiamo come equilibristi sugli specchi nell’assurdo,nel ridicolo come poveri pagliacci. Siamo poi sotto l’occhio attento degli spettatori,quelli che guardano,giudicano,che si credono intelligenti filosofi..che si illudono che con le belle parole possono insegnare a vivere..a noi gente normale. Non immaginano, vivendo, che chi impara a saltare,recitare,lotta con unghie e denti ogni giorno per non soccombere. Possiamo dire che abbiam vissuto e non solo guardato vivere gli altri non con la filosofia ma,con dolori e cicatrici. Mangiafuoco allora non è più arte, ma cultura,poiché questo non è inteso come lavoro ma scelta ed insegnamento di vita,il Tendone la casa di tutti,dove ognuno recita la sua parte lasciando qualcosa di sè agli altri.
E’ lì, che l’amore vince, quasi si volesse prende la rivincita sul grigiore di vite appassite. Chi si stupisce di quanto ho scritto, forse vuol dire che non ha ancora vissuto abbastanza, è giovane e non frequenta ambienti multiculturali e multietnici,forse vuol dire che non sta passeggiando su un palcoscenico ampio. Le persone non si inventano: chi le spara grosse con gli amici al bar, le spara grosse pure qui; chi fa’ l’intellettualone, parlando forbito e con lessico ampio, lo fa’ qui come al lavoro, a casa o a spasso per la città; chi ti racconta tutto di tutti, ed ha piacere ad aggiungere colore ai fatti degli altri, lo fa’ qui come nel cortile di casa o all’oratorio, coi genitori degli amichetti dei figli; chi si diverte a mettere zizzania, non importa fra chi e per cosa, purché ci siano litigi e ci si trovi sempre sulla bocca di tutti, lo fa’ qui come al lavoro o in famiglia. Sarà un caso, ma a parer mio, il primo passo è imparare a capire i propri meccanismi mentali per poter poi passare a mente libera ad analizzare quelli degli altri, e lo scopo è quello di aiutarli a capire se stessi ad interpretare e a dare un perché ai propri comportamenti per arrivare a definire il proprio profilo comportamentale, se uno psicologo desse giudizi, che fine farebbero i pazienti…??? Mi aspetto sempre che, una volta aperti gli occhi tutti imparino a migliorarsi,con impegno per sé e per gli altri . La vera povertà è la perdita della capacità di meravigliarsi e di sondare in profondità la vita e l’umanità, fino a trovarne il senso trascendente, quale che ne sia la condizione, mentale, fisica, sociale.L’esistenza in fondo è un numero da circo come tanti. E’ un tronco d’uomo, senza braccia,rimarremo sempre testimoni viventi di come non esistano vite senza valore. Dio ha mai davvero «voltato le spalle», a nessuno può essere tolta la sua umanità. Nel mentre Il bruco è diventato la farfalla, in questo mondo magico e morbido di velluto non smette di vivere il circo delle roulotte ferme nel parcheggio. E’ e rimane il circo circolare,nella la sua arena stessa.L’articolo è stato scritto,con il consenso da parte della moglie vedova , legittima sulle memorie e l’insegnamento ancor oggi risuonante di un grande uomo di spettacolo quale il Commendatore Paolo Orfei classe 1889.
Sabrina Parini
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Quest’oggi l’attenzione di Famiglie d’Italia si sofferma su due post del giorno che, a seguito di ricerche e studi approfonditi sul tema, consigliano di non abusare del consumo di carne animale per non mettere a rischio la propria salute. Alternativa, prodotti al Seitan o, meglio ancora, Muscolo di Grano, foto in alto, la carne vegetale che vediamo mentre viene affettata dal suo inventore Enzo Marascio, ( cliccare sul link per meglio comprendere ) aiutano a risolvere i dubbi e… a stare meglio.
analisi su 258 studi dagli anni ‘50 ad oggi
La dieta vegetariana abbassa la pressione
Chi non mangia carne ha una massima di 7 mmHg più bassa e una minima di 5 mmHg inferiore
( fonte:CORRIERE DELLA SERA.it ) Rinunciare alla carne a mangiare vegetariano potrebbe aiutare gli ipertesi ad abbassare la pressione del sangue. Lo dimostra una corposa analisi su 258 ricerche che hanno studiato vegetariani e onnivori dagli anni ‘50 ad oggi (inclusi 32 studi osservazionali e sette trial controllati), diretta dai ricercatori giapponesi delle Università di Osaka e Tokyo insieme a colleghi di Washington e Pittsburgh. L’analisi è stata pubblicata su Jama Internal Medicine.
I NUMERI – Gli studi osservazionali hanno mostrato che i vegetariani avevano una pressione sistolica (massima) di 7 mmHg più bassa rispetto ai mangiatori di carne e una pressione diastolica (minima) di 5 mmHg inferiore. I partecipanti vegetariani ai trial clinici avevano invece, rispettivamente, una pressione di 5 e 2 mmHg inferiore rispetto ai non vegetariani.
FIBRE E POTASSIO – «Consumare frutta, verdura, cereali e legumi significa aumentare il contenuto di fibre e di potassio, elementi in grado di ridurre i valori sistolici e diastolici – scrivono gli autori -. Per alcune persone correggere l’alimentazione può bastare a mantenere la pressione nella norma senza ricorrere ai farmaci».
Secondo una ricerca USA, mangiare carne di animali alimentati con AGEs può portare a lungo termine all’insorgenza di Alzhaimer e malattie degenerative del cervello
Arrivano brutte notizie per gli amanti della carne. Secondo i ricercatori dell’Icahn School of Medicine di Mount Sinai, l’assunzione di bistecche e simili favorirebbe l’insorgenza della demenza e dell’Alzheimer, una delle malattie simbolo del 21esimo secolo. La causa di questa problematica è legata agli AGEs, una sostanza che si crea quando le proteine e i grassi reagiscono con lo zucchero.
La carne è nemica del cervello
Dallo studio dei ricercatori statunitensi è emerso che gli animali nutriti con alimenti ad alto contenuto di AGEs registravano un aumento allarmante delle proteine marcatrici dell’Alzheimer nel cervello e mostravano dei primi sintomi della demenza. “Ingeriamo queste tossine in enormi quantità nel corso della nostra vita. – ha spiegato Helen Vlassara, il primo fra gli autori della ricerca – Il problema principale non è tanto l’assunzione di queste sostanze, ma l’accumulo, che con il tempo e l’età può promuovere l’infiammazione cronica nel corpo”.
Gli esperti non vogliono certo spingere verso l’adozione di una dieta vegetariana, che comunque ha effetti benefici comprovati, ma consigliano comunque di aumentare le dosi di frutta e verdura nella propria dieta. Per quanto riguarda la cura per l’Alzheimer, che pare sia favorito anche da elevati livelli di stress, i ricercatori hanno sperimentato con un discreto successo l’uso del resveratrolo, una sostanza contenuta nella buccia dell’uva.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
In un mondo dove le difficoltà incombenti portano l’uomo ad isolarsi sempre più, un allarme serio viene lanciato dall’ Università di Chicago presentandoci uno studio sulle condizione di solitudine degli anziani. Sul tema vi propongo un post pubblicato da DiariodelWeb.it: notizie dall’Italia e dal mondo
I risultati di uno studio americano mostrano come la condizione di solitudine sia, per gli anziani, più pericolosa dell’obesità, quasi pari a quella di coloro i quali vivono in condizione di grave miseria.
Uno studio dell’Università di Chicago evidenzia come la solitudine risulti per gli anziani due volte più pericolosa dell’obesità.
LO STUDIO – Condotto sulla base di una attenta analisi di un campione di persone con oltre 50 anni, ha confermato i risultati di precedenti ricerche circa il legame fra solitudine e problemi di salute quali ipertensione, alto rischio di depressione, abbassamento delle difese immunitarie, ictus e infarto.
I DATI – I dati raccolti, infatti, hanno evidenziato come coloro che, per diversi motivi, vivevano in condizione sociale di isolamento corressero il 14% di rischio in più di morire prematuramente e il doppio del rischio degli obesi.
MEGLIO CONTINUARE AD INTERAGIRE CON GLI ALTRI – John Cacioppo, psicologo dell’Università di Chicago, sottolinea che«abbiamo una nozione della pensione tutta di fantasia. Pensiamo che significhi lasciare amici e famiglia, comprare una casa in Florida dove il tempo è mite e vivere da allora in poi felici e contenti. Probabilmente non è l’idea migliore: vanno incontro a una migliore vecchiaia gli anziani che continueranno ad interagire con colleghi e amici».
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Dylan ha iniziato la sua toilette, si lava con cura ma, se smetto di scrivere, sospende la sua attività e mi guarda interrogativo. “Pertanto anche le parole che lo riguardano, devono essere dosate perché la discrezione, il tatto, la riservatezza, specie con gli amici che ci sono cari, non devono mai essere eluse o ritenute secondarie “ Mah ! Forse il discorso è prematuro, ma io preferisco “portarmi avanti” ed eventualmente, verificare in seguito, se le mie parole hanno attecchito nel suo terreno.
L’amicizia è un argomento su cui avremmo molto da dire… tuttavia spesso si confonde il concetto di amicizia con altre cose. Riponiamo la nostra fiducia in una persona e poi, nel momento più inaspettato, le persone che fino a quel momento avevamo definito amiche sono le prime a metterci nei guai.
L’amicizia è un valore molto importante nella mia vita, infatti non riesco ad immaginare quale immenso, piatto deserto possa essere l’esistenza di una donna della mia età senza amici. Attorno a me ci sono persone che si sono dimenticate di queste definizioni e ne abusano con mille parole, tralasciando atti che le dimostrino e soprattutto il loro vero senso. Finti amici che si spacciano tali per chissà quali motivi, che un giorno ci sono e l’altro spariscono; ex datori di lavoro che ti aiutano finchè sei sotto di loro, poi non si ricordano nemmeno che esisti, nonostante a parole siano bravi a dirti “ci sentiamo”, “ci vediamo”, “ci manchi”. Ci illudiamo sempre che negli altri tutto rimanga così com’è e invece … l’amicizia è qualcosa di stupendo, ma allo stesso tempo non c’è nulla di più fragile. Le persone cambiano così come cambia il vento ed è immensamente difficile trovare un amico che creda saldamente nell’amicizia. Tuttavia non bisogna arrendersi… non bisogna credere che ci sia qualcosa di sbagliato nell’avere dei saldi valori morali, anzi… I valori sono quegli elementi che restano nella vita di una persona. Sono l’unica cosa che valorizzi la nostra vita. Molto spesso siamo portati a definire “amici” tutte quelle persone con le quali abbiamo dei rapporti frequenti, con cui scambiamo quattro chiacchiere o usciamo il sabato sera e non ci rendiamo conto che in realtà la maggior parte di costoro sono dei semplici conoscenti, l’amico è ben altro: è colui con il quale possiamo sempre e comunque essere noi stessi, senza veli, senza finzioni, che conosce tutti i nostri pregi ma anche i nostri difetti e nonostante ciò non ci chiede di cambiare; una persona alla quale sentiamo di poter confidare i nostri pensieri, i segreti più intimi, senza timore di essere giudicati; è colui al quale possiamo dare tutta la nostra fiducia sicuri che non ci tradirà mai; all’amico puoi chiedere una mano senza che lui pretenda un tornaconto personale; è chi ti resta vicino non per cosa hai, ma per chi sei; che prova gioia a stare con te, anche se non condivide necessariamente tutti i tuoi interessi. Il processo di conoscenza reciproca è certamente un cammino fatto di prove e di errori: esprimere onestamente che cosa si prova, può occasionalmente ferire l’altro. Ciascuno ha infatti le sue aree di maggiore sensibilità, i suoi punti deboli. Solo però se si è onesti nel comunicare e si rimane aperti sulle proprie zone vulnerabili, si impara a conoscersi e a interagire con l’altro nel modo migliore, sapendolo “prendere” nel modo giusto. In questo modo è possibile costruire un rapporto su basi più solide, senza sentirsi obbligati a mascherare parti di noi e dei nostri sentimenti. La cosa più importante in un rapporto di amicizia, secondo me, è il rispetto unito naturalmente alla sincerità, alla comprensione ed alla reciproca complicità. L’amicizia è un legame profondo e confidenziale che unisce due o più persone, infatti questo sentimento ha un pregio fondamentale: si può distribuire tra molti individui, con varie sfumature, senza che nessuno di essi si senta svalutato. E’ chiaro che frequentandosi regolarmente, quasi giornalmente, ci influenziamo reciprocamente soprattutto in relazione ai gusti musicali, di abbigliamento, di letture ecc. mentre per quanto riguarda la formazione della mia personalità devo ammettere che, ascolto volentieri i consigli “costruttivi” datimi dagli amici, ma poi preferisco fare un po’ di testa mia, avere una certa autonomia di pensiero e di azione. Ed è per questo che dico sempre, che i gatti sono animali verso cui ho il massimo rispetto. I gatti e i non conformisti mi sembrano davvero i soli esseri in questo mondo che abbiano una coscienza pratica e attiva. L’amicizia, caro Dylan, richiede cure particolari. E’ troppo preziosa !” per adesso può bastare, salutiamo, assieme gli amici e andiamo a preparare i bagagli mentre si espande l’invitante profumo del caffè.
Sabrina Parini
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Un viaggio su internet mi ha permesso di trovare le risposte a tante domande che mi hanno accompagnato fin da ragazzino: ma chi era San Valentino e perché si festeggia in nome suo il 14 febbraio la festa degli innamorati, scambiandosi baci e doni insieme a dolci frasi e promesse di amore eterno ?… Tra le varie risposte una mi è parsa la più interessante:
“L’usanza di celebrare la festa degli innamorati comincia intorno alla metà del 1400 quando il Papa Paolo II decise di distribuire una dote a tutte le donne nubili, con l’intento di aumentare il numero di matrimoni fertili. San Valentino è un martire nato a Terni, in Umbria nel 175 d.C. ed è il Santo più amato dai fidanzati grazie ad episodio che ai suoi tempi suscitò un grande clamore: fu infatti proprio Valentino a celebrare il primo matrimonio tra un legionario pagano ed una giovane cristiana. Da quel momento tutte le coppie desiderarono la sua benedizione. Il 14 Febbraio 273 d.C., Valentino cadde martire e a partire da quel momento tutto il mondo ricorda questa occorrenza per celebrare il Santo dell’Amore.”
Ma vedeiamo meglio, garzie a Wikipedia, chi era San Valentino…
SanValentino detto anche san Valentino da Terni o san Valentino da Interamna (Interamna Nahars, ca. 176 – Roma, 14 febbraio273) fu un vescovo e un martire cristiano. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e successivamente dalla Chiesa anglicana, è considerato patrono degli innamorati. La più antica notizia di S.Valentino è in un documento ufficiale della Chiesa dei secc.V-VI dove compare il suo anniversario di morte. Ancora nel sec. VIII un altro documento ci narra alcuni particolari del martirio: la tortura, la decapitazione notturna, la sepoltura ad opera dei discepoli Proculo, Efebo e Apollonio, successivo martirio di questi e loro sepoltura.
Le sue spoglie furono sepolte sulla collina di Terni, al LXIII miglio della Via Flaminia, nei pressi di una necropoli. Sul luogo sorse nel IV secolo una basilica nella quale attualmente sono custodite, racchiuse in una teca, le reliquie del santo. Le reliquie pare siano state portate nella città dai tre discepoli del filosofo Cratone, Apollonio, Efebo e Procuro, convertiti dal futuro santo, e che per questo trafugamento furono martirizzati. Altre reliquie sono presenti presso svariate chiese. Una parte si trova nella cattedrale di Maria Assunta di Savona. Le reliquie del santo sono conservate inoltre presso la chiesa medievale di San Valentino di Sadali , in Sardegna, in Calabria (Belvedere Marittimo) e nella chiesa Matrice di Vico del Gargano dove viene venerato come protettore della città e degli agrumeti.
Questo è tutto, a proposito … Buon San Valentino a tutti!
Notizia interessantissima diffusa daCentro Meteo Italiano : Meteo scienza e Natura ( Fonte foto: ilgiornaledelsud.net )
Rigenerando le cellule della pelle si potrà curare il diabete giovanile tipo 1
Il diabete giovanile tipo 1 non sarà più un problema. Si curerà rigenerando le cellule della pelle
Rigenerando le cellule della pelle si potrà curare il diabete giovanile tipo 1 09/02/2014. Le modalità di cura per il diabete giovanile di tipo 1 potrebbero presto essere rivoluzionate da una scoperta dei ricercatori americani del Gladstone Institutes che hanno già sperimentato con successo sui topi una tecnica che riuscirebbe a ricostruire le stesse cellule devastate dal diabetegiovanile di tipo 1. La malattia è causata dalla distruzione delle cellule beta, che normalmente risiedono nel pancreas e che producono l’ormone dell’insulina. I ricercatori hanno così raccolto cellule della pelle, i fibroblasti, da topi di laboratorio, che sono state poi trattate con un unico cocktail di molecole e fattori di riprogrammazione che li hanno trasformati in cellule simili a quelle che maturano nel pancreas. Attraverso altri processi, i ricercatori hanno trasformato le cellule in cellule beta.
Presto, dunque si potrà dire addio all’insulina per combattere il diabete giovanile di tipo 1 e probabilmente anche altre forme di diabete. Il diabete giovanile di tipo 1 si manifesta maggiormente in alcune precise zone geografiche del mondo, come ad esempio la Scandinavia, in diversi stati nordamericani e con una minore incidenza in Europa, sebbene sia una patologia particolarmente diffusa in Sardegna, ad esempio. Si sospetta che i fattori ambientali possano sviluppare forme didiabete come quello giovanile di tipo 1, ma non esistono prove certe al riguardo. La malattia esordisce prevalentemente in età inferiore ai 20 anni e più frequentemente nel corso della pubertà, e solo raramente colpisce in età adulta.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Interessante post pubblicato da Salute – Il Messaggero.it e riproposto ai lettori di Famiglie d’Italia affinché lo leggano con attenzione e ne facciano tesoro seguendo con attenzione i principali accorgimenti consigliati.
Incidenti domestici, le cadute al primo posto: come evitare i pericoli in casa
ROMA E’ la caduta in casa l’incidente domestico più frequente. Parliamo di persona che volano dalle scale, inciampi con il tappeto, spinte. Da un’altezza non specificata (29,7%), caduta a livello (11,9%), urti (15,5%), incidenti con oggetti penetranti o taglienti (11,8%).
Ogni anno in Italia si verificano circa due milioni e 800mila incidenti domestici, con un’incidenza di 50 casi ogni mille abitanti. Al primo posto le cadute, dunque, e in cima alla classifica delle vittime gli anziani. Soprattutto se donne, se soli o se ospiti di case di cura o di ospedali. Qui, infatti, l’incidenza delle cadute è 2-3 volte superiore rispetto a quella nelle abitazioni e per di più con complicazioni maggiori. E’ il quadro tracciato dai dati dell’indagine Istat sulle famiglie pubblicata sul sito del ministero della Salute.
«Il tutto – spiega il ministero della Salute – si traduce non solo in termini di disabilità e ricoveri ospedalieri, lunghi e costosi per il servizio sanitario nazionale (è stata calcolata una spesa di circa 400 milioni di euro per un ricovero da incidente domestico) ma anche in gravi ripercussioni psicologiche: la perdita di sicurezza e la paura di cadere possono accelerare infatti il declino funzionale e indurre depressione o isolamento».
Per gli esperti del ministero il problema è divenatto una «priorità sanitaria dal momento che la popolazione italiana è sempre più longeva». Alla luce di questi numeri è stato deciso di mettere a disposizione dei cittadini una serie di consigli e informazioni (www.ministerosalute.it) utili a capire la gravità del fenomeno e migliorare la sicurezza.
CORRIDOI
Non fare percorsi al buio, mantenere una buona illuminazione dei locali, magari con luci notturne. Tenere corridoi liberi da intralci, evitare fili elettrici volanti che potrebbero far inciampare
TAPPETI
Non usare tappeti con frange o buchi che si piegano o si arrotolano facilmente, rinfornzare gli angoli applicando dellas toffa sul retro o una rete di gomma antiscivolo
SCALE
Tenere le scale ben illuminate con l’accortezza di porre gli interruttori della luce ben visibili sia all’inizio che alla fine della rampa. Montare un corrimano o un parapetto lungo la scala, incollare strisce antiscivolo sui gradini, mantenere le scale sgombre da oggetti, eliminare i tappetini o le guide. In caso di necessità far installare un montascale.
SCALE PORTATILI
Non salire su scale o sgabelli quando si è in casa da soli, mai se si soffre di vertigini, dolori muscolari o ossei, se sino presi farmaci e alcol. Non salire con ciabatte o scarpe dai tacchi alti, sandali o abbigliamento indatto (vestaglie con lacci e cinture che possono impigliarsi o finire sotto le scarpe). Quando si sale non portare mai materiali pesanti e attrezzatura contemporaneamente.
PAVIMENTI
Tenere i pavimenti asciutti e non scivolosi, eviate di lucidare i pavimenti con le cera, indossare scarpe adatte con suole non scivolose, evitare i dislivelli
BAGNO
Usare tappeti antiscivolo sui pavimenti o fissa i tappeti utilizzando strisce adesive o apposite retine, mettere tappeti antiscivolo nella vasca e nella doccia, usa maniglioni di supporto e anticaduta nella vasca.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Sabato 25 gennaio prossimo nell’Aula Magna del mitico liceo Manzoni di Milano, alle ore 15, nell’ambito del Meeting Nazionale della radiofonia “ D.J. Sotto le Stelle “, saranno assegnati gli Oscar della Radio. Questa bella ed interessante manifestazione è nata nel 2005 da un’ idea degli speaker radiofonici Tonino Luppino di Sapri e Alessandro Sorrentino. Ora siamo arrivati all’edizione 2014 e Massimo Emanuelli, direttore artistico dell’evento, premierà i vincitori:
Ho cercato di prendere distanza da me stessa per considerare l’handicap in un contesto sociale e culturale più ampio. La mia condizione personale è stata utile a “dar carne” a concetti (come stigma e pregiudizio) comprensibili in tutta la loro portata solo a chi li vive direttamente». L’handicap è spesso vissuto come tragedia singola e individuale, senza passato e senza futuro, non come condizione sociale ed esistenziale più ampia. E mi pare che non ci sia la percezione che la disabilità sia un fenomeno che colpisce la società contemporanea più di quanto sia avvenuto in passato. Lo stigma, ovvero il marchio che lo accompagna, è il primo e più pesante handicap che porta con sé il disabile. Pesa tonnellate, colpisce il soggetto nella concretezza delle relazioni (sentimentali, di amicizia, del lavoro), nella possibilità di potersi realizzare pienamente, anche con un handicap. Poche sono le volontà decise ad affrontare il mondo dell’handicap nelle sue molte sfaccettature. Si fanno interventi limitati, a corto raggio, poco capaci di incidere sull’esistenza dei disabili e di chi gli sta intorno. La mancanza di dati attendibili, di competenze e saperi specifici impedisce, alla base, qualsiasi progetto di lunga veduta». La cultura, un libro, possono incidere se mobilitano linguaggi e argomenti capaci di scalfire i tanti pregiudizi che circondano i disabili. Diversamente sono occasioni perse. Il mio intuito al pessimismo è reale.
Oggi, nei grandi media, si parla di più di disabilità, ma sono spesso chiacchiere, forme di spettacolo attente all’audience, utili a fingere di occuparsene, ma incapaci di farlo adeguatamente. L’ipocrisia ha preso il posto del silenzio. Si può sorridere della disabilità con garbo, delicatezza e rispetto delle persone. Si può ridere con e non della persona con disabilità. Ma deridere gli uomini e le donne con fragilità è vietato dall’etica e dalla morale. Nell’antica Grecia, ad esempio, si sa che era diffusa la concezione secondo cui l’uomo malato e perciò “brutto” aveva «qualcosa di innaturale e immorale», per cui a Sparta i neonati venivano esaminati alla nascita e, se “minorati”, lanciati dal Monte Taigeto. Oltre 70 mila persone disabili a vario titolo furono uccise e 375 mila sterilizzate dal regime nazista, in quanto ritenute “vite che non meritano di essere vissute”. Lo sterminio sistematico ebbe inizio ufficiale con una lettera di Hitler dell’ottobre 1939, in cui si autorizza la “concessione di una morte pietosa ai pazienti considerati incurabili”. Gli ospedali e le levatrici avevano l’ obbligo di informare i Centri della nascita di bambini deformi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche. I medici convocavano i genitori e li convincevano ad affidar immediatamente loro i figli per cure nuovissime e sperimentali. I bambini venivano quindi ricoverati e uccisi con una iniezione di scopolamina o lasciati morire di fame. I cadaveri venivano sezionati per studiarne il cervello.
Oggi come oggi, sarebbe inaccettabile che una società si scagli contro i disabili dicendo loro di andare a morire ammazzati: è uno scenario da Medioevo, non potremmo accettarlo. L’impegno ad investire in coraggio e fiducia non riguarda solo il soggetto disabile, ma coinvolge tutti: dalle figure genitoriali più da vicino investite, ai parenti, amici, specialisti, professionisti che incontrano la sua storia, al cittadino qualunque, che condivide un’atmosfera culturale. Già, siamo “persone con disabilità”. Persone, capite? Ovvero ognuno di noi, sia che viva come me in sedia a rotelle o non , sia che usi un bastone bianco, o non ci senta, o abbia dei deficit di natura intellettiva, siamo prima di tutto una persona, con un nome, una dignità, un posto nella società, esattamente come voi e come tutti coloro che non hanno alcuna apparente disabilità, siamo quello che siamo, più o meno abili, più o meno in grado di rappresentare noi stessi con la parola o con lo sguardo o in altro modo. La carrozzina? ausilio tecnologico, manuale o elettronico, sempre più evoluto e personalizzato, che ci aiuta a superare la nostra impossibilità di camminare. Le persone con problemi fisici o psichici si sono abituate ad essere definite con termini che si sono via via trasformati.
In antichità fu lo storpio, seguito dall’handicappato, parola di origine inglese la cui etimologia (Hand in the Cap) risale al Seicento e si riferisce a un gioco d’azzardo. Successivamente ha preso il significato di svantaggio in ambito sportivo e dei relativi accorgimenti da adottare per rendere una gara più equa, ad esempio nelle corse dei cavalli, ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella.. Trattasi insomma di un vocabolo che evidenzia una situazione di penalità, con una valenza puramente negativa che non pone l’accento sulle capacità residue. L’essere umano non può fare a meno di suddividere per categorie. Alti e bassi, belli e brutti, ricchi e poveri e l’elenco potrebbe continuare. La società sceglie il vocabolo esatto in base al contesto, fino al punto di dimenticare i problemi reali, i diritti negati, le piccole grandi discriminazioni di ogni giorno, magari messe in pratica in buona fede, ma sintomatiche di una normalizzazione solo verbale. Tanta strada è stata percorsa fino ai giorni nostri in tema di inclusione sociale delle persone con disabilità e per la costruzione di una loro rappresentazione non più stigmatizzante. Oggi, infatti, sono in molti a studiare, laurearsi, lavorare, fare sport. Eppure siamo dovuti arrivare all’inizio del XXI secolo, con la necessità di una Convenzione ONU che sancisse ancora una volta i diritti, un trattato, però, tutt’altro che applicato, in troppi Paesi del mondo. Si può dire dunque che se da una parte il progresso della scienza e della tecnologia continua ad essere estremamente rapido, tanto che nel campo della ricerca sulle malattie degenerative e rare ed è vero che si è fatto più in vent’anni anni che nei centocinquanta precedenti e che , l’aspettativa di vita per alcune malattie è praticamente raddoppiata, in campo sociale, invece, per quanto si faccia, sembra che non sia mai abbastanza. Ciò che ancora manca, oggi, è una cultura della disabilità e della diversità in generale ed è in questa direzione che bisogna andare, pur con la consapevolezza che probabilmente nulla è più difficile che realizzare un cambiamento culturale.
Questa rubrica ritorna dopo qualche mese di pausa riproponendo un articolo apparso tempo fa su http://www.vglobale.it per riportare la vostra attenzione sull’importanza dell’impiego di risorse biologiche per la produzione di alimenti, mangimi e combustibili per la produzione industriale ed energetica.
Nuova sfida europea, tempi maturi per la Bioeconomia
Muove già, di fatto, circa 2.000 miliardi di euro l’anno nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, della produzione alimentare, della produzione di pasta di carta e carta, dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica
La Commissione europea ha pubblicato la strategia europea per supportare una crescita sostenibile attraverso un rafforzamento della bioeconomia (EC, 2012. «Innovating for Sustainable Growth: A Bioeconomy for Europe»). Per bioeconomia s’intende un’economia basata sull’impiego di risorse biologiche per la produzione di alimenti, mangimi e combustibili per la produzione industriale ed energetica. L’avvio di una bioeconomia a larga scala può significare, per l’Europa, creare nuova occupazione, avviare la crescita economica nelle aree rurali, lungo le coste e nelle aree industriali provate dalla attuale crisi economica, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili e aumentando la sostenibilità economica e ambientale della produzione primaria e dei processi industriali.
Il piano d’azione messo a punto dalla Commissione è basato su un approccio intersettoriale e sull’obiettivo di favorire la nascita di un’economia a emissioni ridotte, conciliando le esigenze di sostenibilità nell’uso delle risorse biologiche per fini produttivi con la tutela della biodiversità e dell’ambiente. I tre aspetti chiave della strategia riguardano lo sviluppo di nuove tecnologie e processi produttivi ispirati alla bioeconomia; lo sviluppo di nuovi mercati in diversi settori interessati e l’avvio di una collaborazione più ampia tra i responsabili politici e le parti interessate. In un’intervista Máire Geoghegan-Quinn, commissaria Eu responsabile per la Ricerca, l’innovazione e la scienza, afferma che l’Europa è ormai matura per passare a un’economia «post-petrolio», dove un più ampio utilizzo delle fonti rinnovabili è una necessità ma anche un’opportunità. Questo processo può essere favorito attraverso la ricerca e l’innovazione, elementi chiave per la protezione dell’ambiente, la sicurezza energetica e alimentare e la futura competitività dell’Europa.
La Commissaria ha però affermato che l’Europa si mostra troppo lenta a recepire le grandi sfide dello sviluppo e che spesso le azioni politiche in questo senso risultano isolate. Una scommessa come quella lanciata dalla strategia europea per la bioeconomia, invece, richiede un quadro di riferimento più forte ed organico, che coinvolga contemporaneamente il mondo scientifico, quello politico e quello imprenditoriale. I fondi pensati per sostenere la strategia europea fanno capo a filoni di finanziamento come la politica agricola comunitaria, il programma di ricerca «Horizon 2020» e altri programmi comunitari e nazionali.
La strategia europea per la bioeconomia segue l’Agenda messa a punto dall’Oecd nel 2009 (Oecd, 2009. The Bioeconomy to 2030: designing a Policy Agenda) in modo originale. L’Agenda dell’Oecd, infatti, è tarata sul ruolo che le biotecnologie (applicate agli ambiti di tipo agricolo, sanitario e industriale) possono giocare nel lanciare a livello mondiale una bioeconomia condivisa.
La Commissione europea, invece, facendo seguito al lungo dibattito e al percorso effettuato negli ultimi anni sulla strada della sostenibilità, vede la bioeconomia in un contesto più vasto, dove trovano spazio la sicurezza alimentare, la gestione sostenibile delle risorse naturali, la riduzione dalla dipendenza dalle risorse non rinnovabili, la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la competitività europea per creare e mantenere nuovi posti di lavoro.
La visione europea della bioeconomia ha, quindi, un carattere più globale e coerente, che prevede aspetti politici, investimenti in conoscenza, innovazione e incremento di capacità, nuove infrastrutture e strumenti, una governance partecipativa basata su un dialogo informato con la società. L’applicazione di questa strategia, che prevede tra l’altro aspetti controversi come quelli, ad esempio, legati alla produzione dei bio-carburanti, richiederà senza dubbio un notevole impegno a livello politico, economico e sociale.
È bene però ricordare che la bioeconomia in Europa muove già, di fatto, circa 2.000 miliardi di euro l’anno nei settori dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca, della produzione alimentare, della produzione di pasta di carta e carta, dell’industria chimica, biotecnologica ed energetica. Si prevede che l’attuazione della strategia europea sulla bioeconomia possa moltiplicare tale valore di un fattore dieci entro il 2025.
(Fonte Enea-Eai)
La pillola eco-impegnata di Paolo Broglio, ovvero “quelli che fanno “……o almeno ci provano
Ricercatori del MIT trovano un modo per utilizzare l’erba tagliata alla stregua di pannelli solari( di Mark Boyer )
Questo è esattamente quello che il ricercatore del MIT ( Massachusset Institute of Technology ) Mershin Andreas ha trovato per caso. Lo scienziato dice che creare una cella solare potrebbe essere semplice come la miscelazione di qualsiasi materiale organico verde (erba tagliata, rifiuti agricoli) con un sacchetto di sostanze chimiche e adagiare il composto ottenuto su un tetto.
Una volta migliorata l’efficienza del sistema Mershin, questo tipo di tecnologia solare potrebbe fare energia a basso prezzo rendendola disponibile in luoghi rurali e paesi in via di sviluppo dove le persone non hanno accesso all’energia Noi di Famiglie d’Italia abbiamo seguito lo sviluppo del processo biophotovoltaico ovvero dispositivi che generano energia dalla fotosintesi ; anche se le possibilità sono illimitate la maggior parte della tecnologia esistente è molto costosa e lontana dal raggiungimento del mercato. In uno studio pubblicato Mershin e i suoi colleghi ricercatori hanno creato un processo di “dirottare” le molecole che sono responsabili della fotosintesi. Come Mershin spiega in questa ricerca, al fine di ottenere che queste molecole a lavorarino per noi, dobbiamo estrarre la proteina che si trova al centro della fotosintesi e stabilizzare il modo che essa continui a vivere e operare in un pannello solare.
Mershin e il suo team ha sviluppato una nanostruttura in biossido di titanio, supportato da nanofili, che trasporta un flusso di corrente. Il sistema è in grado, per ora, di convertire solo 0,1 per cento dell’energia del sole in elettricità — quattro ordini di grandezza migliori rispetto ai precedenti sistemi biophotovoltaici — ma questa percentuale dovrà essere migliorata ulteriormente prima che la tecnologia possa essere utile. La svolta ” porta la promessa di una energia solare economica ed ecologica “. Il dr. Mershin spera che tutto ciò avverrà entro pochi anni.
Nel post di ieri, dedicato alla storia ed alle origini della Befana, ho esordito con queste parole ”6 gennaio festa dell’Epifania ” e poi ho dedicato tutto l’articolo alla Befana che di questa festa, in realtà, è solo un personaggio secondario che porta i doni ai bambini nella notte fra il 5 e il 6 gennaio perché pentita e in qualche modo farsi perdonare per non aver seguito i Re Magi quando questi si dirigevano verso la grotta di Betlemme. Infatti i personaggi principali sono il Bambino Gesù e i Re Magi. La parola Epifania, tradotta dalla lingua greca, significa ” manifestazione ” e la liturgia celebra il giorno dell’Epifania un momento del periodo natalizio molto significativo, ovvero la manifestazione di Gesù Cristo neonato ai Magi venuti da lontano per conoscerlo e rendergli onore in rappresentanza di tutte le genti. Questo blog rispetta tutti, dai credenti ai non, qualsiasi sia la sua fede, ma proprio a quelli che oggi festeggiano l’Epifania nel suo vero significato cristiano voglio dedicare un tratto del Vangelo secondo Matteo che parla dei Magi, sapienti stranieri, guidati verso Betlemme con la luce della stella e le parole del profeta Michea, riconoscono in Gesù il vero re… passaggio che è stato oggetto della messa odierna.
” Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme, e dicevano: < Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. > All’udire questo il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo.
Gli risposero: < A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: < E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giudea: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele. > Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo : < Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo: > Udito il re essi partirono. Ed ecco la stella che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunsero e si fermo sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella provarono una gioia grandissima.Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. “
Buona festa dell’Epifania a tutti!
introduzione a cura di
Umberto Napolitano
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Una mela al giorno può salvare 8.500 vite all’anno, parola di scienziato.
Stima dell’Università di Oxford su modello della popolazione inglese
16:36 – “Una mela al giorno leva il medico di torno”, lo dice l’antico adagio e lo confermano gli scienziati nel 2013. Una volta di più la saggezza popolare dimostra di avere un fondamento, almeno in base a una ricerca condotta presso l’Università di Oxford e pubblicata sul British Medical Journal. Per gli esperti, se tutti i 50enni e over-50enni consumassero un pomo al dì, potrebbero essere risparmiate 8.500 vite ogni anno.
Stima su popolazione britannica – Il consumo quotidiano del frutto, per gli esperti, evita decessi per malattie cardiovascolari (principalmente infarto e ictus). Il numero di morti che si potrebbero evitare se tutti gli adulti di più di 50 anni fossero fedeli al proverbio giorno dopo giorno è pari al numero di morti per infarto e ictus che si possono prevenire abbassando il colesterolo con una statina al giorno.
La stima è stata fatta dai ricercatori usando dei modelli matematici e considerando una vasta mole di dati derivanti da precedenti studi. Gli esperti hanno ipotizzato che sette cinquantenni su dieci in Gran Bretagna fossero fedeli al proverbio e hanno calcolato che con una simile proporzione di consumatori di una mela al dì si potrebbero evitare 8500 decessi l’anno per malattie cardiovascolari. Se tutti questi soggetti assumessero una statina al giorno si eviterebbero 9400 decessi. Ma la mela, a differenza delle statine, non ha effetti collaterali.
Adottiamo una famiglia in difficoltà: riparte ufficialmente la campagna
… Adottiamo una famiglia in difficoltà… è un’iniziativa che invitaogni famiglia a cui avanzi qualche euro, invece di depositarlo tutto sul proprio conto corrente, ad adottare una famiglia che conosce e che sa che è in difficoltà. Può accompagnarla una volta al mese ad un supermarket ed offrirle la spesa, adottando la formula, per non offendere, ” … a buon rendere, non si sa mai… “. Otterrà due risultati: aiutare chi ha bisogno ed immettere del denaro nel mercato. Questo consentirà di vivere meglio la crisi e di facilitarne una via d’uscita. State certi che ciò che avrete dato non sarà stato sprecato ed, in qualche modo, lo vedrete restituito.
” Adottiamo una famiglia in difficoltà ” è una proposta che non avrà un adeguato appoggio mediatico, ma che voi sarete in grado di far conoscere ed apprezzare con il vostro agire e con l’impegno di spargerne parola. Noi di Famiglie d’Italia lo ricorderemo ogni giorno da questo blog e voi, in qualche modo, fatemi sapere se l’iniziativa prenderà corpo, usando l’anonimato più discreto…grazie!
Oggi vi propongo un post molto interessante pubblicato da Tgcom24, ma nascosto in un angolino, quasi timidamente non volesse dare troppo nell’occhio e recare un insolito disturbo ad una categoria, quella dei dentisti, che gode di una strana e consenziente protezione da parte di tutti, a cominciare proprio da noi doloranti pazienti che, pur di risparmiare qualche euro, siamo costretti ad ingrassarli in modo spropositato. Risparmiamo l’Iva, perché lo Stato non ci permette di recuperarla, pensiamo di avere dei grossi sconti, il che è alquanto aleatorio, e diventiamo complici conniventi di evasori incalliti e, quasi sempre, impuniti. Quindi, costando in modo volgarmente caro la cura dei nostri denti e non avendo un’adeguata copertura da parte della previdenza sanitaria nazionale, il risparmio dobbiamo prevederlo noi con un’adeguata prevenzione che comincia fin dallo svezzamento dei nostri figli. E come?… Il post a seguire vi fornirà alcune informazioni essenziali.
Boom di carie tra i bambini: in aumento del 15% in cinque anni( fonte: Tgcom24 )
La prevenzione si comincia già nel pancione
I denti dei bambini non sono immuni da problemi, anche se da latte. L’incidenza della carie tra i più piccoli è cresciuta del 15% negli ultimi cinque anni. Dietro quest’aumento ci sono cattive abitudini delle madri in gravidanza ma anche lo spettro della crisi che colpisce le famiglie italiane. Il quadro è emerso dalle Linee guida approvate dal ministero della Salute per la prevenzione della salute orale in età pediatrica.
Prevenzione in gravidanza – Soffrono di carie circa 120mila piccoli di quattro anni, e quasi 250 mila fra i ragazzini di dodici. Questi problemi possono essere causati comportamenti scorretti della madre in gravidanza, come lo scarso uso dello spazzolino o un’alimentazione non regolare. Questi due comportamenti favoriscono la presenza nel cavo orale del batterio responsabile dell’insorgenza di carie, trasmissibile al nascituro, che erediterà la probabilità di lesioni cariose nella dentatura da latte, con possibili recidive o denti malati anche in adolescenza e età adulta.
Crisi e salute – Ad aggravare il problema si aggiungono i fattori economici, le cure odontoiatriche sono trascurate anche a causa della crisi e un’offerta di servizi non sempre soddisfacente. Tra 0 e 4 anni vengono effettuate soltanto 520mila prestazioni, coprendo solo in minima parte le necessità assistenziali dei bimbi. Influisce anche l’alimentazione sbagliata, con cibi troppo zuccherosi, preferiti a frutta e verdura per risparmiare, e snack salati ipocalorici e cibi ricchi di carboidrati facilmente fermentabili con la saliva, che favoriscono carie.
Antonella Polimeni, presidente del collegio nazionale dei docenti di Odontoiatria, spiega: “L’attenzione alla salute del cavo orale della madre in gravidanza è una raccomandazione cardine delle nuove linee guida. Unita a una sana alimentazione con pochi zuccheri e un alto contenuto di principi nutritivi costituisce il primo passo per la prevenzione e tutela della salute della bocca del bambino”.
Amici, quello che oggi parte da questo blog è un s.o.s. ben preciso e mirato. E’ rivolto a tutti noi che giornalmente siamo costretti a convivere con l’infinità di vessazioni che il nostro Stato, grazie alla pochezza del suo staff politico, ci impone martoriandoci senza pietà. Insicurezza sul lavoro, tasse assurde ed infinite, strumenti per la raccolta tirannici, nepotismi e favoritismi sfacciati e permanenti, burocrazia irrefrenabile, giustizia opinabile, sottomissione sadomaso continuata degli ultimi governi alle incongruenze e imposizioni Ue, ecc. ecc. Tutto ciò causa in noi la possibilità di un lasciarsi andare definitivamente e precipitare in una forma di depressione cronica galoppante. Ebbene!… Reagiamo in qualche modo ed evitiamo di assecondare questo fine gioco al massacro: potrebbe far parte di un piano oscuro. Come leggerete nel post che segue, la depressione ci fa invecchiare prima: vuoi vedere che per risolvere i problemi di bilancio tendono ad accorciarci l’esistenza? Beh, detto così, può sembrare una burla, però a volte la satira rasenta la realtà più spesso di quello che noi immaginiamo… Lo so che non è facile, ma alle brutture con cui ci bombardano, alziamo lo scudo delle cose migliori che la vita ci offre gratuitamente: il nostro ingegno, l’amore dei nostri cari, la rabbia indomita dentro e quell’ ottimismo innato, tutto italiano, che ci rende un popolo positivo, invidiato e alla fine sempre vincente.
I soggetti depressi rischiano di invecchiare prima. ( fonte:Vita di donna )
La depressione, oltre a causare le difficoltà essenziali tipiche legate ai disturbi dell’umore, porta con sé un altro problema, quello dell’invecchiamento biologico precoce. A sostenerlo è una ricerca olandese.
La ricerca in questione è stata portata a termine dalla Vu University Medical Centre e pubblicata sulla rivista specialistica Molecular Psychiatry.
Per giungere a queste conclusioni i ricercatori hanno analizzato 2.400 volontari (sia sani che depressi) studiandone in modo specifico i loro telomeri, la regione terminale dei cromosomi.
I telomeri svolgono un ruolo fondamentale per far sì che ad ogni duplicazione dei cromosomi non vi sia perdita di informazioni. In altre parole, se il telomero non esistesse ad ogni replicazione del DNA si verificherebbe una perdita di istruzioni genetiche.
Sono molte le ricerche scientifiche che hanno rivelato che ad ogni ciclo replicativo della cellula si verifica un progressivo accorciamento dei telomeri, fenomeno messo in relazione con l’invecchiamento cellulare.
Nella loro ricerca gli studiosi hanno potuto verificare che nelle persone colpite da depressione i telomeri risultavano più corti, se confrontati con quelli dei volontari che non ne avevano mai sofferto.
Secondo i dati dello studio, un soggetto sano perde normalmente tra le 14 e le 29 coppie di basi del Dna (il parametro che ne misura la lunghezza).
I soggetti affetti da depressione, invece, fanno registrare una perdita di 83-84 coppie di basi. Un dato che, secondo gli studiosi, corrisponde ad una maggiore anzianità delle cellule di 6-8 anni.
La coordinatrice della ricerca, Josine Verhoeven, ha spiegato che “Questo ampio studio fornisce prove convincenti che la depressione è associata a diversi anni di invecchiamento biologico”.
Tuttavia, secondo la scienziata, non è ancora stato accertato il tipo di danno prodotto da questo tipo di invecchiamento e, soprattutto, se questo processo può essere invertito.
Notizia importantissima nella lotta ad una delle malattie che più sta aggredendo l’uomo negli ultimi anni. Stiamo parlando del Diabete che purtroppo sta debilitando per la vita molti giovani. Ormai è chiaro che la causa stia soprattutto nell’alimentazione e nella miriade di prodotti modificati in qualche modo geneticamente che ci vengono propinati e che a nostra volta propiniamo ai nostri figli. Questo blog è sempre attento a qualsiasi notizia che apra qualche spiraglio positivo alla speranza che la nostra salute possa essere aiutata da correttivi scoperti nel frattempo, proponendovi articoli pescati nel blog. Buona lettura.
Scoperte ” cellule-scudo ” contro il diabete Studio Policlinico Gemelli- Harvard University
Cellule ‘trasformiste’ che hanno la funzione di fare da ‘scudo’ contro il diabete di tipo II. Sono state scoperte grazie ad una ricerca condotta a quattro mani dai ricercatori del Policlinico Gemelli di Roma e del Joslin Diabetes Center dell’Università di Harvard (Boston), che ha svelato il perchè alcune persone riescano a difendersi dal diabete pur presentando tutti i fattori di rischio. Lo studio è pubblicato online sulla rivista scientifica Diabetes.
Il diabete di tipo 2 ha ormai assunto proporzioni pandemiche e non solo nei paesi industrializzati. Nella sola Italia almeno il 5% della popolazione presenta questa condizione. Le cause di questo aumento sono per lo più legate a stili di vita ed alimentazione scorretti. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno esaminato porzioni di pancreas asportate chirurgicamente: “In questo modo – spiega Andrea Giaccari, professore associato di Diabetologia del Gemelli, consigliere della Società Italiana di Diabetologia (SID) e coordinatore del gruppo di ricerca italiano – siamo riusciti a scoprire che alcuni pazienti erano in grado di difendersi dal diabete creando nuove cellule produttrici di insulina, attraverso la ‘trasformazione’, il termine tecnico è ‘trans-differenziazione’, delle cellule del pancreas produttrici di glucagone in cellule che producono insulina. Sono proprio queste cellule ‘trans’ a permettere a queste persone di mantenere la glicemia normale, nonostante la presenza dei fattori di rischio”. In altre parole, le cellule alfa che producono glucagone, seguendo un comando ancora ignoto ma già riprodotto in vitro, cambiano completamente ‘vocazione’, trasformandosi in cellule produttrici di insulina. Con questo meccanismo alcune persone riescono spontaneamente ad evitare il diabete. Ed è anche possibile ipotizzare che la perdita di questo meccanismo sia alla base di alcune forme di diabete.
Capire i meccanismi che permettono di difendersi da questa malattia, affermano i ricercatori, potrà consentire un giorno di riprodurli e di sfruttarli a fini terapeutici.
Cari amici, buona e dolcissima domenica a tutti! Oggi Famiglie d’Italia vi offre una notizia rasserenante, almeno da quanto affermato da molti blog a seguito di una approfondita ricerca condotta presso l’Università di Granada e pubblicata su Nutrition, facente parte del progetto Helena (Healthy Lifestyle in Europe by Nutrition in Adolescence) finanziato dalla UE. Quindi, non eccedendo naturalmente, leggete quanto sotto e... fatene buon uso!
Uno studio condotto nell’Università di Granada, ha trovato che mangiare cioccolato fondente non ingrassa, anzi, i consumatori di questo alimento hanno una quantità di grasso corporeo inferiore.
Lo studio pubblicato sulla rivista ‘Nutrition’ conclude che coloro i quali consumano regolarmente il cioccolato non solo hanno una bassa percentuale di grasso del corpo, in totale, ma hanno anche meno grasso addominale, che, come è noto, è il più rischioso per la salute.
Per giungere alle loro conclusioni, i ricercatori hanno analizzato lo stile di vita e le abitudini alimentari di 1500 giovani di 9 paesi diversi, di età compresa tra i 12 e i 17 anni.
Hanno trovato che il cioccolato, pur essendo un cibo energetico, si associa a un minor rischio cardiometabolico, indipendentemente dal fatto che nella vita si faccia attività fisica o no.
I benefici del consumo di cioccolato si hanno soprattutto con il cioccolato fondente, che contiene la più alta percentuale di flavonoidi, antiossidanti che hanno effetti antinfiammatori e antitrombotici.
Naturalmente, gli scienziati dell’Università di Granada ricordano che eccedere non è mai consigliabile e consigliano di consumare ogni giorno tra i 20 e i 25 grammi di cioccolato nero.
Beh, dopo quesa affermazione, ora sono veramente curioso di immaginare come regiranno le grandi case produttrici di sigarette. L’unica cosa che mi sento di affermare, per conoscenza diretta, è che molte delle persone che conosco con l’uso della sigaretta elettronica sono passati da uno o più pacchetti al giorno a qualche sparuta ” bionda ” assaporata dopo i pasti o i caffé occasionali.
Fonte: Corriere.It
Veronesi: «La sigaretta elettronica non è cancerogena. Ma serve per smettere di fumare?»
Martedì a Milano vengono presentati i dati di uno studio per capire se funziona come mezzo di disassuefazione
MILANO – «La sigaretta elettronica non è cancerogena». Lo ha ribadito l’oncologo Umberto Veronesi, intervenendo lunedì in diretta suRaiNews24in occasione della“maratona” dedicata dalle reti Rai allaGiornata per la ricerca sul cancro. Veronesi ha espresso il suo parere sulle e-cig in varie occasioni, anche rispondendo ai lettori nel suoforum su Corriere.it: «Il dispositivo senza nicotina non crea danni – spiega l’oncologo – per il semplice fatto che non contiene tabacco e non c’è combustione di carta e tabacco: ovviamente mi riferisco alle sigarette elettroniche che presentano le massime garanzie tecniche, vendute solo in farmacia e con il marchio CE (di conformità del prodotto alle disposizioni comunitarie europee). Ma il punto è: perché utilizzarla? Ovvero, è utile strumento per smettere di fumare o meno?».
DUE I PUNTI CRUCIALI: CONTENUTO E UTILITA’ DELLE E-CIG –A questa domanda si tenterà di rispondere martedì all’incontro organizzato dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano sulle potenzialità e i rischi della sigaretta “tobacco free”, ovvero la sigaretta elettronica senza tabacco. Proprio il contenuto della e-cig, infatti, è l’altro punto cruciale della questione: da tempo gli esperti sottolineano l’importanza di sapere con esattezza, per poter valutare le conseguenze sulla salute, cosa contengono i vari prodotti e, soprattutto, di fare una netta distinzione tra quelli che contengono tabacco e quelli invece senza. «Credo che, nella lotta contro il fumo, questi dispositivi possano rappresentare un valido aiuto per chi vuole uscire dalla dipendenza – continua Veronesi -. Non devono certo essere ritenuti né una panacea per tutti né un passatempo, ma uno strumento che può essere utile nel processo di disassuefazione dal fumo perché agisce essenzialmente sulla gestualità, che è uno degli elementi principali della dipendenza psicologica dal fumo. Uno strumento che si deve comunque inserire in un percorso di disassuefazione che coinvolge prima di tutto il paziente con la sua volontà e poi un medico specialista che lo supporti».
IN ATTESA DI RISPOSTE SCIENTIFICHE –Attualmente sono ancora pochi gli studi che misurano l’efficacia delle sigarette elettroniche nella disassuefazione dal fumo e sono proprio gli esiti di una nuova ricerca scientifica che tenta di fare luce sul tema al centro dell’incontro milanese indetto per domani. «Il tabacco causa ogni giorno, solo in Italia, più di cento morti – conclude Veronesi -. Di fronte a questa epidemia credo si debbano incoraggiare gli studi e le sperimentazioni in corso, ed attendere i risultati. Ogni strumento che può aiutare il fumatore a liberarsi dalla sua schiavitù dev’essere considerato e valutato secondo seri e rigorosi protocolli scientifici: la sigaretta elettronica è uno di questi strumenti e quando avremo a disposizione i dati sulla sua efficacia, potremo stabilire con chiarezza la sua validità. Nel frattempo, opporsi a questo mezzo sulla base di pure ipotesi, è un danno per il progresso della nostra conoscenza sulla disassuefazione».
1,5 MILIONI DI ITALIANI HANNO SCELTO LE E-CIG –Gli italiani che hanno scelto il fumo elettronico sono circa 1,5 milioni e danno volume ad un fatturato di circa 350milioni di euro, su cui è stata introdotta un’imposta sul consumo pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita della sigaretta elettronica, comprese le parti di ricambio (come batterie, vaporizzatori) e liquidi. Sono i dati emersi durante il recente incontro “La sigaretta elettronica in Italia, tra regolamentazione e tassazione” organizzato dall’Associazione Nazionale Produttori di fumo elettronico (Anafe – Confindustria Federvarie) e dalla Federazione Italiana esercenti Svapo Elettronico (Fiesel – Confesercenti), che hanno espresso il timore che, di fronte ad un’eccessiva imposizione sul prodotto, il mercato si sposti sul web dove si possono comprare gli stessi oggetti in Paesi con fiscalità più leggera. Per l’Istituto superiore di sanità, era presente la direttrice dell’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga, Roberta Pacifici, che, nel confermare la minore tossicità delle sigarette elettroniche data l’assenza della combustione del tabacco, ha ribadito l’importanza di una regolamentazione e di certezze sugli effetti per la salute delle sigarette elettroniche nel lungo periodo Il settore della sigaretta elettronica ha bisogno di una regolamentazione a 360 gradi – ha concordato Massimiliano Mancini, presidente di Anafe-Confindustria- che parta da una corretta definizione del prodotto e che regolamenti l’intera filiera produttiva e distributiva».
In quasi tutte le nostre case in questa ricorrenza i lumini ardono sotto le immagini dei nostri cari defunti. E’ una tradizione, ma anche un forte desiderio, di riallacciare più intensamente il legame con chi abbiamo amato in terra. E’ anche il modo per ricordare a tutti che nulla di quanto abbiamo seminato nella nostra vita andrà perduto, specialmente le opere e i comportamenti buoni. L’amore e la gratitudine non ci abbandoneranno mai e la vita avrà in ogni caso una sua continuazione. Onorando e ricordando i miei genitori, amici e parenti più stretti, intendo onorare e ricordare anche tutti i defunti ed in particolare quelli di coloro che si soffermano su questo post, offrendo loro delle informazioni su questa ricorrenza attinte sul web.
” La Commemorazione dei defunti (in latino Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum, ossia Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti), è una ricorrenza della Chiesa cattolica. Anticamente preceduta da una novena, è celebrata il 2 novembre di ogni anno. Nel calendario liturgico segue di un giorno la festivitàdi Ognissanti del 1º novembre.
L’idea di commemorare i defunti in suffragio nasce su ispirazione di un rito bizantino che celebrava infatti tutti i morti, il sabato prima della domenica di Sessagesima – così chiamata prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II – , ossia la domenica che precede di due settimane l’inizio della quaresima, all’incirca in un periodo compreso fra la fine di gennaio ed il mese di febbraio. Nella chiesa latina il rito viene fatto risalire all’abate benedettino sant’Odilone di Cluny nel 998: con la riforma cluniacense stabilì infatti che le campane dell’abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1 novembre per celebrare i defunti, ed il giorno dopo l’eucaristia sarebbe stata offerta “pro requie omnium defunctorum”; successivamente il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica. Ufficialmente la festività, chiamata originariamente Anniversarium Omnium Animarum, appare per la prima volta nell’Ordo Romanus del XIV secolo. In Italia è consuetudine, nel giorno dedicato al ricordo dei defunti, visitare i cimiteri locali e portare in dono fiori sulle tombe dei propri cari. In molte località è diffusa l’usanza di preparare alcuni dolciumi, chiamati infatti dolci dei morti, per celebrare la giornata. In Sicilai durante la notte di Ognissanti la credenza vuole che i defunti della famiglia lascino dei regali per i bambini insieme alla frutta di Martorana e altri dolci caratteristici. ” ( Fonte Wikipedia )
( l’eutanasia è attiva diretta quando il decesso è provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la morte, per esempio sostanze tossiche. Nell’argomento di oggi il tabacco viene paragonato al farmaco in quanto trattasi sempre di sostanze tossiche ingerite o aspirate).
Cari amici, oggi vogliamo ritornare su un argomento molto delicato e sempre in primo piano nella nostra vita quotidiana: il fumo! Le sue conseguenze sulla nostra salute sono ” distruttive “, ma gli interessi cui ruotano intorno fanno sì che il tutto vada sempre considerato in secondo piano, benché gli stupidi ed illusori tentativi da parte di qualche furbo di sciacquarsi la coscienza con immagini e scritte deterrenti evidenziate sui pacchetti delle sigarette. Lo Stato ci prende pure in giro: tu sei libero di decidere della tua salute, io ti avverto e, nel frattempo, tu muori ed io ingrasso. E poi, è un ingrassare da stolti: infatti, essendo il fumo una delle cause principali della maggior parte delle malattie della popolazione, quanto incassato dalle accise sul tabacco viene distribuito con gli interessi alle grandi lobby farmaceutiche. Quindi, produttori di tabacco e di farmaci camminano a braccetto con lo Stato complice in quanto consenziente.
Se i politicanti che amministrano lo Stato ci tenessero veramente alla nostra salute vieterebbero completamente la vendita dei tabacchi cercando di favorire e non ostruire l’avvento di prodotti alternativi come quello delle sigarette elettroniche, per esempio. Invece hanno permesso che queste ultime venissero demonizzate ” a prescindere ” , paragonate in peggio alle stesse sigarette e, di conseguenza, supertassate tanto per mettere immediatamente i puntini sulle ” i “:
Uscire da soli dalla schiavitù del fumo non è facile, ma chi ci riesce, come il sottoscritto ormai da più di vent’anni, ne ottiene dei profitti immediati, in primis il risvegliarsi al mattino con un alito che per una volta tanto sappia di ” salubre dormita ” e non di marcio catramale.
Vi allego un post molto interessante pescato dal web.
Quando si discute di ricerca e prevenzione e di come queste due attività possono essere importanti per diminuire i rischi di tumore, si parla quasi sempre del fumo, di come non ci sia concordanza assoluta sui numeri dei fumatori, sull’incidenza del tumore fra i fumatori, se tale incidenza abbia una diretta relazione con la quantità di sigarette fumate.
Una delle poche cose che rimangono oramai assodate e certe è che il fumo è il fattore che maggiormente incide sulle patologie che interessano il sistema respiratorio.
Al momento in molti concordavano che il rapporto tra fumo e decessi conseguenti era di circa il 50% mentre adesso uno studio effettuato dalla National Australian University alza questa asticella portandola a oltre il 75%.
Il gruppo di ricerca ha verificato i dati risultanti dal registro delle nascite e decessi ed, anche escludendo chi già soffriva di patologie respiratorie, ha potuto accertare che la percentuale di incidenza aumentava notevolmente anche per i cosiddetti fumatori leggeri, quelli cioè che fumano circa 10 sigarette al giorno, concludendo che anche se tardi è in ogni modo meglio smettere.
Per questo è necessario aumentare il lavoro di prevenzione, in particolare tra i giovani.
Il paradosso oggi è che di cancro c’è sempre più probabilità di guarire, ma al tempo stesso di cancro si muore più di prima ed, entro breve tempo, diverrà nel nostro Paese la prima causa di morte sorpassando le malattie cardiovascolari, per le quali la battaglia per prevenirle sta diventando sempre più pressante ed efficace.
Dove invece funziona meno è proprio nella prevenzione del fumo soprattutto nei giovani.
Nonostante il divieto di legge in tutti i locali pubblici, la vendita solo a maggiorenni, le campagne di prevenzione, poche ma che vengono ancora fatte, dopo un breve periodo in cui il numero di fumatori era calato, ora tra i giovani il numero di quelli che fumano è di nuovo in aumento, magari fumando le sigarette che si fanno da soli comperando cartine e tabacco.
In più c’è da aggiungere che il numero di donne o ragazze che fumano ha nettamente sorpassato quello dei maschi.
A dire la verità bisogna aggiungere che l’informazione è non molto adeguata ed in ogni caso non raggiunge gli obiettivi prefissati.
Infatti un italiano su due non sa cosa significa avere uno stile di vita che gli permetta di diminuire i rischi di cancro o di malattie cardiache.
Personalmente poi non vedo una grande azione che sia sponsorizzata e spinta dallo Stato e non vorrei sembrare malizioso quando penso che di fronte ad una entrata di milioni di euro derivante da tasse sulle sigarette sia difficile per lo Stato rinunciare a queste entrate.
La lotta che lo Stato ha intrapreso contro le sigarette elettroniche non era, a mio avviso, dovuta solo alla pericolosità per la salute ma anche e soprattutto al fatto che la diffusione delle sigarette elettroniche aveva fatto diminuire l’incasso derivante dalla accise sul tabacco.
L’indagine DOXA “Il Fumo in Italia, 2011” eseguita dall’Istituto Superiore di Sanità ha rivelato che in Italia nell’anno 2011 ci sono stati circa 11,8 milioni di fumatori, in media 1 persona su 4, più uomini che donne.
I dati rivelano inoltre la preoccupante situazione giovanile, infatti è emerso che nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni, fuma il 15,9% dei maschi e addirittura il 21,8% delle femmine.
Oggi intendo farvi cominciare la settimana con un sorriso che, forse,pochi giorni fa è passato del tutto inosservato. Ebbene, venerdì 4 ottobre è stata la ” Giornata del Sorriso “, una ricorrenza internazionale che, a quanto pare, a pochi media interessa evidenziare perché… perché sorridere fa bene, alla salute ed al lavoro. Invece, si preferisce che l’individuo sia depresso e più facilmente attaccabile da speculazioni varie che tendono a corroderci e a renderci sempre più dei numeri preda di politicanti o faccendieri senza scrupoli. Ebbene, vi chiedo scusa, ma era una notizia sconosciuta anche al sottoscritto: per quest’anno arrivo in ritardo, ma per l’anno prossimo, credetemi, comincerò con i manifesti esposti sul blog almeno un mese prima.
Il primo venerdì di ottobre è la giornata internazionale dedicata al sorriso, cosa che dovremmo fare spesso, giornata che venne inventata da Harvey Ball, l’inventore della faccina sorridente, divenuta con il tempo l’emoticon, ossia quelle riproduzioni stilizzate delle principali espressioni facciali umane che esprimono un’emozione (sorriso, broncio, ghigno, ecc.).
I giovani ed a volte anche noi, quando sappiamo come fare, le utilizziamo prevalentemente su Internet e negli SMS, per aggiungere componenti extra-verbali alla comunicazione scritta.
Harvey Ball, l’uomo che nel 1963 inventò quella icona, impiegò meno di dieci minuti a disegnare quella faccina che gli venne richiesta dalla State Mutual Life Assurance Company of Worcester, Massachusetts, ora conosciuto come Hannover Assicurazioni, la quale aveva acquistato Garanzia Mutua Società dell’Ohio.
La fusione aveva provocato un pessimo morale da parte dei dipendenti e cosi Ball, che era un artista free lance, venne incaricato di inventare qualcosa che aiutasse a far rinascere l’allegria ed il sorriso.
In circa dieci minuti, come lui raccontò aveva appunto creato una faccina sorridente per essere utilizzato su pulsanti, schede di scrivania, e manifesti, spillette.
Da allora questa icon è divenuta giorno dopo giorno sempre più famosa e nel 1999 Ball fondò la “Harvey Ball World Smile’ che decise di dedicare il primo venerdì di ogni ottobre alla giornata del sorriso.
Sorridere è importante perché, come molti studi scientifici hanno dimostrato, sorridere fa bene alla salute perché ridendo si rilassano i muscoli e si mettono in circolo molecole ‘positive’ come le endorfine.
Sorridere attiva la messa in circolo della dopamina, un ormone che ci aiuta a rilassarci ed ad abbassare le nostre tensioni. Una risata irrefrenabile equivale a 45 minuti di relax e costa molto meno.
La geloterapia,ossia la terapia del sorriso, finalizzata a ristabilire uno stato di buonumore e di benessere psicofisico, suscitando allegria nei pazienti, ha funzione terapeutica riconosciuta in ambito medico.
Sono ormai molti gli studi scientifici che hanno dimostrato il valore terapeutico.
Ilona Papousek, del dipartimento di psicologia dell’Università di Graz in Austria, ha pubblicato uno studio nel quale ha dimostrato che “sorridere abbassa la pressione del sangue e che potrebbe essere un ottimo esercizio di riabilitazione dopo ictus”.
Lo studio condotto dall’Università del Maryland a Baltimora, ha ad esempio dimostrato che il senso dell’umorismo insieme alla capacità di sorridere diminuiscono i rischi di malattie cardiovascolari.
Quindi cari lettori ricordatevi di sorridere oggi perché è la giornata mondiale del sorriso e dio farlo ogni volta che potete perché ci fa bene.
Sanihelp.it – Ottobre è il mese della prevenzione del tumore al seno e tra le tante iniziative ritorna Frecciarosa: la campagna di sensibilizzazione e prevenzione delle malattie femminili condotta dalle FS insieme all’ Associazione Incontra Donna onlus (con il patrocinio del Ministero della Salute) è giunta alla sua terza edizione.
Saranno disponibili consulenze mediche in treno e vademecum ricchi di consigli e indicazioni utili non solo per le donne ma per tutta la famiglia: prevenzione al maschile, sane abitudini alimentari, stili di vita, suggerimenti per la salute del seno, indicazioni sulla vaccinazione HPV (Papilloma Virus) anche per gli uomini, informazioni sulla prevenzione dei tumori del colon retto e consigli sull’attività fisica, con un’attenzione particolare ai bambini e al tema del rischio genetico.
Dal 3 al 31 ottobre, dal lunedì a venerdì, su due Frecciarossa Trenitalia in viaggio fra Roma e Milano (il 9614 delle ore 9.00 in partenza da Termini e il 9639 delle ore 15.00 da Milano Centrale) ospiteranno medici specialisti che offriranno consulenza gratuita alle clienti e, su richiesta, anche una visita senologica. Le visite si svolgeranno nel 1° Salottino Business.
Famiglie d’Italia Salute News è una rubrica che propone post che trattano temi essenziali per la salvaguardia della nostra salute e vi invita a visitarne i blog originari.
Grazie a Nalmefene sarà più facile contrastare l’alcolismoSi chiama Nalmefene e si tratta del primo farmaco utile per curare l’alcolismo. Dal 1° ottobre sarà disponibile anche in Italia, dopo che il comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) l’ha approvato come rimedio efficace contro l’assuefazione. Un nuovo passo per superare la dipendenza da alcol, che però sarà solo uno strumento da affiancare obbligatoriamente a un percorso psicosociale di recupero e presa di coscienza del proprio disturbo (leggi i consigli degli esperti di OK salute su come uscirne).
Un milione di persone in Italia soffre di alcoldipendenza, ma, secondo i dati del Ministero della Salute,solo 58mila circa si rivolgono a servizi di cura e riabilitazione. E anche tra chi è motivato non pochi rinunciano per la difficoltà di seguire un percorso di completa astinenza dal bere. Il vantaggio di Nalmefene, prescrivibile da un medico specialista solo se accompagnato da interventi di supporto psicologico personalizzati, è proprio aiutare il paziente a ridurre gradualmente il consumo di alcol, prima di passare a una completa rinuncia.
Nei trial clinici su oltre 3mila persone, il farmaco ha mostrato una notevole efficacia, a fronte di lievi effetti collaterali coincidenti con l’inizio del trattamento e transitori (principalmente nausea, vertigini, insonnia e cefalea). Il medicinale va preso al bisogno non più di una volta al giorno (una compressa 1-2 ore prima di bere) e si basa su un principio di modulazione e contrasto del sistema degli oppioidi. L’effetto è di far provare alla persona meno piacere dall’assunzione di alcol, con la conseguenza di portare a una riduzione di alcol (40% nel primo mese e fino al 60% a sei mesi dall’inizio del trattamento).
A volte occorre essere noiosi e ripetitivi per cercare di attirare l’attenzione ed essere in qualche modo ascoltati: noi siamo quello che mangiamo e la nostra salute di conseguenza ne riceve benefici o danni irreparabili. Il cibo, in primis, è la causa principale, se mal selezionato ed ingerito, delle nostre malattie più croniche. Nel post che segue ( proposto da ANSA.it – Salute e Benessere ) numeri crudi, 5 milioni, ci informano solo di un certo tipo di malattia, il diabete, che ci affligge… ma sappiate che a questa se ne aggiungono molte altre, arteriose, intolleranza a certi cibi, obesità, eccetera eccetera. Ebbene, alla nostra salute dobbiamo pensare noi stessi, prima con un’azione preventiva che parte proprio dalla conoscenza di ciò che introduciamo nel nostro corpo: non accontentiamoci di ciò che costa meno o appare allettante, ma andiamo a fondo nella nostra indagine cognitiva, perché troppi cereali modificati geneticamente o animali dopati spudoratamente ci stanno avvelenando quotidianamente, lentamente.
il 23% malati con problemi di cuore, il 22% agli occhi
Potrebbero essere addirittura 5 milioni le persone in Italia con una forma di diabete, nel 95% dei casi di tipo 2. Lo affermano l’osservatorio Arno Diabete e la Società Italiana di Diabetologia, che hanno presentato al congresso della società europea di diabetologia a Barcellona i risultati preliminari delle osservazioni per il 2012. La stima è stata ottenuta da un campione di 11 milioni di persone tra cui la prevalenza è risultata del 6.2%, un valore del 70% superiore rispetto a quello rilevato nel 1997, complice il peggioramento degli stili di vita. Il 65% dei malati ha un’età pari o superiore a 65 anni e 1 su 5 ha età superiore a 80 anni, mentre meno del 3% dei diabetici ha un’età inferiore a 35 anni. Di pari passo con il numero dei casi cresce la spesa per il Ssn dovuta alla malattia, che lo studio calcola in circa 12 miliardi di euro. La spesa per ogni diabetico è circa 4mila euro, ed è composta per il 71% dai ricoveri, per il 15% dai farmaci per complicanze e comorbidità, per il 4% per i farmaci per il diabete e per il 10% per visite specialistiche ed esami. Nonostante le complicanze siano responsabili della maggioranza della spesa, sottolinea un altro studio presentato al congresso, l’Italia con la sua rete diabetologica è riuscita a contenerle. ”Nei diabetici italiani – spiega Enzo Bonora, presidente eletto della Sid – retinopatia, nefropatia, neuropatia, piede diabetico, pur se presenti, lo sono con prevalenza ed incidenza inferiori a quella di altri paesi simili al nostro. Questo non deve però indurre ad abbassare la guardia perché le complicanze sono comunque presenti”. Secondo lo studio Riace il 23% dei diabetici ha avuto un evento cardiovascolare, il 22% ha una retinopatia, il 27% ha una albuminuria, il 19% ha una insufficienza renale moderata-severa.
Articolo interessantissimo pubblicato da Salute – Corriere della Serae che vi propongo interamente proprio per rimarcarne l’importanza ed invitarvi a visitare con attenzione e quotidianità la pagina il cui link è ben evidenziato, perché sempre ricca di informazioni utili al nostro buon vivere.
” IL GENETISTA NOVELLI ” RISULTATO ECCEZIONALE, MA SERVONO ALTRI PASSI “
Cellule ” ringiovanite ” in un topo vivo
Importante studio spagnolo: cellule adulte riprogrammate per fare un viaggio indietro nel tempo fino a diventare totipotenti
MILANO – Cellule adulte “indotte” a recuperare le caratteristiche di staminali embrionali in un organismo vivo. L’eccezionale risultato, mai descritto prima, è stato ottenuto da un gruppo del Centro di ricerche spagnolo sul cancro (Cnio), coordinato da Manuel Serrano, ed è descritto su Nature. I ricercatori hanno riprogrammato cellule di alcuni organi e tessuti di topi vivi, portandole a uno stato primitivo mai osservato prima in un organismo adulto. Una tappa fondamentale nella marcia di avvicinamento verso la medicina rigenerativa, con la speranza di poter un giorno riparare lesioni di organi come cuore o cervello senza ricorrere a trapianti cellulari.
LA TECNICA – I ricercatori si sono basati sulla tecnica messa a punto dal premio Nobel Shinya Yamanaka, grazie alla quale le cellule adulte compiono un viaggio indietro nel tempo, fino a diventare cellule primitive. Il cocktail per riprogrammare le cellule adulte in provetta è formato dai quattro geni: Oct4, Sox2, Klf4 e c-Myc. Ciò che rende importantissimo il nuovo studio è che la riprogrammazione avviene invece direttamente nel corpo di un essere vivente. I ricercatori hanno creato topi modificati geneticamente contenenti i quattro geni, poi attivati attraverso un antibiotico sciolto nell’acqua e dato da bere agli animali. Una volta che la sostanza ha “acceso” i geni è stato osservato che alcune cellule adulte di tessuti e organi, come rene e stomaco, sono state in grado di ritirarsi dal loro sviluppo evolutivo e percorrere un viaggio all’indietro per diventare cellule staminali che sembrano più simili alle cellule staminali embrionali rispetto alle pluripotenti indotte create in coltura. I ricercatori hanno anche scoperto che queste simil-staminali embrionali ottenute direttamente dall’interno dell’organismo hanno una capacità più ampia di differenziazione rispetto a quelle ottenute in vitro. In particolare hanno le caratteristiche delle cellule totipotenti: uno stato primitivo mai ottenuto in laboratorio.
YAMANAKA – Le staminali embrionali sono in grado di generare qualsiasi tipo di cellula che costituisce un organismo adulto, quindi celano la chiave per curare malattie come l’Alzheimer, il morbo di Parkinson o il diabete. Tuttavia queste preziose cellule hanno una vita molto breve, limitata ai primi giorni dello sviluppo embrionale. Uno dei più grandi successi della ricerca biomedica è stato, nel 2006, quello messo a segno dallo scienziato giapponese Yamanaka, riuscito a creare staminali pluripotenti indotte in vitro (iPs), attraverso il cocktail di quattro geni. La scoperta, che è valsa allo studioso il Nobel per la medicina nel 2012, ha aperto un nuovo orizzonte nel campo della medicina rigenerativa. Ora i ricercatori spagnoli hanno fatto un passo avanti, raggiungendo lo stesso risultato, ma all’interno di un organismo vivente. Generare queste cellule all’interno di un organismo, spiegano gli autori dello studio, porta questa tecnologia ancora più vicina all’uso in medicina rigenerativa.
TOTIPOTENTI – La prima sfida per i ricercatori del Cnio era proprio quella di riprodurre l’esperimento di Yamanaka in un essere vivente. «Questo cambiamento di direzione nello sviluppo cellulare – spiega María Abad, autore principale dell’articolo e ricercatrice del gruppo di Serrano – non è mai stato osservato in natura. Abbiamo dimostrato di essere in grado di ottenere staminali embrionali in organismi adulti e non solo in il laboratorio». «Ora – aggiunge Serrano – possiamo iniziare a pensare a metodi per indurre la rigenerazione a livello locale e in modo transitorio per un particolare tessuto danneggiato». Le staminali ottenute in topi mostrano caratteristiche totipotenti equivalenti a quelle presenti negli embrioni umani allo stadio di 72 ore di sviluppo. Rispetto alle cellule ottenute con la tecnica sviluppata da Yamanaka, le staminali ringiovanite spagnole rappresentano quindi uno stato embrionale precedente, con maggiore capacità di differenziazione. Il team spagnolo è stato persino in grado di indurre la formazione di strutture pseudo-embrionali nelle cavità toracica e addominale dei topi. Questi pseudo-embrioni mostrano i tre strati tipici degli embrioni (ectoderma, mesoderma ed endoderma) e strutture extra-embrionali quali la membrana vitellina. «Questi dati ci dicono che le nostre cellule staminali sono molto più versatili di quelle ottenute in vitro da Yamanaka», sintetizzano gli autori. «Le nostre staminali sopravvivono anche al di fuori dei topi, in coltura – conclude Abad -. Il prossimo passo sarà studiare se queste nuove cellule sono in grado di generare in modo efficiente diversi tessuti come quello di pancreas, fegato o reni».
«RIVOLUZIONARIO» – Quello del team spagnolo è uno studio «rivoluzionario» per la medicina rigenerativa. Ne è convinto il genetista Giuseppe Novelli, preside della Facoltà di Medicina dell’Università di Roma Tor Vergata. «Per la prima volta si dimostra che è possibile creare staminali simili alle embrionali in un organismo vivente a partire da cellule adulte – spiega -. Un risultato sperimentalmente importantissimo, perché dimostra in vivo quanto ottenuto finora solo in vitro. Per passare però dal laboratorio alla medicina rigenerativa, occorrono alcuni passaggi chiave – dice il genetista -. Infatti non è utile né sicuro attivare la produzione di staminali simil-embrionali nell’organismo, senza poter “spegnere” questo processo o controllarlo. La ricerca apre dunque la strada a metodi di attivazione cellulare selettiva. Penso – conclude – a un sistema di interruttori che “spengano” e “accendano” la produzione di cellule simil-embrionali a livello di singoli organi e tessuti. Questa è la sfida più difficile per la medicina rigenerativa».
Questa è una notizia interessantissima che Famiglie d’Italia ha pescato sul web con un certo piacere, anche se, per dirla tutta, avrebbe preferito offrirla all’inizio dell’estate e non ora che il flagello del quale andiamo a trattare sta per ” togliere il disturbo ” alla ricerca di un luogo sicuro dove deporre le proprie uova in modo da ripresentarsi l’anno prossimo più agguerrita ed arrabbiata che mai: stiamo parlando delle zanzare.
Difendersi dalle zanzare inibendo il loro olfatto ( fonte :In dies )
Gli scienziati hanno scoperto un modo naturale per proteggere la pelle umana dal morso delle zanzare.
Delle sostanze possono creare una specie di mantello sulla pelle e inibire l’olfatto di questi insetti, bloccando la loro capacità di sentire l’odore e di indirizzarsi verso le vittime.
Ulrich Bernier, ricercatore a Gainesville, in Florida, ha detto che l’odore di una persona proviene da centinaia di composti della pelle, molti emessi attraverso il sudore e altri prodotti dai batteri.
Per identificare quali di questi odori attirino le zanzare, con i suoi colleghi ha utilizzato una gabbia speciale con uno schermo, ai lati della quale ha spruzzato varie sostanze documentando i loro effetti nell’attrarre le zanzare.
E’ emerso che alcuni composti, come l’acido lattico, un componente comune del sudore umano, erano esche per il 90 per cento delle zanzare. Con altri composti, invece, molte zanzare non volavano o sembravano confuse.
Bernier ha detto che un gruppo di composti chimici, tra cui la 1-methylpiperazine, bloccano l’odorato di questi pericolosi insetti.
Lo studio è stato presentato al 246esimo National Meeting & Exposition of the American Chemical Society.
Le zanzare rappresentano un vero problema in campo sanitario in quanto sono vettori di numerose e pericolose malattie per uomini e animali.
Oggi Famiglie d’Italia vi presenta un’ altra ” Eccellenza d’Italia “, Epeo, un Artista con la A maiuscola. che attraverso lo studio e l’estro ha saputo occupare uno spazio importante, tutto suo, in un mondo molto affollato, quale quello della pittura e scultura. Le sue caratteristiche artistiche emergeranno più chiaramente dalla bibliografia allegata: mi fa piacere, però, aggiungere un’informazxione non riportata e, cioè, che Peleo è un Artista completo che eccelle in tutte le Arti in cui si applica, anche in quella musicale, avendo scoperto che è un ottimo intrattenitore e cantante, capace di deliziare il suo pubblico con trovate sempre innovative ed aggreganti, come, a conferma, quella di aver organizzato recentemente un concerto notturno nel quale il pubblico assisteva seduto sulla spiaggia di Trebisacce mentre lui si esibiva su un peschereccio all’ancora di fronte con un palco improvvisato ma completo di impianti audio e strumentazione.
BIO-BibliografiaEssenziale Epeo nasce a Trebisacce (CS) nel 1956. Il suo percorso si snoda da un primo periodo, di formazione, attraverso cui l’artista evidenzia gli aspetti di un mondo bucolico, carico di sentimenti, che rimanda all’importanza”della-essenzialità-“. Successivamente, Epeo muove verso un campo d’azione in cui soprattutto la gestualità rivela il suo desiderio di voler andare oltre la convenzionalità.
Il secondo periodo è caratterizzato dalla maturazione di diverse esperienze, derivanti da una serie di viaggi nel nord Italia ed all’estero; in questo arco spazio-temporale, l’artista realizza una serie di mostre nell’hinterland milanese e, in un secondo momento, il contatto con la “Nuova Scuola Romana”, da cui nasce un proficuo rapporto di amicizia con il pittore Bruno Ceccobelli; la ricerca dell’artista umbro sul pensiero teosofico, diventa per Epeo motivo ispiratore di molte sue opere e la sua principale inclinazione diventa quella di “scavare nel proprio inconscio, esorcizzando la materia, alla ricerca di sostanze rigeneratrici che aiutino a raggiungere la propria identità più
autentica e ad elevarsi spiritualmente”. Benché caratterizzate prevalentemente da “Segno” e “Materia”, che sottolineano, inequivocabilmente, la personalità dell’artista, le opere
di tale periodo, oltre a presentare elementi da cui si denota l’influenza dell’artista umbro, hanno come comune denominatore una chiara desinenza “esoterica” corredata da una sorta di “sacralità primordiale”.
E’ nel 1990 che Epeo crea il ciclo dei “Tabernacoli” e, nel 1995, ha inizio quello degli “Angeli della scrittura” e dei “Pret à porter”. Appartengono allo stesso periodo anche alcune tecniche miste, che l’artista denomina “Carte”.Sono del 2000 le “Litoscritture” e le “Litosculture” in cui, protagonista essenziale, è la pietra. Nelle opere più recenti, Epeo intensifica il suo rapporto con lo spazio attraverso una serie di sculture minimali, che rimandano ad una sorta di arcaicità spirituale: in sostanza, prende come riferimento un luogo in cui sono deposte le essenze della sua identità più autentica come il sito protostorico di ‘Broglio’ di Trebisacce, (1700 a.c.); a tale fonte ispiratrice
fanno riferimento anche alcune sue performance poetiche, che celebrano lo spirito della vicenda bruzia.
PERSONALI E COLLETTIVE“Teatro Rendano”, Cosenza – “Palazzo dei Priori”, VolterraPI – “Centro Di Sarro”, Roma – “Dadodue” Salerno – “Open-Art Cafè”, Lissone MI – Galleria La Pesa, Monza – Sala delle Arti, Castrovillari CS – “Laboratorio 66 G.Gini”, Milano – “Polo Museale della Sibaritide”, Sibari CS – Fortezza Spagnola”, L’Aquila – “Salone del Libro”, Torino – Open-Art, Catanzaro -Galleria “Centro Storico”, Firenze – “Fortezza Da Basso”, Firenze – Expo Bologna – “Bidart” Bergamo – Expo Bari – “Santa Maria in Montesanto”, Roma – Galleria “La Scala”, Roma – “Il Graffio”, Cosenza – “Giffoni Film Festival”, Salerno – “Aeroporto Malpensa” Milano, “Airport J.F.Kennedy” New York. Pubblicazioni: Plaquettes con Vincenzo Varlaro, Paolo Aita, Rosa Foschi, Luca Maria Patella, Alda Merini – Ed.Pulcino-Elefante.Palazzo delle Esposizioni – Flash Art, Il giornale dell’arte, segno, tema celeste. Hanno scritto: Paolo Aìta, Tiziana Altomare, Luigi Bianco, Mario Candido, Teodolinda Coltellaro, Alfredo Granese, Dante Maffia, Giuseppe Selvaggi, Massimo Duranti, Giancarlo Pedicini,RobertoPinto,Tonino Sicoli.
Con la grotta delle Ninfe di Cerchiara di Calabria si apre una nuova pagina dal nome “Eccellenze d’Italia “, che sarà dedicata alle varie Eccellenze che il nostro patrio suolo si vanta di possedere, col compito di informare il mondo e, soprattutto, ricordare a noi stessi che l’Italia è un Paese unico che, grazie alla sua Storia, alle sue Coste e alle sue Montagne, all’Ingegno del suo Popolo, cocktail ineguagliabile di Arte, Cultura e Tradizioni, può vantarsi di essere autosufficiente al 95%. per cui, l’Europa è un grande sogno e una gran realtà… ma che nessuno dimentichi che senza Italia l’Europa rischia, ma senza Europa l’Italia vive..
Oggi presentiamo un piccolo comune calabrese, Cerchiara di Calabria, poco distante da Sibari e quasi accanto a Trebisacce, da tanti soprannominata la ” città dell’amore “. Siamo di fronte alla realtà miracolosa di una fonte termale dalle acque e fanghi curativi che sgorga nel cratere di un vulcano spento da milioni di anni e contornato da un mix di mistero, storia e leggende di un angolo magico riconducibile all’antica Magna Grecia: la Grotta delle Ninfe di Cerchiara di Calabria.
Terme di Cerchiara
” Le sorgenti termali calabresi vantano un’antica tradizione che si perde in curiose leggende e miti ancestrali tutti da scoprire.
Una delle sorgenti più interessanti da questo punto di vista è quella che nasce nella Grotta delle Ninfe, situata alle pendici del Monte Pollino, a Cerchiara di Calabria. Secondo la leggenda, la Grotta delle Ninfe Lusiadi era un antro segreto che nascondeva agli occhi dei mortali l’alcova della Ninfa Calipso. Altre leggende raccontano che la stessa caverna fosse la dimora delle Ninfe Lusiadi, che custodivano gelosamente il loro segreto di bellezza eterna, legato all’utilizzo delle acque sulfuree che nascono da questa sorgente termale.
Si tratta di un incantevole antro che, in alto, si apre in una fessura dalla caratteristica forma di mezzaluna, da cui di giorno si insinua la luce del sole. All’interno della suggestiva grotta calcarea, si è creata una piscina di acqua termale che si mantiene costantemente sui 30 gradi centigradi e da cui fuoriesce un ruscello che corre verso il mare, portandosi dietro il suo caratteristico odore sgradevole.. Si tratta infatti di acque sulfuree che, seppure notoriamente non dotate di un buon odore, erano già note agli antichi Sibariti per la cura delle malattie della pelle e di quelle reumatiche.
Le mitiche acque sulfuree alimentano l’omonimo complesso termale, costruito intorno alla grotta, senza intaccare la bellezza naturale del luogo.
Poche piscine ed un ampio spiazzo in cui godere dei raggi del sole, soprattutto in estate, e soprattutto dei fanghi di cui si può liberamente usufruire.
Grotta delle ninfe
Di grande importanza sono anche le sorgenti della Grotta delle Ninfe, le cui acque sulfuree alimentano l’omonimo complesso termale.
Nella suggestiva grotta, le cui pareti di roccia calcarea si aprono, in alcuni punti, verso il cielo, si è creata una piscina di acqua calda (30 °C), già nota agli antichi Sibariti.
Qui si formano fanghi dalle proprietà terapeutiche. Secondo l’antica leggenda, la Grotta delle Ninfe Lusiadi era l’antro nascosto che custodiva il talamo della mitica Calipso.
Dal Lawrence Berkeley National Laboratory. Una foresta artificiale darà all’uomo il potere della fotosintesi
Creata da un team di ricercatori californiani una struttura integrata capace di convertire l’energia solare in combustibili chimici.
( Fonte:Rinnovabili.it) – Lafotosintesinon è più un lavoro solo per le piante. Gli scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory hanno infatti dato vita al primo nano-sistema, pienamente integrato, per la fotosintesi artificiale.
La chiave del successo per i ricercatori americani è stata l’aver messo a punto un sistema più completo di quelli fino ad oggi studiati creando, lì dove molti si erano cimentati nella realizzazione di una “foglia”, una vera e propria “foresta artificiale”. “Analogamente a quanto avviene nei cloroplasti vegetali, il nostro sistema fotosintetico si affida a due assorbitori di luce semiconduttori, uno strato interfacciale per il trasporto della carica e co-catalizzatori spazialmente separati”, ha spiegato il chimico Peidon Yang, autore della ricerca.
“Per facilitare fotolisi dell’acqua nel nostro sistema, abbiamo sintetizzato eterostrutture di nanofili simili ad alberi, costituiti da tronchi di silicio e rami in ossido di titanio. Visivamente, le matrici di queste nanostrutture ricordano una foresta artificiale”.
Nella fotosintesi naturale, l’energia della luce solare assorbita produce trasportatori di carica energizzati che eseguono le reazioni chimiche in regioni distinte del cloroplasto; l’etero struttura di nanofili di Yang è stata integrata in un sistema funzionale che imita i cloroplasti. Per ora, posto sotto la luce, il sistema integrato di fotosintesi artificiale raggiunge una conversione dello 0,12 per cento della luce solare in idrogeno tramite la scissione delle molecole d’acqua.
La pillola eco-impegnata di Paolo Broglio, ovvero “quelli che fanno “……o almeno ci provano
Un materiale creato dai ricercatori dell’Università di Tor Vergata .Una spugna intelligente per pulire le acque inquinate
Composta da nanotubi di carbonio, è in grado di assorbire una quantità d’olio pari a 150 volte il suo peso
(Rinnovabili.it) – Chiazze di olio addio grazie alla spugna “intelligente” direzionabile a distanza e riutilizzabile un numero infinito di volte: non si tratta dell’ultimo prodotto per la pulizia della casa, ma di un nuovo materiale creato dai ricercatori dell’Università di Tor Vergata capace di purificare le acque dalle sostanze inquinanti.Composta da nanotubi di carbonio, la spugna ha le stesse dimensioni di una moneta da 20 centesimi, ma è ben 4.000 volte più leggera della stessa; galleggiando sull’acqua inquinata, è capace di assorbire una quantità di olio pari a 150 volte il suo peso.La particolarità della spugna pulente è rappresentata dalle sue proprietà magnetiche, grazie alle quali può essere direzionata a distanza verso le chiazze di inquinamento, utilizzando delle semplici calamite.
”La spugna può essere pensata come una matassa formata da milioni e milioni di nanotubi intrecciati, dove circa il 90% del suo volume e’ costituito dagli spazi vuoti tra i nanotubi stessi, il che le conferisce una straordinaria leggerezza” sottolinea Maurizio De Crescenzi, il coordinatore del progetto, come riportato da Ansa.”Grazie a questa sua particolare struttura, la spugna risulta super-idrofobica: repelle dunque completamente l’acqua, ma al tempo stesso e’ capace di assorbire efficacemente gli eventuali inquinanti disciolti in essa immagazzinandoli negli spazi vuoti”.
rubrica a cura di
Paolo Broglio
Un’ulteriore caratteristica della spugna è la sua capacità di rigenerazione: basterà semplicemente strizzarla o bruciarla per rimuovere l’olio, senza che i nanotubi subiscano alcun tipo di alterazione; in questo modo la “spazzina delle acque” potrà essere utilizzata un numero infinito di volte.
Gli amanti del cioccolato non potranno che essere soddisfatti dalla notizia che arriva grazie un recente studio pubblicato su Neurology. Due tazze al giorno per migliorare le condizioni del cervello, le sue prestazioni e la memoria.
I ricercatori statunitensi della Harvard Medical School di Boston hanno arruolato 60 anziani con un’età media di 73 anni. A nessuno dei volontari era stata diagnosticata la demenza senile, ma per 17 dei partecipanti era stato invece rilevato un ridotto afflusso sanguineo (e quindi di ossigeno) al cervello.
Per un mese hanno assunto due tazze di cacao ogni giorno senza però assumere altro cioccolato in altre forme.
Successivamente i volontari sono stati sottoposti a test per valutare le funzionalità cerebrali attraverso la misurazione della memoria, delle capacità cognitive e e quelle di pensiero.
Grazie agli ultrasuoni è stata rilevata la quantità di afflusso di sangue nel cervello e, tra alcuni di questi, una risonanza magnetica ha rivelato danni in alcune aree del cervello.
I dati hanno indicato che nei 17 partecipanti che presentavano inizialmente un ridotto afflusso sanguineo avevano ottenuto un miglioramento pari all’8,3% rispetto agli altri che non avevano alcuna insufficienza.
Sempre nei 17 volontari con ridotto afflusso di sangue al cervello è stato possibile rilevare un miglioramento della performance nei test di memoria con dei tempi di risposta che passavano da 167 secondi a 116.
Nel tentativo di individuare quale sostanza del cacao potesse produrre gli effetti benefici, alla metà dei volontari è stata somministrata una cioccolata ricca di flavanoli. Al contrario, l’altra metà ha assunto cacao povero di queste sostanze.
Ebbene, l’analisi dei dati non ha evidenziato alcuna differenza tra i due gruppi.
Già uno studio dello scorso anno, eseguito dai ricercatori della Geriatria dell’ospedale di Avezzano e dall’Università dell’Aquila, aveva indagato sui flavonoidi contenuti nel cacao. Il lavoro, pubblicato su Hypertension dopo la supervisione dell’American Heart Association, ha provocato l’interesse degli addetti ai lavori a livello internazionale.
I dati, pur andando nella stessa direzione della Harvard Medical School di Boston, non dimostravano con certezza se l’azione dei flavonoidi del cacao avesse una conseguenza diretta o un effetto secondario sul miglioramento della funzione cardiovascolare.
Tornando allo studio più recente, Farzaneh Sorond, neurologo e coordinatore della ricerca, ha spiegato “Come le diverse aree del cervello hanno bisogno di più energia per completare i loro compiti, hanno anche bisogno di maggiore flusso di sangue. Questa relazione, denominata accoppiamento neurovascolare, può svolgere un ruolo importante nelle malattie come il morbo di Alzheimer”.
Soffermatevi con attenzione su questa notizia e sul link aggiunto in calce: La nostra vita è sempre più nelle mani di speculatori senza scrupoli che mettono al primo posto il business, specialmente nell’alimentazione. Noi siamo quello che mangiamo, non dimentichiamolo mai! Ci fidiamo troppo di tutto e di tutti, e questo a scapito della nostra salute e quella dei nostri figli. Nell’articolo che segue si descrive lo scenario di un gruppo internazionale che, venuto a conoscenza di un qualcosa di veramente pericoloso presente nei propri prodotti, non avverte subito il mondo ma, in qualche modo, studia prima il sistema per far sì che il tutto avvenga nel modo aziendalmente più indolore. Il latte è il primo alimento di un bambino e su di esso si scatenano le offerte: è sempre più difficile valutare quella giusta! Questo blog da tempo cerca di informarmi sul ” meglio ” e presto, proprio sul latte, vi informerà su un prodotto genuino ed altamente innovativo sia al latte vaccino che di soia e di riso, creato da Enzo Marascio, l’inventore del Muscolo di Grano, prodotto alternativo alla carne, eccellenza italiana da tempo conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Per ora vi lascio in sospeso, ma vi anticipo che sarà qualcosa di veramente incredibile e salutare.
Sospette partite di prodotti contaminate. Gigante agroalimentare Fonterra nella bufera:
È il primo gruppo esportatore mondiale di derivati del latte, vale un terzo dell’economia neozelandese e lo scandalo dell’agroalimentare,latte neozelandese, latte al botulino che lo vede coinvolto potrebbe avere effetti catastrofici sull’ economia del paese australe.
Sempre più nazioni infatti, hanno deciso di ritirare i prodotti della Fonterra che si presume possano essere contaminati dal batterio.
Anche Danone ha richiamato da numerosi paesi dell’Asia alcune partite di latte in polvere per bambini di marca Danone,.
Lo scandalo ha gettato nell’incertezza i consumatori in Cina. “Credevamo di essere al sicuro, ma questo dimostra che nemmeno i prodotti esteri lo sono. Adesso dobbiamo davvero pensare a cosa dare al bambino”, dice un acquirente cinese.
Dalla politica alla gente comune tutti sono d’accordo nel criticare Fonterra per il ritardo con cui ha richiamato i lotti sospetti. Questo ritardo potrebbe costare carissimo al gigante agroalimentare che muove quasi 7 miliardi di euro all’anno.
“I consumatori avrebbero dovuto sapere da subito se c’erano problemi”, dice una madre neozelandese.
Il ritardo ha avuto anche l’effetto di provocare il panico. Centinaia le telefonate ai centri di assistenza neozelandesi. “Le chiamate aumentano in modo esponenziale eva sempre peggio”, dice un’assistente telefonica.
Il sospetto della presenza di botulino riguarderebbe appena tre lotti di siero di latte in giro dall’anno scorso. Un ritardo che potrebbe costare carissimo a Fonterra e all’intera economia neozelandese.